anna

Recensione: The Sapphires di Wayne Blair

Buondì a tutti! Il film di oggi mi è stato suggerito da una “collega di lavoro”, mi spiego meglio. Stavo piccando mele in un paesino sperduto quaggiù in Australia e ho iniziato a canticchiare una canzone che stavano passando alla radio e una signora che lavorava con noi, mi ha detto che quella canzone c’è in un film famoso qui e mi ha promesso che mi avrebbe portato il dvd. Ovviamente non so resistere ai film in cui la gente canta e quindi l’ho visto subito appena entrata in possesso del dvd. Si tratta di un film di cui non avevo mai sentito parlare e che non penso abbiano doppiato in italiano, quindi eccovi in esclusiva la recensione.

the sapphires
Titolo: The Sapphires
Regia: Wayne Blair
Anno: 2012
Durata: 103 min
IMDB

The Sapphires is set in 1969 and tells the story of the McCrae sisters, four Aboriginal singers from country Victoria whose biggest dream is to become as famous as their Motown idols.
The film is an adaptation of the stage musical, when four talented singers from a remote Aboriginal mission are discovered by an unlikely talent scout. Plucked from obscurity and branded as Australia’s answer to The Supremes, The Sapphires grasp the chance of a lifetime when they’re offered their first real gig – entertaining the troops in Vietnam.
The Sapphires is a feel-good film “full of rousing soul standards”, but also more than just a story about 4 young women discovering love and tragedy in a war zone.
Within a comic framework, it talks about the obstacles they have to overcome as Aboriginal people in a country that had only just given them the right to vote.

 

Si tratta della storia vera di quattro ragazze aborigene dotate di voci meravigliose e del loro sogno di vivere una vita in cui possono sentirsi libere e felici – siamo infatti negli anni 60 e gli Aborigeni non erano visti per niente bene dalla gente bianca. L’occasione per uscire dalla loro routine si presenta quando, partecipando ad un concorso musicale in un paese vicino, perdono proprio a causa della loro etnia. L’unico che prende le loro difese è il pianista del bar in cui si esibiscono, un uomo fallito che però vede in loro del potenziale. Ecco che quindi una delle ragazze gli propone di accompagnarle ad esibirsi per l’esercito in Vietnam (ancora in piena guerra). Ed è qui che inizia la loro avventura. Il film riesce a raccontare in maniera leggera e divertente questa storia che di per sé ha dei retroscena non troppo felici.
Una storia di cui non avevo mai sentito parlare, infatti nei libri di storia non viene detto cosa avviene in Australia quando nel resto del mondo ci sono guerre a destra e a manca. L’idea di scegliere proprio un gruppo di ragazze aborigene, vuole far capire che almeno una volta vengono premiate le loro capacità e non vengano giudicate in base alla loro provenienza. Il film si fa carico di questi sentimenti che i protagonisti si portano sulle spalle e li alleggerisce dando vita ad una commedia fresca e irriverente, grazie ai dialoghi botta e risposta e le canzoni di quegli anni, arrangiate secondo un tono decisamente frizzante.
Un film che vale la pena di vedere se volete assistere una delle mille storie avvenute dall’altra parte del mondo e ovviamente se amate anche voi le canzoni soul ☺ – si consiglia la visione con i sottotitoli dato che la lingua parlata è un inglese australiano che molto spesso risulta davvero incomprensibile.

rating 4

anna firma

Recensione: Noble di Stephen Bradley

Buongiorno a voi! Ogni tanto mi capita di scorrere tutti i film all’interno del mio hard disk e di trovarne alcuni che non ricordavo di avere. Ecco, il film di oggi per l’appunto era nascosto lì, pronto per essere visto alla prima occasione utile. Quindi eccovi una recensione.

noble
Titolo: Noble
Regia: Stephen Bradley
Anno: 2014
Durata: 100 min
IMDB

Vietnam, 1989. Quattordici anni dopo la fine della guerra, Christina Noble, una donna irlandese divertente e coraggiosa, vola nell’ex Saigon, lasciandosi alle spalle una storia di vita straordinaria. Con sé si porta solo pochi dollari, un sogno e le proprie abilità faticosamente acquisite. Dopo un’infanzia difficile e piena di privazioni, Christina ha deciso di aiutare gli oltre 700 mila bambini di strada che vivono in Vietnam.

 

Davanti a un film del genere è impossibile rimanere indifferenti. Film che parlano di persone che sono riuscite a compiere imprese che molto spesso sono difficili o troppo complicate da realizzare. Molto spesso si tratta di persone che hanno avuto una vita dura e che li ha temprati nel carattere per poter riuscire a ottenere la forza e il coraggio di compiere opere meravigliose. Questa in sostanza è la storia di Christina Noble.
Il film ripercorre, tramite salti tra passato e presente, la vita di Christina e il modo in cui è riuscita a costruire la sua fondazione che ormai opera in diversi paesi asiatici per offrire ai bambini protezione, cure mediche ed istruzione. Ma alle spalle di una persona forte e carismatica come Christina, ci viene rivelato il suo passato e tutto quello che ha dovuto affrontare e superare per arrivare ad oggi. Molto spesso nel film ci sono scene in cui Christina parla apertamente con Dio, prima chiedendogli se per caso si era dimenticato di lei e poi di guidarla affinché possa riuscire nell’impresa in cui si era imbarcata.
Ed è stata proprio la certezza che Dio aveva in serbo un piano più grande delle sofferenze passate da Christina, che mi ha fatto riflettere su come spesso la nostra visione delle cose sia ristretta e su come invece Dio abbia un progetto per ognuno di noi. Dobbiamo solo arrenderci e lasciare che Lui ci guidi. C’è infatti questa scena bellissima in cui Christina dice “I’ll walk, you lead” in cui riconosce che da sola non ce la può fare. Ed è proprio da qui che Dio ha iniziato a operare grandemente attraverso la vita di Christine.
Film come questi ci permettono di conoscere queste persone straordinarie e ci spronano a fare la differenza nel nostro piccolo. Non tutti siamo chiamati a compiere grandi imprese, ma sicuramente possiamo dare un contributo all’interno della nostra quotidianità per far fronte alle “ingiustizie” del mondo.

rating 4

anna firma

Recensione: Brooklyn di John Crowley

Buongiorno! Io continuo a scrivere da questa lontana Australia ma col cuore sempre vicina a tutti voi che continuate a leggere le mie recensioni anche se non sono sempre puntuale. Quindi, eccomi con una nuova recensione di un film di fine anno scorso che finalmente sono riuscita a vedere. Sto parlando di ‘Brooklyn’ ovvero il film di una ragazza irlandese di nome Eilis, che si vede costretta a emigrare negli Stati Uniti negli anni ‘50 per ottenere un lavoro e riuscire a costruirsi una vita.

brooklyn
Titolo: Brooklyn
Regia: John Crowley
Anno: 2015
Durata: 111 min
IMDB

Eilis ha sempre vissuto nella piccola cittadina di Enniscorthy, in Irlanda, dove tutti sanno gli affari di tutti, finché non viene spedita in America grazie a sua sorella che vuole aiutarla a realizzarsi. Sentendosi come un’esule, arriva nel caos multiforme di Brooklyn avendo già nostalgia di casa. Ma non appena Eilis impara con destrezza ad adattarsi alla vita newyorkese, incontra un pretendente spiritoso, dolce e carismatico che vuole conquistarla a tutti i costi. Proprio mentre sembra sul punto di iniziare una nuova vita, una tragedia familiare la riporta in Irlanda e alla vita che si è lasciata alle spalle costringendola a prendere una decisione che potrebbe segnare il suo futuro per sempre. Con il cuore diviso in due, Eilis affronta uno dei dilemmi più incredibili e complicati che caratterizzano il nostro mutevole mondo moderno: trovare il modo di far coincidere il luogo da cui proveniamo con quello in cui sogniamo di andare.

 

Il film racconta di un viaggio che racchiude in sé speranze, sogni e paure di questa giovane donna. Grazie ad alcuni contatti decide di partire ed attraversare l’oceano su un’enorme nave per arrivare in un Paese di cui fondamentalmente non sa nulla. Posso solo immaginare l’emozione e la paura di affrontare un viaggio del genere soprattutto senza l’ausilio di Internet o solo di una linea per chiamare (il telefono non era accessibile a tutti). Devo ammettere che però mi affascina l’idea di partire e rimanere in contatto con la famiglia e amici solo tramite lettere che ci mettono ovviamente un’eternità ad arrivare da una parte all’altra. E un po’ mi sono rivista in Eilis, partire per una terra lontana, salutare i miei cari ed approdare in un Paese diverso da casa. Ma è proprio questa voglia di scoprire il mondo e il non accontentarsi della routine che la stava imprigionando, che hanno portato Eilis a fare la scelta migliore della sua vita. Infatti negli Stati Uniti riesce a trovare un lavoro che le permette di finanziare i suoi studi, altri amici e soprattutto un fidanzato di nome Tony – ovviamente il fascino italiano colpisce sempre. Sarebbe troppo bello se il film finisse così, ma ecco che la sorella di Eilis muore e lei si vede costretta a tornare in Irlanda per confortare la madre. Di conseguenza, si pone di fronte a lei il dilemma se rimanere nella propria patria o tornare negli Stati Uniti, ovvero alla sua nuova vita.
Il film riesce a trasmettere e a far vivere in prima persona gli stati d’animo della protagonista, portandoti a immedesimarti nella sua situazione per vedere se effettivamente anche noi avremmo preso quelle decisioni. Ci sono un sacco di primi piani di Eilis che vogliono raccontarci passo per passo come questa avventura la renda piano piano più matura e consapevole di sé. L’unica cosa che mi ha lasciata un po’ perplessa è come hanno deciso di presentarci Tony. Ora, io so che il mondo ha in mente degli italiani molto stereotipati (chiunque incontro qui in Australia inizia a chiedermi se mangiamo sempre pasta e pizza), ma secondo me l’hanno fatto un po’ troppo cascamorto e l’accento italiano che hanno dato al suo inglese non mi sembrava molto italiano. Anyway, quello che ho apprezzato è che non si tratta del solito film in cui c’è qualcuno che parte e poi non torna più a casa, ma questa volta vengono messi in luce i conflitti tra la nostalgia di casa e l’emozione di vivere in un nuovo paese.
Secondo me è un film che merita di essere visto, perché il viaggio è un qualcosa che ci accomuna tutti, magari in forme diverse, che possono essere il partire per scoprire il mondo, noi stessi o trovare l’amore.

rating 4

anna firma

#9 – 5 motivi per…cui “Lie to me” è una serie da guardare

Vivere in farm dove il telefono non prende, la connessione Internet scarseggia in maniera sconfortante e disporre di tempo libero mi ha portato a finire una serie che avevo iniziato mesi fa ma che non ho mai avuto il tempo di finire. Sto per parlando di “Lie to me”. Probabilmente l’avrete già vista, altrimenti vi consiglio di darle una possibilità se vi piace risolvere casi di omicidi, rapine, etc. (inoltre dura solo tre stagioni quindi non è neanche troppo tragica pensando al tempo che ci vuole per vederla tutta).

1. Perché in ogni episodio, seppur affronti un caso diverso, è sempre figo vedere come Cal e i suoi colleghi riescono a capire chi dice la verità o meno, ma non solo. Da poche espressioni riescono a capire praticamente tutto quello che gli indiziati cercano di nascondere.

gif1

2. Dopo i primi episodi tentiamo anche noi di analizzare le espressioni dei personaggi coinvolti nei casi presentati ma ovviamente senza successo. Ahimè capiamo che le nostre lezioni durate un paio di episodi non sono nulla in confronto all’esperienza decennale di Cal; ma nonostante ciò non smettiamo comunque di provarci fino alla fine.

gif3

3. Alla fine della serie ci sentiamo dei geni della lettura delle espressioni facciali che iniziamo a sperimentare le conoscenze acquisite su parenti e amici, per il semplice piacere di sentirci brillanti.

gif2

4. Il personaggio di Cal Lightman è troppo intrippante, nel senso che è imprevedibile. Praticamente si comporta come se fosse al di sopra di tutto e si caccia in situazioni assurde – rischiando anche in prima persona – pur di riuscire ad arrivare alla verità che si nasconde dietro a delle poker face non sempre efficaci.

gif4

5. Il quinto motivo vorrei dedicarlo a Emily, ovvero la figlia di Cal, che poverina con un padre del genere non può neanche finire il vaso di Nutella in santa pace che lui se ne accorgerebbe subito.

gif5

anna firma