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Teaser Tuesday #77

Buongiorno!
Meno male che c’è la Mon altrimenti questo post sarebbe arrivato nel migliore dei casi in pausa pranzo, forse nemmeno. Ah, la memoria che cede, che storia. Comunque. Il teaser di oggi è tratto dal libro che sto leggendo, ovvero quello che abbiamo proposto per la Book Jar Challenge di questo mese: Muori con me di Karen Sander. Era da parecchio che meditavo di leggerlo e finalmente è giunta la sua ora. Vi ispira?:)

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Quando Liz uscì, pioveva a catinelle. Per un attimo valutò se rinunciare e restarsene a casa. Quello che aveva in mente in fondo non aveva senso, ma si mise comunque a correre verso l’auto. Nel portabagagli doveva esserci un ombrello, così non sarebbe arrivata in ufficio tutta inzuppata. Venti minuti dopo entrò nel parcheggio sotterraneo della facoltà. Trovò un posto libero, recuperò l’ombrello e si avviò verso le scale più vicine.
Non c’era anima viva. Lei non era un tipo timoroso, ma la sua esperienza in fatto di serial killer le aveva insegnato che alcuni posti sono particolarmente pericolosi per le donne. E i parcheggi deserti rientravano di sicuro nella top ten. Lì un assassino poteva fare la posta alla sua vittima senza dare nell’occhio e violentarla; nessuno lo avrebbe visto… a meno che non ci fossero delle telecamere.
Liz raggiunse le scale e tirò un sospiro di sollievo. Di solito riusciva a controllarsi, ma quelle lettere anonime avevano fatto crollare le sue difese, tanto che la sera precedente aveva preferito parcheggiare per strada invece che nel garage sotterraneo del suo palazzo. Cercò di scacciare quel pensiero, aprì l’ombrello e si avviò verso l’Istituto.
Aprì la porta dell’ufficio e vide che c’era solo Ruben. Meglio così.
«Buongiorno» disse.
Ruben alzò gli occhi spaventato, evidentemente non l’aveva sentita. «Oh, buongiorno. Ma è di nuovo giovedì?» ammiccò confuso.
«Ieri mi sono dimenticata una cosa» spiegò Liz, e si avvicinò alla scrivania. Prese un libro che sapeva di aver lasciato lì perché a casa non ne aveva bisogno. In quel momento, le tornò utile come scusa. Fece per uscire, ma già con una mano sulla maniglia formulò la sua domanda, come se le fosse venuta in mente in quell’istante. «Ma quella lettera, ieri, da dove è arrivata?»
Ruben la guardò. «Quale lettera?»
«La busta con il destinatario scritto a macchina.»
«Ah, quella. Anch’io mi sono chiesto chi usasse ancora un mezzo così antiquato. Forse un vecchio professore, ho pensato, che non utilizza il computer…»
Liz annuì impaziente. «E…?»
«Non so, era nella sua casella, alla posta della facoltà, come tutte le altre lettere. Perché, non c’era il mittente?»
«No. E nessun timbro, mi pare.»
«Allora devono averla infilata nella casella di persona.»
«Sì, sarà andata così, grazie.» Aprì la porta. Poi le venne in mente un’altra cosa, e la richiuse. «Ruben?»
«Sì, dottoressa Montario…»
«Immagino che lei saprà benissimo come si fa a trovare informazioni su Internet, comprese quelle poco accessibili… sbaglio?»

Venerdì 18 ottobre, ore 9.30 – MUORI CON ME di Karen Sander

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muori con meCinquant’anni e una tempra forgiata dalla lunga esperienza nella Omicidi, il commissario Georg Stadler crede che ormai niente possa più sconvolgerlo. Ma quando entra in quel lussuoso appartamento nei quartieri alti di Düsseldorf, si rende subito conto che non c’è limite alle mostruosità concepite dall’animo umano: le pareti, il soffitto e il pianoforte bianco sono imbrattati di sangue; al centro, una donna orribilmente massacrata, sul cui corpo l’assassino ha lasciato una piccola bambola, nuda. Forse un messaggio cifrato? Qualcosa scatta nella mente di Stadler: contro il parere dei superiori, è convinto che ci sia un serial killer in circolazione e chiede l’aiuto di Elisabeth Montario, psicologa criminale nota per aver risolto una serie di casi in cui la polizia brancolava nel buio. Trent’anni, una cascata di riccioli rossi e uno sguardo che colpisce subito il commissario per la sua intensità quasi tagliente, Liz non può fare a meno di accettare la proposta, benché sia già alle prese con un mistero da sciogliere. Uno stalker sempre più aggressivo la tormenta con lettere di sfida: «Trovami. Prima che sia io a trovare te». Parole minacciose che fanno riaffiorare in lei il ricordo di qualcuno che aveva amato, anche dopo averne scoperto la natura profondamente malvagia. Intanto gli omicidi subiscono un’escalation di brutalità: il killer sembra determinato a coinvolgere Liz e Stadler in un gioco efferato, risvegliando quegli incubi che la psicologa credeva sepolti per sempre…

kiafirma

Teaser Tuesday #76

Buongiorno 🙂
Attualmente mi trovo in vacanza in Grecia quindi ringrazio Kia per la disponibilità nel pubblicare questo post sui vari social.
Oggi vi propongo un estratto di un libro che ho letto poco fa, il secondo di una trilogia che mi sta piacendo abbastanza. Mi manca ancora da leggere l’ultimo volume, ma cercherò di recuperare al più presto.
Voi li avete letti? Vi sono piaciuti?

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Kestrel had plans of her own. That night, she wiped her forehead clean of its engagement mark and tied a scarf over her hair. She pulled on the rough blue-and-white work dress and searched for a pair of comfortable shoes.
When she caught a glimpse of herself in a mirror she hesitated. Her features looked somehow smaller. She was too pale.
You disobeyed me, she heard the emperor say.
“No” doesn’t exist anymore, only “yes,” said her father and the captain of the guard in one voice.
But:
You are better than this, Arin said, and then she heard her own voice, calling out the highest bid to buy him. She heard the calm, cultured tones she had used to persuade the emperor to poison the eastern horses. Guilt swelled inside her.
Kestrel left her suite. She kept her head down and her pace brisk.
No one saw Lady Kestrel. Aristocrats in the halls didn’t even glance at her. Servants did, but saw someone familiar yet unrecognizable, which wasn’t strange in a palace staffed with hundreds of servants and slaves.
She was only a maid. If her step was a little too proud, it went unnoticed. If she occasionally looked lost in the servants’ quarters, it was shrugged off as the problem of a new girl.
The maid tightened her scarf. She found her way out one of the back kitchen yards. She stepped past palace guards, who ignored her. Though women not in the military weren’t supposed to walk alone, few people cared if a maid broke the rules. She was beneath notice.
Kestrel walked into the frozen city.

Chapter 16 – THE WINNER’S CRIME di Marie Rutkoski

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Book two of the dazzling Winner’s Trilogy is a fight to the death as Kestrel risks betrayal of country for love.The engagement of Lady Kestrel to Valoria’s crown prince means one celebration after another. But to Kestrel it means living in a cage of her own making. As the wedding approaches, she aches to tell Arin the truth about her engagement… if she could only trust him. Yet can she even trust herself? For—unknown to Arin—Kestrel is becoming a skilled practitioner of deceit: an anonymous spy passing information to Herran, and close to uncovering a shocking secret.As Arin enlists dangerous allies in the struggle to keep his country’s freedom, he can’t fight the suspicion that Kestrel knows more than she shows. In the end, it might not be a dagger in the dark that cuts him open, but the truth. And when that happens, Kestrel and Arin learn just how much their crimes will cost them.

mon firma

Teaser Tuesday #75

Buongiorno! Sono rientrata dalle ferie e purtroppo sono riuscita a leggere meno di quanto sperassi. La buona notizia è che almeno ho finito il libro dell’ultimo teaser e oggi ne ho uno nuovo per voi. Si tratta del libro che sto leggendo per questo mese della Book Jar Challenge e quindi un libro la cui lingua originale non è né l’italiano né l’ingelese. Nel mio caso ho scelto un libro originariamente scritto in spagnolo: Il gioco segreto del tempo di Paloma Sánchez-Garnica. Lo conoscete? Per il momento mi sta piacendo 🙂

teaser tuesday

Presi un taxi per farmi portare all’indirizzo che mi aveva indicato: il centro medico Dos de Mayo. Chiesi di lui in portineria. Aspettai una decina di minuti, finché arrivò un uomo che si avvicinò alla custode; lei fece un cenno verso di me e lui mi venne incontro. Mi raggiunse sorridendo, con la mano tesa.
«È lei che mi ha telefonato?»
«Sì. Sono Ernesto Santamaría.»
Mi sorpresero la forza con cui mi strinse la mano e il suo aspetto: era alto, attraente e vestito con gusto; indossava una giacca sportiva, camicia bianca, jeans firmati e scarpe impeccabili. Doveva avere all’incirca la mia età, ma i suoi capelli, a differenza dei miei, erano folti e non ce n’era nemmeno uno bianco.
«Prendiamo un caffè?»
Uscimmo in strada parlando del più e del meno. Entrammo in una grande caffetteria arredata con eleganza e mi indicò un tavolino in fondo, vicino a una vetrata.
«Mi ha detto che è uno scrittore.»
«Sì, be’, più che esserlo ci provo.»
«E ha pubblicato qualcosa?»
Era la domanda maledetta. Non riuscii a evitare di sentirmi abbattuto. A capo chino, balbettando con un certo imbarazzo misto a frustrazione, gli parlai del mio unico romanzo pubblicato; il suo viso corrucciato, a dimostrazione del fatto che non ne avesse mai sentito parlare, sottolineò quanto la mia opera fosse insignificante.
«Che informazioni cerca esattamente? Se non gliele ha sapute dare Carmen, è difficile che possa farlo io. È lei la fonte della mia conoscenza.»
Dopo essermi ripreso dall’imbarazzo, tirai fuori la foto di Andrés e Mercedes.
Lui la prese e la osservò. «È la fontana dei Pesci. Si trova in plaza del Pradillo, vicino al municipio.»
«Lo so, ci sono passato, ma più che la fontana mi interessano le due persone.»
«Sono suoi familiari?»
Risposi di no con la testa. Era troppo irruente, precipitoso, e il suo atteggiamento mi sopraffaceva ancor prima che riuscissi ad aprire bocca.
«L’unica cosa che so sono i loro nomi: Andrés Abad Rodríguez e Mercedes Manrique Sánchez. Vivevano in calle de la Iglesia e dovevano essere sposati, perché sembra evidente che lei fosse incinta.» Feci segno con il dito sulla fotografia. «So anche che Andrés aveva un fratello di nome Clemente e che la foto venne scattata il 19 luglio del ’36.»
Mentre parlavo, lui guardava l’immagine mostrando interesse.
«Mi piacerebbe sapere cosa è successo a questa coppia durante la guerra e cosa ne è stato di loro dopo, sempre che siano sopravvissuti.»
«Dove ha trovato la fotografia?»
«Ha molta importanza?»
Per la prima volta da quando ci eravamo incontrati, si sentì a disagio. Abbozzò un sorriso e mi restituì la foto come se si stesse scusando. «No, no, ovviamente no. Ma non so come potrei aiutarla. Qui sono in molti a chiamarsi Abad Rodríguez di cognome…»
«Me l’ha detto anche l’archivista, ma mi ha anche raccontato che lei è figlio e nipote dei medici che esercitavano qui, quando questo era solo un paesino.»

La prima pista – IL GIOCO SEGRETO DEL TEMPO di Paloma Sánchez-Garnica

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il gioco segreto del tempoErnesto Santamaria, scrittore di belle speranze ma scarsa fortuna, è alla perenne ricerca della storia che potrebbe fare di lui un autore di successo. Un giorno, girovagando per il mercato delle pulci di Madrid, trova in una vecchia scatola di latta una foto in bianco e nero, accompagnata da un fascio di lettere. Nell’immagine, un ragazzo e una ragazza accennano un sorriso; sul retro, sono scritti a matita i loro nomi – Mercedes e Andrés – e una data: 19 luglio 1936. Incuriosito, Ernesto inizia a indagare sulle sorti di quella coppia, il cui amore e la cui vita semplice traspaiono timidamente dalle lettere. Nel suo viaggio a ritroso nel tempo, scoprirà che quello scatto immortala uno degli ultimi momenti trascorsi insieme dai due giovani, da poco sposati, prima che lo scoppio della Guerra civile li separasse. Di frammento in frammento, lo scrittore ricomporrà l’odissea di Mercedes e Andrés e di chi incrociò il loro cammino nel turbine di quel conflitto: come Teresa, capace di un’amicizia superiore a qualsiasi differenza di classe e di un amore più forte di ogni ideologia; o la piccola Lela, in grado di leggere il futuro delle persone nei loro occhi. In quell’intreccio di passioni e destini, sofferenze e atti di eroismo caduti nell’oblio, Ernesto troverà l’ispirazione tanto a lungo cercata. E, nelle sue parole, ritroverà voce un’intera generazione, che ha dovuto rinunciare alla giovinezza ma ha lottato con coraggio per i propri sogni.

kiafirma

Teaser Tuesday #74

Buongiorno!
Oggi il Teaser Tuesday è tratto dal libro che ho scelto per questo mese di agosto della Book Jar Challenge. Non sapete di che si tratta? Cliccate qui per saperne di più. Ovviamente potete ancora iscrivervi per partecipare..non potrete vincere considerando che la Challenge è ormai oltre la metà, ma potete leggere con noi per gli ultimi mesi di questo 2016 😉
Ora vi lascio al Teaser, quindi buona lettura!

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Le dieci meno cinque.
Mia madre comparve in camera mia. Nello sguardo aveva un luccichio che annunciava una luce più grande, un’esplosione spaventosa. «E Ángel?»
La spostai dolcemente per andare in bagno. «È da un amico. Adesso lo riporta a casa suo padre.»
Aprii il rubinetto. Nel bagno ero al sicuro, mio fratello sarebbe potuto ancora arrivare. Non avrei dovuto dargli tanta libertà. Ángel non era come me. Io non avevo mai provocato una situazione del genere. Non mi ero mai distratta. Più di una volta ero arrivata con il cuore in gola a furia di correre e più di una volta avevo pensato che davanti al portone avrei trovato le macchine della polizia, l’ambulanza e tutte quelle luci che segnalavano le disgrazie nel buio e che tanto mi facevano spaventare. Alla fine, però, mia madre mi apriva la porta e l’incubo finiva. Dava per scontato che un adulto mi avesse accompagnato a casa. Dava per scontato che sua figlia non avesse il coraggio di ingannarla in quel modo.
Ormai erano le dieci. Avrei fatto passare ancora qualche minuto lavandomi i denti.
Dall’altra parte della porta si sentì la voce di mia madre. «Chi hai detto che lo riaccompagna?»
Feci finta di non sentire. Ancora un po’ di tortura. Una punizione per aver mentito tanto, per aver fatto una pazzia. Per aver lasciato mio fratello da solo. Proprio adesso che mia madre stava così bene, e che quasi non apriva più la cartella di coccodrillo, capitava una disgrazia del genere e io ne ero la responsabile.
Le dieci e dieci.
Non mi restava che uscire dal bagno. Lo guardai come se fosse l’ultima volta, come se stessi per morire o per essere cacciata di casa.

Il vestito rosso di Veronica -ENTRA NELLA MIA VITA di Clara Sànchez

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entra nella mia vitaMadrid. Il sole estivo illumina la casa piena di fiori. È pomeriggio e la piccola Veronica approfitta di un breve momento di solitudine per spiare tra le cose dei genitori.
Apre una cartella piena di documenti, e scorge una foto. La estrae con la punta delle dita, come se bruciasse.
Non l’ha mai vista prima. Ritrae una ragazzina poco più grande di lei, con un caschetto biondo, una salopette di jeans e un pallone tra le mani. Veronica è confusa, ma il suo intuito le suggerisce che è meglio non fare domande, non adesso che la mamma è sempre triste.
Anno dopo anno, Veronica si convince sempre più che le discussioni e i malumori in casa sua nascondano qualcosa di cui nessuno vuole parlare. E che l’enigma di quella foto, di quella bambina sconosciuta, c’entri in qualche modo.
Ma quando Veronica diventa una donna, decisa e tenace, non può più fare finta di niente. La malattia della madre la costringe a fare i conti con un passato di cui non sa nulla, un passato rubato che la avvicina sempre di più alla bambina misteriosa della fotografia. Ritrovarla è l’unica strada per raggiungere la verità. Una verità che, forse, ha un prezzo troppo alto. E quando Veronica trova la bambina, ormai una donna anche lei, capisce che la strada è tutt’altro che percorsa, che il mistero è tutt’altro che svelato. Ma soprattutto capisce che c’è qualcuno disposto a tutto pur di ostacolarla nella sua ricerca. Non le rimane che affidarsi a sé stessa, al suo intuito e al suo coraggio. Perché districare il groviglio di bugie e manipolazioni sarà molto, molto pericoloso.

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