Buondì!
Sto ancora leggendo il libro di cui vi posto l’estratto, ma finora non mi sta dispiacendo. Non è esattamente come mi aspettavo, ma vedremo come si svilupperà. Il libro è il primo di una nuova serie di Richelle Mead, uscito da pochissimi giorni per Edizioni LSWR.
Fissando lo sguardo sulla ragazza – Clara – seduta all’estremità del tavolo, le chiesi: “Chi ti ha truccata oggi?”.
Sorpresa dalla mia domanda, smise di sorridere compiaciuta alla sua vicina per esaminarmi con cautela. “Io”. Annuii soddisfatta. “Ovvio”.
Clara aggrottò la fronte. “Ovvio?”.
“Be’, ero sicura che non fosse stata la signora Masterson”.
Una ragazza accanto a me disse esitante: “Non siamo qui da molto tempo. Non siamo ancora arrivate ai cosme… cosme…”.
“Cosmetici”, dissi, aiutandola con quella parola poco familiare. Die-di un’altra occhiata a Clara, quindi tornai alla mia crostatina. “È ovvio”.
“Perché continui a dirlo?”, chiese.
La tenni sulle spine mangiando un altro boccone prima di rispondere. “Perché la signora Masterson non ti avrebbe mai insegnato a usare i cosmetici così. Le labbra rosse non sono più di moda a Osfro. Tutte le signore altolocate portano il corallo e il rosa pallido. E poi, hai applicato il fard nei punti sbagliati – va messo più su, sugli zigomi”.
Questo almeno era quanto avevo sentito dire. Certo non mi ero mai truccata da sola. “Così sembra che tu abbia gli orecchioni. Hai usato il kajal con mano ferma, ma lo sanno tutti che va sfumato per dare lo sguardo giusto. Altrimenti, gli occhi sembrano degli spilli. E tutto – tutto – ciò che ti sei messa è decisamente troppo scuro. Un tocco luminoso è sempre la cosa migliore. Truccata a quel modo sembri…come dire… be’, una signora di facili costumi”.
Sulle guance della ragazza apparvero due macchie di colore, che peggiorarono ulteriormente l’effetto del fard male applicato. “Una cosa?”.
“Una prostituta. È un’altra parola per ‘puttana’, caso mai non ti fosse familiare”, spiegai, usando un tono altrettanto formale di quello che avrebbe adottato la mia istitutrice per insegnarmi la grammatica ruvana. “È qualcuno che vende il proprio corpo per…”. “Lo so che cosa significa!”, esclamò la ragazza, arrossendo ancora di più.
“Ma”, aggiunsi, “se può consolarti, ne sembri una di alto bordo.
Di quelle che lavorano nei bordelli più costosi. Dove le ragazze balla-no e cantano. Non come le poverette che lavorano giù al porto. Loro non possono permettersi dei veri cosmetici, perciò devono arrangiarsi con quanto riescono a rimediare. Ringrazia di non essere scesa così in basso”. Feci una pausa. “Oh, a proposito, stai usando la forchetta sbagliata”.
La ragazza mi guardò a bocca aperta, e mi preparai a una reazioneCapitolo 4 – THE GLITTERING COURT di Richelle Mead