Ciao a tutti! Questa settimana ho visto un paio di film ed ero indecisa su quale recensire ma alla fine ho deciso di parlare di un film che ho voluto rivedere dopo tanto tempo: “La custode di mia sorella”. Ma una volta deciso mi sono ritrovata a fissare lo schermo del mio computer a lungo prima di metter giù due righe di senso compiuto. Per fortuna poi mi è venuta l’ispirazione e ho cominciato a picchiettare sulla povera tastiera del computer a ritmo sostenuto (immaginando la Kia e la Mon che mi dicono come sempre di non distruggere i tasti).

L’undicenne Anna Fitzgerald è nata grazie alla fertilizzazione in vitro con le caratteristiche necessarie per poter salvare la sorella maggiore Kate, malata da tempo di leucemia. Oltre ad assistere al calvario della sorella, Anna si è sottoposta a numerose analisi, trasfusioni e iniezioni per salvare Kate. Ma quando la sorella ha bisogno di un rene, Anna però si rifiuta di essere usata. Sente infatti di essere stata messa al mondo al solo scopo di salvare la sorella. Anna così si rivolge ad un avvocato e fa causa ai genitori per avere l’emancipazione medica ed il pieno controllo del proprio corpo.


 

Titolo: La custode di mia sorella
Titolo originale: My sister’s keeper
Regia: Nick Cassavetes
Anno: 2009
Durata: 109 min
IMDB

Il film si concentra sull’ultimo periodo di vita di Kate e noi veniamo accompagnati all’interno della realtà della famiglia attraverso la voci fuori campo dei genitori e dei fratelli che ci raccontano come ciascuno di loro convive con la situazione di Kate. Infatti vi è un continuo alternarsi tra presente e momenti del passato, in cui vediamo il peggioramento di Kate. La cosa che mi piace del film è che la sorella malata non è l’unico nucleo a cui gira la storia, ma il regista vuole farci notare che i genitori hanno sempre “sfruttato” la sorella minore come pezzo di ricambio. Scopriamo quindi che dietro una facciata di serenità familiare, si nascondono molte crepe che stanno distruggendo la famiglia.

This is it. I know I’m going to die now. I suppose I’ve always known that. I just never knew when. And I’m okay with it. Really. I don’t mind my disease killing me. But it’s killing my family, too.

Sebbene Kate abbia già accettato la realtà dei fatti, sua madre non vuole arrendersi, vuole fare il possibile affinché lei possa continuare a vivere. Il suo amore per la figlia la rende cieca a tal punto da non vedere come le sua azioni nei confronti degli altri figli non siano giuste. Kate se ne rende conto e per questo chiede ad Anna di far causa ai genitori, perché vuole far capire che è ora di smettere di lottare, lei infatti vuole trascorrere insieme con la famiglia gli ultimi momenti.

Remember that summer when I went away to camp? And I was so scared that I’d miss you so much guys. Before I got to the bus you told me to take a seat on the left side right next to the window, so I’d be able to look back and see you there. I get the same seat now.

I flashback felici in cui si vede Kate in salute sono accompagnati da canzoni azzeccate che amplificano la drammaticità della storia. Vediamo una giovane Abigail Breslin nei panni di Anna che dimostra grande padronanza del personaggio e un’inaspettata Cameron Diaz che interpreta la madre in maniera molto convincente (nonostante la vediamo soprattutto in commedie, la sua presenza in un film del genere devo dire che non stona).

Se dovessi descrivere il film con una parola sarebbe intenso. Questo perché fin da subito ti mette davanti alla realtà dei fatti. Si apre infatti con la voce di Anna che ci racconta come la sua nascita non sia frutto del caso. Ma oltre al dramma in sé, il modo sapiente in cui il regista racconta le dinamiche familiari, i conflitti interni, le speranze e le paure dei nostri protagonisti è ciò che rende davvero emozionante questo film. La storia viene raccontata in maniera semplice e genuina, senza filtri, in modo che lo spettatore si senta parte della famiglia e partecipi attivamente alle vicissitudini narrate. Infatti questo film ha messo nuovamente a dura prova la mia sfera emotiva perché le lacrime zampillavano dai miei occhi. Diciamo che al regista piace raccontare storie strappalacrime infatti, dopo aver raccontato di un amore ostacolato ne “Le pagine della nostra vita”, ritorna con un film di spessore sulla lotta contro la leucemia (ho pianto così tanto che dovrebbe essere illegale fare film del genere).


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