Buongiorno a tutti.
Il libro da cui traggo il teaser oggi, La Danese di David Ebershoff, l’ho appena iniziato, quindi, per evitare spoiler vi lascio l’incipit. È un libro che mi incuriosisce da tempo, da quando l’ho sentito nominare in collegamento al film The Danish Girl tratto da questo romanzo. Non l’avevo mai iniziato ma il l’estrazione per la Book Jar Challenge di ‘un libro da cui è stato tratto un film’ ha spinto me e la Mon a prenderlo finalmente in mano. Vedremo se mi piacerà. Qualcuno di voi l’ha già letto o ha visto il film? Fatemi sapere che ne pensate.

teaser tuesday

Fu sua moglie la prima a saperlo. «Mi faresti un piccolo favore?» chiese Greta dalla camera da letto quel pomeriggio. «Dovresti aiutarmi un attimo con una cosa. Non ci vorrà molto.»
«Certo» disse Einar tenendo gli occhi fissi sulla tela. «Quello che vuoi.»
Il vento del Baltico rinfrescava la giornata di primavera. Erano nel loro appartamento nella Casa delle Vedove, ed Einar, un uomo minuto e quasi trentacinquenne, stava dipingendo a memoria un paesaggio invernale del Kattegat. Sull’acqua nera e crudele, tomba di centinaia di pescatori che ritornavano a Copenaghen con le loro prede sotto sale, era stesa una cappa bianca. Il vicino del piano di sotto era un marinaio con la testa piccola e tonda che insultava la moglie. Quando Einar dipingeva l’increspatura grigia di ogni onda, immaginava il marinaio che annegava, con una mano sollevata a chiedere aiuto, e sentiva la sua voce che sapeva di vodka di patate dare ancora della puttana da porto alla moglie. In questo modo Einar capiva che sfumatura dare ai suoi colori: abbastanza grigia da inghiottire un uomo del genere e richiudersi come pastella sul suo ringhio che affondava.
«Arrivo fra un attimo» disse Greta, più giovane del marito e bella, col viso largo e piatto. «Poi possiamo cominciare.»
Anche in questo Einar era diverso da sua moglie. Lui dipingeva la terra e il mare: piccoli rettangoli illuminati dalla luce obliqua di giugno, o offuscati dal pallido sole di gennaio. Greta dipingeva ritratti, spesso a dimensioni naturali, di personaggi di una certa importanza, con le labbra rosa e i capelli luminosi. Il signor I. Glückstadt, il finanziere del porto franco di Copenaghen. Christian Dahlgaard, pellicciaio del re. Ivar Knudsen, socio dei cantieri navali Burmeister e Wain. Quel giorno doveva dipingere il ritratto di Anna Fonsmark, mezzosoprano dell’Opera reale danese. Direttori e magnati dell’industria commissionavano a Greta ritratti da appendere in ufficio, sopra uno schedario, o alla parete di un corridoio per nascondere i segni lasciati dal carrello di un operaio.
Greta apparve sulla soglia della camera. Si era raccolta i capelli: «Sei sicuro che non ti dispiace interrompere per darmi una mano?» gli chiese. «Non te l’avrei chiesto se non fosse importante; il fatto è che Anna ha di nuovo rimandato la seduta di posa. Perciò… ti dispiacerebbe provarti le sue calze?» chiese Greta «…e le scarpe?»
Alle sue spalle, il sole di aprile filtrava attraverso la seta che le pendeva floscia dalla mano. Dalla finestra, Einar vedeva il Rundetårn come un’enorme ciminiera di mattoni, e sopra il Deutscher Aero-Lloyd che volava piano piano verso Berlino come ogni giorno.
«Greta» disse Einar «cosa vuoi dire?» Una goccia di colore a olio gli cadde dal pennello sullo stivale. Edvard IV cominciò ad abbaiare muovendo il capo in direzione prima dell’uno e poi dell’altra.
«Anna è ancora in teatro per le prove della Carmen. Ho bisogno di un paio di gambe per finire il suo ritratto, se no non ce la farò mai. E poi ho pensato che le tue potrebbero andare bene.»
Gli si avvicinò tenendo in una mano le scarpe giallo senape con la fibbia di peltro. Indossava il suo grembiule abbottonato sul davanti, con le tasche esterne nelle quali metteva le cose che voleva nascondere a Einar.
«Ma non posso mettermi le scarpe di Anna» disse lui. Poi, guardandole, pensò che in effetti potevano andar bene per i suoi piedi piccoli e arcuati, dai talloni morbidi. Aveva le dita snelle, con pochi peli neri sottili. Immaginò il rotolino sgualcito delle calze che gli scivolava sulla caviglia bianca. Sul cuscinetto del polpaccio. Che si chiudeva con uno scatto nel gancio di una giarrettiera. Dovette chiudere gli occhi.
Le scarpe erano come quelle che avevano visto la settimana prima su un manichino ai grandi magazzini Fonnesbech, abbinate a un vestito blu notte. Si erano fermati ad ammirare la vetrina decorata con una ghirlanda di giunchiglie e Greta aveva detto: «Carine, no?». Poi, siccome lui non aveva risposto ed era rimasto immobile nel riflesso del cristallo con gli occhi sbarrati, lei aveva dovuto strapparlo via dalla vetrina. Lo aveva trascinato giù per la Bremerholm, passando davanti al negozio di pipe, e poi gli aveva chiesto: «Einar, ti senti bene?».

Capitolo 1 – LA DANESE di David Ebershoff

divisore dx

la daneseCopenaghen, anni Venti. Greta è una giovane americana iscritta all’Accademia delle Belle Arti. Lì conosce Einar, il suo timido e taciturno insegnante, di cui si invaghisce. I due giovani si sposano e dedicano la loro vita comune alla pittura. Greta si specializza nei ritratti e quando una sua amica non può posare per gli ultimi ritocchi, Einar si presta come modello. Indossati gli abiti femminili, il pittore finisce per immedesimarsi a tal punto da assumere un’altra identità e il nome di Lili. Da quel giorno Lili compare sempre più spesso nella vita privata e sociale della coppia fino alla decisione definitiva di Einar di affrontare un’operazione chirurgica per diventare donna.

kiafirma

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *