Buongiorno. Premessa: sono un disastro. Sto ancora finendo Il Principe di Cassandra Clare, e non perché non mi piaccia, ma davvero non ho il tempo materiale. Le settimane mi scappano via che non me ne rendo nemmeno conto. Ma voi come diavolo fate a leggere millemila libri? Non sapete l’invidia. Coooomunque. Visto che non ho intenzione di lasciarvi il terzo teaser riguardante lo stesso libro, vado col prossimo in TBR. Poi magari tra un paio di giorni, appena finisco Il Principe, mi saltano i 5 minuti e cambio libro, ma l’intenzione è quella di inziare Lion. La strada verso casa di Saroo Brierley. Vengo da 50 shades, un thriller e un fantasy. Ho bisogno di qualcosa di un po’ più forte emotivamente: staremo a vedere. Intanto vi lascio l’incipit. Qualcuno di voi l’ha letto? O avete visto il film?
Se ne sono andati.
Penso a questo giorno da venticinque anni. Sono cresciuto dall’altra parte del mondo, con un nuovo cognome e una nuova famiglia, e mi sono sempre chiesto se avrei mai rivisto mia madre, i miei fratelli, mia sorella. E adesso eccomi qui: davanti a una porta, all’angolo di un edificio diroccato nel quartiere povero di una polverosa cittadina dell’India centrale – il posto in cui vivevo da bambino –, e non c’è nessuno. La casa è vuota.
L’ultima volta che sono stato qui avevo cinque anni.
La porta, con i cardini rotti, è molto più stretta e bassa di quanto ricordassi: ora dovrei abbassarmi per riuscire a passarci. Non ha senso bussare. Dalla finestra e dalle crepe nel muro di mattoni sbrecciati, a me così familiare, riesco a vedere la stanzetta in cui vivevamo tutti e cinque. Il soffitto è poco più alto di me.
Era questa la mia paura più grande, il terrore paralizzante che, in anni e anni di ricerche, avevo ricacciato nell’angolo più remoto della mia mente: che una volta ritrovata la mia casa, la mia famiglia non ci sarebbe stata.
Mi sento perso e non so che fare. Non è la prima volta che mi succede. Eppure, anche se ora ho trent’anni, un po’ di soldi in tasca e un biglietto per tornare da dove sono venuto, mi sento esattamente come tanti anni fa, quando ero solo e perso su quel binario. Faccio fatica a respirare e la mia mente continua a correre. Vorrei poter cambiare il passato.
Una porta si apre. Dall’abitazione accanto, in condizioni migliori della mia, esce una giovane donna con una vestaglia rossa e un bambino in braccio. È curiosa, ovviamente. Anche se ho tratti indiani, i miei vestiti da occidentale sono forse un po’ troppo nuovi e i miei capelli troppo ben pettinati: che cosa ci faccio qui? Devo essere uno straniero. In più non so parlare la sua lingua, così, quando si rivolge a me, riesco solo a intuire che mi sta chiedendo qualcosa. Non conosco che poche parole in hindi, e comunque non sono sicuro di come pronunciarle. «Non parlo hindi, solo inglese» dico, e sono sorpreso quando lei mi risponde: «Io parlo inglese, un po’». Faccio un cenno verso la casa abbandonata ed elenco i nomi delle persone che ci abitavano tanto tempo fa: «Kamla, Guddu, Kallu, Shekila». Poi indico me stesso e aggiungo: «Saroo».
La donna resta in silenzio e mi osserva. Mi torna in mente una cosa che mi ha dato la mamma, in Australia, da usare in casi come questo. Frugo nello zaino e tiro fuori un foglio A4 con alcune fotografie di me da bambino. Indico di nuovo me stesso, poi dico: «Piccolo», e punto il dito sul bambino nella foto. «Saroo.»
Quando vivevo qui, nella casa dei vicini c’era una bambina: potrebbe essere lei la donna che ora mi guarda in silenzio?Prologo – LION. LA STRADA VERSO CASA di Saroo Brierley