Buongiorno lettori! Il teaser che vi lascio oggi non è tratto dal libro che ho in lettura, ma da quello che ho terminato nel week end. Si tratta de Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno che ho scoperto per puro caso e mi ha letteralmente conquistata. È un libro particolare, che racconta la storia di una sartina a giornata di fine Ottocento, analizzando, in maniera romanzata, la situazione sociale di quel periodo vista dagli occhi di una persona del popolo. Vi lascio un pezzetto del primo capitolo, sperando di incuriosirvi. Se lo leggete, fatemi sapere se vi è piaciuto.

teaser tuesday

Avevo sette anni quando mia nonna cominciò ad affidarmi le rifiniture più semplici dei capi che cuciva in casa per le sue clienti nei periodi in cui non aveva richieste di lavori al loro domicilio. Eravamo rimaste noi due sole di tutta la famiglia dopo l’epidemia di colera che aveva portato via senza fare preferenze di sesso i miei genitori, i miei fratelli e sorelle e tutti gli altri figli e nipoti di mia nonna, miei zii e miei cugini. Come avessimo fatto noi due a scamparla, ancora non me lo spiego.
Eravamo povere, ma lo eravamo state anche prima dell’epidemia. La nostra famiglia non aveva mai posseduto niente, tranne la forza delle braccia maschili e l’abilità delle dita femminili. Mia nonna e le sue figlie e cognate erano conosciute in città per la loro bravura e precisione nel cucito e nel ricamo, per la loro onestà, pulizia e affidabilità nei lavori domestici quando andavano a servizio nelle case dei signori, dove sapevano fare con una certa grazia anche le cameriere e occuparsi del guardaroba. Erano poi quasi tutte delle buone cuoche. Gli uomini lavoravano a giornata come muratori, facchini, giardinieri. Industrie che assumessero operai nella nostra città ancora non ce n’erano molte, ma il birrificio, il frantoio, il mulino e anche gli eterni lavori di scavo per l’acquedotto richiedevano spesso manodopera non specializzata. Che io mi ricordi, non abbiamo mai patito la fame, anche se dovevamo spesso cambiare casa e ammassarci per qualche tempo nei sottani o bassi del centro storico, quando non riuscivamo a pagare l’affitto dei modestissimi appartamenti in cui viveva la gente del nostro ceto.

Vita mia, cuor mio – Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno

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C’è stato un tempo in cui non esistevano le boutique di prêt-à-porter e tantomeno le grandi catene di moda a basso prezzo, e ogni famiglia che ne avesse la possibilità faceva cucire abiti e biancheria da una sarta: a lei era spesso dedicata una stanza della casa, nella quale si prendevano misure, si imbastivano orli, si disegnavano modelli ma soprattutto – nel silenzio del cucito – si sussurravano segreti e speranze. A narrarci la storia di questo romanzo è proprio una sartina a giornata nata a fine Ottocento, una ragazza di umilissime origini che apprende da sola a leggere e ama le opere di Puccini ma più di tutto sogna di avere una macchina da cucire: prodigiosa invenzione capace di garantire l’autonomia economica a chi la possiede, lucente simbolo di progresso e libertà. Cucendo, la sartina ascolta le storie di chi la circonda e impara a conoscere donne molto diverse: la marchesina Ester, che va a cavallo e studia la meccanica e il greco antico; miss Lily Rose, giornalista americana che nel corsetto nasconde segreti; le sorelle Provera con i loro scandalosi tessuti parigini; donna Licinia Delsorbo, centenaria decisa a tutto per difendere la purezza del suo sangue; Assuntina, la bimba selvatica… Pur in questa società rigidamente divisa per classe e censo, anche per la sartina giungerà il momento di uscire dall’ombra e farsi strada nel mondo, con la sola forza dell’intelligenza e delle sue sapienti mani. Bianca Pitzorno dà vita in queste pagine a una storia che ha il sapore dei feuilleton amati dalla sua protagonista, ma al tempo stesso è percorsa da uno sguardo modernissimo. Narrare della sartina di allora significa parlare delle donne di oggi e dei grandi sogni che per tutte dovrebbero diventare invece diritti: alla libertà, al lavoro, alla felicità.


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