Buongiorno. Eccoci con una nuova recensione sempre dall’elenco delle letture da smaltire quest’estate. Oggi vi parlo di Il bambino di Auschwitz di Suzy Zail.
il bambino di auschwitz cover
Titolo: Il bambino di Auschwitz
Titolo originale: Alexander Altmann A10567
Autore: Suzy Zail
Editore: Newton Compton Editori
Disponibile in italiano:
Goodreads

14 anni e un numero tatuato sul braccio: A10567

Ispirato a una storia vera

Il commovente tentativo di restare bambini nell’inferno di un campo di concentramento

A10567: è ancora giovanissimo Alexander Altmann, ma non ha bisogno di guardare il numero tatuato sul suo braccio, lo conosce a memoria. Sa anche che per sopravvivere ad Auschwitz, dovrebbe irrobustirsi, ma è difficile in quell’inferno.

Ogni giorno deve assistere a umiliazioni, violenze e soprusi indicibili. Ma Alexander ha imparato subito che per non morire bisogna essere forti e duri soprattutto nel cuore. Quando però gli viene affidato il compito di domare il nuovo cavallo del comandante di Auschwitz, in Alexander nasce un motivo di nuova speranza: se riuscirà a superare la diffidenza dell’animale e a condurlo al passo, forse guadagnerà il rispetto dei suoi carcerieri. Se fallirà, invece, sarà la morte per entrambi.

Si può rimanere umani dove non c’è più compassione? Ispirato a una storia vera, un racconto toccante e commovente.

 

Proprio così, ogni tanto esco dalla comfort zone dei romanzi rosa per staccare la testa e scelgo qualcosa di più forte, più vero. Più pregno di emozioni che con gli occhi a cuoricino e le lacrime di gioia hanno poco a che vedere. Succede spesso che la scelta ricada su qualcosa di relativo agli stermini che si sono verificati nella nostra storia. Sono dei momenti storici cruciali, di cui c’è sempre qualcosa da scoprire e che mi prendono un sacco. In realtà non so bene da dove derivi questo interesse, ma mi è sempre ‘piaciuto’, se così si può dire, scoprire nuovi aspetti e nuovi racconti di questi periodi bui.

Il bambino di Auschwitz non è una storia completamente vera. L’autrice ha preso una storia reale, che le è stata raccontata da un sopravvissuto, e l’ha rivisitata.
Non credo che in questi casi si possa parlare di bellezza della storia o di ‘simpatia’ dei personaggi. Sono racconti che di bello e ‘simpatico’ non hanno nulla. Il bambino di Auschwitz è una storia che prende, scritta con grande delicatezza, pur mantenendo la durezza della Storia.

La prima cosa a cui penso quando leggo questi libri è l’immensità della forza d’animo. Il suo essere fondamentale, la sua capacità di far sopravvivere una persona quando ha perso tutto, sia materiale che non. Di solito sono storie vere, o comunque rivisitazioni di racconti di vita, di sopravvissuti. Di persone cui è rimasta solo la speranza, e nemmeno troppa.

Alexander è un bambino che ha perso tutto, compresa la fiducia nel mondo e nell’umanità.
Ma gli è rimasta la fiducia nelle promesse della madre, la certezza che, quando tutto finirà, lei sarà ancora lì ad aspettarlo per dargli tutto il suo amore. E su quello fonda la sua vita al campo, in quello trova la forza di andare avanti, di ricordarsi chi è, di sopravvivere e tornare.

Un’altra cosa che emerge prepotente è l’umanità. Quel sentimento, quel modo di essere che in posti come Auschwitz e Birkenau sembra morta, polverizzata nei forni. E invece Alexander scopre che non è davvero così. La riscopre, pur rimanendo diffidente e solitario, nei piccoli gesti, nei tentativi dei prigionieri di socializzare, di aggrapparsi il più possibile alla vita vera, quella senza un numero tatuato su un braccio. Quella da persone e non da animali.

Ed è così che Alexander continua giorno dopo giorno, grazie alla forza d’animo, alle promesse della madre, a Isidor che nonostante il rifiuto di Alex ad essergli amico ci riprova ogni giorno. E grazie agli animali, ai cavalli, per essere precisi. Alex ha infatti la fortuna di entrare nel plotone equestre di Auschwitz. Un gruppo di uomini che si prendono cura ogni giorno dei cavalli degli ufficiali del campo. Conosce comunque la paura, la fame, le condizioni proibitive del campo. Ma una parte di lui riesce, grazie al suo grande amore per i cavalli, a mantenere la serenità che gli permette di arrivare giorno dopo giorno a sera.

È un libro toccante, forse più di altri nel suo genere, vista anche la giovanissima età di Alex che si spaccia sedicenne solo per non finire nelle docce del gas, quelle dove finiscono i bambini considerati inutili dal punto di vista lavorativo.
L’unica cosa che non ho apprezzato appieno è stato il finale. Un po’ affrettato, un po’ troppo ‘sognante’, al punto di non capire quanto ci sia di reale e quanto sia immaginazione del protagonista.

Nonostante questo, un libro che vi consiglio, sia se vi piace il genere, sia se volete uscire dai generi letti di solito e provare con qualcosa di nuovo.


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