Buongiorno lettori. Torno dopo un po’ di tempo con una nuova recensione. In realtà ho letto il libro un po’ di tempo fa, ma complice il blog tour (qui la nostra tappa), ho pensato di non continuare a parlarvi dello stesso libro e di aspettare un po’. Ma di quale romanzo sto parlando? De ‘La libreria dove tutto è possibile’ di Stephanie Butland.

la libreria dove tutto è possibile cover

Titolo: La libreria dove tutto è possibile
Autore: Stephanie Butland
Editore: Garzanti
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Nel cuore di York c’è una piccola libreria. È il rifugio preferito della giovane Loveday Cardew. L’unico luogo che sia mai riuscita a chiamare casa. Solo qui si sente al sicuro. Solo qui può prendersi cura dei libri proprio come loro si prendono cura di lei. Perché è attraverso le loro pagine che riesce a comunicare le sue emozioni. Fino al giorno in cui comincia a ricevere misteriosi pacchi ricolmi dei libri con cui è cresciuta. E inizia a pensare che qualcuno stia cercando di mandarle un messaggio. Qualcuno che forse la conosce bene e conosce anche la sua infanzia, piena di ricordi difficili. Loveday sa che non può più nascondersi e far finta di niente. Deve affrontare quel passato che ha fatto di tutto per lasciarsi alle spalle. Al suo fianco, pronto ad aiutarla a raccogliere tutto il coraggio di cui ha bisogno, c’è il dolcissimo Nathan, poeta in erba, l’unico che sembra conoscere la strada per arrivare al suo cuore.

Parto col dirvi che il mio giudizio su questo libro è un nì. Il motivo principale per cui non mi ha convinta è la lentezza della storia. Vero è che questo aspetto ha più o meno impatto a seconda del periodo e dello stato d’animo in cui stiamo leggendo, ma cercavo più azione, o almeno più trama. Con questo non voglio assolutamente dire che non ci sia storia, ma poteva sicuramente essere condensata in meno pagine, con meno dettagli ‘inutili’ sia alla trama che al rapporto col lettore.

Nelle ultime 20-30 pagine, poi, succede tutto quello che non è successo nel libro: colpo di scena, modifica e definizione dei ruoli dei protagonisti, un po’ di hype, un po’ di romanticismo. Si tratta di un finale che, come il resto della storia, avrebbe avuto un grande potenziale, ma – secondo me – non è stato sviluppato appieno. Avrei voluto che mi emozionasse di più, per gli avvenimenti descritti, per i sentimenti fortissimi sia provati dai protagonisti che suscitati nel lettore. Il problema è che a causa soprattutto di questa lentezza non ero entrata in piena sintonia con i personaggi, facendomi così scivolare addosso anche la parte più bella del libro, quella in cui tutto trova il suo posto, nel bene e nel male.

La storia è raccontata in prima persona – forse è stato questo a farmi rimanere più distaccata? Vi giuro che non lo capisco bene nemmeno io – da Loveday, la protagonista, su tre piani temporali: lei bambina, lei adolescente che si scontra con il mondo, lei un po’ più grande che si scontra con l’amore, anche se lo nega perfino a sé stessa.
Loveday in realtà è una bella protagonista. È un’Eroina, una ragazza poco più che adolescente che ha perso tutto ma che, nonostante la sua giovane età, è riuscita a rimettere insieme i pezzetti della sua esistenza trovando un suo posto nel mondo. Un posto ancora da definire, ma che si delinea mano a mano che Loveday cresce e si racconta. È una personcina riservata e scorbutica, non si fida di nessuno, rifiuta qualsiasi sentimento positivo; considerando quello che ha passato direi che però non si può biasimarla.

Archie, il padrone della libreria in cui Loveday lavora, poteva essere un personaggio fantastico, così come Nathan. Nella storia vediamo però tutto filtrato dagli occhi e dal carattere di Loveday, che parla poco, non si confida e quindi ci racconta molto poco di chi gli sta intorno. Ci lascia dettagli e descrizioni molto oggettivi, che non aiutano a entrare in sintonia con questi protagonisti.

E poi c’è Rob, l’”antagonista”, che per quanto possa essere filtrato è e rimane una brutta persona.

Come dicevo all’inizio, la storia ha effettivamente del potenziale e si fa leggere in maniera scorrevole. È una storia particolare e curiosa che, nonostante non mi abbia completamente soddisfatta, mi sento di consigliarvi: potreste non soffrire così tanto la prima persona, per esempio, è una cosa puramente soggettiva. A me, purtroppo, è mancato quel qualcosa in più, quello che ti fa tenere il naso incollato alle pagine, quello che ti fa emozionare per e con i personaggi.

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