Ciao a tutti! Mi sono appena ripresa da una settimana di esami non intensa, di più. Una di quelle settimane dalle quali esci sfiancato sia mentalmente che fisicamente. Ma adesso, nonostante ci siano i prossimi esami da preparare, me la posso prendere con un filino più di calma. Questo significa che riesco a leggere e scrivere qualcosa, finalmente. Il libro che sono finalmente riuscita a finire è ‘Non lasciarmi’ di Kazuo Ishiguro.

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Titolo: Non lasciarmi
Titolo originale: Never let me go
Autore: Kazuo Ishiguro
Editore: Einaudi
Disponibile in italiano:
Goodreads

Kathy, Ruth e Tommy sono cresciuti in un collegio immerso nella campagna della provincia inglese. Sono stati educati amorevolmente, protetti dal mondo esterno e convinti di essere speciali. Ma qual è, di fatto, il motivo per cui sono lì? E cosa li aspetta oltre il muro del collegio? Solo molti anni più tardi, Kathy, ora una donna di trentun anni, si permette di cedere agli appelli della memoria. Quello che segue è la perturbante storia di come Kathy, Ruth e Tommy si avvicinino a poco a poco alla verità della loro infanzia apparentemente felice, e al futuro cui sono destinati.

Ho fatto un po’ di fatica a finire il libro, e ancora non riesco a capire se a causa del periodo, che magari richiedeva un libro un po’ più leggero, o se proprio per via del libro.
Per farla breve, ‘Non lasciarmi’ non mi ha esaltata, anzi. Credo che sia dovuto in particolare al modo in cui è scritto. Il libro è raccontato in prima persona da Kathy che, giunta ad una svolta nella sua vita, si fa in un certo senso prendere dalla nostalgia e ripercorre la sua vita, in particolare la storia della sua amicizia con Ruth e Tommy. Kathy, ormai adulta, si sta quindi preparando a vivere quella che sa essere l’ultima fase della sua vita e l’avvicinarsi di questo cambiamento la porta a ricordare diversi aneddoti, dalla sua infanzia al presente. Spesso, soprattutto nella prima parte del libro, quella ‘più vecchia’, troviamo dei passaggi in cui la narratrice stessa ci dice di non ricordare bene cosa fosse accaduto in quella particolare situazione. Mano a mano che racconta aneddoti più recenti, i ricordi si fanno più vividi, più dettagliati e in qualche modo più personali. Nei racconti di lei bambina ci sono molti fatti e avvenimenti, a differenza dei ricordi della sua adolescenza che sono pieni di pensieri e di momenti di solitudine in cui esce la personalità della protagonista.
Kathy è sempre stata una ragazzina tranquilla e socievole, senza troppe pretese nei confronti della vita e senza troppe domande. Esattamente il contrario della sua migliore amica Ruth, più curiosa e testarda, oltre che in grado di litigare e far litigare chiunque. Ruth, mano a mano che cresce, perde sempre più fiducia nella vita e nel futuro, e si trova ad avere bisogno di omologarsi ai ragazzi più grandi per avere la certezza di farsi accettare. Questo comportamento la porta però a litigare con i sui amici d’infanzia Kathy e Tommy.
Tommy è un ragazzino che cresce con la convinzione di essere problematico e diverso. Non ha una vena artistica di nessun tipo e si ritrova costretto a vivere a Hailsham, una specie di collegio in cui tutti i bambini disegnano, fanno sculture e scrivono poesie.
Kathy, Ruth e Tommy crescono insieme, provando a scoprire cosa li aspetta fuori dalle mura di Hailsham e cosa la vita abbia in serbo per loro. I tutori sono reticenti nel rispondere alle loro domande, e mano a mano che i ragazzini crescono si rendono conto che meno domande fanno e meglio è. Un po’ alla volta scoprono di aver sempre saputo a cosa erano destinati, senza però esserne davvero coscienti. Ognuno, ovviamente, la prende a modo suo e questo porta a litigi e diverbi con gli altri.
Su tutta la storia aleggia un senso di malinconia e angoscia, aiutato probabilmente dal fatto che la trama ha un che di surreale, ma, se ci si ferma a pensarci, potrebbe essere vera.
Dopo tutto questo sproloquio, sono giunta alla conclusione che magari non era il momento giusto, per me, per leggere questo libro. Probabilmente avrei dovuto affrontarlo con un’altra mentalità. L’ho trovato abbastanza impegnativo, sia come scrittura che come storia. Gli argomenti trattati non sono dei più felici e leggeri. Dalla crescita dei bambini, completamente distaccati dal mondo esterno, che arrivano a desiderare di poter lavorare in un ufficio con le pareti di vetro alla donazione degli organi vera e propria.
Dal libro è stato tratto anche l’omonimo film che, da quello che ho letto, potrebbe essere uno di quei rari casi in qui la trasposizione merita più del libro. Staremo a vedere.


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