Recensione: L’amuleto d’ambra di Diana Gabaldon

Rieccomi. Quest’estate è stato un delirio e, una volta ritrovato il tempo per leggere, è stato parecchio difficile ricominciare a scrivere. La prima ‘vittima’ di questo – ormai – autunno di recensioni è ‘L’amuleto d’ambra’ di Diana Gabaldon. Tralasciando il fatto che ero convinta che la serie TV sarebbe tornata a settembre e invece prima del 2016 non se ne parla *disperazione*, l’idea è quella di leggere prima i libri e poi vedere la trasposizione. Quindi, meglio tirarsi avanti.

l'amuleto d'ambra
Titolo: L’amuleto d’ambra (Outlander #2)
Titolo originale: Dragonfly in Amber
Autore: Diana Gabaldon
Editore: TEA
Disponibile in italiano:
Goodreads

Scozia, 1945. Claire Randall, infermiera militare, attraversa un magico cerchio druidico e, misteriosamente, si trova catapultata nelle Highlands del 1743, straniera in una terra dilaniata dalla guerra e dalle faide dei clan rivali. È il 1968 e dopo vent’anni di silenzio durante i quali Claire non ha svelato a nessuno il suo segreto, torna con la figlia Brianna, una splendida ragazza dai capelli color del rame, alla Collina delle Fate, il luogo incantato dove è cominciata la sua avventura. Qui cerca il coraggio di raccontarle il suo viaggio nel tempo e il suo amore per un guerriero scozzese che in un’altra vita e in un’altra epoca l’aveva conquistata. E sarà nel tentativo di ritrovare il suo amato che Claire si ritufferà nelle vertigini di un passato che dalle terre desolate e solitarie della Scozia l’aveva portata sino alla sfarzosa corte di Versailles. Ma il cammino che dovrà percorrere sarà lungo e non privo di ostacoli e di sorprese…

La smetto di blaterare e provo a dirvi qualcosa sul libro. Premetto che ero partita un po’ smontata perché la Mon non mi aveva dato un parere troppo positivo di questo libro e perché nella prima parte non c’è Jamie. Eh già, la prima parte di questo secondo libro della serie Outlander è ambientata nuovamente nel presente – o futuro a seconda dei punti di vista – e dalle prime pagine troviamo Claire che, per una serie di coincidenze, si trova costretta a raccontare a Brianna, sua figlia, chi sia il suo vero padre. Per fortuna, per il racconto, l’autrice ha fatto la scelta di tornare direttamente nel passato e raccontare la storia senza saltare da un periodo storico all’altro. Dopo i primi capitoli ritroviamo infatti Jamie e Claire a Parigi, ovvero poco dopo il momento in cui eravamo rimasti alla fine del primo libro. Dal piccolo stralcio di presente otteniamo delle informazioni sulla ‘fine della storia’ che però non fanno altro che lasciarci con ancora più domande lungo il corso del libro.
Comunque, nonostante la titubanza iniziale, questo libro mi è piaciuto quanto il primo, forse quasi di più. Il rapporto tra Jamie e Claire è fantastico e reale in ogni momento. I personaggi stessi sono molto reali, si fanno voler bene e ci permettono di immergerci nelle loro vite nonostante la distanza dovuta al periodo in cui è ambientato il libro. Mi piace molto come Claire riesce ad adattarsi al diciottesimo secolo.

“Distesa a terra, con i pannelli di legno scolpito del soffitto tremolanti nella penombra sopra di me, mi ritrovai a pensare che, pur essendo sempre stata convinta che la tendenza a svenire delle donne del diciottesimo secolo fosse causata da corsetti troppo stretti, c’era invece la possibilità che fosse dovuta all’idiozia degli uomini del diciottesimo secolo.”

Essendo la storia raccontata in prima persona da lei, riusciamo a conoscere i suoi sentimenti e le sue impressioni e, nonostante non si lamenti quasi mai direttamente delle carenze e delle usanze di quel periodo in relazione alla sua epoca, possiamo vedere che spesso la ‘civilizzazione’ più avanzata del suo tempo le manca.
Più che nella quotidianità, questa nostalgia la notiamo nel modo in cui deve rapportarsi coi rappresentanti dell’alta società francese.

Non che sia una novità, ma anche con questo libro mi sono ritrovata coi lacrimoni, per la disperazione prima e per la gioia e l’emozione poi. Ma io sono un caso disperato, si sa.

L’amuleto d’ambra non finisce con un cliffhanger come il primo libro della serie e spero proprio di non ritornare un’altra volta nel presente con l’inizio del terzo. Nell’attesa di leggere il terzo (devo intervallare i volumi delle serie altrimenti rischio di stufarmi) vi consiglio la lettura di questa serie, così come la visione della serie tv.

rating 4
kia firma

Teaser Tuesday #24

Aaah, è martedì e sì, è tempo di Teaser! Sto facendo pausa dallo studio e quindi sono venuta di corsa a pubblicare un breve passo tratto da Simon vs. The Homo Sapiens Agenda. È un libro piuttosto corto, ma terribilmente carino. L’ho letto sotto consiglio di un’amica e, che dire, mi ha permesso di passare un pomeriggio davvero piacevole. Se avete voglia di una storia semplice e dolce, senza drammi nè traumi, questo potrebbe essere il libro per voi.
teaser tuesday

FROM: [email protected]
TO: [email protected]
DATE: Oct 31 at 8:11 AM
SUBJECT: Re: hollow wieners
Jacques,
Sorry to disappoint. I’m not opposed to dressing up, and you make a compelling case for it. I completely see the appeal of being someone else for the evening (or in general). Actually, I was a bit of a one-trick pony myself when I was little. I was always a superhero. I guess I liked to imagine myself having this complicated secret identity. Maybe I still do. Maybe that’s the whole point of these emails.
Anyway, I’m not dressing up this year, because I’m not going out. My mom has some kind of work party, so I’m stuck at home on chocolate duty. I’m sure you understand that there’s nothing sadder than a sixteen-year-old boy home alone on Halloween answering the door in full costume.
Your family sounds interesting. How did you talk your parents into buying you dresses? I bet you were an awesome flapper. Did your parents try to ruin all your costumes by making them weather appropriate? I remember throwing this ridiculous tantrum one year because THE GREEN LANTERN DOES NOT WEAR A TURTLENECK. Though, in retrospect, he actually kind of does. Sorry, Mom!
Anyway, I hope you enjoy your day off from being Jacques. And I hope everyone likes your ninja costume (that has to be it, right? The perfect mix of simple and badass?).
—Blue

FROM: [email protected]
TO: [email protected]
DATE: Oct 31 at 8:25 AM
SUBJECT: Re: hollow wieners
A ninja? Suck a good guess, but no dice.
—Jacques

FROM: [email protected]
TO: [email protected]
DATE: Oct 31 at 8:26 AM
SUBJECT: Re: hollow wieners
Aaaah—autocorrect fail. DICK a good guess.

FROM: [email protected]
TO: [email protected]
DATE: Oct 31 at 8:28 AM
SUBJECT: Re: hollow wieners
GAHHHHH!!!!!
SUCH a good guess. SUCH. Jesus Christ. This is why I never write you from my phone.
Anyway, I’m going to go die of embarrassment now.
—J

Chapter 4 – SIMON VS. THE HOMO SAPIENS AGENDA di Becky Albertalli

divisore dx

simon vs the homo sapiens

Sixteen-year-old and not-so-openly gay Simon Spier prefers to save his drama for the school musical. But when an email falls into the wrong hands, his secret is at risk of being thrust into the spotlight. Now Simon is actually being blackmailed: if he doesn’t play wingman for class clown Martin, his sexual identity will become everyone’s business. Worse, the privacy of Blue, the pen name of the boy he’s been emailing, will be compromised.

With some messy dynamics emerging in his once tight-knit group of friends, and his email correspondence with Blue growing more flirtatious every day, Simon’s junior year has suddenly gotten all kinds of complicated. Now, change-averse Simon has to find a way to step out of his comfort zone before he’s pushed out—without alienating his friends, compromising himself, or fumbling a shot at happiness with the most confusing, adorable guy he’s never met.

mon firma

Teaser Tuesday #23

Eccomi qui. Avrei dovuto fare il teaser la settimana scorsa ma ero al mare e preparare il post da telefono è sempre un’impresa, quindi ho passato il turno alla Mon. Nonostante si ancora in ferie, (ultimo giorno, sigh) ho trovato il modo per fare il mio post.
Al momento sto leggendo il libro che Anna e Mon mi hannno regalato lo scorso anno per il compleanno *scappa a nascondersi per il clamoroso ritardo*. Si tratta di ‘La ragazza che hai lasciato’ di Jojo Moyes e l’unico motivo per cui ho aspettato così tanto è che si tratta di un cartaceo piuttosto sostanzioso e quindi scomodo da avere sempre in borsetta. Adesso, con le vacanze, è giunto il suo turno. Sono a metà e mi sta piacendo molto. Vi farò sapere qualcosa alla fine.

teaser tuesday

Circondata dalla gente gioiosa che ballava, dalle risate e dal cielo azzurro e luminoso, cominciai a rilassarmi. Edouard mi parlò con estrema gentilezza: mi chiese della mia vita prima di trasferirmi a Parigi e dell’ambiente di lavoro, interrompendosi di tanto in tanto per mettere la sigaretta all’angolo della bocca e urlare “Bravi!” all’orchestrina, applaudendo con le sue mani grandi.
Conosceva quasi tutti. Persi il conto del numero di persone che si fermarono per salutare o per offrirgli da bere: artisti, negozianti, donne istruite. Mi sembrava di stare con un membro della famiglia reale. Peccato che li vedessi mentre mi guardavano di sottecchi, domandandosi cosa ci facesse un uomo che avrebbe potuto avere Mistinguett con una come me.
“Le mie colleghe sostengono che lei se la intende con le puttane di Pigalle.” Non potei fare a mano di dirglielo: ero curiosa.
“Confermo. E molte di loro sono un’ottima compagnia.”
“Le ritrae?”
“Quando possono concedermi un po’ del loro tempo.” Rispose con un cenno del capo a un uomo che l’aveva salutato sfiorandosi il cappello. “Sono delle ottime modelle. Di solito non sono per niente imbarazzate a mostrare il proprio corpo.”
“Al contrario di me.”
Notò che ero arrossita. Dopo una breve esitazione, posò la mano sopra la mia, come per scusarsi. Mi fece arrossire ancora di più. “Mademoiselle” disse dolcemente. “Quei ritratti rappresentano il mio fallimento, non il suo. Ho…” Modificò il suo approccio. “Lei ha altre qualità. Mi affascina. Sono poche le cose che la intimidiscono.”
“Sì” concordai. “Credo proprio di sì.”
Mangiammo pane, formaggio e olive, le migliori che avessi mai assaggiato. Lui bevve del pastis, scolando ogni bicchierino con rumoroso gusto. Il pomeriggio scorreva lentamente. Le risate si fecero più forti, i drink più frequenti. Mi concessi due piccoli bicchieri di vino e cominciai a divertirmi. Là, per strada, in quella giornata tiepida, non ero più la forestiera di provincia, la commessa del penultimo gradino della scala sociale. Ero solo una dei tanti festaioli che si godeva le celebrazioni della presa della Bastiglia.
E poi Edouard spinse avanti il tavolo e si alzò, mettendosi di fronte a me. “Balliamo?”
Non riuscii a trovare un motivo per dire di no. Presi la sua mano e mi lascia trascinare in quella marea di corpi. Non ballavo da quando avevo lasciato St Peronne. Ora sentivo la brezza che mi vorticava intorno alle orecchie, il peso della sua mano sulla schiena, i miei zoccoli insolitamente leggeri. Profumava di tabacco, di anice, e di qualcosa di virile che mi lasciò senza fiato.
Non so cosa mi spinse a farlo. Non avevo bevuto molto, perciò non potevo dare la colpa al vino, nè al fatto che lui fosse particolarmente attraente o che sentissi la mancanza di un uomo nella mia vita.
“Mi ritragga di nuovo” dissi.
Lui di fermò e mi fissò esterrefatto. Non potevo biasimarlo: ero io la prima ad essere confusa.
“mi ritragga di nuovo. Oggi. Adesso.”
Edouard non disse nulla. Tornò al tavolo, prese il tabacco e sgusciammo tra la folla, L’una dietro l’altro, lungo le strade brulicanti, fino al suo studio.

Capitolo 4 – LA RAGAZZA CHE HAI LASCIATO di Jojo Moyes

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la ragazza che hai lasciato

Francia, 1916. Sophie, sposa innamorata del pittore Édouard Lefèvre, allievo di Matisse, è rimasta sola dopo che il marito è partito per il fronte allo scoppio della Grande Guerra. La giovane donna ritorna quindi al suo paese natale nel Nord della Francia, ora occupato dai tedeschi. Con grande audacia Sophie aiuta le famiglie in difficoltà suscitando l’interesse e l’ammirazione del locale comandante delle truppe nemiche, fino al giorno in cui, disperata, è costretta a chiedergli aiuto, dopo aver saputo che Édouard è stato catturato e rischia la vita. Per riaverlo è disposta a offrire ciò che ha di più caro: un bellissimo quadro dipinto dal marito che la ritrae giovanissima, intitolato La ragazza che hai lasciato, divenuto per il tedesco una vera ossessione. Subito dopo, Sophie viene arrestata e portata via. Nessuno sa dove, né si hanno più sue notizie. Riuscirà a riunirsi al suo amato Édouard? Londra, 2010. Liv, vedova trentenne, sta ancora elaborando la dolorosa perdita del marito, un geniale architetto morto all’improvviso quattro anni prima. Ma quando incontra casualmente Paul, prova per lui una forte attrazione. L’uomo lavora per una società che si occupa di rintracciare opere d’arte trafugate durante la guerra, e proprio a casa di Liv vede il quadro che stava cercando da tempo, quello appartenuto un secolo prima a Sophie. Come mai Liv è in possesso di quel prezioso dipinto? E quali conseguenze avrà questa scoperta sulle loro vite? In La ragazza che hai lasciato ritroviamo le due splendide protagoniste di Luna di miele a Parigi, divise da un secolo ma accomunate da una storia struggente e coinvolgente, e dalla ricerca dell’amore e della felicità. In questo nuovo romanzo Jojo Moyes conferma le doti narrative di un’autrice in continua ascesa.

kia firma

Recensione: Sul lago dorato di Mark Rydell

Ciao a tutti! Stavo riguardando il blog l’altro giorno e mi sono accorta che devo ancora completare la mia Movie Challenge e ho deciso di spuntare la voce che dice ‘un film che ama tua madre’. Ook, prima di chiederle uno dei suoi film preferiti ero un pochino in ansia perché non sapevo cosa aspettarmi e soprattutto a quanti anni fa risaliva il film xD. Ma tutto sommato è andata bene e il film come avrete notato dal titolo è “Sul lago dorato”.

sul lago dorato
Titolo: Sul Lago Dorato
Titolo originale: On Golden Pond
Regia: Mark Rydell
Anno: 1981
Durata: 109 min
IMDB

I coniugi Thayer, un’anziana coppia, lasciano la città e si ritirano nella loro casa sul Lago Dorato. Norman sta per compiere ottanta anni e per festeggiarlo arriva la figlia, divorziata, con il suo nuovo fidanzato, un dentista, e suo figlio. I rapporti tra Norman e la figlia non sono stati mai buoni. La giovane coppia riparte lasciando dai Thayer il giovane figlio del dentista, un ragazzo irrispettoso, che è offeso perché è stato lasciato al Lago Dorato con i due vecchi.

Cosa mi è piaciuto del film sono le musiche che molto spesso fanno da sottofondo a delle inquadrature del lago molto suggestive. Il film procede con un ritmo lento nella prima parte, si concentra molto a descrivere l’ambientazione e la storia dei protagonisti. Conosciamo quindi questa coppietta bizzarra composta da Norman, un vecchietto smemorato, dai modi un po’ bruschi ma che nasconde un grande cuore e da sua moglie Ethel, una signora molto solare e gentile. I due insieme si divertono un sacco a punzecchiarsi a vicenda.

Man mano che entriamo nella routine dei due coniugi scopriamo che hanno una figlia, Chelsea, con la quale Norman ha un rapporto conflittuale che emerge quando la figlia va a trovarli per lasciargli il figlio per un paio di settimane. Da qui inizia la parte divertente e interessante del film: vediamo questo ragazzino di città che deve convincersi ad adattarsi ad un altro stile di vita. Norman decide di portalo a pesca ed è proprio grazie a questa attività che i due stringono un forte legame. Non mancano di certo battute divertenti, colpi di scena.

Questo film ha vinto ben tre premi Oscar, due dei quali sono stati vinti dai due attori che interpretano Norman ed Ethel. Nonostante il film possa sembrare apparentemente calmo e pacato, la recitazione dei due è veramente intensa e riesce ad arrivare allo spettatore tanto che non riesci a non affezionartici. Vediamo anche una giovane e bellissima Jane Fonda, nei panni di Chelsea, che si conferma già allora come attrice molto in gamba.

Sul lago dorato è una storia semplice ma diretta, in cui vediamo rappresentato il rapporto conflittuale tra genitori (in questo caso il padre) e figli. Quello che secondo me il regista vuole dirci alla fine è che molto spesso basta aprirsi e parlarne per risolvere le incomprensioni e che, lasciarle irrisolte nel tempo, non fa altro che complicare le cose.

Un classico del cinema americano degli anni ’80 che nonostante il passare del tempo rimane sempre un bel filmetto da vedere in una di quelle serate in cui si vuole fare qualcosa di tranquillo.

rating 3

anna firma