2 cupcakes

Recensione: Geek Girl di Holly Smale

geek girl cover
Titolo: Geek Girl (Geek Girl 1)
Autore: Holly Smale
Editore: Il castoro
Disponibile in italiano:
Goodreads

Harriet Manners, quindici anni, ha una vera passione per le liste, gli schemi e le definizioni, ha un quoziente intellettivo fuori dal comune e mangia pane tostato solo tagliato a triangoli. In generale, si sente come un orso polare nella foresta amazzonica. Sarà per questo che tutti a scuola sembrano odiarla? Quando nel modo più imprevedibile viene selezionata da una prestigiosa agenzia per modelle, Harriet afferra l’occasione al volo: è il momento di cambiare! Anche se questo significa rubare il sogno della sua migliore amica e precipitare in un mondo vertiginoso fatto di set fotografici, vestiti incomprensibili e tacchi molto, molto pericolosi. Fra cadute rovinose, colleghi affascinanti e viaggi segreti lontano da casa, l’imbranatissima Harriet scoprirà che la vera sfida è una sola: capire ciò che conta davvero.

Geek Girl è un libro che ho scoperto per caso quando Ilaria di Airals World – Se ne leggon di libri… lo ha comprato durante Tempo di Libri a Milano. La trama mi aveva incuriosita e ho deciso di dargli una possibilità. Non lo avessi mai fatto. Ila, mi dispiace e già lo sai, ma non mi è proprio piaciuto.

La protagonista è Harriet, una ragazzina di 15 anni che viene definita una geek e quindi derisa da tutta la scuola. Personalmente non ho mai capito l’avversione verso quelle persone definite geek, ma Harriet è tutto un altro discorso. Nel libro della Smale sembra che essere una geek significhi sapere a memoria cose a caso totalmente inutili e allo stesso tempo avere qualche strana forma di OCD.
Harriet è fastidiosa, irritante e un po’ so tutto io con un sottofondo di autocommiserazione e stupidità. Sembra vantarsi di sapere un sacco di cose e le sbrodola in faccia a più o meno ogni persona che incontra senza apparente motivo (forse pensa sia utile o piacevole) e poi non comprende perché la gente la trova strana. Si ritrova catapultata in un mondo che non è il suo totalmente per caso e riesce a farsi mille paranoie totalmente inutili che vengono poi stroncate con due parole per passare alla paranoia successiva.

I personaggi secondari nel libro sono totalmente random, inutili e estremizzati cercando di renderli simpatici senza riuscirci. Il padre di Harriet è un concentrato di battutine che ti fa venire voglia di strangolarlo. A quanto pare pensa che sua moglie sia un lupo mannaro e lo ripete un bel po’ di volte (la prima ammetto che è stata divertente, poi è diventata noiosa). La suddetta moglie è un avvocato nerd che tenta di essere la figura genitoriale seria e responsabile e da una parte le viene bene, ma dall’altra a volte tira fuori delle argomentazioni totalmente senza senso. Tutto sommato uno dei personaggi che mi è piaciuto di più. Nat e Toby non so come commentarli. La prima poteva avere del potenziale, totalmente sprecato, però, perché non è molto presente e Toby è uno stalker (lo dice Harriet stessa), ma la cosa viene non so come fatta passare e diventa un quasi amico. Io giuro che non capisco e non voglio capire. Wilbur è l’agente di Harriet e l’ho adorato semplicemente perché è così fuori di testa e pazzo che gli si vuole bene per forza.
Nick, un modello che lavora per l’agenzia che ingaggia Harriet, appare due volte in tutto il libro, dicendo forse 5 frasi ma ovviamente è instalove con la protagonista. Per farvi capire quanto la cosa sia campata per aria vi dico solo che io, shippatrice seriale che di solito riesce a piazzare insieme anche i sassi, qui non ho percepito nulla.

Mi rendo conto di essere stata particolarmente distruttiva e forse ho esagerato o ho una soglia di sopportazione bassa perché non mi ritrovata nella protagonista. Non ho più 15 anni e non mi sono mai sentita così fuori posto e grazie al cielo non sono mai stata vittima di bullismo, quindi non riesco a immaginare il voler stravolgere totalmente la propria vita per essere accettati. Ho imparato, crescendo, che ok ci sono delle dinamiche al liceo difficili da capire e da superare, ma c’è una vita dopo e migliora. Harriet ha una leggera evoluzione nel corso del volume e comincia a capire che è in grado di farsi valere e di far sentire la propria voce. Ho apprezzato questa sua crescita ed essendo una serie, mi aspetto che continui e migliori sempre di più come persona.

Il libro dovrebbe teoricamente essere divertente, ma evidentemente ho un problema con lo humor inglese perché non ho praticamente neanche sorriso durante la lettura. L’unico che mi ha fatto scappare un sorriso è “Wilbur con bur e non iam” giusto perché è totalmente ridicolo. Ma di nuovo, come sopra, il problema potrei essere io visto che ci sono pochissime serie tv comiche che mi fanno ridere e lo stesso per i libri.
Insomma, il libro l’ho bocciato e non penso leggerò i prossimi della serie, ma se la trama vi incuriosisce vi invito a provarlo e se vi piace, scrivetemi. Mi piacerebbe molto sapere cosa vi ha catturato e magari riuscirete a farmi vedere un lato di questa storia che ho perso.


Recensione: Lezioni di piano di Jane Campion

Buongiorno a tutti! L’altro giorno ho assistito all’esame finale di una mia amica che ha frequenta l’accademia di musical ed è stata una grande emozione per me aver visto come è cresciuta in questi anni. Mi mancano un po’ le nostre canticchiate insieme durante i cambi dell’ora, ma per fortuna ci sono i messaggi audio su whatsapp che mi permettono di condividere le canzoni che mi attraversano le mente xD.
Ma torniamo al film di oggi. Guardando tra quelli diretti da donne – per spuntare la voce nella Movie Challenge – ho trovato questo film della regista neozelandese Jane Campion che mi ha incuriosito subito e quindi ora potete leggere cosa ne penso.

lezioni di piano
Titolo: Lezioni di piano
Titolo originale: The piano
Regia: Jane Campion
Anno: 1993
Durata: 121 min
IMDB

Siamo nel 1852. La protagonista è una donna con problemi di comunicazione con gli altri. È muta, vedova con una figlia, e per convenienza familiare deve sposare uno sconosciuto. Si trasferisce quindi dalla Scozia per raggiungere il nuovo marito in un’isola sperduta in Nuova Zelanda, portando con sé il suo prezioso pianoforte. Non le è però concesso di suonare il piano, sua unica consolazione. Un vicino di casa, maori convertito, l’aiuta a recuperare il piano che il marito rifiuta, e diventa il suo amante tra lo scandalo della piccola comunità locale. Dopo colpi di scena degni di un melodramma, il lieto fine è d’obbligo.

 

La storia di per sé è molto intrigante ma è stata sviluppata male. Il matrimonio con uno sconosciuto che abita dall’altra parte del mondo è un qualcosa che abbiamo visto in altri film, la cosa “nuova” è il fatto che lei fosse muta e che solo tramite la figlia che funge da interprete riesce a comunicare con gli altri. Ma non mi sono piaciute le forzature della storia, come il nuovo marito sembra fregarsene di lei fino a che non scopre di essere tradito, o come lei, inizialmente sotto ricatto del vicino maori, di colpo se ne innamora e si concede a lui. Sono molte le scene che non si incastrano bene l’una con l’altra, sembra quasi che non ci sia stato abbastanza tempo per raccontare tutta la storia e quindi la regista abbia saltato dei pezzi e reso tutto più veloce.

Durante il film c’è un’atmosfera gotica che avvolge la protagonista: il dramma della perdita del marito, il ritrovarsi sposata a uno uomo che non ha mai visto, il disagio del posto in cui vivono, il non poter suonare liberamente il pianoforte. Sembra quasi che non ci sia possibilità, per lei, di riuscire a ottenere una vita serena. Dopo sofferenze varie ed eventuali, la regista le concede comunque il suo happy ending. Non vuole essere un film pessimistico, ma questo finale così pieno di voglia di vivere che ci viene raccontato negli ultimi cinque minuti del film, non saprei, mi è sembrato un po’ forzato.

Nonostante la trama sia stata portata avanti in maniera un po’ confusa, la recitazione era davvero buona, tanto che sia l’attrice che interpreta la protagonista che quella che fa la figlia hanno vinto un Oscar. Nonostante questo, non sono riuscita a farmi coinvolgere dal film; solitamente mi immedesimo nei personaggi o mi immergo nella storia rimanendone affascinata o schifata a seconda che il film mi sia piaciuto o meno. Questa volta però niente, solo una delusione nei confronti di un film che,secondo me, poteva dare di più. Cosa veramente mi è piaciuto del film sono la colonna sonora (e ovviamente i pezzi in cui la protagonista suona il pianoforte) e le inquadrature dei paesaggi spettacolari della Nuova Zelanda.

rating 2
annafirma

Recensione: Carnage di Roman Polanski

Salve a tutti! Come potete vedere noi non andiamo in vacanza e oggi pubblichiamo lo stesso! [in realtà vi confesso che il post lo sto scrivendo di notte sennò non avrei fatto in tempo tra una cosa e l’altra, ma per voi cari lettori questo ed altro :)] Il film di oggi è un film particolare del noto regista Polanski che solo ora rimembro essere lo stesso de “Il Pianista”.

carnage
Titolo: Carnage
Titolo originale: Carnage
Regia: Roman Polanski
Anno: 2011
Durata: 80 min
IMDB

In un misurato appartamento di Brooklyn due coppie provano a risolvere civilmente la rissa tra i rispettivi figli. Ricevuti con le migliori intenzioni dai coniugi Longstreet, genitori della parte lesa, i Cowan, legale col vizio del BlackBerry lui, broker finanziario debole di stomaco lei, corrispondono proponimenti e gentilezza. Almeno fino a quando la nausea della signora Cowan non viene rigettata sui preziosi libri d’arte della signora Longstreet, scrittrice di un solo libro, attivista politica di troppe cause e consorte imbarazzata di un grossista di maniglie e sciacquoni. L’imprevisto ‘dare di stomaco’ sbriglia le rispettive nature, sospendendo maschere e buone maniere, innescando un’esilarante carneficina dialettica.

Questa volta mi tocca dire che il film non mi è piaciuto, o meglio, non mi ha lasciato niente in realtà. Il film si svolge interamente all’interno di questo appartamento dove queste due coppie discutono dell’episodio avvenuto tra i figli. Quello che secondo me vuole essere messo in evidenza è come gli adulti in realtà mascherino i propri comportamenti sentendosi migliori degli altri e quindi cercando di apparire come tali. Però dietro alla facciata di ognuno si nasconde un malessere che pian piano emerge e bastano poche frecciatine per far perdere le staffe a tutti, mettendo in mostra il loro lato peggiore.

Ti ritrovi in questo appartamento, nel mezzo della lite e ti senti fuori posto, o almeno così mi sono sentita io. Non mi aspettavo che la discussione tra i genitori durasse tutto il film è, onestamente, guardare un film in cui vedi solo persone che discutono della rissa dei figli mi ha annoiato (meno male che il film è corto). Il vedere come poi loro diventino infantili e comincino a prendersela per delle cavolate invece di farmi ridere l’ho trovato un po’ triste.

Nancy e Alan infatti cercano più volte di tagliare la conversazione e tornare a casa ma non capisco come mai, alla fine rientrano sempre in discussione con l’altra coppia di genitori. Ora, voglio essere onesta: ma perché miseria devi rientrare in questa casa a discutere con persone che non ti piacciono di un fatto di cui, per quanto riguardi tuo figlio, a te non frega niente? Boh, fosse per me il film sarebbe terminato al primo tentativo di Alan di tornare al lavoro.

Un cast non da poco, troviamo infatti Kate Winslet, Jodie Foster e Christoph Waltz (attori di un certo calibro insomma) che in questo film mi sono sembrati limitati: bravi, ma sprecati per un film del genere. Ammetto che oltre al Pianista, non ho visto altri film di Polanski quindi forse non ho potuto cogliere le varie sfumature del film e apprezzarlo come in teoria avrei dovuto.

rating 2
annafirma

Recensione: B-loved di P. D. Blacksmith

Trovo sempre difficile scrivere recensioni di libri a cui ho dato un voto basso, ma questa volta voglio provarci perché vorrei cercare di spiegare cosa non mi ha convinta di questa storia.

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Titolo: B-loved
Autore: P. D. Blacksmith
Editore: Giunti
Disponibile in italiano: Si
Goodreads

Belinda ha diciannove anni, vive a Marsiglia, ed è una ragazza piuttosto inquieta: è un’acrobata del parkour, un asso nel lancio dei coltelli e ha un talento naturale per mettersi nei guai. Dopo essersi fatta coinvolgere in una rapina con una banda di ladruncoli, ha bisogno di cambiare aria e non trova migliore rifugio che la casa del padre, nella sonnacchiosa Trento. Ma i cieli azzurri, i laghi cristallini e le cime innevate di un panorama da favola celano molto più di quanto sembra. Anche i ragazzi che conosce – biondi, muscolosi, tatuati e appassionati di arrampicata – hanno qualcosa di strano. In più, la città è sconvolta da una serie di suicidi, le cui giovani vittime, come in un tragico rituale, cercano la morte nell’acqua. Ben più di una semplice coincidenza. Così la pensano anche Micha, il leader del gruppo, più biondo e più bello di tutti, e Detlev, suo fratello adottivo, sfuggente e misterioso. Ma chi sono davvero i ragazzi delle montagne? Perché vivono isolati sulle vette? Che cosa le vogliono dire? Davanti a Belinda si sta per spalancare un mondo del tutto nuovo, popolato da creature straordinarie pronte a sconfiggere il male. Un mondo dove tutto ha due facce, anche l’amore, e Belinda sarà costretta a scegliere senza fare errori.
Un fantasy pieno di suspense, colpi di scena, seduzione e mistero.

Il libro è scritto da due autrici che attualmente vivono nelle Dolomiti e hanno voluto raccontare la storia di questa ragazza, Belinda, che, trasferitasi a Trento dopo alcuni avvenimenti sfortunati, si ritrova immersa in un mondo popolato da creature fantastiche.
Ho una passione per i fantasy e cerco sempre di dare una possibilità ad autori ed autrici italiane, perché ogni tanto mi piace leggere qualcosa nella mia lingua madre e, cercando bene, si trovano delle piccole perle. Purtroppo fra queste non c’è B-loved che, nonostante abbia un’idea di base coinvolgente e con grandi possibilità, mi ha lasciata insoddisfatta.

Non so se a deludermi di più siano stati i personaggi o il modo in cui è stata sviluppata un’idea che avrebbe avuto un gran potenziale.
Ho trovato Belinda, la protagonista, abbastanza antipatica, nonostante fin dall’inizio cerchino di farla passare per una ragazza fuori dal comune e forse degna di nota. Si rivela invece praticamente una bambina, che non riesce a comprendere i suoi sentimenti e quelli degli altri o fa finta di non capirli, che si mette in pericolo senza un motivo valido e prende decisioni impulsive che causano solamente guai.
Da tradizione, anche in questo libro c’è un triangolo amoroso e quindi le autrici ci regalano Micha, biondo, muscoloso e semplicemente perfetto, e Detlev, moro, tenebroso e pieno di segreti. Sfortuna vuole che i due siano fratelli adottivi e che entrambi siano interessati a Belinda.
Non so che dire sui due, perché li ho trovati profondi come una pozzanghera, come del resto la moltitudine di personaggi secondari che circondano la protagonista.
Micha viene messo nella temibile friend-zone e non fa niente per uscirne, anzi. Non che Detlev debba fare molto per conquistare Belinda, che da un giorno all’altro passa dal temerlo e girarne alla larga, al volergli saltare addosso e stare sempre insieme. La chiamarono coerenza.

Parliamo un attimo della trama: più o meno fino al 20% del libro non succede assolutamente nulla. Le pagine scorrono tra le pippe mentali di Belinda e le sue ricerche per una casa e un lavoro (trova entrambi nel giro di un giorno, quindi dovrò farmi spiegare come ci è riuscita). Si fa un paio di amici, Dona e Panco e inizia ad uscire con Micha, il tutto senza suscitare un grande interesse nel lettore, finché ad un certo punto, la svolta: Belinda scopre l’esistenza di esseri sovrannaturali e la sua vita cambierà per sempre.
Quando sono arrivata alla scoperta di queste creature, la mia attenzione si è risvegliata perché l’idea era buona ed interessante, ma è stata rovinata dallo sviluppo. Da una parte abbiamo i cermanni, esseri metà umani e metà cervi, di cui un gruppo di ragazzi, guidati da Micha, fa amicizia (diciamo che la tollerano) con Belinda, dall’altra abbiamo gli anguani, creature d’acqua metà serpente e metà uomo, specie di cui fa parte Detlev.
Cosa hanno in comune le due specie, vi chiederete. Assolutamente niente, anzi, teoricamente dovrebbero starsi il più lontano possibile, ma, per sconfiggere un nemico comune, si sono alleati. Vi risparmio le dinamiche tra il gruppo di cermanni e Detlev e vi lascio scoprire i poteri che entrambe le specie possiedono, ma qualcosa in tutta questa storia non mi ha convinta.

Non voglio spoilerare nulla nel caso qualcuno di voi voglia leggere il libro (se lo fate vi prego di scrivermi le vostre opinioni), ma mentre leggevo il finale l’unico mio pensiero era: “Mi stanno prendendo in giro, vero?!”.
Non me la sento quasi mai di sconsigliare un libro e se lo faccio è solo perché so che ad una determinata persona non potrebbe mai piacere o che determinati argomenti potrebbero turbarla, quindi se la trama vi ispira dategli una possibilità e dopo fatemi sapere cosa ne avete pensato. I rating che diamo qui sul blog sono soggettivi e quindi rispecchiano la mia opinione di un libro o di un film che potrebbe discordare totalmente dalla vostra.
Il libro riceve quindi 2 cupcake, più per le scelte fatte nello sviluppare la trama e per il mancato sviluppo dei personaggi, perché davvero l’idea meritava e non mi stancherò di ripeterlo.