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Recensione: Di notte sognavo la pace di Carry Ulreich

Buongiorno lettori! Oggi vi parlo di Di notte sognavo la pace di Carry Ulreich, libro che Longanesi mi ha gentilmente inviato in cambio di una mia onesta opinione.

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Titolo: Di notte sognavo la pace
Autore: Carry Ulreich
Editore: Longanesi
Link di acquisto: Amazon | Kobo

Rotterdam; mercoledì 17 dicembre 1941
Prima del 1940 nel nostro laboratorio c’erano 17 persone, ma ormai non produciamo più confezioni, e papà lavora con una sola ragazza. Quanto durerà ancora? Gira voce che il 1° gennaio 1942 tutte le imprese tessili degli ebrei dovranno chiudere. Chissà, magari pure noi, anche se papà è sarto, solo che abbiamo un po’ di stoffe e probabilmente (anzi, credo quasi sicuramente) i crucchi le useranno come scusa.
Già da qualche tempo (dalla « grande paura » del 3 ottobre) non ci sono più sparatorie, ma la settimana prossima c’è di nuovo il chiaro di luna, e sicuramente ricominceranno a sparare contro gli inglesi, che vogliono bombardare la Germania. Certe volte colpiscono anche Rotterdam e quando riescono a centrare qualche obiettivo i tedeschi si alzano in volo e lanciano bombe sulla popolazione civile. O almeno, così diciamo noi, che parteggiamo per gli inglesi, ma il giornale la pensa diversamente. Quante ne dicono. C’è sempre qualche aereo che è stato abbattuto. Tu ci credi? Io no.

Di notte sognavo la pace è un libro differente da ciò che leggo di solito, si tratta del diario – riscoperto da poco e successivamente pubblicato – di una ragazza ebrea e olandese durante la seconda guerra mondiale. Uscito a metà gennaio in occasione della Giornata della Memoria, mi ha attirata da subito e sono molto contenta di averlo letto.

Carry ha 15 anni quando in Olanda iniziano a diffondersi le prime leggi antisemite. Prima viene fatta chiudere l’attività del padre che era sarto, poi piano piano vengono loro tolti tutti i diritti e la possibilità di vivere. Devono consegnare le biciclette, gli oggetti di valore, devono portare la stella e non possono uscire di casa all’infuori di orari ben definiti. A questo si aggiunge la guerra che stanno vivendo tutti, le tessere annonarie, la ricerca di bollini che danno diritto magari ad una pagnotta in più.

Carry ha una sorella di qualche anno più vecchia ed entrambe vivono con i genitori: fortunatamente tutti e quattro riescono a stare sempre insieme, sostenendosi l’un l’altro e dandosi – per quanto possibile – fiducia. Mi è piaciuto come Carry spazi da un aspetto all’altro della sua vita in clandestinità, raccontando il prima, facendo paragoni con la sua vita attuale. Racconta di unione e dissapori con la famiglia che li ospita, di come la convivenza forzata sia sempre in bilico e di come sia possibile solo grazie ad un equilibrio delicato fatto di favori e rospi da ingoiare, ma anche di piccole gioie e affetto incondizionato.

Ho letto Il diario di Anna Frank davvero un sacco di tempo fa, quindi non lo ricordo nei minimi dettagli. Nonostante questo, mi sono ritrovata a fare alcuni paragoni ed ho notato delle differenze sostanziali.
Prima tra tutte la diversa visione della religione. La famiglia di Anna Frank era sì ebrea, ma non praticante. La famiglia di Carry, al contrario, è profondamente credente e – prima della guerra – praticante. Questo influisce, ovviamente sulla vita in clandestinità della famiglia Ulreich. Non tanto da un punto di vista concreto, poiché religione o no era necessario un forte spirito di adattamente, quanto dal punto di vista spirituale. Più volte Carry scrive nel suo diario quanto la disturbi lavorare o fare qualsiasi cosa di shabbat – gli ebrei prevedono un riposo assoluto, non si può nemmeno scrivere -, mangiare carne non kosher o, addirittura, carne e latticini insieme. Le feste ebraiche sono molto sentite e i paragoni che fa Carry con il pre-guerra sono molto intensi e sottolineano come le festività prima venissero vissute in modo prettamente spirituale mentre adesso per festeggiare si preferiscono piaceri epicurei, come mangiare, bere, ballare.

Ho apprezzato tantissimo, nel libro, la presenza di un glossario e di una parte più storica e esplicativa, qualcosa che permette di capire meglio alcuni dettagli meno conosciuti del periodo storico trattato, senza lasciare il lettore spaesato dai continui riferimenti di Carry anche ad avvenimenti minori.

Vi confesso che i diari storici non rientrano nella mia comfort zone di lettura, ma l’argomento mi interessava e mi ci sono buttata. Mi sono riuscita ad immergere nella lettura quasi fosse un romanzo. Un romanzo purtroppo molto reale e toccante, ma con anche i suoi momenti di felicità. Carry fa riflettere su quanto anche le piccole cose siano in grado di portare gioia e sul fatto che spesso non serve molto per essere felice. Lei stessa parla spesso di cosa le manca, di cosa vorrebbe fare, di cosa le da più fastidio della vita in clandestinità, ma allo stesso tempo non si lamenta e ci racconta della fortuna immensa che ha ad avere ancora tutta la sua famiglia con lei, a poter mangiare tutti i giorni, a non patire il freddo.

Non è un libro che mi sentirei di consigliare a tutti, ovviamente non è una storia veloce e leggera e dovete essere, se non interessati in partenza, almeno incuriositi. Posso però dirvi che nel suo genere scorre veloce e mai noioso, nonostante le idee di Carry non subiscano ovviamente grandi evoluzioni nel corso degli anni di guerra.


Recensione: The shopping swap – Uno scambio fortunato di Erin Brady

Buongiorno lettori! Come vi ho promesso l’altro giorno nel Teaser Tuesday, eccomi con la recensione di The Shopping Swap – Uno scambio fortunato di Erin Brady.
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Titolo: The shopping swap – Uno scambio fortunato
Autore: Erin Brady
Editore: Triskell Edizioni
Link di acquisto: Amazon | Kobo
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Maggie Andrew ha un problema: deve convincere Richard, l’avvocato con cui ha una relazione da cinque anni, che è giunto il momento di impegnarsi sul serio. Come? Pianificando un’indimenticabile serata che inizi con una cena romantica e finisca in camera da letto. E per agevolare le cose, Maggie ha speso metà del suo stipendio per acquistare nel grande magazzino Crandall’s della lingerie nera e sexy a cui Richard non potrà resistere. Una volta arrivata a casa però, Maggie si rende conto di avere la shopper di qualcun altro e, invece della sua lingerie molto costosa, si ritrova con una vestaglia che non farebbe girare la testa a nessuno, men che meno a Richard. Quando Maggie ritorna sul luogo in cui è avvenuto lo scambio, incontra Benjamin Sanders, uno sconosciuto alto, moro e molto bello, che non solo ha quello che lei vuole ma potrebbe avere anche quello di cui ha bisogno. All’improvviso, Maggie si ritrova a mettere in discussione il suo rapporto con Richard e non si sente più sicura di niente.

 

The Shopping Swap è, secondo me, esattamente come si presenta. Un chick-lit frivolo e leggero, un libro per passare qualche ora piacevole e non sicuramente un romanzo che ci segnerà.

Margaret, la protagonista, è la classica ragazza che troviamo nei libri di questo tipo. Una ragazza normalissima, la cui storia sta vivendo un momento di stallo. Richard, il ragazzo con cui esce da 5 anni, non vuole saperne di portare la loro relazione ad un livello superiore e passa le giornate in ufficio, tra pratiche e casi importanti.

Digli semplicemente che vuoi un marito e una staccionata bianca. Vuoi una famiglia e un vecchio cane. Diglielo, prima di sprecare altro tempo.

Ben è il ragazzo ‘alto, moro e bello’ che Maggie incontra per puro caso in un negozio. D’altronde, chi di voi non passa le giornate a scontrarsi per caso con degli ottimi partiti?
Ben è comunque adorabile, un po’ stucchevole in alcuni passaggi, ma è il book boyfriend che cerchiamo in questo genere. Gentile, comprensivo, romantico, bellissimo, saggio. Anche ricco, che evidentemente non guasta mai.
Altro personaggio apprezzato, ma che per motivi di spazio è stato ovviamente poco approfondito è Janie, la sorella di Maggie. Un personaggio molto presente, anche se nelle retrovie, e particolarmente importante per la nostra protagonista.

In generale la narrazione non riserva grosse sorprese, quasi tutto è deducibile dalla trama. D’altronde quando prendiamo in mano libri di questo tipo non ci aspettiamo sicuramente la svolta del secolo.

Uno scambio fortunato è in sostanza una storia piacevole e romantica, con il giusto pizzico di ironia (e autoironia della protagonista) che lo rendono una lettura perfetta per passare un pomeriggio sul divano.

Review Party: La corte dei leoni di Jane Johnson

Buongiorno lettori!
In questa settimana super piena, dopo aver festeggiato l’uscita di Arabesque di Alessia Gazzola, festeggiamo anche quella de La corte dei leoni di Jane Johnson per Newton Compton Editori.


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Titolo: La corte dei leoni
Autore: Jane Johnson
Editore: Newton Compton Editori
Link di acquisto: Amazon | Kobo
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Nei momenti più disperati, il destino può riservarti il più incredibile dei doni
Kate Fordham, in fuga dal suo passato, ha trovato riparo sotto falso nome nella bellissima città di Granada, l’antica e soleggiata città spagnola nella quale la dominazione araba ha lasciato evidenti tracce. Nel tentativo di ricostruire la sua vita, Kate lavora come cameriera in un bar all’interno dell’Alhambra, l’antica reggia del sultano. Un giorno, passeggiando in quei giardini meravigliosi, fa una scoperta insolita: nascosto in una crepa del muro di cinta c’è un rotolo di pergamena. È un manoscritto risalente a prima del 1492, l’anno della caduta di Granada, quando la città araba si arrese alla regina Isabella e al re Ferdinando d’Aragona. Sul rotolo compaiono strani simboli che riportano un messaggio proveniente da quell’epoca lontana di pericolo e disperazione. Ma è dall’amore che nasce il misterioso frammento, e la potenza di quel sentimento finirà per cambiare per sempre la vita di Kate.
A volte per arrendersi ci vuole più coraggio che per resistere.

Vi dirò la verità, ho finito da pochissimo questo libro e sono ancora combattuta circa le sensazioni che mi ha lasciato.

Ne La corte dei leoni troviamo due storie che si svolgono nello stesso luogo, ma a più di 500 anni di distanza. La prima si svolge ai giorni nostri, ambientata principalmente a Granada, e ci racconta la storia di Kate. Una ragazza inglese che vive lì sotto falso nome, fuggita da un uomo che per anni le ha fatto solo del male, sia fisico che psicologico.
Kate è sola e spaventata, costretta a vivere lontano dalla gemella e da suo figlio.

L’altra storia è ambientata nella Spagna del XV secolo, dilaniata dalla guerra tra cristiani e musulmani, dal continuo scontro tra il sultano e Ferdinando d’Aragona e Isabella.
Qui conosciamo Abu Abdullah Muhammad, figlio del sultano e Benedict, un ragazzino nato nel deserto comprato per fare compagnia al principe bambino. Benedict è, in sostanza, il vero protagonista della nostra storia. È lui che racconta in prima persona la sua vita al fianco di Momo, cresciuto in una famiglia divisa, incapace di dargli affetto. Attraverso Benedict, il Custode, l’autrice riesce a far immergere il lettore in un’atmosfera di altri luoghi e altri tempi, completamente diversi da quelli a cui siamo abituati. Ci descrive i giardini dell’Alhambra, i colori, i profumi: in altre parole l’immensa bellezza di questo piccolo paradiso. Una perfezione che contrasta con il carattere irascibile e malato del padre di Momo, con l’invidia e la belligeranza di suo zio e con il periodo storico. Siamo in un momento di svolta per la Spagna, ci sono i cristiani, l’Inquisizione e per musulmani ed ebrei è molto difficile, in particolare per chi, come la famiglia di Momo, detiene il potere.

“Ma cosa ne sanno le stelle? Se ne stanno lì solo per farci trovare la strada quando siamo al buio. Non possono svelarti il futuro.”

Lo stesso contrasto lo troviamo, seppure in termini completamente diversi, nella vita di Kate. I colori della Spagna, la bellezza tutt’oggi ammirabile dell’Alhambra, i suoi mosaici, i profumi e i colori della casa e della vita di Abdul – un uomo che Kate conosce per caso a Granada. Tutto questo in contrasto al passato di Kate, un passato buio, di cui vorrebbe dimenticare tutto.
Ma, come spesso succede, tutto ritorna e mette seriamente alla prova la nostra protagonista.

Ho molto apprezzato la caratterizzazione dei personaggi, così diversi tra loro per conoscenze, usanze e caratteristiche. Soprattutto nella parte ambientata nel XV secolo li conosciamo tutti dal punto di vista di un’unica persona: Momo.

Ho trovato ne La corte dei leoni una bella storia, ben scritta e scorrevole nonostante la componente storica sia molto presente e a volte anche dettagliata. Jane Johnson ha la capacità di prendere, con una scrittura semplice e accattivante senza farci mancare i colpi di scena. Mi è mancata un po’ la magia che di solito si trova in libri ambientati, come questo, tra spezie e colori: la guerra e la storia hanno preso un po’ il sopravvento pur senza risultare mai noiosa.
L’unica critica che posso fare è riguardo l’intreccio delle due storie. Quando mancavano solo 50 pagine alla fine e le storie si erano incontrate solo per pochi dettagli ho iniziato un po’ a storcere il naso. Pensavo che si unissero e si intrecciassero in maniera molto più intensa e il loro accostamento, alla fine, non mi ha lasciata troppo soddisfatta.

Vi consiglio comunque questo libro, perchè è una lettura che scorre via e vi farà passare qualche ora piacevole, incuriosendovi molto probabilmente su un frangente di storia che molti conoscono solo per sommi capi. Io per prima mi sono ritrovata a cercare dettagli e approfondimenti in internet, incuriosita al massimo dalla storia di Momo.


Recensione: Nerve di Jeanne Ryan

Buongiorno!
Siamo a settembre ormai da qualche giorno e mentre tutti parlano di ricominciare io continuo per inerzia. Ho fatto ferie ad inizio luglio quindi il passaggio da agosto a settembre l’ho sentito solo in termini di temperature. Voi avete ricominciato bene?
Oggi sono qui per parlarvi di Nerve di Jeanne Ryan, un libro di cui ho sentito parlare moltissimo – anche in occasione dell’uscita del film tratto dal libro – e che quindi è entrato per curiosità nella mia TBR. Non mi ha soddisfatta appieno, ma nemmeno delusa.

[ALT COPERTINA]
Titolo: Nerve
Autore: Jeanne Ryan
Editore: Newton Compton Editori
Disponibile in italiano:
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Quando Vee viene selezionata come concorrente per il gioco in diretta online Nerve, scopre che il gioco la conosce. Gli organizzatori l’hanno attratta e convinta a partecipare con premi allettanti e con la promessa di fare coppia con il ragazzo perfetto, il brillante e sensuale Ian. In un primo momento Nerve si rivela incredibilmente divertente: i fan di Vee e Ian tifano per loro e li spingono ad alzare la posta con imprese sempre più rischiose. Ma il gioco ha una svolta poco chiara quando i partecipanti vengono indirizzati verso una località segreta con altri cinque giocatori per il round del Grand Prize. Improvvisamente stanno giocando il tutto per tutto e in palio c’è la loro vita. Fino a che punto il sangue freddo di Vee la sosterrà per andare avanti?

 

Mi aspettavo una cosa più tipo Hunger Games, a dirla tutta. E in effetti l’andazzo è un po’ quello. Solo un dettaglio – insignificante eh -: ‘sta follia potrebbe tranquillamente avere inizio domani, nella nostra società attuale. Ehhggià.
Nerve è un ‘gioco’ che propone delle sfide alle quali può partecipare chi vuole, l’importante è che qualcuno filmi il tutto con un smartphone e lo mandi a Nerve. E poi si va di Like, chi fa più audience e prende parte alle sfide più interessanti passa di livello, fino ad arrivare alle sfide in diretta e infine al gran finale. Ansia. Panico.
I partecipanti non hanno praticamente più una vita privata e le sfide sono sempre più imbarazzanti e pericolose.
Perché fanno tutto questo? Per dei premi. Costosi. Viaggi, vestiti, ‘gadget’ elettronici che sognano e non si possono permettere.

“Chi vuole vincere giocherà sempre”

Così dicono gli ideatori di Nerve ed è la convinzione intorno a cui ruota il gioco. Anche quando le sfide si fanno pericolose, ci sarà sempre qualcuno talmente intenzionato a vincere da non mollare, e soprattutto da convincere a non mollare nemmeno chi gli sta intorno.

Vee, la protagonista, è una ragazza come tante, stufa di stare dietro le quinte. La sua figura passa sempre in sordina, in secondo piano rispetto alla sua migliore amica Sydney che tutti conoscono e ammirano.
È un personaggio strambo, con cui non sono riuscita ad empatizzare per nulla. Dovrebbe essere l’eroina del libro, ma non mi ha detto molto. Ha una pagina scura nel suo passato, qualcosa che condiziona la sua vita, il suo rapporto con i genitori e quindi le sue azioni, ma non ci viene raccontato molto. Ci sono alcuni spezzoni, l resto bisogna un po’ immaginarselo.

In generale nessuno dei personaggi mi ha dato troppa soddisfazione. Sono poco definiti, troppo stereotipati, ma allo stesso tempo senza una caratteristica che li identifichi e faccia breccia nel cuore del lettore.
Sydney, per esempio, la prima donna, la ragazza bellissima che sta simpatica a tutti, la più popolare della scuola non riesce, secondo me, nè a farsi voler bene nè a rendersi insopportabile a chi legge.
Tommy poi è tutto un gigantesco interrogativo, cambia continuamente idea e comportamento. Ogni capitolo sembra di avere a che fare con un personaggio diverso.
Ian è quello che ho preferito. Strambo anche lui, come Vee, ma convinto fino alla fine delle sue idee. Lui si vuole guadagnare la libertà da un passato che, da alcuni passaggi, intuiamo essere stato difficile. Nerve gli può dare questa libertà e la sua convinzione a partecipare non crolla mai.

C’è un aspetto, nella storia, che mi ha fatto pensare. Vee, nel momento in cui inizia a giocare a Nerve, assiste ad un aumento esponenziale della sua popolarità. Le sfide stesse, così come alcuni suoi atteggiamenti dopo questo picco di popolarità, la portano a cambiare agli occhi dei suoi amici storici. Risulta antipatica, litiga con tutti, non ascolta i consigli di chi le è sempre stato vicino.
Sembra in pratica che nessuno la sopporti più. Eppure, di contro, lei adesso è famosa. E quelli che le sono sempre stati intorno, pur non approvando il suo comportamento, si ritrovano ad incitarla tramite il gioco e a vantarsi di conoscerla.
Ed è un po’ quello che succede normalmente nella nostra società, in particolare sui social.
Tanta, troppa gente, è pronta a mettere dei like, a interagire e sorridere quando potrebbe avere qualcosa in ritorno.
Viviamo in un mondo in cui, come in Nerve, ci muoviamo solo in cambio di qualcosa. Se Vee si fosse ritirata da gioco, nessuno le avrebbe parlato più, ma in quel momento lei era la migliore, la più seguita, la più forte: esserle amici – o perlomeno far finta – diventava interessante.

Detto questo, la storia in realtà è piacevole. A volte esagerata, ma non da dare fastidio. Trovo che sia una lettura estiva, nulla di impegnativo e nulla che ti lascia dentro qualcosa. Un po’ d’ansia, forse. Ma dopo averlo finito nemmeno troppa.

Rimane il fatto che sono mooolto curiosa di vedere il film, per vedere che hanno combinato. Spero davvero che non sia troppo esasperato. Trovo che renderebbe molto se mantenuto su un livello di tecnologia riconducibile ai giorni nostri, a quello che viviamo normalmente. Vi farò sapere. Nel frattempo, qualcuno l’ha visto e mi dà un parere?