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Recensione: Il Messaggero di Lois Lowry

Buongiorno a tutti! Oggi vi lascio la mini recensione di uno degli ultimi librini letti. Ultimamente provo allergia per tutti quei libri che mi rendo conto di non poter finire in meno di un paio di giorni. Sarà il male di vivere che mi sta caratterizzando negli ultimi tempi, sarà che tra le mille cose da fare non ho voglia di cose impegnative, non lo so. Tornando a noi, mi sono buttata sul terzo libro della serie di The Giver di Lois Lowry: Il Messaggero. Vi ho parlato qui del secondo, La Rivincita, e oggi vi racconto del terzo.

il messaggero
Titolo: Il Messaggero (The Giver #3)
Titolo originale: Messenger
Autore: Lois Lowry
Editore: Giunti
Disponibile in italiano:
Goodreads

In una realtà futura segnata da “forme di governo spietate, punizioni atroci, inguaribile povertà o falso benessere”, i difetti fisici sono puniti con la pena di morte. Ma nel Villaggio in cui Matty abita anche gli ultimi della scala sociale sono accolti e tenuti in grande considerazione. La comunità è gestita dal Capo, una versione adulta del Jonas di The Giver – Il Donatore. Matty lavora per il Veggente, un vecchio cieco che lo ha aiutato a maturare. Ma adesso qualcosa sta cambiando, i rifugiati improvvisamente non sono più i benvenuti al Villaggio e gli abitanti stanno diventando vanesi e ottusi. A Matty, uno dei pochi capaci di districarsi nella fitta Foresta che circonda il Villaggio, viene affidato il compito di portare il messaggio del drammatico cambiamento ai paesi vicini. Purtroppo la Foresta, animata ora da una forza oscura, si rivolta contro di lui e Matty
si trova a fronteggiare il pericolo armato solo di un nuovo potere, che ancora non riesce completamente a comprendere.
Un’allegoria spietata dell’animo umano e della nostra società, che conclude la trilogia profonda e provocatoria di Lois Lowry.

Ammetto che questa recensione sarebbe dovuta iniziare con un plateale insulto all’autrice. L’avessi scritta a caldo – dopo aver asciugato tutte le lacrime – sarei stata forse più cattiva, perchè ci sono rimasta veramente male. Anzi, se qualcuno l’ha letto e vuole parlarne insieme, io sono qui. Invece, essendo passati un paio di giorni, devo ammettere che, tutto sommato, il libro mi ha lasciato un ricordo piacevole, così come gli altri due della serie. Presto leggerò anche il quarto sperando che si concluda al meglio.
Ne ‘Il Messaggero’ ritroviamo Mat de ‘La Rivincita’ che adesso è diventato Matty e vive nel villaggio ‘degli emarginati’. Quel villaggio che cominciamo a conoscere alla fine del secondo libro, dove si scopre che sono andati a rifugiarsi molte persone con problemi soprattutto fisici. Se ne ‘La Rivincita’ ci veniva descritta una società distrutta e improntata alla violenza, alla povertà e alla solitudine, qui scopriamo l’esistenza di questo piccolo paradiso. Nel Villaggio viene accolto chiunque abbia bisogno di aiuto o sia rimasto solo, senza distinzione, è vietato mentire e ci si aiuta in ogni modo possibile. Al Villaggio ritroviamo Jonas de ‘Il Donatore’ nelle vesti del Capo, nonostante non venga mai specificato il vero nome di questo personaggio si capisce che è lui per i continui riferimenti ai suoi occhi e al suo arrivo al Villaggio con una slitta rossa.
Matty è cresciuto, come dicevo, ed è molto cambiato. Non è più ‘la belva delle belve’ ma si è fatto domare, ha studiato, ha imparato a non mentire e vive con il Veggente, il saggio cieco, aiutandolo nelle mansioni casalinghe. Come nei primi due libri i personaggi – e soprattutto i loro sentimenti -sono definiti con precisione, e ci sembra davvero di conoscerli. Matty inizia, grazie a Jean, la figlia del Mentore, a scoprire cosa sia l’amore.
Ma è proprio a causa dei suoi discorsi con la ragazza che consolida le sue preoccupazioni, la sua sensazione che qualcosa al Villaggio non stia andando per il verso giusto. Pare che la colpa sia del Baratto, il luogo dove gli abitanti del Villaggio di ritrovano per dare qualcosa in cambio di qualcos’altro. Questo rituale, inizialmente nato come concretizzazione della voglia di aiutarsi, ora sta assumendo una connotazione negativa. Matty, con l’aiuto del Veggente che lo fa ragionare, si rende conto che qualcosa non va, che la gente che partecipa al Baratto ne esce ogni volta più scortese, cattiva e disinteressata al bene comune.
Nel frattempo Matty si ritrova faccia a faccia con il suo Potere, che sta emergendo e gli permette di guarire gli animali e le persone. Non ne vuole parlare con nessuno, ha paura che possa portargli dei guai. Presto scopre però che il Capo è a conoscenza di questo suo dono e riesce quindi a parlarne con lui. Ma l’unico consiglio è quello di non sprecarlo, di non utilizzarlo per cose che potrebbero dimostrarsi inutili. Matty è spaventato, non comprende appieno le parole del Capo e non è convinto che, al momento opportuno, sarà in grado di capire che è giunta l’ora di utilizzare il suo Dono.

Manca l’ultimo libro, è vero, ma sono convinta che questa serie vada letta. Scorre benissimo e, nonostante ad una lettura superficiale possa apparire un racconto semplice, con un po’ di magia e un po’ di suspence, secondo me nasconde molto di più ed è in grado di lasciare qualcosa al lettore.

rating 3
kia firma

Recensione: Io ritorno domani di Flavio Girardelli

Buongiorno a tutti! Oggi è un giorno speciale perché per la prima volta non parlerò di un film, ma bensì un libro.

io ritorno domani
Titolo: Io ritorno domani
Autore: Flavio Girardelli
Editore: Self
Disponibile in italiano:
Goodreads

Un gruppo di amici scanzonati, l’incontro, la famiglia e il mistero. Una storia ambientata prevalentemente fra le montagne del Trentino per passare da Padova, Reggio Calabria, Trieste. Un incrociarsi di emozioni, di sguardi, qualche risata, aspettative e delusioni con un pizzico di piccante. Una storia dove tutto sarà stravolto, tutto quello che pensavate non sarà più scontato e solo alla fine avrà un senso, tutto avrà una risposta.

 

Nonostante le ridotte dimensioni del libro, l’autore riesce a intrecciare i fili di questa delicata e anche inaspettata storia d’amore. Un amore che nasce infatti per caso, quando Lorenzo si scontra con Francesca passeggiando in riva al lago di Garda e ritrovato molti anni dopo, sempre per caso, a Padova. La storia non ci viene raccontata linearmente, infatti la narrazione alterna i fatti che stanno avvenendo al presente con quelli passati (anche se dopo un momento di svolta si alternano scene presenti e future). È un espediente letterario intrigante perché in un certo senso viene svelato il seguito degli eventi di cui si sta raccontando, creando nel lettore il desiderio di sapere come effettivamente i fatti possano aver assunto quella piega. Il libro ripercorre le tappe importanti della vita dei protagonisti, raccontando come questi maturino nel tempo e come gradualmente il tenero sentimento di innamoramento che li lega si evolve pian piano fino a consolidarsi in una relazione stabile e appagante.

Mentre leggevo il libro era un po’ strano immergersi in una storia che si svolge vicino a dove attualmente vivo. Ogni volta che veniva nominato un posto che conosco, infatti, pensavo “cavolo qui ci sono stata”, “devo ancora visitare questo posto”. Questa cosa mi ha permesso, in qualche modo, di sentirmi più vicina alla storia, insieme al fatto che i personaggi sono persone ordinarie, nelle quali possiamo identificarci.

Forse può sembrare un libro con una storia prevedibile ma, arrivata a circa tre quarti della lettura, quando pensi che ormai il tutto si concluda in maniera tranquilla e pacata, arriva il colpo di scena. Non posso svelarvi cosa succede perché, per quanto a me non diano fastidio gli spoiler – anzi – , non mi è concesso farlo con voi. Posso solo dirvi che questo evento dà una carica e una connotazione drammatica alla trama. Quindi non vi resta che prendervi un paio di ore libere per leggere e gustarvi questa storia piacevole e genuina.

Vorrei ringraziare di cuore Flavio Girardelli per avermi regalato l’opportunità di leggere questo romanzo in cambio della mia onesta opinione.

rating 3
annafirma

Recensione: A man who was Superman di Yoon-Chul Chung

Ciao a tutti e benvenuti ad un nuovo appuntamento con il film di questa settimana! Si tratta di una pellicola coreana che ho visto lingua originale sottotitolata in inglese. Speravo di vederla con la mia coinquilina, ma lei mi ha abbandonato e quindi l’altra sera mi sono guardata “all by myself” questo film 🙂

A man who was Superman
Titolo: A man who was Superman
Titolo originale: Superman ieotdeon sanai
Non ancora doppiato in italiano
Regia: Yoon-Chul Chung
Anno: 2008
Durata: 102 min
IMDB

Song Soo Jung realizza documentari sui cosiddetti ‘casi umani’ per una piccola compagnia. Un giorno, mentre si sta dirigendo sul luogo del suo prossimo documentario, le rubano la telecamera da sotto il naso ma all’improvviso compare un uomo con una camicia hawaiana che riesce a riportarle il maltolto. Quest’ultimo sostiene di essere Superman e di aver ormai perso tutti i suoi poteri perché delle persone malvagie gli hanno impiantato della kryptonite nella testa. Nonostante ciò l’uomo passa il suo tempo perseverando nella sua missione: quella di aiutare gli esseri umani. Song Soo Jung è decisa a fare un documentario su di lui, ma mente lei userà l’uomo per un suo tornaconto quest’ultimo le insegnerà molte cose ed inizierà ad affezionarsi a lui, cambiandole totalmente la vita.

La prima cosa che ho pensato quando ho iniziato il film è stata che non avevo mai visto una versione di Superman con camicia hawaiana. In più, all’inizio non si capisce bene il senso del film: si vede, infatti, questo tipo sulla quarantina che aiuta tutte le persone in difficoltà che trova perché, attraverso questi gesti, la kryptonite nel suo cervello svanirà. Viene naturale pensare che non abbia tutte le rotelle che funzionano, ma se il film si fermasse qui sarebbe banale.

Questo Superman costituisce una sorta di anti-eroe: non ha super poteri ma è un vero eroe nei comportamenti umani. Lui mette la sua vita a servizio degli altri ed è proprio questo che, nonostante l’aspetto bizzarro, lo rende grande ai nostri occhi. Ed è proprio l’incontro con questo individuo del tutto singolare che cambia profondamente la reporter: da persona indifferente alla vita, inizia a comprenderne il valore e scopre il piacere di aiutare gli altri.

Procedendo con la storia scopriamo qualcosa in più sulla vera identità del nostro eroe e capiamo come, dietro l’apparenza, si nasconda molto di più. Un dramma, cioè la morte della moglie e della figlia, che non ha mai superato. Il rimpianto e il senso di impotenza di fronte agli eventi l’hanno portato a farsi carico delle difficoltà altrui: è per questo che lo vediamo portare le borse di una signora anziana, raccogliere i rifiuti, portare in spalla qualcuno all’ospedale, mettersi in mezzo alla strada e fermare i mezzi per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Queste scene sono molto esilaranti e, nonostante l’impatto iniziale, inizierete lentamente ad affezionarvi a questo Superman.

So che alcuni di voi storceranno il naso su questo film (lo so perchè anch’io all’inizio non ero molto convinta) ma mi sono dovuta ricredere al punto tale che mi sono anche commossa. Non ho capito bene come sia successo, ma il film è riuscito pian piano a farsi strada nella mia mente e in men che non si dica ero totalmente immersa all’interno della storia.

È un film semplice, onesto e diretto che alterna scene divertenti a parti tristi dalle quali abbiamo l’opportunità di capire la complessità della figura del protagonista. Quello che effettivamente ho imparato è che chiunque può essere un eroe, nel suo piccolo.
Sicuramente è un film strano, ma caratterizzato da una grande carica emozionale e che secondo me vale la visione, anche solo per vedere un film con uno stile diverso dal solito.

rating 3
annafirma

Recensione: Tutto può cambiare di John Carney

Ciao a tutti e rieccoci qui ad affrontare un nuovo traumatico lunedì. Come ogni volta che devo scegliere il film da recensire, puntualmente ero indecisa tra un paio. Non ero molto convinta circa questo film ma siccome era lì e non avevo troppa voglia di qualcosa di impegnativo, eccolo qui per voi.

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Titolo: Tutto può cambiare
Titolo originale: Begin Again
Regia: John Carney
Anno: 2013
Durata: 104 min
IMDB

Dan Mulligan, produttore musicale in caduta libera, con una figlia adolescente, un matrimonio fallito alle spalle e il vizio della bottiglia, incontra Gretta, una cantautrice inglese in panne sulla banchina della metropolitana. Arrivata a New York col fidanzato quasi celebre e la promessa di una vita da spendere insieme, Gretta perde in un baleno ragazzo e sogni. Autrice di ballate sentimentali, una sera si esibisce suo malgrado in un locale dell’East Village frequentato da Dan. Ubriaco di sventura ma avvinto dalla sua musica, Dan le propone di lavorare insieme per riprendersi il loro posto nel mondo.

Non è stato uno di quei film che mi ha lasciato a bocca aperta o che mi ha tenuto col fiato sospeso, si tratta di un film semplice e, se si può dire, poetico. Dan infatti propone a Gretta di registrare le sue canzoni all’aperto, sfruttando i posti più disparati della Grande Mela. Quest’idea bizzarra ma decisamente geniale ci permette di partecipare a questa recording session davvero curiosa. Dal registrare in un vincoletto sperduto chissà dove alla metropolitana, al tetto di un edificio davanti l’Empire State Building. In questo modo lo spettatore riesce a fare una sorta di passeggiata per i luoghi più intimi di New York con sottofondo le canzoni di Greta ed è proprio questo il punto di forza del film e l’espediente che più mi è piaciuto.

That’s what I love about music… One of the most banal scenes is invested with so much meaning, you know? All these banalities, they’re suddenly turned into these beautiful, effervescent pearls.

Il film in qualche modo vuole farci capire quanto la musica sia molto personale e come questa riempa e ponga sotto una luce completamente nuova alcuni momenti rendendoli unici. E non potrei essere più d’accordo, senza musica, infatti, le mie giornate sarebbero noiose, perderebbero quel qualcosa di “magico”. C’è da dire che ogni tanto inizio a cantare senza rendermene conto (Mon e Kia lo sanno bene), ma effettivamente la musica riesce a rendere speciale qualsiasi momento della giornata.

Detto questo, la recitazione di Keira Knightley è stata elegante ed è stata una sorpresa sentirla cantare (ammetto che ha una voce bellina). Mark Ruffalo non delude neanche questa volta e riesce a creare un bel personaggio che diventa il centro attorno cui ruota tutto il film: riesce infatti a dominare la scena con grande padronanza e carisma. Tra i due attori c’è una buona sintonia e lo scambio di battute nei dialoghi è molto ritmato e si alterna bene con le canzoni.

E’ un film fresco e rilassante, che parla di musica e di come, attraverso questa, i protagonisti riescano a inquadrare le loro vite rimettendole a posto. A mio parere una commedia piacevole e riuscita; l’unica pecca è che forse ricalca alcuni cliché tipici di questo film e per alcuni può apparire “mono-nota”, ma comunque un film di tutto rispetto.