4.5 cupcakes

Recensione: Cut & Run di Abigail Roux e Madeleine Urban

Ci sono recensioni che sono convinta vadano scritte a caldo, quando non si ha ancora avuto il tempo di fermarsi a riflettere su quanto si è letto. Ci sono libri che ti impediscono di poggiarli sul comodino per dormire e ti obbligano a stare alzata fino ad ore improbabili per continuare a leggere, pagina dopo pagina. Per fortuna hanno inventato gli eReader, altrimenti leggere nelle posizioni che riesco ad assumere su un divano diventerebbe complicato.
Cut & Run, primo di una serie di libri, è uno di questi.
cut & run
Titolo: Cut & Run (Cut & Run #1)
Autore: Abigail Roux & Madeleine Urban
Editore: Dreamspinner Press
Disponibile in italiano:
Goodreads

A series of murders in New York City has stymied the police and FBI alike, and they suspect the culprit is a single killer sending an indecipherable message. But when the two federal agents assigned to the investigation are taken out, the FBI takes a more personal interest in the case. Special Agent Ty Grady is pulled out of undercover work after his case blows up in his face. He’s cocky, abrasive, and indisputably the best at what he does. But when he’s paired with Special Agent Zane Garrett, it’s hate at first sight. Garrett is the perfect image of an agent: serious, sober, and focused, which makes their partnership a classic cliche: total opposites, good cop-bad cop, the odd couple. They both know immediately that their partnership will pose more of an obstacle than the lack of evidence left by the murderer. Practically before their special assignment starts, the murderer strikes again – this time at them. Now on the run, trying to track down a man who has focused on killing his pursuers, Grady and Garrett will have to figure out how to work together before they become two more notches in the murderer’s knife.

Era un po’ che sentivo alcune mie amiche parlare di questa serie, ma non mi ero mai soffermata troppo sui loro discorsi perché non la conoscevo e perché, in quei momenti, avevo altre cose per la mente. Qualche giorno fa, però, hanno ricominciato a parlarne e mi sono detta: “Mon, adesso basta, devi leggere almeno il primo di questi libri”. Cinque minuti dopo sul mio piccolo Kindle c’era il mattoncino di 400 e passa pagine e, neanche due giorni dopo, l’ho terminato.

Non riuscivo a terminare un libro che non fosse un romantico o un fantasy/distopico da mesi, quindi è stata una sorpresa quando mi sono ritrovata totalmente immersa in questa storia. Un killer che uccide apparentemente a caso, con armi casuali, in luoghi casuali. L’incubo di ogni profiler e detective. Se c’è una cosa che ho imparato in anni di serie tv di genere crime, è che ogni serial killer ha uno schema. C’è sempre qualcosa che collega ogni crimine ed è proprio quello schema che, tendenzialmente, porta alla cattura del criminale. Quando questo killer, chiamato (Tri-state killer), uccide due agenti, l’FBI manda ad investigare Ty Grady, assegnandogli un nuovo partner, Zane Garrett. A prima vista, i due non potrebbero essere più diversi. Ty è un combinaguai, sarcastico e sempre pronto a rispondere ad una battuta. Si capisce immediatamente che non desidera un nuovo partner e fin dal primo istate si vede che Zane non gli va proprio a genio. Zane si presenta come un agente modello: educato, vestito impeccabilmente, ha sempre pronta la risposta giusta e il direttore sembra essere convinto che sia la persona giusta per tenere Ty in riga.

I due non si sopportano proprio e le loro prime interazioni sono parecchio divertenti. Continuano a rimbeccarsi e non riescono proprio a nascondere il fatto che entrambi pensino il peggio dell’altro. Ci mettono poco a capire che tutti due hanno un passato a cui vogliono pensare il meno possibile e che sono tremendamente testardi e pronti a qualsiasi cosa per non farsi dominare dall’altro.

Ty Grady was a rude, insufferable, egotistical, stinking son of a bitch, and Zane was going to figure out how to tune him out. Otherwise, he just might give in to the pressure and kill the bastard, for the good of humanity.

Appena iniziano ad indagare sul caso, capiscono che qualcosa non va e varie situazioni ed incidenti li obbligano a lavorare insieme. Questa vicinanza è ciò che fa comprendere ad entrambi che non sono così diversi e che, forse, possono lavorare insieme senza troppi problemi. Non voglio entrare nei dettagli, perché vi rovinerei la lettura. Ogni evento è collegato all’altro, ogni parola è importante e tutta la situazione è una corsa contro il tempo e contro l’assassino. Ty e Zane imparano in fretta a lavorare insieme, ma la loro stretta collaborazione lascia spazio a qualcosa di più. Per entrambi nasce qualcosa di più dello stretto legame professionale o dell’amicizia tra due partner.

“Tease,” Ty accused softly.
“Do I have your attention now?” Zane drawled.
“You never lost it,” Ty responded before thinking better of it.

Cut & Run è una storia d’amore abilmente mescolata in un romanzo crime e la combinazione mi è paiciuta un sacco. Certo, gran parte del merito va ai due protagonisti, che vengono abilmente caratterizzati dalle due autrici. Ognuno ha caratteristiche uniche, che lo rendono umano e reale. Non sono personaggi perfetti, anzi. Hanno difetti, segreti, eventi passati che li tormentano e che, forse, nel corso dei prossimi libri, riusciranno a superare.

È il primo libro di questo genere che leggo, con una coppia in cui entrambi sono uomini, ma la cosa non mi è dispiaciuta per niente. Mi è piaciuto il rapporto che si è andato a creare tra i due: il prendersi in giro costantemente, il dimostrare i proprio sentimenti più “fisicamente” che verbalmente e l’essere impulsivi nelle decisioni da prendere e nelle parole da dire. Non so cosa aspettarmi dai prossimi volumi, ma sicuramente li leggerò, spronata dalle mie amiche che mi assicurano che, andando avanti, la storia va solo migliorando.

rating 4.5
mon firma

#2 – 5 motivi per…guardare Orphan Black

Non vi aspettavate un nuovo appuntamento con questa rubrica così presto vero?
Volevo parlare di questa serie un po’ di tempo fa, quando ho iniziato a vederla, ma tra una cosa e l’altra non sono mai riuscita a scrivere il post. Considerando che tra meno di una settimana inizierà la terza stagione, ho approfittato nella nostra nuova rubrica per parlarvene.

5 motivi per

Cos’è Orphan Black?
È una serie televisiva canadese di fantascienza di cui sono state mandate in onda due stagioni. La terza stagione inizierà il 14 aprile 2015 su BBC America. In Italia sono state mandate in onda le prime due stagioni.

Di cosa parla?
Narra la storia di Sarah Manning, una ragazza orfana che, dopo avere assunto l’identità di una persona a lei straordinariamente somigliante, scopre di essere frutto di un esperimento scientifico.

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5 buoni motivi per cui qualcuno dovrebbe guardare Orphan Black.

  1. È una storia originale, che ancora non avevo mai visto. L’idea di base è complessa e piena di mistero. Mi ha colpita immediatamente perché è una cosa difficile da immaginare, ma non così impossibile al giorno d’oggi. Fa riflettere sul fatto che magari qualcuno abbia già fatto qualcosa del genere e nessuno ancora ne sappia niente.
  2. Ogni stagione è composta da solo 10 episodi e fino ad ora sono state mandate in onda solo due stagioni. La terza inizierà a breve. È la serie perfetta per un recupero da vacanze, perché si smaltisce davvero in fretta.
  3. È una serie tv che ti tiene incollati allo schermo. Un episodio tira l’altro. Ad ogni puntata sorgono così tante domande che non si può fare altro che guardare quella dopo per cercare le risposte.
  4. Tatiana Maslany. Lei è il motivo per cui ho cominciato la serie. In un gruppo su Facebook parlavano di quanto fosse brava come attrice perché interpreta così tanti personaggi diversi. Tatiana, infatti, impersona la protagonista Sarah e tutti i suoi cloni. Fino ad ora ne ho contati più o meno 9, ma sicuramente ne avrò dimenticato qualcuno. È incredibile, perché ogni personaggio ha caratteristiche e personalità diverse e Tatiana riesce a mostrare chiaramente queste differenze.orphan black
  5. I personaggi secondari, esclusi i cloni, sono interessanti e ben costruiti. Felix, Siobhan e Kyra sono fra i più importanti, ma ce ne sono molti altri che sono certa vi faranno apprezzare la serie.

Un voto da 1 a 5 cupcake?
4 cupcakes e mezzo.

#1 – 5 motivi per… guardare Galavant

Buongiorno a tutti! C’è chi in primavera fa le pulizie e chi crea nuove rubriche! Oggi infatti siamo orgogliose di dare il via a questa rubrica a cadenza casuale in cui vi esporremo 5 motivi per cui, secondo noi, bisognerebbe guardare un determinato film/serie tv, mangiare più mele, leggere un particolare libro, comprare una tartaruga, imparare il finlandese, etc.
Scherzi a parte, questa rubrica vuole regalarvi vari spunti per nuovi film, libri, serie tv e molto altro. Non abbiamo stabilito una scadenza fissa perché vogliamo che ogni appuntamento sia per voi una sorpresa!

5 motivi per

Detto ciò, inauguriamola con il primo post, ovvero 5 motivi per… guardare Galavant!

galavant

Cos’è Galavant?
Galavant è una serie tv a tema fiabesco in chiave musicale, pensata per riempire la pausa invernale di Once Upon A Time. Per ora è andata in onda solo la prima stagione.

Di cosa parla?
Galavant è un cavaliere a cui Re Richard ruba il suo unico e vero amore, Madalena. Determinato a salvarla e con l’aiuto del suo fidato scudiero Sid e di Isabella, una principessa i cui genitori sono tenuti prigionieri dal re, affronta il viaggio che si rivela ricco di bizzarri imprevisti.

5 buoni motivi per cui qualcuno dovrebbe guardare Galavant.

  1. È veramente divertente! La solita fiaba in cui la fanciulla viene rapita e poi salvata dall’eroe viene stravolta. Galavant è un cavaliere ingenuo che si vede strappare via l’amore della sua vita: Madalena, infatti, preferisce la fama e la ricchezza al vero amore. Una fiaba decisamente non convenzionale i cui sviluppi inaspettati e demenziali saranno causa di risate a non finire.
  2. È una fiaba musicale! Ok, forse a molti non piacciono i musical, ma ci sono al massimo una/due canzoni per episodio quindi si può fare uno sforzo 🙂 A volte anche i personaggi della serie intervengono dicendo che non ne possono più di queste performance musicali, quindi non siete soli da questo punto di vista. Se invece vi piacciono i musical, amerete alla follia questa serie. Le canzoni, infatti, sono allegre e frizzanti e nessun personaggio si salva da queste malattie (le canzoni s’intende).
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  3. È uscita solo una stagione e di conseguenza non dovete fare recuperoni. Quindi, cari telefilm-addicted e persone che non siete ancora entrate nel giro (attenzione una volta entrati è difficile uscirne), 8 episodi da venti minuti li potete guardare tranquillamente in una serata.
  4. Sarà una piccola serie, ma durante gli episodi si incontrano i personaggi più strampalati: monaci che hanno fatto un voto di canto, i pirati di terra, un mago che ha perso la licenza e molti altri! Quindi non c’è tempo per annoiarsi, in ogni episodio succede qualcosa di sorprendentemente assurdo.
  5. Rappresenta qualcosa di unico: una commedia musicale con brani originali! Parola mia, ne verrete conquistati e, senza sapere come, vi ritroverete a cantare le grandi gesta del nostro super affascinante Galavant!
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Un voto da 1 a 5 cupcake?
4 cupcakes con panna!

anna firma

Recensione: Castaway on the moon di Hae-jun Lee

Buongiorno a tutti e buon inizio marzo! Febbraio è volato e il mio unico rimpianto è non essere riuscita a mangiare neanche una frittella 🙁 spero voi ne abbiate mangiate anche per me! Ieri sera, o più correttamente ieri notte, mi sono guardata un film che avevo in lista da anni. Questo è il primo film coreano che ho visto e mi ha piacevolmente sorpreso, così spero capiti anche a voi se deciderete di guardalo.

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Titolo: Castaway on the moon
Titolo originale: Castaway on the moon
Regia: Hae-jun Lee
Anno: 2009
Durata: 116 min
IMDB

Kim è un uomo disperato, al punto che un giorno decide di saltare da uno dei più alti ponti di Seul sul fiume Han. Ma il tentato suicidio fallisce e Kim si ritrova il mattino dopo su un’isoletta in mezzo al fiume. Nonostante la città sia tutt’intorno, Kim non sa nuotare e non riesce a farsi notare da nessuno e deve rassegnarsi a fare il naufrago. Lo noterà, guardando dalla finestra con un cannocchiale, una donna che vive da anni segregata volontariamente in un appartamento e che si deciderà, affascinata da quella strana figura, a uscire dal suo eremitaggio metropolitano.

All’inizio conosciamo Kim, questo impiegato finito sul lastrico e pieno di debiti. Al fallimento del lavoro si somma il fallimento del tentato suicidio a seguito del quale si ritrova prigioniero su quest’isola in mezzo al fiume. Dopo un primo momento di disperazione, vede che pian piano riesce ad adattarsi a questa nuova situazione e diventa una sorta di Robinson Crusoe. Con il passare del tempo l’isolotto non rappresenta più per lui una prigione, ma si trasforma nella sua nuova casa. Nonostante la sventura dell’isolamento dal resto della città, infatti, riesce a trovare una nuova speranza e la volontà di vivere. C’è un momento del film in cui lui trova una bustina di condimento per gli spaghetti e proprio il voler riuscire a fare degli spaghetti con quel poco che trova sull’isola diventa il suo nuovo obiettivo.

Successivamente facciamo la conoscenza di questa ragazza (di cui non sappiamo il nome) che ha scelto di ritirarsi dalla vita sociale isolandosi in camera sua. Non esce da tre anni e per quanto assurdo possa sembrare questo suo stile di vita, lei ci descrive come avviene la sua giornata tipo. L’unica sua finestra sul mondo è questa macchina fotografica con la quale ama fotografare la luna e i vari angoli della città quando sono deserti. Ed è proprio durante una delle prove di evacuazione della città che scopre dell’esistenza di Kim. Da qui in poi comincerà a tenerlo costantemente sott’occhio e per quanto incredibile, i due (entrambi confinati nel loro mondo) inizieranno a tenere una corrispondenza.

Il film vuole lanciare un campanello d’allarme riguardo le varie forme di alienazione conseguenti ad una società che gira attorno al denaro e all’apparenza; non c’è quindi da stupirsi che alcune persone non riescano ad identificarsi e integrarsi in una realtà del genere. La cosa che più sconvolge sono le conseguenze estreme a cui questi sentimenti di alienazione possono portare, come il suicidio o il fenomeno degli hikikomori (coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento). Nonostante i temi che affronta siano di un certo peso, il film riesce in alcuni punti a farci sorridere inserendo i protagonisti all’interno di alcune scene davvero esilaranti, ma senza la pretesa di accaparrasi la simpatia dello spettatore.

Dall’ambientazione alla trama decisamente insolite, ma allo stesso tempo molto interessanti, ho davvero apprezzato il film in tutte sue sfaccettature e ha suscitato in me la curiosità verso il cinema coreano. L’unica pecca è la locandina che, detto tra noi, non è il massimo, ma in realtà raffigura tutti gli elementi chiave del film, quindi mi tocca accettarla così com’è.