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Recensione: La corte di rose e spine di Sarah J. Maas

Buongiorno lettori!
Oggi mentre pubblico questa recensione mi sembra di sentire il rullo dei tamburi perché finalmente una delle mie serie preferite degli ultimi anni inizia a essere pubblicata in Italia.
Sto parlando di ‘La corte di rose e spine’ di Sarah J. Maas che adoro e che ho riletto fin troppe volte.
Esce oggi per Mondadori il primo volume e l’ho riletto qualche settimana fa proprio per questa recensione.

la corte di rose e spine cover
La corte di rose e spine
di Sarah J. Maas
Serie:

La corte di rose e spine

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Editore:

Mondadori Chrysalide

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Pagine:
408
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Uscita:
19 marzo 2019
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Link:

Amazon

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GoodReads

“Un paio di occhi dorati brillavano nella boscaglia accanto a me. La foresta era silenziosa. Il vento non soffiava più. Persino la neve aveva smesso di scendere. Quel lupo era enorme. Il petto mi si strinse fino a farmi male. E in quell’istante mi resi conto che la mia vita dipendeva da una sola domanda: era solo? Afferrai l’arco e tirai indietro la corda. Non potevo permettermi di mancarlo. Non quando avevo una sola freccia con me.” Una volta tornata al suo villaggio dopo aver ucciso quel lupo spaventoso, però, la diciannovenne Feyre riceve la visita di una creatura bestiale che irrompe a casa sua per chiederle conto di ciò che ha appena fatto. L’animale che ha ucciso, infatti, non era un lupo comune ma un Fae e secondo la legge “ogni attacco ingiustificato da parte di un umano a un essere fatato può essere ripagato solo con una vita umana in cambio. Una vita per una vita”. Ma non è la morte il destino di Feyre, bensì l’allontanamento dalla sua famiglia, dal suo villaggio, dal mondo degli umani, per finire nel Regno di Prythian, una terra magica e ingannevole di cui fino a quel momento aveva solamente sentito raccontare nelle leggende. Qui Feyre sarà libera di muoversi ma non di tornare a casa, e vivrà nel castello del suo rapitore, Tamlin, che, come ben presto scoprirà la ragazza, non è un animale mostruoso ma un essere immortale, costretto a nascondere il proprio volto dietro a una maschera. Una creatura nei confronti della quale, dopo la fredda ostilità iniziale, e nonostante i rischi che questo comporta, Feyre inizierà a provare un interesse via via più forte che si trasformerà ben presto in una passione dirompente. Quando poi un’ombra antica si allungherà minacciosa sul regno fatato, la ragazza si troverà di fronte a un bivio drammatico. Se non dovesse trovare il modo di fermarla, sancirà la condanna di Tamlin e del suo mondo…

Libri nella serie:
[#1] La corte di rose e spine
[#2] A Court of Mist and Fury (non ancora tradotto)
[#3] A Court of Wings and Ruin (non ancora tradotto)
[#3.1] A Court of Frost and Starlight (non ancora tradotto)

 
Premessa dovuta prima di iniziare: ho già letto l’intera serie più volte quindi potrei essere condizionata da questo, ma non ci saranno spoiler futuri ovviamente e cercherò di non farmi influenzare nel giudizio di questo libro dalla mia conoscenza dei successivi.

La corte di rose e spine è un retelling della fiaba de ‘La bella e la bestia’, quindi a grandi linee la trama la potete immaginare. La protagonista è Feyre, una ragazza giovanissima, costretta a cacciare in foreste estremamente pericolose per procurarsi il cibo per mantenere sè stessa e la sua famiglia. Durante una delle battute di caccia uccide un enorme lupo e riporta a casa la sua pelliccia per poterla vendere e guadagnarci qualcosa. Da qui iniziano i problemi. Il villaggio di Feyre si trova a pochi giorni di viaggio dalle terre abitate dalle fate. È proprio uno dei sovrani delle fate che si presenterà da lì a poco a casa di Feyre con lo scopo di ottenere vendetta per la morte del lupo, un suo suddito. Feyre viene messa quindi davanti ad una scelta: morire subito o seguire Tamlin, il sovrano della corte di Primavera, nel suo regno.
Questo è l’incipit e potete immaginare che le cose si evolveranno in maniera incredibile durante la narrazione.

Feyre è una protagonista estremamente coraggiosa e determinata. Si adatta bene alle nuove situazioni e non è di certo il tipo di donna che sta ferma e si lascia trascinare dagli eventi. È proattiva, vuole imparare e non essere mai messa in disparte. In questo libro gliene capitano davvero di tutti i colori e, per essere una ragazza mortale catapultata in un mondo di immortali, se la cava egregiamente.

L’autrice non è certo famosa per creare pochi personaggi. I suoi libri, infatti, sono pieni zeppi di personaggi che continuano ad apparire e a volte non vengono caratterizzati correttamente, ma quelli ricorrenti sono ben distinti, ognuno con le sue caratteristiche fisiche e caratteriali ed è impossibile non apprezzarli.
Tamlin è affascinante, potente, disposto a tutto per Feyre e per il suo regno. L’ho apprezzato durante tutto il libro, anche se mi è caduto un po’ verso la fine. Diciamo che la situazione un po’ lo giustificava, ma avrei voluto vedere un po’ di iniziativa in più.
Lucien è un altro personaggio interessante, per la sua amicizia con Tamlin e, più avanti, con Feyre. È un uomo leale e disposto veramente a tutto per le persone che ama. Ha sofferto molto a causa della sua famiglia e lo vediamo combattere spesso tra il suo ruolo di amico e quello di suddito.
Menzione speciale per Rhysand, così misterioso e crudele. Attira subito l’attenzione con la sua energia magnetica e si rivelerà un personaggio chiave nella trama.

Il punto forte di questo libro e della serie, però, è il world building. La Maas ha creato un mondo intero e ha descritto piuttosto bene soprattutto il mondo delle fate. Diviso in sette corti: Primavera, Estate, Autunno, Inverno, Alba, Giorno e Notte. Ognuna è governata da un High Lord e oltre alle fate bellissime e fortissime e immortali che impareremo a conoscere è abitata da fate particolari, con caratteristiche a volte bellissime a volte spaventose. Imparare a conoscere i vari angoli del mondo delle fate mi è piacuto tantissimo e nei libri successivi si scopre sempre di più, mano a mano che Feyre impara a muoversi in questi nuovi luoghi.

Sono sicura che la parte finale vi lascerà a bocca aperta, ma per fortuna non c’è un cliffhanger troppo grande, quindi non dovreste avere troppi problemi ad aspettare il successivo (il mio preferito). Non vedo l’ora di parlarvi anche di quello, ma intanto che ne dite di farmi sapere qui sotto nei commenti cosa ne pensate di questo primo libro?

Recensione: La psichiatra di Wulf Dorn

Buongiorno lettori! Sto riprendendo il ritmo di lettura quindi eccomi con una nuova recensione. Sta volta tocca a La psichiatra di Wulf Dorn.

la psichiatra cover

La psichiatra
di Wulf Dorn
Editore:

Tea

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Pagine:
395

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Uscita:
2011

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Link:

Amazon

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GoodReads

Lavorare in un ospedale psichiatrico è difficile. Ogni giorno la dottoressa Ellen Roth si scontra con un’umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia, a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente rannicchiata ai suoi piedi è stata picchiata, seviziata. È chiusa in se stessa, mugola parole senza senso. Dice che l’Uomo Nero la sta cercando. La sua voce è raccapricciante, è la voce di una bambina in un corpo di donna: le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggire all’Uomo Nero. E quando il giorno dopo la paziente scompare dall’ospedale senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l’incubo. Nessuno l’ha vista uscire, nessuno l’aveva vista entrare. Ellen la vuole rintracciare a tutti i costi ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire. Chi è quella donna? Cosa le è successo? E chi è veramente l’Uomo Nero? Ellen non può far altro che tentare di mettere insieme le tessere di un puzzle diabolico, mentre precipita in un abisso di violenza, paranoia e angoscia.
Eppure sa che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine…

Mi sono imbattuta in questo titolo su consiglio di un’amica amante dei thriller: la trama mi ha attirata da subito e, sebbene l’abbia fatto aspettare un po’, questo libro mi è piaciuto.

Vi confesso che ci ho messo un po’ a metabolizzarlo. Era il mio primo approccio a Wulf Dorn e non sapevo davvero che cosa aspettarmi. Credo leggerò altro di suo, ma rigorosamente a piccole dosi e in momenti di umore ottimo, altrimenti non penso riuscirei ad apprezzare un libro con una storia dello stampo de La psichiatra. Questo libro è infatti un thriller psicologico – più psicologico che thriller – molto molto sottile che mi ha lasciata a bocca aperta, con tanta ansia e un po’ di pelle d’oca.

La protagonista è Ellen, una giovane psichiatra che lavora in un ospedale psichiatrico tedesco. Nella sua carriera ha conosciuto situazioni terribili, ha visto da vicino gli scherzi che la mente umana può fare. Tutto però si complica quando Chris, il suo compagno, va in vacanza in Australia e le lascia un caso particolarmente interessante, un CPI. C’è una donna, nella stanza numero 7, distrutta dalla paura. Una donna che in qualche senso ricorda una bambina – nella voce e nei modi di fare – ma a vederla è una donna adulta che ha subito delle violenze. Il giorno dopo scompare e nessuno in clinica sembra averla mai vista. Ellen inizia quindi una ricerca tutta sua per salvare la sconosciuta dall’Uomo Nero di cui parla.
Ci troviamo quindi ad affrontare ogni momento della ricerca insieme ad Ellen, dubitando con lei di chiunque le stia intorno, facendoci influenzare dai suoi pensieri e dalle sue paure.

L’altro protagonista è Mark, psichiatra collega di Ellen, il cui ruolo rimane fumoso per buona parte del libro. È giusto che sia così e non posso assolutamente dire che avrei voluto vederlo più caratterizzato, si sarebbe persa una parte di libro.

Ci sono dei passaggi crudeli e cruenti, la risoluzione del caso fa venire i brividi. Ripensando al libro con il senno del poi, a determinati passaggi, viene veramente da pensare, da chiederci effettivamente dove ci può portare la nostra mente se ci convinciamo di qualcosa o se il nostro corpo deve difendersi da qualcosa di più grande di noi.

Non ho potuto far altro che stupirmi della bravura di questo autore nel portare il lettore a pensare esattamente ciò che lui ha deciso. Più di una volta io stessa ho cambiato idea sul colpevole, arrivando a convincermi di qualcosa che mi è poi stato ribaltato capitolo dopo capitolo. Ammetto anche di essere arrivata alcune volte – tanto per farvi capire l’intreccio e la confusione costruita – alla soluzione corretta. Ora, dopo aver finito la lettura, mi rendo conto che probabilmente era proprio questo che l’autore voleva: metterci la conclusione sotto gli occhi, smontarla pezzettino per pezzettino, farci credere di esserci immaginati tutto, per poi ricominciare a costruirla sotto i nostri occhi.

La trama è costruita in maniera molto complessa ed è eccezionalmente precisa e particolareggiata. Nonostante questo, la lettura risulta scorrevole e piuttosto semplice anche se vengono affrontati momenti delicati della vita di una persona e situazioni difficili.

È quindi sì un thriller, ma uno molto particolare. Per esempio non mi sentirei di consigliarlo ad una persona che si vuole avvicinare a questo genere. Sono invece convinta che potrebbe piacere, e molto, ai grandi appassionati di thriller psicologici, coloro che hanno un mente allenata alle brutture di questo genere di libri e che quindi non potranno non apprezzare questo racconto un po’ inquietante.

Recensione: Se ami qualcuno dillo di Marco Bonini

Buongiorno lettori! Finalmente dopo tantiiiiissimo torno con un recensione. La verità è che sto leggendo davvero poco e di conseguenza non ho granché di cui parlarvi. L’ultimo libro che ho terminato è Se ami qualcuno dillo di Marco Bonini che mi è stato gentilmente inviato da Longanesi.

se ami qualcuno dillo cover

Se ami qualcuno dillo
di Marco Bonini
Editore:

Longanesi

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Pagine:
272

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Uscita:
7 febbraio 2019

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Link:

Amazon

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GoodReads

Roma, anni Ottanta. Marco, dieci anni, è innamorato cotto. Daniela è la bambina più bella del cortile e lui se la guarda tutti i giorni dal balcone. L’amore non corrisposto lo sta consumando, ma in casa c’è qualcuno molto più irritato di lui. Sergio, suo padre, non crede ai propri occhi: il suo figlio maggiore, rimbambito appresso a una femmina? Poi un pomeriggio, imbambolato dall’apparizione di Daniela sul terrazzo di fronte, Marco si lascia sfuggire una biglia che precipita per sette piani, centrando il parabrezza della macchina della signora Lelle. Sergio esce, guarda di sotto e finalmente urla contro il figlio il suo inappellabile Primo Comandamento: «Lo vedi a innamorasse che succede?… solo guai! Lascia stà le donne, so’ solo ‘na perdita de tempo». Roma, estate 2000. Marco, ventotto anni, fa l’attore, guida una decappottabile inglese e non si innamora più da un pezzo. Poi una mattina un telefono squilla in una stanza buia e cambia tutto. Sergio ha avuto un infarto, è in coma e potrebbe non risvegliarsi più. La storia di Marco e di suo padre inizia da qui, dall’attimo in cui sfiorano la fine. L’infarto non uccide il corpo di Sergio ma resetta il suo cervello: al risveglio il vecchio Sergio, l’uomo tutto d’un pezzo che non sapeva fare una carezza ai suoi figli o dire ti amo a sua moglie (la quale, non a caso, l’ha lasciato), non c’è più. Al suo posto è arrivato un alieno, imprevedibile, folle e delizioso come un neonato che deve imparare da capo tutto del mondo degli uomini. Il nuovo Sergio non sa leggere né scrivere, ma balla, ride e sa quando fare una carezza o una dichiarazione d’amore. Sergio sa essere finalmente felice e sa insegnarlo agli altri. Marco è ancora in tempo per apprendere la nuova lezione?

 

Se ami qualcuno dillo è un romanzo che probabilmente non avrei mai preso in mano se non me lo fossi trovato davanti in tutta la sua prepotenza. È una storia di vita vera, quella di Marco, romano nato negli anni Settanta e cresciuto in una classica famiglia di quegli anni. È l’infarto di suo padre Sergio, cinquantenne, a dare lo spunto a quella che è la riflessione che sta alla base di questo libro. Marco ci racconta infatti il rapporto complicato con suo padre e con la vena prettamente maschilista della sua famiglia. Racconta di quando era bambino e voleva aiutare la mamma a lavare i piatti, ma le sue buone intenzioni venivano affossate come cose da femminucce. Racconta di quando avrebbe tanto desiderato un abbraccio o un bacio dal padre, che però sosteneva che ‘queste cose, tra maschi, non si fanno’.

Dopo l’infarto di Sergio, Marco si ritrova a farsi delle domande sulla ‘cardiopatia’ maschilista che colpisce la sua famiglia da generazioni, cerca di salvarsi, ma soprattutto cerca di salvare suo figlio da questa brutta malattia. In questo lo aiuta il risveglio di Sergio, il ritorno da quell’infarto che non l’ha ucciso ma che ha completamente azzerato il suo cervello. Sergio ora è un bambino, una persona a cui bisogna spiegare tutto, ma anche una persona felice delle piccolissime cose, una persona che ama incondizionatamente tutto ciò – e soprattutto chi – gli sta intorno.

L’amore. Quella stupida «smanceria da femminucce», come la chiamava Sergio. Amare una persona è un dono, ma non è un dono che riceviamo: è un dono che facciamo alla persona amata, perché insieme al nostro amore le stiamo regalando la dignità di stare al mondo. Le stiamo donando valore. Le stiamo dando la forza di affrontare qualsiasi difficoltà: se Sergio mi ama, vuol dire che io valgo qualcosa e, finché Sergio mi amerà, io varrò qualcosa.

Se ami qualcuno dillo è un insieme di ricordi che riaffiorano alla mente di Marco, una raccolta di momenti della sua vita. Ci racconta della sua infanzia, di come ha scoperto l’amore, di come pian piano si sia convinto che forse suo padre non aveva ragione quando esponeva le sue teorie sull’amore. Aveva iniziato a rendersene conto quando Alba, sua madre, se ne era andata di casa, stufa di quella vita. Se ne era convinto sempre di più crescendo e imparando ad amare. Ci racconta la sua vita accanto a Scarlet, ci racconta quello che è riuscito a costruire e allo stesso tempo quello che ha distrutto a causa di una paura dovuta ad un educazione maschilista e contraria all’amore.

Essere gentili a modo proprio non basta. Per far funzionare un rapporto bisogna prima di tutto studiare, imparare a conoscersi bene, imparare a raccontarsi, avere voglia di spiegarsi, così che l’altro sappia, capisca.

L’analisi di Marco è profonda, ma allo stesso tempo molto semplice e a tratti anche divertente. È in grado di raccontarci i suoi pensieri come se fossimo al bar insieme, davanti ad una cioccolata calda, facendoci poi riflettere anche dopo aver chiuso il libro. Ci porta a far parte della sua famiglia, a ridere e soffrire con loro. Ci trasmette il bisogno di pensare a questi comportamenti maschilisti, ma che appartengono alla vita di tutti i giorni, comportamenti che però, forse, non sono così difficili da abbandonare: basterebbe credere di più nell’amore, come i bambini.

Che dite, lo leggerete? Vi ispira? Fatemelo sapere nei commenti.


Recensione: Il fabbricante di sogni di R. M. Romero

Buongiorno lettori!
Iniziamo la settimana con una recensione, non c’è modo migliore, giusto?
Vi parlo di un libro che è uscito la scorsa settimana per DeA Planeta Libri e che mi è piaciuto davvero tanto.

il fabbricante di sogni cover
Il fabbricante di sogni
di R. M. Romero
Editore:

DeA Planeta Libri

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Pagine:
246
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Uscita:
26 febbraio 2019
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Link:

Amazon

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GoodReads

Cracovia, 1939. È un giorno come tanti quello in cui una bambola di nome Karolina prende vita nella polverosa bottega di un giocattolaio. Una magia inaspettata che rompe la monotonia della solitaria esistenza di Jozef. Jozef è un uomo burbero che ha conosciuto la guerra e non è mai riuscito a ricomporre i pezzi del suo cuore infranto. Ma, quando Karolina entra nella sua vita come una ventata d’aria fresca, le cose cambiano. Nella bottega del giocattolaio torna il sorriso e Jozef si avvicina a un violinista ebreo e a sua figlia, per la quale realizza una splendida casa di bambole. Proprio nel momento in cui tutti sembrano finalmente aver trovato la felicità, però, l’ombra nera del nazismo si allunga sulla Polonia. I nuovi amici ebrei si trovano all’improvviso in pericolo, e Jozef non intende abbandonarli per nessun motivo. Anche se questo significa sacrificare se stesso. Acclamato dalla critica in tutto il mondo, Il fabbricante di sogni è una vera e propria favola universale, una straordinaria allegoria, più attuale che mai, sulla guerra e sull’odio razziale. Una storia dal grande potere immaginifico e dall’eccezionale forza letteraria che ci ricorda quanto sia importante credere nella magia, e nell’amore, per sopravvivere all’orrore della realtà.

Non sono una persona che tendenzialmente legge libri storici o ambientati durante le guerre. Mi fanno venire il magone e mi fanno vergognare del genere umano, quindi cerco di evitare visto che leggere per me è un modo di sentirmi meglio. A volte però ne leggo qualcuno, per ricordare il passato, anche se romanzato e perché alcune trame sono davvero stupende. Il fabbricante di sogni è uno di quei libri dalla trama molto particolare, un mix tra un romanzo storico e un fantasy, dati gli elementi magici. Non potevo non prenderlo in mano.

Il libro racconta la storia di Karolina, una bambola che viene portata da un vento gentile nel negozio di un giocattolaio di Cracovia. L’uomo è solo, spossato da una vita difficile e questo è proprio il motivo per cui Karolina è stata condotta da lui, per aiutarlo a ritrovare la via.

I due incontrano Jozef e sua figlia Rena, ebrei che vivono da sempre a Cracovia. Purtroppo, gli anni sono quelli in cui Hitler conquista la Polonia e gli ebrei vengono prima relegati nei ghetti e poi mandati ai campi di concentramento.

Mi è piaciuto che spesso vengano raccontati i vari stati della guerra tramite gli occhi innocenti di Karolina, che conosce la guerra visto che anche il suo paese ne è stata vittima, ma crede nella bontà delle persone e nei gesti altruisti. Il suo amore per Rena e la volontà di farla felice la vedranno protagonista di momenti avventurosi e, a volte, pericolosi.

Sia Karolina che Cyryl, il Giocattolaio, non riescono a spiegarsi la violenza a cui devono assistere, protetti dal fatto che Cyryl sia per metà tedesco. È stato molto interessante leggere il punto di vista di un tedesco, per quanto solo a metà, durante l’invasione di Hitler. Di solito si legge il punto di vista degli ebrei, di chi ha sofferto di più. In questo caso è Cyryl a raccontare e a rimanere scioccato dalle azioni di persone con cui condivide la nazionalità. Non posso averne la certezza, ma spero ci siano state persone, fra i tedeschi, che si sono sconvolti per quanto stava succedendo e che abbiano provato a ribellarsi, non riuscendo però a vincere contro l’odio di Hitler e dei suoi seguaci, che ha macchiato un popolo intero.

Ho amato vedere l’amicizia tra Jozef e Cyryl crescere insieme a quella tra Rena e Karolina e ho pianto come una fontana in certi passaggi, per me davvero strazianti. Ho interpretato la magia di questo libro come la bontà nel cuore delle persone e il loro coraggio ad andare contro ad una situazione che non può essere spiegata in nessun modo. Non c’è infatti logica in quello che è accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale. La magia in questo libro è data dalla speranza condivisa da alcune persone e dalla volontà di non lasciarsi conquistare stando in silenzio, ma lottando per la libertà.

Il finale mi ha lasciata in lacrime e con la sensazione di dover leggere più di libri del genere. Anche romanzati, raccontano un passato che non va mai dimenticato, soprattutto in tempi come i nostri in cui è fin troppo facile farsi condizionare e riempire di odio. Vi consiglio Il fabbricante di sogni se vi piacciono i libri ambientati in questo periodo e se non vi dà fastidio l’elemento magico. Vi invito anche a dare un’occhiata alla copertina originale che è davvero stupenda.

Fatemi sapere nei commenti se il libro vi ispira e se lo leggerete!