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Recensione: La stanza della tessitrice di Cristina Caboni

Buongiorno lettori! Cerco di proseguire con le recensioni, rimanendo fedele all’obiettivo di riuscirvi a parlare degli utlimi libri che ho letto, per lo meno quelli che mi sono piaciuti molto. Uno di questi è La stanza della tessitrice di Cristina Caboni che mi è stato gentilmente fornito da Garzanti.

la stanza della tessitrice cover

Titolo: La stanza della tessitrice
Autore: Cristina Caboni
Editore: Garzanti

I desideri sono fili invisibili da cucire insieme.
Interrogò il tessuto. E lui rispose. Vedeva il vestito nella sua mente e, come un pittore, ne definiva la struttura, il disegno e il colore. Gli abiti che Camilla rielaborava e confezionava erano creati sui sogni individuali di chi li indossava, capaci di infondere protezione, coraggio, sicurezza. Ciò che desiderava per sé stessa con tanta intensità, sapeva crearlo per gli altri.

Bellagio è il luogo dove Camilla si è rifugiata per iniziare una nuova vita. Solo qui è libera di realizzare i suoi abiti capaci di infondere coraggio, creazioni che sono ben più di qualcosa da indossare e mostrare. Ma ora è costretta ad abbandonare tutto perché Marianne, la donna che l’ha cresciuta come una madre, ha bisogno del suo sostegno. È lei a mostrarle il contenuto di un antico baule, un abito che nasconde un segreto: vicino alle cuciture interne c’è un piccolo sacchetto che custodisce una frase di augurio per una vita felice. È l’unico indizio che Marianne possiede per ritrovare la sorella. Camilla non ha mai visto nulla di simile, ma conosce la leggenda di Maribelle, una stilista che, all’epoca della seconda guerra mondiale, era famosa come «Tessitrice di sogni». Nei suoi capi erano nascosti i desideri e le speranze delle donne che li portavano. Maribelle è una figura che la affascina da sempre: si dice che sia morta nell’incendio del suo atelier parigino, circondata dalle sue creazioni.

Camilla non sa quale sia il legame tra Maribelle e la sorella che Marianne vuole ritrovare. Ma sa che è disposta a fare di tutto per scoprirlo. Sente che la sua intuizione è giusta: Parigi è il luogo da dove iniziare le ricerche; stoffe, tessuti e bozzetti la strada da seguire. Una strada tortuosa, come complesso è ogni filo di una trama che viene da lontano. Perché i misteri da svelare sono a ogni angolo. Perché Maribelle ha lottato per affermare le proprie idee. Perché seguirne le orme significa per Camilla scavare dentro sé stessa, dove batte un cuore che anche l’ago più acuminato non può scalfire.

I romanzi di Cristina Caboni mi avevano sempre incuriosita, ma non avevo ancora avuto l’occasione di leggere qualcosa di suo. La stanza della tessitrice mi ha stuzzicata un po’ di più e quando l’ho notato tra le nuove uscite, non ho potuto fare a meno di lasciarmi catturare. Beh, vi dico da subito che recupererò presto gli altri suoi romanzi. Mi è piaciuto il suo modo di scrivere, delicato e diretto allo stesso tempo, il suo creare una storia dove amore e famiglia la fanno da padroni, conditi dalla giusta dose di suspance.

La storia di Camilla, come avete capito, mi ha davvero presa ed il mio parere è super positivo. Dopo i primi capitoli di introduzione, un po’ confusi ma assolutamente necessari – con il senno del poi – per creare la giusta atmosfera, la lettura scorre senza intoppi, senza buchi e senza ‘cose’ di troppo.

Camilla è una ragazza che nella vita ha conosciuto sia il dolore che l’amore e che ora, dopo uno scontro con la sua migliore amica, nonché cugina ‘acquisita’, sente il bisogno di crearsi una nuova vita con le sue sole forze. Da Milano si trasferisce a Bellagio, ma nel momento in cui tutto sembra aver preso la giusta direzione, si trova costretta a tornare: chi le ha dato tutto l’amore che ha conosciuto nella sua giovane vita – Marianne – ha bisogno di lei. È proprio in questa occasione che Camilla scopre un segreto che Marianne si porta dentro da una vita, un segreto che non ha mai detto a nessuno ma che ora le pesa troppo sul cuore.

Camilla è una protagonista che ho amato alla follia. Coraggiosa, leale, vera e pronta a mettersi in gioco. I suoi momenti di indecisione, le sue premure sono gestite in maniera magistrale dall’autrice, in modo da renderla reale e non lamentosa nonostante più volte si trovi in difficoltà e le venga voglia di mollare tutto e riprendersi la sua nuova vita.

Caterina è l’altra protagonista, un personaggio effimero, impalpabile. Simile in certi versi a Camilla, nella sua voglia di riscattarsi, nelle sue idee rivoluzionarie ed interessanti. È una ragazza avvolta dallo stesso alone di mistero che permea il libro, è la chiave che incuriosisce il lettore, dando una marcia in più al racconto.

Sono rimasta affascinata dalle descrizioni dell’autrice, dalla sua capacità di intrecciare le storie, portando il lettore a capire insieme a Camilla il segreto che si nasconde dietro la sua famiglia adottiva. Nulla è scontato, nemmeno quello che ci sembra di capire da subito. Si trova comunque un intreccio, un particolare sfuggito.

La storia si divide in blocchi di capitoli alternati tra la storia di Camilla, ai giorni nostri, e quella di Caterina, negli anni Venti. Due storie che si intrecciano e sono più simili di quanto ci si potrebbe aspettare.

E poi c’è la storia d’amore di Camilla, forse un po’ affrettata, ma accogliente, piacevole e molto molto romantica.

Ho poi apprezzato che ogni capitolo sia dedicato ad una stoffa diversa, corredata dalla sua descrizione e dagli utilizzi più comune: piccole perle interessanti e brevi al punto giusto per non distrarre dalla storia.

Se ancora non vi fosse chiaro, è un libro che consiglio, tra i più belli letti quest’anno. Una storia che lascia il lettore soddisfatto e felice, entrandogli nel cuore.



 

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Recensione: Il sogno della macchina da cucire di Bianca Pitzorno

Buongiorno lettori!
Dopo un periodo un po’ incasinato, pare che sia riuscita a riprendere il ritmo delle letture e con quello spero ritorni anche quello delle recensioni.
Il libro di cui vi parlo oggi è ‘Il sogno della macchina da cucire’ di Bianca Pitzorno.

il sogno della macchina da cucire cover

Titolo: Il sogno della macchina da cucire
Autore: Bianca Pitzorno
Editore: Bompiani

C’è stato un tempo in cui non esistevano le boutique di prêt-à-porter e tantomeno le grandi catene di moda a basso prezzo, e ogni famiglia che ne avesse la possibilità faceva cucire abiti e biancheria da una sarta: a lei era spesso dedicata una stanza della casa, nella quale si prendevano misure, si imbastivano orli, si disegnavano modelli ma soprattutto – nel silenzio del cucito – si sussurravano segreti e speranze. A narrarci la storia di questo romanzo è proprio una sartina a giornata nata a fine Ottocento, una ragazza di umilissime origini che apprende da sola a leggere e ama le opere di Puccini ma più di tutto sogna di avere una macchina da cucire: prodigiosa invenzione capace di garantire l’autonomia economica a chi la possiede, lucente simbolo di progresso e libertà. Cucendo, la sartina ascolta le storie di chi la circonda e impara a conoscere donne molto diverse: la marchesina Ester, che va a cavallo e studia la meccanica e il greco antico; miss Lily Rose, giornalista americana che nel corsetto nasconde segreti; le sorelle Provera con i loro scandalosi tessuti parigini; donna Licinia Delsorbo, centenaria decisa a tutto per difendere la purezza del suo sangue; Assuntina, la bimba selvatica… Pur in questa società rigidamente divisa per classe e censo, anche per la sartina giungerà il momento di uscire dall’ombra e farsi strada nel mondo, con la sola forza dell’intelligenza e delle sue sapienti mani. Bianca Pitzorno dà vita in queste pagine a una storia che ha il sapore dei feuilleton amati dalla sua protagonista, ma al tempo stesso è percorsa da uno sguardo modernissimo. Narrare della sartina di allora significa parlare delle donne di oggi e dei grandi sogni che per tutte dovrebbero diventare invece diritti: alla libertà, al lavoro, alla felicità.

Il sogno della macchina da cucire mi è capitato sotto gli occhi per puro caso, navigando su internet, ed ha subito catturato la mia attenzione per due motivi. Il primo è il titolo, particolare, ma curioso per una persona a cui piace cucire. Il secondo è l’autrice: ho letto molti suoi libri da bambina, Ascolta il mio cuore e Clorofilla da cielo blu sono letture che ricordo con affetto. Eppure non avevo mai letto niente di suo che fosse rivolto ad un pubblico adulto. Potevo dire di no??

Quindi mi ci sono tuffata, senza pensarci troppo e senza sapere a cosa sarei andata incontro. Beh, Il sogno della macchina da cucire mi ha letteralmente catturata. Racconta la storia di una sartina a giornata, figure femminili di fine Ottocento e inizio Novecento che si mantenevano con piccoli lavori di sartoria come rammendi, riadattamenti di abiti, creazione di biancheria o corredini. Spesso queste sartine venivano appunto ospitate a giornata dai ricchi dei paesi, lavoravano in una stanza a loro dedicata – la stanza del cucito -, solitamente veniva dato loro un pasto e tornavano a casa alla sera. Questo aspetto del pranzo diventava talvolta fondamentale per l’economia domestica di queste donne, che così facendo riuscivano anche a risparmiare su quel fronte.

Conosciamo la sartina fin da piccola quando si ritrova a vivere con la nonna essendo loro le uniche sopravvissute ad un’epidemia di colera. La nonna, sarta da sempre, le insegna il mestiere dandole anche un’importante lezione di vita: se saprà fare un lavoro, e lo saprà fare bene, sarà indipendente e potrà condurre una vita dignitosa. ‘Il sogno della macchina da cucire’ è il racconto della vita della sartina, narrato da lei stessa in prima persona. La giovane donna racconta del suo rapporto con la nonna, con la donna che le affitta un seminterrato in cambio delle pulizie quotidiane al giroscale, della gente benestante con cui viene a contatto grazie al suo lavoro. In particolare conosciamo la contessina Ester, forse la migliore amica che la sartina abbia incontrato nella sua vita, nonostante l’ovvia e costante distanza dettata dalla differenza di ceto sociale tra le due. Ester e la sartina si conoscono molto giovani, quando ancora la nonna lavorava per la famiglia di Ester e sviluppano un rapporto particolare, in cui Ester si prenderà in un certo senso cura della sartina per tutta la vita, cercando di aiutarla quando si troverà in difficoltà e rimanendole accanto quando avrà bisogno di essere ascoltata. È proprio la signorina Ester che fa avverare il sogno della sartina, quello della macchina da cucire, quello che le permette di avere l’indipendenza e la vita che ha sempre sognato.

Un’altro personaggio femminile importante nella vita della sartina è l’americana, una donna indipendente, che ama viaggiare e che si lega alla nostra protagonista facendole sognare viaggi e pazzie.

E poi c’è una storia d’amore, una storia timida come la sartina, una storia di amore sospirato e rimasto nascosto per tanto tempo. Un amore che deve superare i limiti dei pregiudizi, della chiusura dei nobili, la distanza. Un amore che da un tocco in più ad una storia che ha già tanto da donare al lettore.

Il sogno della macchina da cucire è un libro che cattura, è una bella storia che sembra un po’ una biografia, ma è anche uno sguardo sulla vita sociale, sui problemi, sul modo di vivere di fine Ottocento. È uno squarcio di Storia, un’analisi della vita in quegli anni, raccontato con semplicità, con innocenza e saggezza allo stesso tempo, come fosse una nonna a raccontarlo alla nipotina. Ed è probabilmente questo l’aspetto che più cattura il lettore e da magia al racconto.


 

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Review Party: Non è detto che mi manchi di Bianca Marconero

Buongiorno lettori! La recensione di oggi, al secondo giorno di questo review party, arriva per festeggiare l’uscita di un libro che non vedevo l’ora di leggere e che è uscito ieri. Avete già capito di cosa sto parlando? Ovviamente di Non è detto che mi manchi di Bianca Marconero.

non è detto che mi manchi cover

Titolo: Non è detto che mi manchi
Autore: Bianca Marconero

Fosco è un giovane programmatore con tre grandi passioni: i videogiochi, il parkour e la sua ragazza Gaia. Per sbarcare il lunario collabora con una rivista specializzata. Dopo anni di convivenza, Gaia esige da lui un gesto maturo. Per non deluderla, Fosco pensa di candidarsi per una promozione, sebbene questo significhi aumentare le ore di lavoro e abbandonare definitivamente il videogioco che sta progettando da anni. Mentre lui è alle prese con i suoi dubbi, tutta la redazione è in fermento per l’arrivo di Emilia, una modella star dei social, che collaborerà con la rivista per qualche tempo. Per Fosco la comparsa della popolarissima influencer non è altro che l’ennesima scocciatura, ma una serie di coincidenze inattese porterà i due ad avvicinarsi e a scoprire un’affinità sorprendente… Chi avrebbe mai potuto immaginare che mondi tanto diversi potessero comunicare e capirsi? Più passa il tempo e più Emilia dimostra di essere l’unica persona che sappia vedere Fosco per quello che è davvero, mentre Fosco, superando i propri pregiudizi, riesce a cogliere la vera natura di Emilia. E, per la prima volta nella loro vita, i sogni non sembrano più tanto stupidi, ma straordinariamente realizzabili.
Lei è una star dei social.
Lui vive dietro uno schermo.
Potrà mai essere vero amore?

Da quando ho scoperto dell’uscita di questo libro, ho iniziato una trepidante attesa finché non l’ho avuto tra le mani. L’ho letteralmente divorato e credo anzi che lo rileggerò a breve perché sono assolutamente convinta di essermi persa un sacco di amore e sfumature. Il punto è che non riuscivo a rallentare, ogni pagina volevo scoprirne di più su Fosco, Emilia, Alessandro e Alice.
Proprio così. Anche questa volta Bianca è riuscita a creare dei personaggi che ci entrano di forza nel cuore. Che, se anche ci sembrano odiosi, fanno qualcosa che rende impossibile non amarli.

Se Marco Bertani si era fatto stretto per lasciare uno spazio ad Andrea Serpieri, ora entrambi hanno dovuto lasciare un pochino del loro spazio a Pietro Foscarini. Fosco è un programmatore che però recensisce videogiochi per lavoro. Nerd al punto giusto, nasconde due occhi blu da infarto dietro agli occhiali, sostenendo che le dita negli occhi gli fanno paura e quindi le lenti non le indosserà mai.

Nel palazzo dove lavora Fosco conosciamo Alessandro, il capo nonché cugino di Pietro. Uno di quei personaggi di Bianca per cui non riesci a fare il tifo, ma che in qualche modo riesce comunque a farsi amare entro la fine del libro. E poi conosciamo Alice, quello che posso affermare sia il mio personaggio preferito. Alice è acidissima, ma molto brava. Intelligente, preparata, risolve le emergenze all’interno della redazione di Lollipop, un settimanale per ragazzine, e sostanzialmente litiga con Alessandro. E qui parte la prima richiesta: Bianca, ma la storia di Alessandro e Alice la scopriremo mai? Perché è evidente che sia successo qualcosa tra i due, ma che cosa? Ti prego, adoro Alice.

E poi c’è Emilia, b, la Instagirl che arriva nella redazione di Lollipop per una serie di numeri dedicati a lei. Emilia è…beh, Emilia la dovete scoprire. Emilia è un personaggio che all’inizio pare avere la profondità di una pozzanghera, ma che scopriamo essere decisamente di più mano a mano che proseguiamo con la lettura. È un personaggio che cresce è vero, ma trovo sia più un personaggio che trova la forza per mostrarsi per quello che è davvero fin dall’inizio.

Non è detto che mi manchi segue quello che è lo ‘schema Bianca’. Due personaggi totalmente diversi che sembrano non avere assolutamente nulla in comune, nemmeno un appiglio a cui aggrapparsi per trascinarsi uno verso l’altro. Eppure le cose evolvono, le persone si scoprono, le impressioni possono rivelarsi sbagliate. L’amore nelle storie di Bianca è una costante, quell’amore da romanzo, infinito, palpabile. Quell’amore che pur essendo ‘finto’ incontra delle difficoltà che ce lo fanno sentire più vicino, più nostro. Sono storie dolci, che fanno sognare, sospirare…e terminare la lettura in FIUMI di lacrime. Adesso attendo l’extra: sono curiosa di sapere se piangerò ancora o se mi darà lo stesso senso di soddisfazione del +1 di Un altro giorno ancora.

Due personaggi di cui non posso non parlarvi: Glitch, il gatto rosso che trova Fosco quando ne ha più bisogno e senza il quale la storia sarebbe diversa e Amelia, la madre di Fosco. Una donna che inizialmente ci fa storcere un po’ il naso ma che pian piano si mostra sempre più umana ed empatica e che mi ha in un certo senso conquistata.

Non è detto che mi manchi, quindi, posso dire che non mi ha assolutamente delusa, anzi. Mi ha lasciata svuotata di lacrime, ma piena di quell’amore di cui Bianca sa scrivere con una semplicità disarmante. Penso di avervelo già detto con Un altro girono ancora, ma lo ripeto. Fatevi un regalo, leggete questo libro, questa autrice: non potrete che innamorarvene.


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Recensione: Figlie del mare di Mary Lynn Bracht

Buongiorno lettori. Ammetto di aver saltato un paio di recensioni, che prometto di recuperare, ma il libro di cui voglio parlarvi oggi è Figlie del mare di Mary Lynn Bracht.

figlie del mare cover

Titolo: Figlie del mare
Autore: Mary Lynn Bracht
Editore: Longanesi

Corea, 1943. Per la sedicenne Hana sapere immergersi nelle acque del mare è un dono, un antico rito che si trasmette di madre in figlia. Nel buio profondo delle acque, è solo il battito del cuore che pulsa nelle orecchie a guidarla sino al fondale, in cerca di conchiglie e molluschi che Hana andrà a vendere al mercato insieme alle altre donne del villaggio. Donne fiere e indipendenti, dedite per tutta la vita a un’attività preclusa agli uomini.
Nata e cresciuta sotto il dominio giapponese, Hana ha un’amatissima sorella minore, Emi, con cui presto condividerà il lavoro in mare. Ma i suoi sogni si infrangono il giorno in cui, per salvare la sorella da un destino atroce, Hana viene catturata dai soldati giapponesi e deportata in Manciuria, dove verrà imprigionata in una casa chiusa gestita dall’esercito.
Ma una figlia del mare non si arrende, e anche se tutto sembra volerla ferire a morte, Hana sogna di tornare libera.
Corea del Sud, 2011. Arrivata intorno agli ottant’anni, Emi non ha ancora trovato pace: il sacrificio della sorella è un peso sul cuore che l’ha accompagnata tutta la vita. I suoi figli vivono un’esistenza serena e, dopo tante sofferenze, il suo Paese è in pace. Ma lei non vuole e non può dimenticare…
In Figlie del mare rivive un episodio che la Storia ha rimosso: una pagina terribile che si è consumata sulla pelle di intere generazioni di giovani donne coreane. E insieme vive la storia di due sorelle, il cui amore resiste e lotta nonostante gli orrori della guerra, la violenza degli uomini, il silenzio di oltre mezzo secolo finalmente rotto dal coraggio femminile.

Ho letto questo libro per caso, grazie a Longanesi. Mi ispirava, ma probabilmente sarebbe finito nella mia immensa lista dei libri da leggere e ci sarebbe rimasto per un po’. Invece me lo sono ritrovata sul Kobo e l’ho letteralmente divorato. Sono rimasta soddisfattissima e posso dire che Figlie del mare, da qualche giorno, è entrato nell’elenco dei libri che inizierò a consigliare al mondo intero.
Figlie del mare rientra a pieno titolo in quelle che sono le ‘mie letture’, quel genere in cui mi sento a casa e che leggo sempre volentieri. I romanzi a sfondo storico, che mi fanno scoprire aspetti della storia perlopiù sconosciuti pur mantenendo una componente di storia inventata, mi fanno impazzire. Se poi sono scritti bene come questo, non posso che adorarli.

Mary Lynn Bracht, in questo romanzo, racconta – in qualche modo anche denunciando – alcuni aspetti più nascosti di quelli che sono stati gli anni della seconda guerra mondiale, e quelli successivi – in Corea. Nello specifico si concentra sulla storia di quelle che sono chiamate ‘comfort women’, cioè ragazze, solitamente molto giovani tra i 13 e i 19 anni, che venivano rapite dalle famiglie e portate in bordelli giapponesi al servizio dei soldati. La storia che sta alla base di questo romanzo è pressoché agghiacciate, lascia la pelle d’oca e si inserisce a pieno titolo nei grandi orrori di cui l’umanità si è segnata a metà del secolo scorso.

Insieme a questa parte dolorosa, troviamo anche un’altra curiosità. Sapete chi sono le haenyeo? Sono donne coreane, le cosiddette donne del mare, che da secoli si immergono nelle acque dell’isola di Jeju alla ricerca di abaloni, ricci di mare e polpi. Da più di mille anni, queste donne riescono a mantenere la loro indipendenza e a collaborare nel mantenimento della famiglia grazie al cibo che procurano e che vendono. Questa tradizione viene tramandata dalle madri alle figlie che iniziano ad immergersi giovanissime e vengono addestrate per raggiungere anche due minuti di apnea.

Ma torniamo al libro. Quella che troviamo all’interno de Le Figlie del mare non è una cronaca, un racconto di fatti accaduti. È piuttosto una storia affascinante e ben scritta, che si insinua nella testa dei lettori, che si fa amare.

I capitoli si alternano tra la Corea del 1943 e la Corea del Sud del 2011. Nei primi troviamo Hana, haenyeo sedicenne che, pur di salvare la sorellina Emi dal suo destino, si fa rapire da alcuni soldati giapponesi. Verrà poi spedita in Manciuria in una casa chiusa, al servizio dei soldati dell’esercito giapponese. Nonostante il dolore, gli sforzi e le ingiustizie subite, il suo desiderio è quello di tornare, un giorno libera. Ma soprattutto, desidera che la sua storia venga conosciuta da più persone possibili.

Nel 2011 troviamo invece una Emi ormai anziana che ancora non riesce a scendere a patti con la scomparsa, tanti anni prima, della sorella maggiore. Non ha più saputo quale sia stata la sua fine, nessuno è al corrente della sorella che le manca come fosse appena stata rapita.
Ma quando Emi si accorge che il suo tempo sta per scadere e che i suoi figli meritano di sapere, si accorge di quanto sia difficile scavare nuovamente nella memoria.
Figlie del mare ci porta con delicatezza a riscoprire una parte di storia troppo poco conosciuta, io per prima ammetto di essere stata totalmente ignorante prima di questa lettura. Eppure quello che domina il romanzo sono l’amore per la famiglia, per la propria storia. Il coraggio di queste donne di non abbattersi, di non rinunciare a sperare in una vita migliore e nella giustizia.

Vi consiglio questa lettura con il cuore. Concedegli qualche giorno – si legge rapidamente – e ne uscirete davvero con qualcosa in più. A me ha lasciato molto: dolore, consapevolezza, coraggio. Quindi fatevi un regalo, leggete Figlie del mare, immergetevi nelle pagine di Mary Lynn Bracht, fatevi catturare dalla storia di Hana e Emi, soffrite con loro. Vi assicuro che non ne rimarrete delusi.


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