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Teaser Tuesday #178

Buonasera lettori!
Nuovo Teaser Tuesday, ma siamo sempre in compagnia di un libro edito Longanesi. Ho iniziato oggi “Il cielo è tutto nostro” di Luke Allnutt e ho grandi aspettative. Vi farò sapere presto, ma intanto vi lascio un piccolo estratto dal primo capitolo.

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Nell’ultimo periodo leggeva tantissimo. Sull’amata poltrona a schienale rigido, oppure a letto, con una pila di cuscini dietro la schiena. Sul comodino non c’era più posto per i libri, che si accatastavano sul pavimento. In particolare amava i gialli stranieri, che divorava con concentrazione, il volto teso e immobile.
A volte la notte mi capitava di aprire gli occhi e trovare l’abat-jour ancora acceso: una sagoma tutta spigoli, Anna sedeva con la schiena dritta, nella postura che le avevano insegnato. Del mio risveglio non si accorgeva affatto, nemmeno se mi giravo verso di lei, ma continuava invece a fissare le pagine e a sfogliarle con la frenesia di chi tenta un ripasso all’ultimo minuto prima dell’esame.
Aveva cominciato dai soliti noti della Scandinavia – Henning Mankell, Stieg Larsson –, ma poi era andata oltre: noir tedeschi degli anni Quaranta, una saga thailandese ambientata negli anni Sessanta a Phuket. Se dapprima sulle copertine riconoscevo i titoli e le grafiche dell’editoria generalista, ben presto caratteri e rilegature mi erano parsi sempre più eccentrici.
Poi un giorno se n’era andata. Non so che fine abbiano fatto tutti quei libri. Qualche volta li ho cercati sugli scaffali, ma invano. Immagino che se li sia portati via con sé, chiusi dentro uno dei suoi sacchetti di plastica divisi per colore.
Quel periodo è avvolto nella foschia. La mia memoria è anestetizzata. Vodka liscia e tende chiuse. Una calma strana, come il silenzio degli uccelli prima di un’eclisse. Mi ricordo che una volta ero seduto in soggiorno e, a forza di guardare un bicchiere di cristallo, mi sono chiesto se la vodka si misurasse in dita orizzontali o verticali.
In casa c’erano spifferi. Filtravano da sotto le porte, dalle crepe dei muri. Credo che già allora sapessi da dove veniva tutta quell’aria, ma lì non potevo arrivare. Non potevo salire al primo piano, perché non era più casa nostra. Le stanze oltre le scale avevano smesso di esistere, come se adulti dai segreti terribili me ne avessero proibito l’accesso. Perciò mi accontentavo di rimanere seduto al piano terra, in quella vecchia casa fatiscente, con il vento che mi artigliava il collo. Se n’erano andati per sempre e ovunque ormai incombeva il silenzio.

Capitolo 1 – Il cielo è tutto nostro di Luke Allnutt

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il cielo è tutto nostro cover
Rob Coates ha tutto ciò che avrebbe potuto desiderare: Anna, una moglie fantastica, la loro bella casa a Londra e, soprattutto, suo figlio Jack, che rende ogni giorno una straordinaria avventura.
Ma tutto cambia quando una terribile malattia irrompe nelle loro vite.
Ritrovatosi improvvisamente solo, Rob si abbandona a una spirale di disperazione e alcolismo, anche se nei momenti di lucidità cerca conforto fotografando i grattacieli e le scogliere che aveva visto con Jack. Ed è proprio da quelle foto che si dipana un filo di speranza, seguendo il quale Rob intraprende un viaggio straordinario all’interno di se stesso, alla ricerca del perdono e di un nuovo inizio.Il cielo è tutto nostro è una storia di amore e sofferenza, ma soprattutto una storia piena di vita che entrerà nel cuore dei lettori che hanno affrontato gli ostacoli dell’esistenza. Un esordio travolgente e una testimonianza indimenticabile sul potere della speranza.

Recensione: Fiori sopra l’inferno di Ilaria Tuti

Buongiorno lettori. Spero di aver ritrovato il ritmo ed eccomi con una nuova recensione di uno dei tanti libri letti ad agosto. In questo momento io sono – finalmente – in vacanza ma non potevo abbandonare tutto alla Mon e quindi le ho lasciato questa recensione. Il libro di cui vi parlo oggi è Fiori sopra l’inferno di Ilaria Tuti.

fiori sopra l'inferno cover

Titolo: Fiori sopra l’inferno
Autore: Ilaria Tuti
Editore: Longanesi

«Tra i boschi e le pareti rocciose a strapiombo, giù nell’orrido che conduce al torrente, tra le pozze d’acqua smeraldo che profuma di ghiaccio, qualcosa si nasconde. Me lo dicono le tracce di sangue, me lo dice l’esperienza: è successo, ma potrebbe risuccedere. Questo è solo l’inizio. Qualcosa di sconvolgente è accaduto, tra queste montagne. Qualcosa che richiede tutta la mia abilità investigativa. Sono un commissario di polizia specializzato in profiling, e ogni giorno cammino sopra l’inferno. Non è la pistola, non è la divisa: è la mia mente la vera arma. Ma proprio lei mi sta tradendo. Non il corpo acciaccato dall’età che avanza, non il mio cuore tormentato. La mia lucidità è a rischio, e questo significa che lo è anche l’indagine. Mi chiamo Teresa Battaglia, ho un segreto che non oso confessare nemmeno a me stessa, e per la prima volta nella vita ho paura»

Fiori sopra l’inferno dormiva nella mia libreria da qualche mese. Ne avevo sentito parlare solo bene e quando, in primavera, ho scoperto che ci sarebbe stata Ilaria Tuti nella mia città, non ho potuto fare a meno di andarla a sentire, approfittando dell’occasione per acquistare e farmi autografare il suo thriller d’esordio.

Finalmente, in occasione della #squadreadathon2018 sono riuscita a leggerlo. È stata la mia lettura notturna, il libro che ha contribuito a tenermi sveglia. E vi posso dire che mi è piaciuto davvero tanto. Teresa Battaglia, il commissario protagonista di Fiori sopra l’inferno, è eccezionale. È un personaggio ben costruito, reale, autoironico. Teresa ha le sue debolezze, soffre per l’avanzare della sua età, ma allo stesso tempo non esita a mettersi sempre in gioco, si vuole mantenere attiva e immersa nel lavoro che adora. È un personaggio vero, palpabile, di cui in ogni occasione conosciamo sfaccettature diverse. Ha sempre la risposta pronta, è intelligente e simpatica oltre che, quando serve, un po’ acida e severa.

Il contesto in cui si svolgono le indagini di Fiori sopra l’inferno è nitidissimo, seppure di fantasia. Ci troviamo in un paesino che prende spunto dai luoghi di montagna friulani, al confine con l’Austria e siamo in pieno inverno. La bravura di Ilaria nel descrivere luoghi, personaggi e situazioni è sconvolgente: prende il lettore e lo catapulta nel mondo che ha immaginato e costruito, in compagnia dei personaggi che si è inventata. Sentiamo il freddo e la paura, così come li sentono i protagonisti della storia.

Fin dall’inizio l’autrice è in grado di far accaponare la pelle al lettore, raccontando fatti successi anni prima, che ci lasciano con i brividi e ci fanno già presagire il peggio.
E poi iniziano i delitti, descritti e raccontati in una maniera che fa emozionare e che non lascia scampo al lettore. Il colpevole, dal mio punto di vista, è intuibile. Non il nome, non il chi preciso, ma si inizia presto a capire il nesso tra le storie che racconta Ilaria, tra le varie finestre temporali. Trovo che questo dia ancora più effetto al libro, perché il lettore viene accompagnato piano piano fino alla fine, tra una certezza subito smentita e un colpo di scena.

Merita menzione anche la parte psicologica, non invadente e nemmeno medica, ma presente e fondamentale ai fini della storia.

In poche parole, complimenti a Ilaria Tuti per questo romanzo d’esordio: completo, veloce, piacevole, ‘agghiacciante’ (ovviamente in senso positivo, come deve essere un thriller). Un libro che si divora, affascinati. Un libro dove le descrizioni stupende si alternano al racconto senza rallentarlo né renderlo noioso, ma dandogli quel qualcosa in più, quella poesia e quella concretezza che, talvolta, nella crudità dei delitti narrati, passa in secondo piano. Una storia che vi consiglio di leggere, ma non in pieno inverno in un paesino di montagna se siete suggestionabili. Io, personalmente, spero di leggere presto un’altra avventura del commissario Battaglia.


 

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Teaser Tuesday #176

Buon pomeriggio!
Per il Teaser Tuesday di oggi vi lascio una piccola anteprima di un libro che uscirà a breve per Longanesi. Non ho mai letto nulla di quest’autrice, ma avevo già in conto di leggere qualcosa di suo, quindi sono molto contenta di aver iniziato Isola di Neve. Vi ispira? Lo leggerete?

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21 luglio 1966, Isola di Novembre

Stamattina ho preso la barca e sono andata a Santa Brigida.
Non ci mettevo piede da più di dieci anni. Mi sono svegliata che era ancora notte, ho preparato la colazione e l’ho lasciata sul tavolo in cucina, poi sono tornata in camera per vestirmi.
Mentre attraversavo il corridoio ho sentito il suo respiro pesante e allora mi sono arrischiata ad aprire la porta del soggiorno, a gettare un’occhiata dentro.
Dormiva profondamente sulla sua brandina, il corpo sudato avviluppato nelle lenzuola, i capelli sparsi sul cuscino.
Ha appena compiuto tredici anni, si sta sbozzando e formando, ha gambe troppo lunghe, fianchi stretti, uno sguardo acu-minato che non so da dove viene. E sta diventando troppo grande per quel lettino.
Detesta quest’isola, detesta la nostra casa e il fatto di non avere una cameretta tutta per se´, detesta noi.
Dicono che sia normale, la sua  un’età terribile, non sai chi sei, non puoi chiedere aiuto a nessuno e nessuno comunque potrebbe aiutarti, devi farcela da solo.
Ho richiuso la porta, sono tornata nella mia camera matrimoniale, ho infilato un paio di pantaloni e ho preso una camicia dal cassetto. Non credo di aver fatto molto rumore, ma lui si è svegliato lo stesso.
Si è girato nel letto e mi ha fissato, anche se era buio.
« Dove vai? »
« A prendere un po’ d’aria. Ho caldo. »
Non ha fatto domande, è rimasto zitto a lungo. Quasi riuscivo a sentire i suoi pensieri.
« Stai attenta » ha detto piano, dopo un po’. « Cerca di non farti vedere. »
Adesso, la luce dell’alba rischiara Santa Brigida e il silenzio è cosı` denso da sembrare artificiale.
Non c’è più nessuno su quest’isola. È disabitata da troppi anni, l’assenza dell’uomo l’ha resa ancor più inospitale di com’era prima. Il vecchio blocco della prigione è solo un casermone senza vita, lo scheletro di un mostro marino che prima o poi qualcuno porterà via.
Ci sono solo finestre buie e scricchiolii di assestamento.
È pietra vuota e morta eppure continua ad assestarsi.
La prigione sembra ancora inaccessibile, ma per me non ha segreti. Potrei violarla anche adesso, se volessi, ma non lo farò.
Da quando ho saputo che sei morto, non ho piuàvuto il coraggio di entrare.
Il sole si affaccia all’orizzonte, chiudo gli occhi.
Per un momento mi sembra di sentire una melodia che conosco. Sento il petto che si allarga, il mio corpo torna a essere elastico, quasi adolescente, e adesso ho le ginocchia sbucciate, il naso rotto e le costole incrinate. Ho uno sfregio su una guancia, e ho paura, ma cerco di essere forte e coraggiosa.
Non voglio farti vedere quanto sto male, non voglio che tu ti preoccupi per me.
La musica si fa più intensa, sei tu a suonare. Sei il mio ricordo più vivo, il solo a cui abbia mai voluto aggrapparmi.
Tutto il resto, perfino il mio nome, l’ho lasciato andare.
L’unica cosa che mi consola è che sei morto lontano. E spero che tu abbia visto qualcosa di bello prima di chiudere gli occhi per sempre.
Oggi è il mio compleanno. Compio trentadue anni. Ti ho raggiunto e superato. Sto invecchiando senza di te.
Mi chiedo sempre dove sei. Mi chiedo sempre se da qualche parte ci sei ancora.
Se qualcuno, prima o poi, si ricorderà di noi e verrà a cercarci.

Prologo – Isola di neve di Valentina D’Urbano

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isola di neve cover
Un amore indimenticabile sepolto dal tempo. /em 2004. A ventotto anni, Manuel si sente già al capolinea: un errore imperdonabile ha di­strutto la sua vita e ricominciare sembra impossibile. L’unico suo rifugio è Novembre, l’isola dove abitavano i suoi nonni. Sperduta nel mar Tirreno insieme alla sua gemella, Santa Brigida – l’isoletta del vecchio carcere abbandonato –, Novembre sembra il posto perfetto per stare da solo. Ma i suoi piani vengono sconvolti da Edith, una giovane tedesca stravagante, giunta sull’isola per risolvere un mistero vecchio di cinquant’anni: la storia di Andreas von Berger – violinista dal talento straordinario e ultimo detenuto del carcere di Santa Brigida – e della donna che, secondo Edith, ha nascosto il suo ine­stimabile violino. L’unico indizio che Edith e Manuel hanno è il nome di quella donna: Tempesta. 1952. A soli diciassette anni, Neve sa già cosa le riserva il futuro: una vita aspra e miserabile sull’isola di Novembre. Figlia di un padre violento e nullafacente, Neve è l’unica in grado di provvedere alla sua famiglia. Tutto cambia quando, un giorno, nel carcere di Santa Brigida viene trasferito uno straniero. La sua cella si affaccia su una piccola spiaggia bianca e isolata su cui è proibito attraccare. È proprio lì che sbarca Neve, spinta da una curiosità divorante. Andreas è il contrario di come lo ha immaginato. È bellissimo, colto e gentile come nessun uomo dell’isola sarà mai, e conosce il mondo al di là del mare, quel mondo dove Neve non è mai stata. Separati dalle sbarre della cella, i due iniziano a conoscersi, ma fanno un patto: Neve non gli dirà mai il suo vero nome. Sarà lui a sceglierne uno per lei. Sullo sfondo suggestivo e feroce di un’isola tanto bella quanto selvaggia, una storia indimenticabile.

#allevireadathon: Una lunga estate crudele

Buon giorno! Domani finiremo Le ossa della principessa e siamo prontissime a partire con il prossimo. Nonostante la mole di lettura quotidiana, parecchie ragazze hanno già finto il terzo libro e lo stanno commentando mano a mano sul nostro super gruppo. Questa della #allevireadathon si sta rivelando, secondo me, una bellissima esperienza e sono davvero contenta di aver dato ascolto a questa follia che la Mon si è praticamente sognata un mese e mezzo fa. <3
Il caso de Le ossa della principessa ci ha prese tutte, intricato e curioso com’è. Non sono invece stati pienamente apprezzati i flashback della vita a Gerico di Viviana, forse sono un po’ troppo presenti. Nonostante questo la lettura si sta rivelando davvero veloce e, come succede sempre con i libri di Alessia Gazzola, molto piacevole.

Se non siete iscritti e vi volete unire in corso d’opera, vi lascio qui il link al regolamento generale. Altrimenti scriveteci una mail, vi spiegheremo tutto!

Oggi vi lasciamo la divisione dei capitoli di Una lunga estate crudele, ovvero il quarto libro della serie che inizieremo a leggere giovedì.

Giovedì 30 agosto: dall’inizio a “Il modo ancor m’offende
Venerdì 31 agosto: da “No more sweet music” a “È una cosa che nessuno mi ha mai detto prima
Sabato 1 settembre: da “What makes you think I’m enjoyin’ being led to the flood” a ““Quanto dura ‘per sempre’?” “A volte, solo un secondo”
Domenica 2 settembre: da “Albero della speranza mantieniti saldo” a “Un tour in Rianimazione
Lunedì 3 settembre: da “Il male non è mai straordinario ed è sempre umano. Divide il letto con noi e siede alla nostra tavola” a “Ça va sans dire
Martedì 4 settembre: da “The pain of being pure at heart” a “Fidarsi degli uomini è già farsi uccidere un po’
Mercoledì 5 settembre: da “Felice chi ha potuto conoscere le cause delle cose” a “I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo
Giovedì 6 settembre: da ““Prendi un po’ di vino” disse la Lepre Marzolins in tono incoraggiante. Alice si guardò intorno dappertutto, ma non vide altro che il tè” a “Always should be someone you really love
Venerdì 7 settembre: da “Dolce è l’ira in aspettar vendetta” alla fine

Pronti? Vi ricordo che in palio c’è il prossimo libro della serie!!