Buongiorno e buon martedì! Mancano solo due giorni all’uscita di questo gioiellino e la mia recensione è praticamente pronta per voi 🙂 Sto parlando di ‘Un altro giorno ancora’ di Bianca Marconrero! Intanto vi lascio un piccolo estratto, non vedete l’ora di leggerlo?
Andrea si piazza davanti a me, che lo fisso incapace di chiudere la bocca.
«Buonasera, Elisa».
E, magia, ritrovo la voce. «Non può essere buona», gli dico, e gli lancio pure il canovaccio, ma manco miseramente il bersaglio. Sospetto che la camicia bianca di Andrea funga da scudo rifrangente. «Quello mi stava riempiendo di mance».
«Mi dispiace per il tuo business, Elisa», dice e, giuro, non è ironico. «Ma non era una brava persona».
«Vai al diavolo», sbotto. «Anzi, no, prima spiegami come hai fatto a fare la radiografia a quel coglione? Hai poteri precognitivi? Sei un maledetto stalker?!».
«È estate», mi dice. «Se ti togli la fede, resta il segno dell’abbronzatura».
«Okay, e il resto?»
«Per l’età? Facile, la canottiera che indossava, in verità piuttosto dozzinale, lasciava scoperta la cicatrice della vaccinazione contro il vaiolo. Gli ultimi ad averne una così evidente sono nati negli anni Settanta».
«E i figli?»
«Aveva i nomi “Martina” e “Flavio”, tatuati sulle sue braccia. Ho immaginato fossero i suoi figli. Il numero di telefono della moglie, invece, non ce l’avevo. Era un bluff».
«Non mi ero neanche accorta che li avesse, i tatuaggi».
«A me sfuggono di rado», mi dice. «Ci presto sempre molta attenzione», i suoi occhi azzurri si spostano verso le mie braccia. L’idea di essere oggetto della sua “attenzione” è un sasso nella scarpa che va a unirsi alla spina nel fianco, che associo sempre a lui, e alla spada nel cuore che mi ha piantato cinque giorni fa.
Questo bastardo è ufficialmente la mia nemesi.
È lui a rompere il silenzio tra noi. «È la data del campionato regionale», dice indicando l’ultimo tatuaggio. E anche Andrea, come Leone, ha interpretato correttamente. Ma nel suo caso mi infastidisce.
«Ti ho già detto di andare al diavolo?»
«Sì, lo hai fatto», annuisce. Non è né arrabbiato né divertito. È un maledetto automa, il prodotto di un padre ingegnere. Non c’è da sorprendersi che la madre li abbia piantati in asso per scappare con un ballerino cubano. E non mi meraviglia che la sorella di Andrea, Bianca, si sia trasferita in Francia, patria dei vini di cui lei è espertissima, e che finisca per sposarsi un francese!
In fondo la capisco, anche se non posso perdonarla per essersene andata. E non solo perché era l’unica Serpieri decente, ma per il male che ha fatto a mio fratello Vittorio. Comunque, questa è un’altra storia.
È di nuovo Andrea a parlare. «Non mi chiedi perché sono qui?»
«No», rispondo io. «E non saprei come esprimerti la vastità del niente che me ne frega! Ma, se ci tieni, posso formulare un’ipotesi stile Sherlock: è un locale», indico, in direzione della pista, il tripudio di gente che balla. «Forse sei venuto per divertirti, sempre che il tuo codice di programmazione lo preveda. Forse Agata si è stancata di fare puzzle in salotto e ti ha implorato di portarla fuori», mi stringo nelle spalle. «O forse sei venuto per sbattermi in faccia che mi hai fregato il cavallo! Però, scusa, non posso andare oltre con le mie ipotesi. Tu non hai tatuaggi e, in ogni caso, non me ne fregherebbe niente di saperne di più».Capitolo 3 – Un altro giorno ancora di Bianca Marconero