recensione

Recensione: Little Miss Sunshine di Jonathon Dayton, Valerie Faris

Dopo due giorni tra valli bresciane e trentine in compagnia di alcuni amici rieccomi di nuovo qui! Questa settimana mi sono trovata un po’ indecisa nel decidere il film da recensire, ho infatti spuntato dalla mia Movie Challenge la voce film documentario con “Life in a day”. Molto bello ma non volevo iniziare la settimana parlando di questo film. Ieri sera ho avuto un’illuminazione e ho visto “Little Miss Sunshine”, un film forse non troppo conosciuto o che pochi ricordano. Anni fa avevo visto per caso il trailer, ma onestamente non mi aveva entusiasmato, quindi di fatto non è mai comparso all’interno della mia lista. Una cosa però non ho mai dimenticato: questo furgoncino volkswagen giallo (che più giallo non si può) e oggi finalmente riesco a parlare di questo film che per anni si è rifugiato negli angoli più nascosti della mia mente.



Titolo: Little Miss Sunshine
Titolo originale: Little Miss Sunshine
Regia: Jonathon Dayton, Valerie Faris
Anno: 2006
Durata: 101 min
IMDB

Sheryl, moglie e madre per vocazione, alle prese con il secondo matrimonio, fatica a reggere le fila di un nucleo familiare assemblato a suon di copia-incolla: Richard, marito/padre alla ricerca ossessiva di un improbabile successo editoriale, Dwayne e Olive, rispettivamente adolescente ribelle e mini-reginetta di bellezza di provincia, il nonno, cacciato dalla casa di cura perché cocainomane, e, ultimo in ordine di arrivo, lo zio Frank, fratello di Sheryl reduce da un tentato suicidio. Una sgangherata famiglia, quella degli Hoover, che si ritroverà in viaggio su un cadente pulmino verso il concorso di bellezza per bambine più famoso della California, Little Miss Sunshine, per cui la piccola Olive è stata selezionata.

Davanti a un film del genere non sai bene cosa aspettarti o per lo meno così è stato per me. La storia che si svolge letteralmente on the road vede come protagonisti questa famiglia sgangherata che vuole fare di tutto per far contenta la figlia e farla partecipare a questo concorso di bellezza. Il pulmino giallo (che personalmente adoro) diventa così il teatro su cui ci vengono presentati i vari personaggi e il viaggio rappresenta per tutti loro l’occasione per riconciliarsi con loro stessi prima di tutto e poi con il resto della famiglia.

Durante il tragitto si succedono una serie di eventi esilaranti alternati da momenti più spiacevoli che mettono a dura prova i protagonisti. Dietro l’apparenza, ciascuno sta lottando per superare le proprie sconfitte e ottenere ciò che vuole. Quindi in un certo senso, sostenere Olive nel suo desiderio di partecipare al concorso di ‘Little Miss Sunshine’ rappresenta la possibilità dei genitori di poter dare alla propria figlia il suo piccolo momento di gloria.

Il film si può definire una sorta di tragicomica perché alcune scene ti fanno sorridere lasciandoti una punta di amaro in bocca. Ho apprezzato molto come il film venga raccontato in maniera spontanea e diretta, scandito da scambi di battute incalzanti. Le cose che scopriamo riguardo ai personaggi ci vengono spiegate grazie alle domande che la piccola Olive rivolge ai suoi familiari. La sua curiosità verso il mondo degli adulti la spinge sempre a porre domande per capire la situazione.

Se c’è una cosa che non ho sopportato del film è l’atteggiamento del padre, sempre pronto a infierire e ossessionato dal perseguire i nove step (da lui ideati) per essere dei vincitori nella vita. Questa suo affannarsi infatti, non fa altro che rovinare sempre più il rapporto con la sua famiglia fino quasi a un punto di non ritorno. Come finisce la storia? Beh, non posso dirvi se Olive vince o meno il concorso, ma posso solo garantirvi che il finale sorprendente e inaspettato non deluderà le vostre aspettative.


Recensione: B-loved di P. D. Blacksmith

Trovo sempre difficile scrivere recensioni di libri a cui ho dato un voto basso, ma questa volta voglio provarci perché vorrei cercare di spiegare cosa non mi ha convinta di questa storia.

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Titolo: B-loved
Autore: P. D. Blacksmith
Editore: Giunti
Disponibile in italiano: Si
Goodreads

Belinda ha diciannove anni, vive a Marsiglia, ed è una ragazza piuttosto inquieta: è un’acrobata del parkour, un asso nel lancio dei coltelli e ha un talento naturale per mettersi nei guai. Dopo essersi fatta coinvolgere in una rapina con una banda di ladruncoli, ha bisogno di cambiare aria e non trova migliore rifugio che la casa del padre, nella sonnacchiosa Trento. Ma i cieli azzurri, i laghi cristallini e le cime innevate di un panorama da favola celano molto più di quanto sembra. Anche i ragazzi che conosce – biondi, muscolosi, tatuati e appassionati di arrampicata – hanno qualcosa di strano. In più, la città è sconvolta da una serie di suicidi, le cui giovani vittime, come in un tragico rituale, cercano la morte nell’acqua. Ben più di una semplice coincidenza. Così la pensano anche Micha, il leader del gruppo, più biondo e più bello di tutti, e Detlev, suo fratello adottivo, sfuggente e misterioso. Ma chi sono davvero i ragazzi delle montagne? Perché vivono isolati sulle vette? Che cosa le vogliono dire? Davanti a Belinda si sta per spalancare un mondo del tutto nuovo, popolato da creature straordinarie pronte a sconfiggere il male. Un mondo dove tutto ha due facce, anche l’amore, e Belinda sarà costretta a scegliere senza fare errori.
Un fantasy pieno di suspense, colpi di scena, seduzione e mistero.

Il libro è scritto da due autrici che attualmente vivono nelle Dolomiti e hanno voluto raccontare la storia di questa ragazza, Belinda, che, trasferitasi a Trento dopo alcuni avvenimenti sfortunati, si ritrova immersa in un mondo popolato da creature fantastiche.
Ho una passione per i fantasy e cerco sempre di dare una possibilità ad autori ed autrici italiane, perché ogni tanto mi piace leggere qualcosa nella mia lingua madre e, cercando bene, si trovano delle piccole perle. Purtroppo fra queste non c’è B-loved che, nonostante abbia un’idea di base coinvolgente e con grandi possibilità, mi ha lasciata insoddisfatta.

Non so se a deludermi di più siano stati i personaggi o il modo in cui è stata sviluppata un’idea che avrebbe avuto un gran potenziale.
Ho trovato Belinda, la protagonista, abbastanza antipatica, nonostante fin dall’inizio cerchino di farla passare per una ragazza fuori dal comune e forse degna di nota. Si rivela invece praticamente una bambina, che non riesce a comprendere i suoi sentimenti e quelli degli altri o fa finta di non capirli, che si mette in pericolo senza un motivo valido e prende decisioni impulsive che causano solamente guai.
Da tradizione, anche in questo libro c’è un triangolo amoroso e quindi le autrici ci regalano Micha, biondo, muscoloso e semplicemente perfetto, e Detlev, moro, tenebroso e pieno di segreti. Sfortuna vuole che i due siano fratelli adottivi e che entrambi siano interessati a Belinda.
Non so che dire sui due, perché li ho trovati profondi come una pozzanghera, come del resto la moltitudine di personaggi secondari che circondano la protagonista.
Micha viene messo nella temibile friend-zone e non fa niente per uscirne, anzi. Non che Detlev debba fare molto per conquistare Belinda, che da un giorno all’altro passa dal temerlo e girarne alla larga, al volergli saltare addosso e stare sempre insieme. La chiamarono coerenza.

Parliamo un attimo della trama: più o meno fino al 20% del libro non succede assolutamente nulla. Le pagine scorrono tra le pippe mentali di Belinda e le sue ricerche per una casa e un lavoro (trova entrambi nel giro di un giorno, quindi dovrò farmi spiegare come ci è riuscita). Si fa un paio di amici, Dona e Panco e inizia ad uscire con Micha, il tutto senza suscitare un grande interesse nel lettore, finché ad un certo punto, la svolta: Belinda scopre l’esistenza di esseri sovrannaturali e la sua vita cambierà per sempre.
Quando sono arrivata alla scoperta di queste creature, la mia attenzione si è risvegliata perché l’idea era buona ed interessante, ma è stata rovinata dallo sviluppo. Da una parte abbiamo i cermanni, esseri metà umani e metà cervi, di cui un gruppo di ragazzi, guidati da Micha, fa amicizia (diciamo che la tollerano) con Belinda, dall’altra abbiamo gli anguani, creature d’acqua metà serpente e metà uomo, specie di cui fa parte Detlev.
Cosa hanno in comune le due specie, vi chiederete. Assolutamente niente, anzi, teoricamente dovrebbero starsi il più lontano possibile, ma, per sconfiggere un nemico comune, si sono alleati. Vi risparmio le dinamiche tra il gruppo di cermanni e Detlev e vi lascio scoprire i poteri che entrambe le specie possiedono, ma qualcosa in tutta questa storia non mi ha convinta.

Non voglio spoilerare nulla nel caso qualcuno di voi voglia leggere il libro (se lo fate vi prego di scrivermi le vostre opinioni), ma mentre leggevo il finale l’unico mio pensiero era: “Mi stanno prendendo in giro, vero?!”.
Non me la sento quasi mai di sconsigliare un libro e se lo faccio è solo perché so che ad una determinata persona non potrebbe mai piacere o che determinati argomenti potrebbero turbarla, quindi se la trama vi ispira dategli una possibilità e dopo fatemi sapere cosa ne avete pensato. I rating che diamo qui sul blog sono soggettivi e quindi rispecchiano la mia opinione di un libro o di un film che potrebbe discordare totalmente dalla vostra.
Il libro riceve quindi 2 cupcake, più per le scelte fatte nello sviluppare la trama e per il mancato sviluppo dei personaggi, perché davvero l’idea meritava e non mi stancherò di ripeterlo.


Recensione: La custode di mia sorella di Nick Cassavetes

Ciao a tutti! Questa settimana ho visto un paio di film ed ero indecisa su quale recensire ma alla fine ho deciso di parlare di un film che ho voluto rivedere dopo tanto tempo: “La custode di mia sorella”. Ma una volta deciso mi sono ritrovata a fissare lo schermo del mio computer a lungo prima di metter giù due righe di senso compiuto. Per fortuna poi mi è venuta l’ispirazione e ho cominciato a picchiettare sulla povera tastiera del computer a ritmo sostenuto (immaginando la Kia e la Mon che mi dicono come sempre di non distruggere i tasti).

L’undicenne Anna Fitzgerald è nata grazie alla fertilizzazione in vitro con le caratteristiche necessarie per poter salvare la sorella maggiore Kate, malata da tempo di leucemia. Oltre ad assistere al calvario della sorella, Anna si è sottoposta a numerose analisi, trasfusioni e iniezioni per salvare Kate. Ma quando la sorella ha bisogno di un rene, Anna però si rifiuta di essere usata. Sente infatti di essere stata messa al mondo al solo scopo di salvare la sorella. Anna così si rivolge ad un avvocato e fa causa ai genitori per avere l’emancipazione medica ed il pieno controllo del proprio corpo.


 

Titolo: La custode di mia sorella
Titolo originale: My sister’s keeper
Regia: Nick Cassavetes
Anno: 2009
Durata: 109 min
IMDB

Il film si concentra sull’ultimo periodo di vita di Kate e noi veniamo accompagnati all’interno della realtà della famiglia attraverso la voci fuori campo dei genitori e dei fratelli che ci raccontano come ciascuno di loro convive con la situazione di Kate. Infatti vi è un continuo alternarsi tra presente e momenti del passato, in cui vediamo il peggioramento di Kate. La cosa che mi piace del film è che la sorella malata non è l’unico nucleo a cui gira la storia, ma il regista vuole farci notare che i genitori hanno sempre “sfruttato” la sorella minore come pezzo di ricambio. Scopriamo quindi che dietro una facciata di serenità familiare, si nascondono molte crepe che stanno distruggendo la famiglia.

This is it. I know I’m going to die now. I suppose I’ve always known that. I just never knew when. And I’m okay with it. Really. I don’t mind my disease killing me. But it’s killing my family, too.

Sebbene Kate abbia già accettato la realtà dei fatti, sua madre non vuole arrendersi, vuole fare il possibile affinché lei possa continuare a vivere. Il suo amore per la figlia la rende cieca a tal punto da non vedere come le sua azioni nei confronti degli altri figli non siano giuste. Kate se ne rende conto e per questo chiede ad Anna di far causa ai genitori, perché vuole far capire che è ora di smettere di lottare, lei infatti vuole trascorrere insieme con la famiglia gli ultimi momenti.

Remember that summer when I went away to camp? And I was so scared that I’d miss you so much guys. Before I got to the bus you told me to take a seat on the left side right next to the window, so I’d be able to look back and see you there. I get the same seat now.

I flashback felici in cui si vede Kate in salute sono accompagnati da canzoni azzeccate che amplificano la drammaticità della storia. Vediamo una giovane Abigail Breslin nei panni di Anna che dimostra grande padronanza del personaggio e un’inaspettata Cameron Diaz che interpreta la madre in maniera molto convincente (nonostante la vediamo soprattutto in commedie, la sua presenza in un film del genere devo dire che non stona).

Se dovessi descrivere il film con una parola sarebbe intenso. Questo perché fin da subito ti mette davanti alla realtà dei fatti. Si apre infatti con la voce di Anna che ci racconta come la sua nascita non sia frutto del caso. Ma oltre al dramma in sé, il modo sapiente in cui il regista racconta le dinamiche familiari, i conflitti interni, le speranze e le paure dei nostri protagonisti è ciò che rende davvero emozionante questo film. La storia viene raccontata in maniera semplice e genuina, senza filtri, in modo che lo spettatore si senta parte della famiglia e partecipi attivamente alle vicissitudini narrate. Infatti questo film ha messo nuovamente a dura prova la mia sfera emotiva perché le lacrime zampillavano dai miei occhi. Diciamo che al regista piace raccontare storie strappalacrime infatti, dopo aver raccontato di un amore ostacolato ne “Le pagine della nostra vita”, ritorna con un film di spessore sulla lotta contro la leucemia (ho pianto così tanto che dovrebbe essere illegale fare film del genere).


Recensione: I’ll give you the sun di Jandy Nelson

Negli ultimi anni ho notato di essere soggetta ad un totale blocco da lettrice che si estende da metà gennaio alle prime settimane di febbraio. Non so perché succede e non ho assolutamente idea di come sistemare la cosa, ma questo 2015 è iniziato proprio con questa incapacità di leggere. Poi, all’improvviso spunta un libro che cambia le carte in tavola e mi fa ripartire come un treno e quest’anno è I’ll give you the sun.

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Titolo: I’ll give you the sun
Autore: Jandy Nelson
Editore: Dial Books
Disponibile in italiano: No
Goodreads

Jude and her twin brother, Noah, are incredibly close. At thirteen, isolated Noah draws constantly and is falling in love with the charismatic boy next door, while daredevil Jude cliff-dives and wears red-red lipstick and does the talking for both of them. But three years later, Jude and Noah are barely speaking. Something has happened to wreck the twins in different and dramatic ways . . . until Jude meets a cocky, broken, beautiful boy, as well as someone else—an even more unpredictable new force in her life. The early years are Noah’s story to tell. The later years are Jude’s. What the twins don’t realize is that they each have only half the story, and if they could just find their way back to one another, they’d have a chance to remake their world.

This radiant novel from the acclaimed, award-winning author of The Sky Is Everywhere will leave you breathless and teary and laughing—often all at once.

 

Vi è mai capitato di iniziare un libro e dopo poche pagine storcere il naso perché la storia non vi convince o perché i personaggi sono piatti e senza carattere, per poi arrivare ad una pagina che vi fa innamorare? A me è successo con questo romanzo.
Non avevo mai letto niente della Nelson e per una volta non avevo letto neanche una recensione (ho solo sbirciato la valutazione di alcune amiche giusto per farmi un’idea generale), quindi ho iniziato a leggere curiosa, ma senza grandi aspettative. Il libro è scritto attraverso due POV’s, quello di Noah e quello di Jude. Il ragazzo ci racconta fatti avvenuti qualche anno prima rispetto al presente, narrato invece dalla sorella. Non sono una fan del doppio punto di vista, ma in questo particolare libro la scelta è azzeccata, perché ci permette di capire i due protagonisti a fondo. Altra particolarità è il tipo di scrittura della Nelson che, soprattutto nei capitoli dedicati a Noah, usa metafore volte a farci comprendere il carattere del ragazzo.

She gives of light. I give off dark. (PORTRAIT, SELF-PORTRAIT: Twins: The Flashlight and the Flashdark)

Questo libro è come una galleria d’arte, un susseguirsi di quadri e statue che ci raccontano la loro vita. Noah e Jude sono due gemelli di tredici anni quando la storia ha inizio e non potrebbero essere più diversi. Jude è solare, circondata da amiche, mentre Noah è sempre da solo e preso di mira dai ragazzi più grandi. Ma i due hanno un rapporto speciale, fatti di giochi e regole che solo loro due possono capire. Si parlano telepaticamente e si sono divisi il mondo, di cui usano parti (alberi, fiori, l’oceano, il sole) per ottenere qualcosa dall’altro. Crescendo, però, cambia sempre qualcosa e la gelosia, la sensazione di non essere accettati, la paura per un futuro ancora sconosciuto, sono emozioni che i due non avevano ancora conosciuto. E sono queste nuove emozioni che portano entrambi a commettere errori che andranno a influenzare altre persone e, a volte, a creare danni irreparabili.
Non so dirvi chi mi ha fatta emozionare di più o chi proprio non mi è piaciuto, perché in questo libro tutti sono umani e quindi imperfetti. Ognuno dei personaggi ha commesso errori e ognuno ha creato meraviglie.

Jude, per esempio, iniziamo a conoscerla davvero solo quando è lei a raccontare. Prima la potevamo percepire solo attraverso gli occhi del fratello. La ragazza, ormai sedicenne, è superstiziosa e impaurita da ogni malattia. È una ragazza particolare, sotto la forte influenza dalla nonna, defunta da qualche anno. Parla con il fantasma della nonna e ha paura di quello di sua madre (lo giuro, non è un fantasy). Il molti la credono un po’ squilibrata, ma lei vive la vita a modo sua, tenendo una cipolla nella tasca o spandendo zucchero perché porta fortuna. Sa di aver commesso degli errori, soprattutto nei confronti del fratello e cercherà in ogni maniera di rimediare.

We exhale together, then inhale together, exhale, inhale, in and out, out and in, until not even the trees remember what happened in the woods yesterday, until Mom’s and Dad’s voices turn from mad to music, until we’re not only one age, but one complete and whole person.

Noah vive in un mondo fatto di colori e immagini, che nascono e si dipingono da sole nella sua mente. A volte quei dipinti diventano realtà, a volte rimangono nel museo privato nella sua testa. È giovane e tutto nei capitoli a lui dedicati indica incertezza, innocenza, curiosità. Vede il mondo a modo suo e l’autrice riesce con metafore e descrizioni a farlo vedere anche a noi. Noah ha sempre vissuto nell’ombra, per paura di non essere accettato e perché nessuno riusciva ad andare oltre al suo silenzio o ai suoi disegni, tranne Jude, Brian, il ragazzo dei meteoriti e sua madre. Quando la madre comunica ad entrambi i figli che potranno provare le selezioni per accedere alla scuola d’arte della zona, Noah ha finalmente qualcosa che lo in accompagna attraverso le sue giornate: il desiderio di entrare in quella scuola e dimostrare di essere qualcuno, di farsi conoscere e apprezzare attraverso la sua arte.
L’adolescenza si sa, spinge le persone a commettere gesti non voluti e Noah non ne è immune. Commette scelte sbagliate ed errori che creeranno problemi e lo porteranno a cambiare totalmente sè stesso e forse anche a perdersi un po’.

And you used to make art and like boys and talk to horses and pull the moon through the window for my birthday present.

Nei capitoli narrati da Jude, mi si stringeva il cuore a vedere Noah così cambiato, così poco magico. Non c’erano più colori e dipinti assurdi, non c’erano ritratti e non c’era più quel ragazzo che vedeva l’anima delle persone e poi la disegnava. Una persona, però, non cambia mai veramente e il carattere che mi aveva incantata piano piano riemerge, in un’esplosione improvvisa di colori e immagini che lascia tutti sbalorditi e lo porta a rimediare agli errori del passato.

I personaggi secondari mi hanno piacevolmente colpita. A partire dalla madre che spinge i suoi figli a dare il meglio per entrare nella scuola ed è sempre attenta a cosa li turba o li rende felici. È più legata a Noah e si nota, soprattutto durante la prima parte del romanzo, come le risulti difficile relazionarsi con Jude. Non capisce i suoi comportamenti e non approva le sue scelte, ma cerca più volte di migliorare il rapporto con la figlia. Il padre appare poco, forse proprio perché nella parti raccontate da Noah, che è convinto di non piacere al padre, l’uomo praticamente non esiste. Eppure, con il passare del tempo, anche il loro rapporto migliora e cresce, fino ad arrivare al punto in cui Noah decide di mentire per salvaguardare la felicità del padre, che finalmente lo apprezza per come è veramente.
Brian arriva all’improvviso nella vita di Noah, spezzando la routine che scandiva le sue giornate. È un ragazzo particolare, appassionato di meteoriti, ma campione di baseball della sua scuola, fatto che manda Noah in confusione. Un ragazzo popolare, infatti, non lo avrebbe mai preso in considerazione come invece fa Brian. È lui che sconvolge completamente il mondo di Noah, facendogli provare emozioni nuove e fino a quel momento sconosciute e sarà sempre lui uno dei maggiori rimpianti del protagonista.
Guillermo e Oscar riempiono le pagine dei capitoli narrati da Jude di gioia, divertimento e domande. Jude si chiede chi sia la donna amata da Guillermo e perché lui pianga mentre dalle sue mani nascono nuove sculture, si domanda quale sia la storia del giovane inglese che giorno dopo giorno la fa innamorare e quando Noah tornerà ad essere sè stesso.

“I gave up practically the whole world for you,” I tell him, walking through the front door of my own love story. “The sun, stars, ocean, trees, everything, I gave it all up for you.”

I’ll give you the sun è una storia d’amore, tra due persone, tra due fratelli, tra un genitore e un figlio, ma è anche una storia di perdita. Mostra che al mondo esistono persone diverse, ma non per forza sbagliate, che per essere accettati bisogna accettare sè stessi prima e che va bene perdersi ogni tanto, perché prima o poi arriverà qualcuno in grado di riportarvi sulla retta via.
All’inizio non mi aveva convinta come storia, ma piano piano si è fatta strada dentro di me e mi ha incantato, come immagino mi avrebbero incantato i disegni di Noah o le donne di sabbia di Jude. Come ogni libro può piacere o non piacere, ma sono sicura che sia degno di una possibilità.