recensione

Recensione: Le due facce dell’amore di Nick Spalding

Ciao a tutti! Non pensavo che questa settimana sarei riuscita a postare nulla è invece eccomi qui. Mentre vi scrivo sono in treno e si è appena conclusa la prima delle 5 ore di viaggio previste. Sono sola e abbandonata, ma la cosa ha anche un lato positivo: posso leggere tutto il pomeriggio senza sentirmi eccessivamente inutile e in colpa. Ho appena finito “Le due facce dell’amore” di Nick Spalding e, prima di scegliere la prossima vittima, ho deciso di parlarvene. O meglio, io scrivo, poi sfrutterò l’immensa pazienza della Mon per trasformare il tutto in un post decente, altrimenti da tablet (gentilmente prestato da moroso), finisco domattina.


Titolo: Le due facce dell’amore
Titolo originale: Love…from both sides
Autore: Nick Spalding
Editore: Newton Compton
Disponibile in italiano: Si
Goodreads

Jamie Newman è un attraente copywriter, single da due anni, deciso a dare un taglio a una vita scandita da cene solitarie con monoporzioni surgelate. Ma trovare la donna giusta non è affatto facile, come si intuisce dal suo blog, in cui racconta disastrosi appuntamenti al buio con donne assatanate e top model decisamente fuori dalla sua portata. Anche a Laura McIntyre, ventottenne proprietaria di un negozio di cioccolata, le cose non vanno tanto lisce, stando al suo diario. Squallidi agenti immobiliari dai bollenti spiriti e fanatici della bicicletta vestiti di lycra sono infatti sempre in agguato, e la ricerca di un uomo decente sembra senza speranza. Ma quando un giorno i due si incontrano (o scontrano), complici una Vespa impossibile da guidare e una pianta troppo ingombrante da tenere tra le braccia, sembra che la felicità sia a portata di mano. O forse sarà allora che inizieranno davvero i problemi. Basato su vite vissute e reali catastrofi sentimentali, Le due facce dellamore è un libro scoppiettante dedicato a tutti coloro che sanno quanto difficile possa rivelarsi la ricerca del vero amore. Lui ha un blog. Lei un diario. La più pazza ed esilarante storia d’amore dell’estate. Una frizzante commedia ai primi posti delle classifiche inglesi.

 

Non scriverò molto, vuoi perché non sono propriamente comoda, vuoi perché nella trama viene detto tutto quello che avrei potuto dirvi io. I personaggi principali sono due: Jamie e Laura. Jamie è il giornalista belloccio e è simpatico ma impacciato da morire, Laura ha perso la fiducia nel genere maschile dopo essere stata scaricata dal fidanzato storico.
Entrambi single e scottati dagli amori precedenti, raccontano – rispettivamente nel proprio blog e diario – le disavventure che passano nel momento in cui, incentivati o costretti da amici e parenti, riprovano a uscire con qualcuno. Il libro altro non è se non una raccolta di post tratti dal blog di Jamie, alternati alle pagine del diario che Laura dedica a sua madre. Diciamo pure che entrambi non brillano di fortuna per quanto riguarda le persone con cui si ritrovano ad uscire. Da una ninfomane assatanata con “il fiato di un cavaliere dell’Apocalisse” a un ciclista che sembra un vibratore al neon nella sua tutina in lycra arancione fosforescente, Jamie e Laura conoscono gli individui più assurdi. Neppure loro, in particolare Jamie, si risparmiano in tema di gaffe e uscite poco furbe.
Grazie a questo libro, spunto anche il terzo libro della Reading Challenge: un libro che fa ridere.
Proprio così: con questo libro ho riso parecchio, soprattutto nella prima metà.
Finché la conoscenza di Jamie e Laura è agli inizi, la loro relazione rimane sullo stesso tono degli altri incontri: guai,”problemi” e risate.
Nel momento in cui i due iniziano a frequentarsi, però il libro si abbassa un po’ di tono e, pur rimanendo divertente e scorrevole, tende ad essere in un certo senso più scontato. Lo consiglio comunque come lettura leggera e divertente, in quanto, seppur un po’ in calando, “Le due facce dell’amore” si fa leggere e apprezzare.


Recensione: The Imitation Game di Morten Tyldum

Buongiorno a tutti! La settimana scorsa ho organizzato la mia prima festa a sorpresa e devo dire che è stato davvero divertente anche se prende un sacco di tempo. Alla fine abbiamo passato una bella serata e sono contenta che la sorpresa sia riuscita! Quindi essendo presa dai preparativi e dallo studio (eh già sono ancora in periodo esami!) non sono riuscita a vedere molti film, ma l’altra sera sono riuscita a ritagliarmi due orette e ho guardato:“The Imitation Game”. Questo film mi ha ispirato fin da subito: mi piacciono infatti i film basati su storie vere ed è stata l’occasione per conoscere qualcosa in più a proposito di Turing, uno dei padri dell’informatica e creatore dell’antenato del computer.


Titolo: The Imitation Game
Titolo originale: The Imitation Game
Regia: Morten Tyldum
Anno: 2014
Durata: 114 min
IMDB

Manchester, primi anni ’50. Alan Turing, brillante matematico ed esperto di crittografia, viene interrogato dall’agente di polizia che lo ha arrestato per atti osceni. Turing inizia a raccontare la sua storia partendo dall’episodio di maggiore rilevanza pubblica: il periodo, durante la Seconda Guerra Mondiale, in cui fu affidato a lui e ad un piccolo gruppo di cervelloni, fra cui un campione di scacchi e un’esperta di enigmistica, il compito di decrittare il codice Enigma, ideato dai Nazisti per comunicare le loro operazioni militari in forma segreta.

Dai vari flashback capiamo che Alan ha avuto una difficile infanzia, vittima di bullismo da parte dei compagni di scuola perché tendeva a comportarsi in modo diverso dagli altri, anche il solo separare le carote dai piselli sul piatto (lo faccio anch’io xD) era motivo per prendersela con lui. Non c’è da stupirsi se poi crescendo abbia sviluppato una sorta di blocco nell’interagire con le altre persone, ma ciò non toglie che lui sia stato un genio. Ecco quindi che confermo la mia teoria che tutte le persone geniali siano al tempo stesso una sorta di disagi sociali, ma andiamo avanti.

Alan, insieme ad altri esperti, deve decifrare un codice nazista complicatissimo e dalla riuscita di quest’impresa dipendono le sorti della Seconda Guerra Mondiale. Il titolo in qualche modo riassume il film: il motivo principale che spinge tutti ad adoperarsi è sconfiggere i tedeschi il prima possibile, ma per Alan sembra che questo sia solo un gioco: a lui piacciono i problemi e perciò vuole risolvere Enigma, il problema più difficile al mondo. Ma questo ‘gioco imitativo’ non si limita alla decodifica di Enigma; coinvolge la vita stessa dei personaggi che sono costretti a tenere segreto il loro lavoro e in particolar modo Turing, obbligato a nascondere la propria omosessualità.

La genialità di Turing sta nel fatto che lui è riuscito ad andare oltre al classico metodo risolutivo del problema. Possiamo definirlo come un visionario ma nel senso buono del termine: lui è l’unico che tenta un approccio diverso e oneroso in termini economici e di tempo. In un certo senso viola la gerarchia di ordini tipica della società inglese così anche la sua diversità viene considerata come disobbedienza alla normalità sociale.

Nei panni di Turing vediamo Benedict Cumberbatch, protagonista della serie tv “Sherlock”. La sua interpretazione è notevole: riesce infatti a esprimerne la complessità e le tante sfaccettature del personaggio, scavando a fondo nei fatti per esaltarne le emozioni e le preoccupazioni. Anche la performance di Keira Knightley è stata significativa. Pur non amando particolarmente l’attrice, devo riconoscere che in questo film la sua recitazione è stata efficace e di gran supporto alla riuscita non solo del suo personaggio, ma anche quello di Turing. Confesso che è stata la sua interpretazione che mi è piaciuta di più perché mi ha dato prova di riuscire a dar profondità al ruolo interpretato.

Nonostante il film racconti la storia con un ritmo particolarmente veloce, devo dire che il film ha rispettato le mie aspettative: è appassionante e coinvolgente essendo in grado di suscitare la curiosità dello spettatore nei confronti di questa storia su cui per molti anni non si era fatta chiarezza.


Recensione: Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro

Ciao a tutti! Mi sono appena ripresa da una settimana di esami non intensa, di più. Una di quelle settimane dalle quali esci sfiancato sia mentalmente che fisicamente. Ma adesso, nonostante ci siano i prossimi esami da preparare, me la posso prendere con un filino più di calma. Questo significa che riesco a leggere e scrivere qualcosa, finalmente. Il libro che sono finalmente riuscita a finire è ‘Non lasciarmi’ di Kazuo Ishiguro.

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Titolo: Non lasciarmi
Titolo originale: Never let me go
Autore: Kazuo Ishiguro
Editore: Einaudi
Disponibile in italiano:
Goodreads

Kathy, Ruth e Tommy sono cresciuti in un collegio immerso nella campagna della provincia inglese. Sono stati educati amorevolmente, protetti dal mondo esterno e convinti di essere speciali. Ma qual è, di fatto, il motivo per cui sono lì? E cosa li aspetta oltre il muro del collegio? Solo molti anni più tardi, Kathy, ora una donna di trentun anni, si permette di cedere agli appelli della memoria. Quello che segue è la perturbante storia di come Kathy, Ruth e Tommy si avvicinino a poco a poco alla verità della loro infanzia apparentemente felice, e al futuro cui sono destinati.

Ho fatto un po’ di fatica a finire il libro, e ancora non riesco a capire se a causa del periodo, che magari richiedeva un libro un po’ più leggero, o se proprio per via del libro.
Per farla breve, ‘Non lasciarmi’ non mi ha esaltata, anzi. Credo che sia dovuto in particolare al modo in cui è scritto. Il libro è raccontato in prima persona da Kathy che, giunta ad una svolta nella sua vita, si fa in un certo senso prendere dalla nostalgia e ripercorre la sua vita, in particolare la storia della sua amicizia con Ruth e Tommy. Kathy, ormai adulta, si sta quindi preparando a vivere quella che sa essere l’ultima fase della sua vita e l’avvicinarsi di questo cambiamento la porta a ricordare diversi aneddoti, dalla sua infanzia al presente. Spesso, soprattutto nella prima parte del libro, quella ‘più vecchia’, troviamo dei passaggi in cui la narratrice stessa ci dice di non ricordare bene cosa fosse accaduto in quella particolare situazione. Mano a mano che racconta aneddoti più recenti, i ricordi si fanno più vividi, più dettagliati e in qualche modo più personali. Nei racconti di lei bambina ci sono molti fatti e avvenimenti, a differenza dei ricordi della sua adolescenza che sono pieni di pensieri e di momenti di solitudine in cui esce la personalità della protagonista.
Kathy è sempre stata una ragazzina tranquilla e socievole, senza troppe pretese nei confronti della vita e senza troppe domande. Esattamente il contrario della sua migliore amica Ruth, più curiosa e testarda, oltre che in grado di litigare e far litigare chiunque. Ruth, mano a mano che cresce, perde sempre più fiducia nella vita e nel futuro, e si trova ad avere bisogno di omologarsi ai ragazzi più grandi per avere la certezza di farsi accettare. Questo comportamento la porta però a litigare con i sui amici d’infanzia Kathy e Tommy.
Tommy è un ragazzino che cresce con la convinzione di essere problematico e diverso. Non ha una vena artistica di nessun tipo e si ritrova costretto a vivere a Hailsham, una specie di collegio in cui tutti i bambini disegnano, fanno sculture e scrivono poesie.
Kathy, Ruth e Tommy crescono insieme, provando a scoprire cosa li aspetta fuori dalle mura di Hailsham e cosa la vita abbia in serbo per loro. I tutori sono reticenti nel rispondere alle loro domande, e mano a mano che i ragazzini crescono si rendono conto che meno domande fanno e meglio è. Un po’ alla volta scoprono di aver sempre saputo a cosa erano destinati, senza però esserne davvero coscienti. Ognuno, ovviamente, la prende a modo suo e questo porta a litigi e diverbi con gli altri.
Su tutta la storia aleggia un senso di malinconia e angoscia, aiutato probabilmente dal fatto che la trama ha un che di surreale, ma, se ci si ferma a pensarci, potrebbe essere vera.
Dopo tutto questo sproloquio, sono giunta alla conclusione che magari non era il momento giusto, per me, per leggere questo libro. Probabilmente avrei dovuto affrontarlo con un’altra mentalità. L’ho trovato abbastanza impegnativo, sia come scrittura che come storia. Gli argomenti trattati non sono dei più felici e leggeri. Dalla crescita dei bambini, completamente distaccati dal mondo esterno, che arrivano a desiderare di poter lavorare in un ufficio con le pareti di vetro alla donazione degli organi vera e propria.
Dal libro è stato tratto anche l’omonimo film che, da quello che ho letto, potrebbe essere uno di quei rari casi in qui la trasposizione merita più del libro. Staremo a vedere.


Recensione: Big Hero 6 di Don Hall & Chris Williams

Ciao a tutti! L’altra sera dovevo andare a correre con la mia coinquilina, ma l’aver fatto tardi in biblioteca e il freddino che c’era fuori ci hanno fortemente scoraggiate. Alla fine abbiamo optato per restare a casa e guardarci un film: la scelta è ricaduta proprio su “Big Hero 6”.

Ammetto che ero un po’ sul chi va là quando ho sentito dell’uscita di questo film perché si allontana da quello che secondo me è sempre stato lo stile Disney, essendo cresciuta con i grandi classici del geniale Walt. Inoltre non era facile superare il grande successo ottenuto dal penultimo film “Frozen” di cui mi ritrovo ancora oggi, dopo già un anno, a cantare a squarciagola le canzoni! Comunque essendo una grande fan Disney mi sono fidata dei creatori e sono rimasta incollata con gli occhi allo schermo per tutto il film continuando a ripetere “wow”.




Titolo: Big Hero 6
Titolo originale: Big Hero 6
Regia: Don Hall, Chris Williams
Anno: 2014
Durata: 102 min
IMDB


Big Hero 6 è una commedia d’avventura ricca d’azione sul ragazzo prodigio esperto di robot Hiro Hamada, che impara a gestire le sue geniali capacità grazie a suo fratello, il brillante Tadashi e ai suoi amici: l’adrenalica Go Go Tamago, il maniaco dell’ordine Wasabi No-Ginger, la maga della chimica Honey Lemon e l’entusiasta Fred. Quando una serie di circostanze disastrose catapultano i protagonisti al centro di un pericoloso complotto che si consuma sulle strade di San Fransokyo, Hiro si rivolge al suo amico più caro, un robot di nome Baymax, e trasforma il suo gruppo di amici in una squadra altamente tecnologica, per riuscire a rivolvere il mistero.

Una delle cose che mi ha fatto sorridere fin dall’inizio del film è che i protagonisti sono tutti dei nerd, quindi essendo io un po’ nerd, mi sono sentita subito coinvolta. Ognuno è particolare e un po’ disagiato a modo suo, ma sono delle persone affidabili e con un gran cuore, volendo essere di supporto a Hiro nel momento più drammatico, quello cioè della morte del fratello. Il tabù Disney della perdita di una persona cara viene presentato senza veli e costituisce il punto di partenza di una maturazione del protagonista.

Saltano all’occhio gli evidenti richiami con il Giappone, partendo dal nome della città, San Fransokyo, dagli occhi leggermente a mandorla di Hiro, fino ad arrivare una sorta di fusione del paesaggio urbano delle due metropoli, dove la modernità della capitale nipponica si fonde con la rilassata baia californiana. Ma è da questa sorta di fusione tra Occidente e Oriente che nasce Baymax, un robot infermiere che accudisce le persone e che ricorda un po’ il Totoro dello Studio Ghibli. Se a prima vista può sembrare una specie di omino Michelin con un volto inespressivo e senza niente di vagamente tenero, preparatevi a ricredervi: Baymax infatti conquista lo spettatore con il suo modo goffo e adorabile di prendersi cura di Hiro. La sua mole e il fatto di essere molto ingombrante fanno in modo che si muova in maniera molto buffa e lenta, dando luogo a scene davvero esilaranti.

Anche il modo in cui scansiona le persone per analizzarne la salute psico-fisica è originale e ben spesso porta a delle diagnosi inaspettate e formulate brillantemente. Il legame che si instaura tra Hiro e Baymax diventa sempre più forte e entrambi imparano l’uno dall’altro; diciamo che rappresenta un ideale compagno di avventure, la sua ingenuità e la sua dolcezza non ti danno alternative costringendoti ad amarlo e a desiderare di averne uno tutto per te!

Big Hero 6 costituisce anche la rivisitazione in chiave disneyana di un fumetto Marvel, quindi vedremo i protagonisti che si ritrovano a dover fronteggiare un grande pericolo e sfruttando il loro fattore nerd si creano degli equipaggiamenti davvero sorprendenti. Questa sorta di upgrade generale coinvolge anche Baymax che diventa un vero e proprio eroe.

Una carica supereroica insieme a quel pizzico di dramma e alla geniale sceneggiatura sono gli ingredienti che danno vita a una moltitudine di scene indimenticabili e ad un film d’animazione letteralmente spettacolare.