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Review Party: La mia estate indaco di Marco Magnone

Buongiorno lettori!
Oggi esce “La mia estate indaco” di Marco Magnone, che mi è stato gentilmente offerto da Mondadori Ragazzi per questo Review Party. Sono molto contenta di aver avuto l’opportunità di leggerlo in anteprima.
Se deciderete di leggerlo, fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate. Sono curiosa di parlarne con voi.

la mia estate indaco cover
La mia estate indaco
di Marco Magnone
Editore:

Mondadori Ragazzi

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Pagine:
280
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Uscita:
11 giugno 2019
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Link:

Amazon

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GoodReads

Viola ha quattordici anni e custodisce un segreto legato al giorno peggiore della sua vita, che lei chiama il Giorno in Cui Ho Toccato Il Fondo. Finora ha sempre passato le vacanze in montagna, in roulotte con i suoi adorati nonni e in compagnia della sua migliore amica. Quest’anno però il nonno è in ospedale e Viola si è appena trasferita con i genitori in una città di provincia dove non conosce nessuno e la vita è grigia anche in pieno agosto. Si preannuncia un’estate da dimenticare, ma un pomeriggio tutto cambia, quando Viola si imbatte in un gruppo di ragazzi e ragazze che giocano a pallavolo e che potrebbero diventare i suoi nuovi amici. Tra loro c’è l’indecifrabile e magnetico Indaco, che sembra nascondere molti misteri e ben presto spinge Viola a sfidare le regole, costringendola a superare le sue più grandi paure.

Prima di iniziare la recensione, mi sembra doveroso fare una piccola premessa. Il target di questo libro è molto giovane, i protagonisti infatti devono ancora iniziare il liceo. Per quanto io sia una persona che apprezza gli young adult e in generale i libri per ragazzi, di anni non ne ho più quattordici (non so se per fortuna o meno), quindi alcune cose non sono riuscita a sentirle mie durante la lettura. Non significa che per altre persone, magari più giovani, sia lo stesso, quindi prendete ogni mia considerazione valutando la questione dell’età dei protagonisti vs l’età di chi legge. Detto questo, iniziamo.

Non avevo mai letto nulla di Magnone e me ne pento amaramente, perché la prima cosa positiva che mi viene in mente se ripenso a questa lettura è proprio la scrittura dell’autore. Semplice, coinvolgente, descrittiva al punto giusto da non annoiare, ma sicuramente più elaborata di quanto non ricordassi da altri libri dello stesso genere. Ho amato ogni singola parola sui pensieri di Viola, la protagonista, ogni descrizione dei suoi stati d’animo e di ciò che le passava per la mente.

Mi ha stupito incredibilmente vedere come Magnone sia riuscito a immedesimarsi così bene in una ragazza quattordicenne e renderla reale. Per un attimo mi sono sentita catapultata indietro di dieci anni e ho ricordato insieme a Viola quanto cambiare routine estiva fosse bruttissimo, di quanto ingiuste sembrassero le scelte dei miei genitori e di quanto andassero contro le mie, di quanto terribili sembrassero alcuni momenti e di quanto impotenti ci si può sentire davanti ai grandi ostacoli che la vita ci pone davanti.

Più di una volta avrei voluto poter entrare nel libro e raccontare a Viola che ci sono momenti che ti faranno sentire malissimo, come il suo Giorno in Cui Ho Toccato Il Fondo, ma che la gente ha la memoria breve e che non vale la pena rovinarsi per una figuraccia. Allo stesso modo le direi che non è l’unica a sentirsi incompresa e sola e quello magari non cambierà, ma si impara a gestire le situazioni come si può, adattandosi, facendo amicizia con nuove persone, accettando che non tutto può rimanere sempre uguale.

Sulla storia in sè ho poco da dire perché non succedono eventi straordinari. Ammetto che non è una storia che ricorderò fra qualche tempo, ma l’ho trovata piacevole sul momento. Viola ha un’estate intera per scoprire nuove cose su sè stessa e lo fa grazie ad alcuni amici conosciuti durante un pomeriggio a inizio estate e grazie, soprattutto, a Indaco, un ragazzo così misterioso e strano che la porterà a sfidare i limiti che si era posta e a crescere come persona. Mi sarebbe piaciuto conoscere di più sugli amici di Viola e sui loro pensieri e le loro dinamiche, ma non ci viene data l’occasione perché rimangono sempre molto sullo sfondo delle vicende.

Indaco è un personaggio più presente, ma estremamente vago. Non si sa nulla di lui e quando qualcosa inizia a trapelare dalle sue parole o dai suoi gesti e si scopre alla fine che cosa nasconde, non si sa se essere sollevati o delusi dalla scoperta. Ammetto che se fosse andata come immaginavo, la storia avrebbe virato verso toni molto molto più oscuri e delicati, quindi forse preferisco la scelta dell’autore, che però è stata un pelo deludente per i miei gusti.

Viola è un personaggio con cui ho avuto molto in comune nella mia adolescenza, ma che si è rilevata molto più estroversa e determinata a migliorare la sua estate. Io sarei rimasta in giardino a leggere, altro che giocare a pallavolo con gente sconosciuta. Una Mon quattordicenne, leggendo questo libro, forse si sarebbe convinta ad alzarsi dal divano e provare qualcosa di diverso per un giorno. Non ho apprezzato molto alcune scelte di Viola fatte alla fine del libro, ma mi è piaciuto molto il suo percorso durante i mesi estivi.

La mia estate indaco è un libro che vi consiglio se riuscite a immedesimarvi in una ragazza molto giovane o almeno a ricordare come eravate voi a quell’età, in modo da poter riflettere. Lo consiglio anche come regalo a ragazze e ragazzi  intorno all’età di Viola, che sicuramente apprezzeranno un libro che magari non ha una storia che rimane impressa per anni, ma che regalerà qualche ora piacevole e un po’ di voglia di migliorare e cambiare.

Blog Tour: Città sospesa di Eduardo Mendoza ~ Recensione

Buongiorno lettori! Diamo il via oggi a questo Review Tour/Blog Tour un po’ particolare dedicato a Città sospesa – Madrid 1936 di Eduardo Mendoza, edito da DeA Planeta. Per tre giorni troverete due recensioni e un diverso approfondimento su alcuni blog. Vi lascio il calendario in fondo al post.

Un grazie di cuore anche a Lily’s bookmark per le grafiche stupende <3

città sospesa cover

Titolo: Città sospesa
Autore: Eduardo Mendoza
Editore: DeA Planeta

Uno storico dell’arte sulle tracce di un capolavoro perduto del Siglo de Oro nella Madrid violenta ed esplosiva della metà degli anni Trenta.
Nella primavera del 1936, il critico d’arte inglese Anthony Whitelands arriva in treno nella convulsa Madrid sull’orlo della Guerra civile. Lo scopo del viaggio è verificare l’autenticità di un presunto Velázquez appartenente a un amico di José Antonio Primo de Rivera, figlio del generale già dittatore di Spagna. Un’opera il cui immenso valore potrebbe influenzare gli scenari politici in un momento tanto drammatico per il paese. Ma distratto da problemi personali e dai turbolenti incontri amorosi con donne di diversa estrazione sociale, Whitelands non fa troppo caso ai nemici – poliziotti, politici, diplomatici, spie – che sempre più numerosi gli si affollano intorno. Le tragedie della Storia e l’insostenibile leggerezza della commedia umana si mescolano in questo romanzo pessimista e ironico, ambizioso e godibilissimo sulla nascita del fascismo, il potere dell’arte, l’amore e l’avventura. Vincitore del prestigioso Premio Planeta 2010 e per la prima volta tradotto in Italia, Città sospesa seduce il lettore attraverso le straordinarie doti narrative di un protagonista della letteratura spagnola.

Libro gentilmente fornito dalla casa editrice.
Città sospesa – Madrid 1936 è un libro diverso da quello che mi aspettavo. Avevo previsto qualcosa pieno di intrighi amorosi e politici, qualcosa di super veloce e dinamico. Ho trovato gli intrighi, gli amori difficili, la politica, ma non la dinamicità. Città sospesa, il titolo, rende in realtà benissimo l’idea della situazione di Madrid nel 1937, una città piena di lotte politiche, ancora chiusa e all’antica ma con una parte pronta a cambiare che deve fare i conti con convinzioni e politiche radicate da anni. Una città sull’orlo della Guerra civile.

Città sospesa è un libro molto particolare. Ambientato a Madrid a metà degli Anni Trenta, in un periodo in cui in Europa si affermavano i totalitarismi mentre in Spagna sopravviveva ancora, seppure con qualche difficoltà, la Repubblica. Anthony Whitelands, inglese esperto d’arte, viene mandato in Spagna per valutare alcuni quadri appartenenti ad una ricca famiglia, quella del duca de la Igualda. Improvvisamente e a sua insaputa, si ritrova coinvolto in qualcosa di decisamente più grande, tra intrighi politici e amorosi, giovani falangisti e spie sovietiche.

Eduardo Mendoza ci catapulta in un mondo ed un’epoca di cui conosciamo poco, in un periodo storico delicato in cui le fazioni politiche sopravvivevano tra sgarbi e scontri armati. E lo fa tirando in mezzo l’arte, un patrimonio artistico che a causa della povertà e della voglia di riscattarsi delle persone rischia di essere venduto all’estero e perso per sempre.
È Velazquez con i suoi dipinti a farla da padrone in città sospesa. L’autore ci racconta i suoi dipinti con la voce del protagonista, Anthony, rendendoli parte integrante della storia, arricchendola senza appesantirla, rendendola curiosa e culturalmente ricca e interessante. La stessa cosa la fa con la politica, inserendo nel racconto personaggi indissolubilmente legati a una o all’altra fazione, con idee che condizionano il loro comportamento e le loro relazioni con gli altri.

Insieme alle divagazioni artistiche e politiche abbiamo le descrizioni, non solo ambientali ma anche dei comportamenti e della mentalità del tempo. Comportamenti che cambiano ovviamente a seconda dell’estrazione sociale e delle idee personali, comportamenti che ovviamente condizionano il corso della storia in maniera inaspettata e curiosa. Una famiglia, nel suo piccolo, può condizionare il corso della storia e Mendoza ce lo mostra chiaramente.

Ho apprezzato anche gli intrighi amorosi, l’attrazione tra Anthony e Paquita, anche se da buona amante del rosa ne avrei voluto un po’ di più.

In breve: Città sospesa è un libro in cui, nonostante la politica tenda a rallentare un po’ tutto, arte e storia la fanno da padroni regalandoci un romanzo diverso dal solito e a suo modo affascinante.


 

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Review Party: 13 anni dopo di Kerry Wilkinson

Buongiorno lettori. Sto leggendo un sacco ma ammetto di essere super indietro con le recensioni. Promesso che nei prossimi giorni mi impegno a scriverle e lasciarle qui sul blog perché sto leggendo dei libri belli bellissimi di cui vorrei davvero parlarvi. Ma veniamo a noi ed alla recensione di oggi. Vi parlo di una novità, un romanzo che trovate da oggi in libreria: 13 anni dopo di Kerry Wilkinson.

13 anni dopo cover

Titolo: 13 anni dopo
Autore: Kerry Wilkinson

Una ragazza fa la sua comparsa in una cittadina inglese dicendo di essere Olivia Adams, la bambina svanita nel nulla tredici anni prima. Quando Olivia Adams, a soli sei anni, scomparve dal giardino di casa, la piccola comunità di Stoneridge venne presa dallo sgomento. Come poteva una bambina sparire semplicemente nel nulla? Tredici anni dopo, Olivia è tornata. Si è presentata al bar di sua madre, Sarah, che non ha avuto nemmeno un momento di esitazione nel riconoscere la figlia scomparsa che non ha mai smesso di cercare. La ragazza sostiene di essere stata rapita, ma dice anche che solo di recente i ricordi del passato hanno cominciato a riaffiorare. Alcuni punti del suo racconto, però, rimangono oscuri: dove e come ha vissuto per tutti quegli anni? E che cosa è accaduto esattamente in quel lontano pomeriggio assolato? Eppure c’è qualcuno che non è felice della ricomparsa di Olivia. Perché quando il passato ritorna ci sono segreti che rischiano di essere svelati, dopo essere stati sepolti per molti anni.

13 anni dopo è un thriller che mi ha incuriosita moltissimo solo sbirciando la trama. La protagonista è Olivia, una ragazza che, 13 anni dopo essere scomparsa nel nulla ritorna a casa, nel luogo in cui è nata e da cui era sparita. Ma se la madre la riconosce subito e ritrova in lei la figlia persa tanti anni prima, ci sono voci e persone, a Stoneridge, che non sono convinte. Persone che pensano che non sia davvero lei, che sia qualcuno che vuole prendersi gioco di loro ritornando dal nulla dopo tanti anni. In poco tempo Olivia vede crearsi nella cittadina due gruppi di persone, quelli che le credono, che vogliono conoscerla e passarci del tempo insieme aiutandola a ricordare e quelli che invece dubitano di lei, non sono convinti che possa essere davvero quella ragazza. Primi tra tutti il nuovo marito della madre, Max, e Ashley, suo fratello. Sono loro, soprattutto il secondo, a fare la parte dei cattivi in questo romanzo, quelli che remano contro la nostra protagonista che sente di non potersi fidare di nessuno.

Ho trovato 13 anni dopo una lettura davvero piacevole. Non uno di quei thriller psicologici che tengono il lettore con il fiato sospeso, ma una lettura in grado di catturare l’attenzione di chi legge. Un romanzo ben costruito, dove il colpo di scena finale – seppure un po’ troppo veloce – soddisfa pienamente il lettore, lasciandolo a bocca aperta.

È una storia costruita in modo da far crescere l’hype, inizia quasi piatta, un racconto. Viene da chiedersi dove sia il thriller. La scrittura è accattivante, porta a continuare la lettura e piano piano si inseriscono sottintesi, frasi, avvenimenti che incollano sempre più alle pagine, si inizia a intravedere qual è il mistero che sta dietro. Nonostante quindi un inizio che, secondo me, non ha niente a che vedere con un thriller, il romanzo si conclude alla grande. Wilkinson parte da un mistero che sembra già essersi risolto nel migliore dei modi, dal ritorno di Olivia, che nasconde qualcosa, un’infanzia rubata, forse un segreto più grande. L’autore, però, non ci spinge a cercare un responsabile di qualcosa che non va, qualcuno da incriminare. Questo, se da una parte mi ha un po’ delusa, dall’altra parte acquista un senso mano a mano che si procede con la lettura, che si scoprono dettagli a cui non avevamo fatto caso, in un crescendo di segreti e dubbi che portano al finale.

I personaggi sono i interessanti, molto ben definiti, ognuno con un suo ruolo e una sua storia. Questa caratteristica permette a chi legge di entrare in sintonia con la storia di Olivia e di chi le sta intorno. Vogliamo capire perché i fratelli Pitman non siano così convinti del suo ritorno. Ci commuovono i ricongiungimenti con la mamma e il papà della nostra protagonista, è speciale l’amicizia che nasce quasi automaticamente tra Olivia e Nattie, amiche d’infanzia. Tutti rapporti che hanno evidentemente qualcosa di forzato, qualcosa che Olivia si sforza di nascondere, e che piano piano acquista un senso, creando allo stesso tempo una forte empatia con i vari personaggi.

Questo aspetto, unito ad una scrittura, come dicevo, accattivante e scorrevole, fanno di questo libro una lettura che mi sento di consigliare un po’ a tutti, sia agli amanti del genere che a chi si vuol approcciare ai thriller in maniera abbastanza soft.


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Review Party: La leggenda del ragazzo che credeva nel mare di Salvatore Basile

Buongiorno lettori. Sono finalmente ritornata. Dopo essermi dedicata anima e corpo alle ultime fasi dell’organizzazione e alla riuscita di questo evento, mi sono ributtata nella lettura. In pochissimo tempo ho divorato La leggenda del ragazzo che credeva nel mare di Salvatore Basile che esce domani per Garzanti.

la leggenda del ragazzo che credeva nel mare cover

Titolo: La leggenda del ragazzo che credeva nel mare
Autore: Salvatore Basile
Editore: Garzanti

Quando si tuffa Marco si sente libero. Solo allora riesce a dimenticare gli anni trascorsi tra una famiglia affidataria e l’altra. Solo allora riesce a non pensare ai suoi genitori di cui non ricorda nulla tranne quella voglia a forma di stella marina che da loro ha ereditato. Ma ora Marco ha paura del mare. Dopo un tuffo da una scogliera si è ferito a un braccio e vede il suo sogno svanire. Perché ora non riesce più a fidarsi di quella distesa azzurra. Anche il mare lo ha tradito, come hanno sempre fatto tutti nella sua vita. Eppure c’è qualcuno pronto a dimostrargli che la rabbia e la rassegnazione non sono sentimenti giusti per un ragazzo. È Lara, la sua fisioterapista, che si affeziona a lui come nessuno ha mai fatto. Lara è la prima che lo ascolta senza giudicarlo. Per questo Marco accetta di accompagnarla nel paesino dove è nata. Un piccolo paese dalle vie che profumano di salsedine sdraiato sulla costa dove si vive ancora seguendo il ritmo dettato dalla pesca. Quello che Marco non sa è che Lara ha riconosciuto la voglia sulla sua spalla perché ha aiutato sua madre a farlo nascere. Lei sa la verità. E l’ha portato lì per ritrovare sé stesso. Perché per non temere più il mare deve scoprire chi è veramente. Deve scoprire dove affondano le sue radici. Solamente allora potrà sporgersi da uno scoglio senza tremare, perché forse a tremare sarà solo il suo cuore pronto davvero a volare.

Avevo adorato Lo strano viaggio di un oggetto smarrito e quando ho sentito parlare del nuovo romanzo di Basile non ho potuto fare a meno di buttarmi nella lettura.
Parto dicendovi che La leggenda del ragazzo che credeva nel mare mi è piaciuto moltissimo. Ho ritrovato la scrittura di Basile che avevo adorato nell’altro suo romanzo, ma più scorrevole, più snella, pur mantenendo le stesse descrizioni poetiche, le immagini fortissime che il suo modo di scrivere evoca nel lettore. Ho ritrovato l’importanza della famiglia e dell’amicizia, il dolore della perdita, la fatica e la paura della ricerca di sé stessi e di chi manca. Ma l’ho ritrovato in chiave originale, appassionante.
L’intreccio della storia e l’accadere di fatti che sembrano poco utili ma che si rivelano fondamentali nel racconto mi hanno affascinata e tenuta letteralmente incollata alle pagine. La storia, come anche il primo romanzo, ha qualche passaggio un po’ surreale, ma non forzato e assolutamente non fastidioso.

Marco è un ragazzo che nella vita non ha mai avuto nulla. Cresciuto senza affetti e senza sapere nulla delle sue origini, è passato per 18 anni da una famiglia affidataria all’altra. Ora, maggiorenne, si ritrova solo al mondo. Per vivere pulisce gli spogliatoi di una piscina dove scopre di avere un’attrazione incredibile nei confronti dell’acqua. Osserva i ragazzi che si allenano nei tuffi e un giorno, di nascosto, decide di provare anche lui. È in questo modo che scopre un lato del suo carattere che non conosceva, la necessità di quei momenti sospeso in aria, mentre precipita verso l’azzurro, la sintonia con il suo corpo. I ricordi che lo assalgono mentre si butta nel vuoto, fino a un momento prima di toccare l’acqua.
Non sono entrata pienamente in sintonia con Marco, un po’ troppo lamentoso e restio ad accettare che al mondo ci possa essere ancora qualcosa di buono, nonostante il ragazzo sia giustificabile visto tutto quello che ha passato nella vita.
Ho adorato invece Antonio e Giuseppe, i due papà nella storia, le due persone sagge. Di Giuseppe ho adorato la dolcezza, il suo essere lì ad attendere la figlia, il suo adorarla e volerla aiutare nonostante un passato non proprio perfetto.
Antonio compie invece un percorso di crescita enorme, una riscoperta di sé stesso, un percorso difficilissimo che ci fa fare il tifo per lui e ci fa volergli un po’ più bene ad ogni pagina.
E poi c’è Lara, la fisioterapista di Marco. Una donna che, nonostante la facciata forte e il carattere dolce, è piena di paure e insicurezze. Paure che si porta dietro da anni, insicurezze che non le permettono di amare di nuovo, ma che la fanno affezionare a Marco e che la portano a fare di tutto pur di aiutarlo, compreso affrontare le sue paure.

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare è una storia d’amore. Amore per la famiglia, per sé stessi, amori persi e ritrovati. Amori tenuti nascosti e speranze che un giorno possano finalmente trovare un posto nel mondo.

Lo abbracciò e lui rimase immobile dentro quella stretta improvvisa, ghiaccio che incontra il fuoco e non si scioglie ma sente il rischio di tornare acqua e poi vapore.

E non posso chiudere senza aver speso due parole sul modo di scrivere di Salvatore Basile. Soprattutto sulle sue descrizioni. Immagini uniche e magiche che assomigliano a delle poesie, metafore che ci costringono a chiudere gli occhi e immaginare ciò di cui parla. Descrizioni che ci portano lì, insieme ai personaggi e all’autore, al centro della storia. Che ci fanno sentire odori, suoni e profumi.

Giuseppe era di spalle e travasava del vino rosso da una damigiana all’interno di una serie di bottiglie disposte sul tavolo. Il vino gorgogliava dentro un imbuto di alluminio e creava un vortice che roteava, languido, prima di riversarsi nella bottiglia, schiumoso e limpido allo stesso tempo. Il suo profumo strepitava nell’aria, così intenso da sembrare un suono o una modulazione del vento.

Ve lo consiglio, se amate le storie profonde, se amate leggere d’amore, e se cercate un libro che vi commuova.


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