Buongiorno lettori! Primo post di oggi in cui ritorno con il teaser che causa feste ho saltato settimana scorsa. Poco grave visto che non sto riuscendo a leggere nulla e quindi vi lascio un estratto esattamente dal libro da cui l’avrei estrapolato settimana scorsa: Scrivere è un mestiere pericoloso di Alice Basso.

teaser tuesday

Mi risiedo al pc. Dopo la deliziosa conversazione con quell’angelo di mia sorella, più che mai vorrei un whisky. Potrei optare per un’altra birra, tanto quelle a stomaco vuoto non mi fanno più effetto da un pezzo. Devo avere sviluppato una specie di immunità, oppure il mio fegato è un vero amico su cui contare. Il cuore è sopravvalutato, il fegato è la chiave, parola mia.
Un’altra cosa sopravvalutata è il mio campanello, che non suona mai. Tranne, tipo, adesso. Chi diavolo è a quest’ora? Anzi: chi diavolo è tout court? Apro e mi trovo davanti Morgana, ma ancora più davanti una grossa torta scurissima, che la fanciulla sta protendendo verso di me.
Stacco con la mano un pezzo della torta e me lo infilo in bocca. «Nocciole», dico. «Buona. Un filo spugnosa.»
«La torta di nocciole viene sempre così», sospira Morgana.
«Ricordami di passarti una ricetta. Grazie, comunque. Anche se non ho la minima idea del perché tu me l’abbia portata.»
Morgana non smette di protendere il piatto. «Per ringraziarti del lavoro che stai facendo per me», sorride come un elfo buono di Babbo Natale.
La guardo.
Mi guarda.
Sorridendo.
«Ricordami la scadenza», dico.
Per una frazione di secondo Morgana sbianca, ma cerca di non darlo a vedere. «Non ti…? Ema comincia a fare i provini fra tre giorni, quindi…»
«Sì, sì, ero solo incerta fra domani e dopo. Allora ho più tempo del previsto per gli ultimi colpi di cesello, bene. Passo da te dopodomani sera.»
Morgana annuisce felice, sollevata, io prendo la torta e chiudo la porta.
Cazzo.
Mi ero completamente dimenticata della canzone per Morgana.
Porca puttana. E adesso quando la faccio? Subito, immagino: domani devo andare dai Giay Marin, poi da Berganza a cucinare, e dopodomani ho di nuovo Irma e poi la prima lezione di krav maga e poi Enrico e, porca merda, il punto è che non posso fare questo a Morgana. Non è giusto che la cosa che ho promesso di fare per lei cada nell’oblio solo perché davanti ha un caso di omicidio e un tizio che mi paga. Sarà meglio che mi faccia venire un’ispirazione subito, anzi, prima di subito, che retroceda nel tempo con la sola forza di volontà e stani un’idea, una grande idea, a colpi di krav maga – che ancora non conosco – dalla testa della Vani Sarca di diciamo almeno due giorni fa. Dio, che imbecille. Come ho potuto dimenticarmi così della scadenza? Io non buco mai una scadenza. Ah, già, adesso ricordo. Io ho cacciato Laura e Morgana da casa prima che potessero dirmela, la maledetta scadenza.
Mi siedo al computer.
«Oh, andiamo», sbotto, nel deserto del mio appartamento.
Dal resto del condominio arriva il ronzio delle televisioni accese.
Se almeno dal piano di sopra Morgana si mettesse a cantare. Magari aiuterebbe l’ispirazione.
Stupidi neuroni. Con tutta la fiducia che vi ho sempre dato. Dai, porca miseria. Non può essere così difficile scrivere un testo musicale.
Okay. Procedi con ordine, Vani. Una canzone è un genere di scrittura come tanti, né più né meno, come ti sei detta sin dall’inizio. È un congegno di artifici letterari. Quanto può essere diverso dalle cose che hai sempre fatto? Quindi, poche lagne. Trova un tema e vai.
Facciamo il viaggio, la libertà, quelle cose lì. Ai ragazzini piacciono.

Capitolo 15 – Scrivere è un mestiere pericoloso di Alice Basso

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scrivere è un mestiere pericoloso cover
Un gesto, una parola, un’espressione del viso. A Vani bastano piccoli particolari per capire una persona, per comprenderne il modo di pensare. Una dote speciale di cui farebbe volentieri a meno. Perché Vani sta bene solo con sé stessa, tenendo gli altri alla larga. Ama solo i suoi libri, la sua musica e i suoi vestiti inesorabilmente neri. Eppure, questa innata empatia è essenziale per il suo lavoro: Vani è una ghostwriter di una famosa casa editrice. Un mestiere che la costringe a rimanere nell’ombra. Scrive libri al posto di altri autori, imitando alla perfezione il loro stile. Questa volta deve creare un ricettario dalle memorie di un’anziana cuoca. Un’impresa più ardua del solito, quasi impossibile, perché Vani non sa un accidente di cucina, non ha mai preso in mano una padella e non ha la più pallida idea di cosa significhino termini come scalogno o topinambur. C’è una sola persona che può aiutarla: il commissario Berganza, una vecchia conoscenza con la passione per la cucina. Lui sa che Vani parla solo la lingua dei libri. Quella di Simenon, di Vázquez Montalbán, di Rex Stout e dei loro protagonisti amanti del buon cibo. E, tra un riferimento letterario e l’altro, le loro strambe lezioni diventano di giorno in giorno più intriganti. Ma la mente di Vani non è del tutto libera: che le piaccia o no, Riccardo, l’affascinante autore con cui ha avuto una rocambolesca relazione, continua a ripiombarle tra i piedi. Per fortuna una rivelazione inaspettata reclama la sua attenzione: la cuoca di cui sta raccogliendo le memorie confessa un delitto. Un delitto avvenuto anni prima in una delle famiglie più in vista di Torino. Berganza abbandona i fornelli per indagare e ha bisogno di Vani. Ha bisogno del suo dono che le permette di osservare le persone e scoprirne i segreti più nascosti.
Eppure la strada che porta alla verità è lunga e tortuosa. A volte la vita assomiglia a un giallo. È piena di falsi indizi. Solo l’intuito di Vani può smascherarli.

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