Buongiorno! Eccoci con il mio primo teaser dell’anno tratto dal libro che sto leggendo per la 2017 Reading Challenge. Era un sacco di tempo che aspettavo l’occasione per iniziarlo nonostante ne avessi sentito parlare solo positivamente. Quindi, visto che la copertina è indubbiamente sui toni del bianco e grigio, L’ombra del vento mi è sembrto un buon modo di inaugurare la Challenge.
Nuria Monfort viveva al buio. Un corridoio angusto, da cui intravidi una camera da letto senza finestre, portava a una sala da pranzo che fungeva anche da cucina, da biblioteca e da studio. Non c’era altro, a parte un bagno minuscolo, senza neanche una doccia, da cui arrivavano effluvi di varia natura, dalla puzza della cucina del bar sotto casa fino al tanfo di fogne e tubature vecchie di un secolo. L’alloggio era immerso in una perenne penombra; le pareti erano scrostate e l’ambiente impregnato dell’odore di tabacco forte, di umidità e di solitudine. Nuria Monfort mi osservava mentre fingevo di non aver notato la povertà di quell’alloggio.
«Leggo giù in strada perché qui c’è poca luce» disse. «Mio marito ha promesso di regalarmi una lampada da tavolo quando tornerà a casa.»
«Suo marito è in viaggio?»
«Miquel è in carcere.»
«Mi scusi, non sapevo…»
«Perché avrebbe dovuto saperlo? Non me ne vergogno, mio marito non è un criminale. Stavolta l’hanno arrestato perché aveva stampato volantini per il sindacato dei metallurgici. È successo due anni fa. I vicini pensano che sia in America. Neanche mio padre ne è al corrente, e preferirei che non lo venisse a sapere.»
«Stia tranquilla. Non gli dirò niente.»
Nella stanza calò il silenzio. Supposi che mi considerasse una spia di Isaac.
«Dev’essere difficile mandare avanti la casa da sola» dissi stupidamente.
«Non è facile. Guadagno qualcosa facendo traduzioni, ma con un marito in carcere il denaro non basta mai. Gli avvocati mi hanno dissanguata e sono piena di debiti. Tradurre rende poco, come scrivere.»
«Traduce libri?»
«Non più. Adesso traduco opuscoli, contratti e documenti per la dogana, sono pagati meglio. Coi romanzi si guadagna una miseria, in ogni caso sempre più che a scriverli. I vicini hanno cercato di cacciarmi un paio di volte, non tanto per il ritardo con cui pago le spese ma perché sono una donna che parla le lingue e porta i pantaloni… C’è chi mi accusa di tenere una casa d’appuntamenti qui dentro. Figuriamoci, vivrei in ben altre condizioni.»
Mi augurai che il buio celasse il mio rossore.
«Mi scusi. Non so perché le racconto queste cose. La sto mettendo in imbarazzo.»
«È colpa mia. Gliel’ho chiesto io.»
Nuria Monfort fece una risata nervosa. Quella donna trasmetteva un profondo senso di solitudine.Capitolo 20 – L’OMBRA DEL VENTO di Carlos Ruiz Zafón