Libri

Recensione: L’amore è un difetto meraviglioso di Graeme Simsion

Ed eccoci qui, al mio secondo post. Agitata come se fosse il primo..ok, la pianto. Tanto non mi passerà mai. L’ultimo libro letto è La Straniera e dopo quello mi sono persa nella lettura di Vicini di Alessia Esse. Tra quello e gli esami mi sono ritrovata senza un nuovo libro di cui parlarvi. No problem, mi sono detta, apriamo GoodReads e troviamo qualche lettura di quest’estate. Lunedì ho preso una decisione, ma dopo 3 giorni di totale assenza di ispirazione mi è sorto il dubbio che forse non era quello il libro di cui vi volevo parlare. ‘Provaci comunque’ mi sono detta e mentre stavo scrivendo il nome del file -vuoto- appena creato, ho avuto l’illuminazione. Il libro di cui vi parlo oggi è ‘L’amore è un difetto meraviglioso’ di Graeme Simsion.

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Titolo: L’amore è un difetto meraviglioso
Titolo originale: The Rosie Project
Autore: Graeme Simsion
Editore: Longanesi
Disponibile in italiano:
Goodreads

Don è un professore di genetica all’Università di Melbourne e di recente ha fatto una scoperta incredibile: gli uomini sposati sono mediamente più felici di quelli single. E vivono più a lungo! Per questo ha deciso, da scienziato qual è, di trasformare un problema – il fatto che non ha una compagna e non gli è mai riuscito di trovarne una – in un progetto: il Progetto Moglie. È semplice: basta un questionario di sole sedici pagine per escludere tutte le candidate sbagliate e trovare, finalmente, la donna perfetta per lui, una che risponda a criteri rigorosi: non deve fumare né bere, e non deve mai arrivare in ritardo o in anticipo.
Grazie al Progetto Moglie Don scoprirà che la lunghezza dei lobi delle orecchie non è un indicatore affidabile dell’attrazione sessuale. Che c’è una ragione per cui non ha avuto mai un secondo appuntamento con una donna. Che una giacca sportiva in color giallo catarifrangente, benché si chiami «giacca», non è indicata per entrare in un ristorante elegante. E scoprirà che nonostante un approccio estremamente scientifico al problema, non è così che si trova l’amore. Perché è l’amore a trovarti.

Dubito esista ancora qualcuno che mi conosce e non si sia sentito parlare di questo libro. L’ho semplicemente adorato.
Come si capisce già dalla sinossi, la fissazione più grande di Don Tillman – il protagonista – è la programmazione minuto per minuto e caloria per caloria della sua vita. Impiega esattamente 3 minuti e 30 secondi per farsi la doccia, 1 minuto e 12 secondi in più se deve lavare anche i capelli. Per pulire il bagno impiega 94 minuti.

Da quando ha inserito nella sua vita il Sistema Standardizzato di Nutrizione mangia aragosta tutti i martedì, anzi, mangia una dose doppia di aragosta, insalata di mango e avocado con pesce volante in salsa wasabi guarnito da soffritto di porro e alghe croccanti perché non ha più rivisto il programma da quando ha ricominciato a vivere da solo.
Il Progetto Moglie ha inizio nel momento in cui Don decide che deve trovarsi una compagna. Crea quindi un questionario che gli permetta di escludere tutte le donne che, per qualche motivo, reputa non adatte a lui.

Rosie fuma, mette il rossetto, è vegetariana, è sempre in ritardo, lavora in un bar gay qualche sera a settimana ed è -decisamente- troppo disorganizzata.

Don non è in grado di provare sentimenti veri e reali, d’altronde come si fa a schematizzare un sentimento? Tantopiù se quel sentimento viene diagnosticato dal suo amico come amore. Si ostina quindi a non crederci, a cercare in tutti i modi di rimanere nei suoi schemi e nelle certezze che questi gli danno. Forse una donna non è poi cosi necessaria, in effetti.

Di conseguenza, Don non è in grado nemmeno di esprimerli, i sentimenti, non lo ritiene necessario. Sicuramente il professore non è un personaggio reale in cui immedesimarsi, ma seguire i suoi pensieri è qualcosa di decisamente divertente. I personaggi secondari finiscono per sembrarci in qualche modo ridicoli, considerando che li conosciamo solo attraverso l’ottica del nostro pazzo protagonista.

La narrazione è molto veloce e diretta, ma allo stesso tempo dettagliata al punto giusto.

In conclusione, io questo libro l’ho letto per caso, perché non volevo saperne di uscire dalla biblioteca con solo dei noiosissimi libri per un esame. L’ho consigliato praticamente al mondo intero e devo dire che è stato apprezzato. Non mi resta quindi che consigliarlo anche a voi.

Recensione: The Iron Trial di Cassandra Clare & Holly Black

Avrei voluto iniziare la mia avventura nel blog con un post su una delle svariate serie tv che vedo ma, ovviamente, la mia ispirazione è andata in letargo (colpa del freddo arrivato all’improvviso?!). Quindi, ho spulciato il mio scaffale dei libri letti su Goodreads e ho deciso che si poteva iniziare con “The Iron Trial” di Cassandra Clare e Holly Black. Vorrei poter dire di conoscere bene il lavoro di entrambe le autrici, ma la Black l’ho solo sentita nominare, mentre la Clare la conosco per la saga degli Shadowhunters.

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Titolo: The Iron Trial (Magisterium #1)
Autore: Cassandra Clare & Holly Black
Editore: Scholastic Press
Disponibile in italiano:
Goodreads

Most kids would do anything to pass the Iron Trial. Not Callum Hunt. He wants to fail. All his life, Call has been warned by his father to stay away from magic. If he succeeds at the Iron Trial and is admitted into the Magisterium, he is sure it can only mean bad things for him. So he tries his best to do his worst – and fails at failing.Now the Magisterium awaits him. It’s a place that’s both sensational and sinister, with dark ties to his past and a twisty path to his future.
The Iron Trial is just the beginning, for the biggest test is still to come . . .

 

Una caverna di ghiaccio, una scritta sul muro, incisa in punto di morte, che recita: “Kill the child”, uccidi il bambino. Così inizia la storia di Callum, ragazzo che da sempre ha il divieto del padre di avvicinarsi alla magia.

Si presenta un problema quando il ragazzo deve affrontare l’Iron Trial, una serie di esami che dovrebbe decidere chi è degno di entrare al Magisterium.
Il padre vorrebbe che il figlio si impegnasse per dare il peggio di sé in questi esami, in modo da non entrare nella scuola.

Ovviamente, il piano non funziona e Call viene scelto. Il Magisterium, una scuola nata per aiutare i giovani a controllare i proprio poteri, che potrebbero altrimenti risultare pericolosi, non è assolutamente come il padre glielo aveva descritto per anni. Nonostante la titubanza iniziale, Callum si trova bene lì, tanto da desiderare di non dover tornare mai a casa.
Per la prima volta ha degli amici che lo sostengono, un insegnante che lo sprona invece di denigrarlo e anche un bulletto con cui confrontarsi (serve sempre no?). Ovviamente le cose non possono andare tutte bene, altrimenti non sarebbe nemmeno stata scritta la storia e qui le autrici mi hanno sorpresa piacevolmente. Hanno regalato a Callum un destino difficile da accettare e sono curiosa di come riuscirà ad affrontarlo.

Non volendo spoilerare niente, non mi dilungo sulla trama e passo ad altro.
Leggendo qua e là in giro per il web, ho trovato un singolo elemento che accomuna molte delle recensioni ed è una cosa a cui, lo ammetto, ho pensato anche io: ha un sacco di cose in comune con Harry Potter. Premettendo che sono una di quelle persone nate e cresciute con il maghetto creato della Rowling e amo i libri da lei scritti, non ho trovato queste similitudini fastidiose, come invece è successo a molti.


Non posso e non voglio pensare che ogni storia che racconti di una scuola di magia venga associata e paragonata (perché è questo il problema principale) ad Harry Potter, eppure è così. Da quando esiste il Bambino Sopravvissuto, in pochi si sono azzardati a buttarsi verso un mondo del genere, in cui la magia regna ovunque ed è un peccato, perché universi del genere offrono grandi spunti. Callum si ritrova in una scuola di magia con due amici (un maschio e una femmina), un nemico spaventoso e che tutti temono e il solito bulletto che lo tormenta tra una lezione e l’altra; tutte cose che ci ricordano Harry Potter, ma non per questo devono frenarci dal leggere questo libro che, secondo me, potrà svilupparsi in una saga niente male.

Sono convinta che sia necessario approciarsi alla lettura con una mente aperta, senza pregiudizi e con l’intento di non giudicare una scrittura pensata per bambini. Non ci sono grandi descrizioni o personaggi caratterizzati al massimo, perché non è quello che un bambino cerca in un libro. Il bambino vuole mistero, avventura, colpi di scena e per questo The Iron Trial va bene.
È scritto in prima persona, dal punto di vista di Call e non mi è piaciuta particolarmente come scelta, preferendo di gran lunga la terza persona. Con questa scelta di narrazione, otteniamo una visione di ogni cosa non obiettiva, perché ci viene raccontato cosa Call prova, vede, pensa e lui è prevenuto su tutto, rendendo noi prevenuti. Non avendo più dieci anni, mi sono stupita di come ci siano queste amicizie-lampo tra Call, Aaron e Tamara, considerando che prima di quel momento il nostro protagonista non aveva avuto assolutamente nessun amico, ma probabilmente è colpa della mia età, non del libro in sé. I personaggi sono sarcastici come solo degli adolescenti possono essere e a me, che l’adolescenza l’ho appena superata (ma dove?!), fanno sorridere.

In conclusione, è un libro che ha i suoi difetti, ma è perfettamente godibile e fa sperare in un buon seguito. Se siete dei Potterheads come me, sarete sempre alla ricerca di un altro mondo magico in cui gettarvi, un viaggio tra bene e male, condotto da un ragazzino più o meno qualsiasi che da un momento all’altro diventa speciale e forse il libro della Clare per un po’ vi darà soddisfazione. Io per un paio di giorni mi sono rassegnata al non veder arrivare la mia lettera per Hogwarts, ma ho pensato che magari sarei stata scelta per il Magisterium.


Recensione: La Straniera di Diana Gabaldon

Essere primi, solitamente, è una cosa bellissima e spesso si fa a gara per esserlo. Ci dà la possibilità di poter dire ‘sono il migliore’. In questo caso, lasciatevelo dire, essere primi fa schifo.
Il primo post l’abbiamo scritto tutte insieme ed è stato relativamente facile: al momento della pubblicazione eravamo davanti al pc con gli occhi lucidi per l’emozione e le mani che tremavano nel premere quel tasto ‘Pubblica’. Ma adesso sono da sola e l’ansia sale; mi chiedo se sarò effettivamente in grado di mantenere un impegno come questo , se riuscirò mai a scrivere qualcosa di sensato e se qualcuno leggerà i miei pensieri.

Ma, nonostante il panico da pagina bianca si sommi al panico da blog –quasi- bianco, ho deciso di provarci. E se ogni grande avventura inizia con un primo passo, io voglio partire dalla fine: dall’ultimo libro che ho letto. Anzi, dall’ultima frase di questo libro: “E il mondo era attorno a noi e le sue possibilità tutte da scoprire”. Il libro è “La Straniera” di Diana Gabaldon.


Titolo: La straniera (Outlander #1)
Titolo originale: Outlander
Autore: Diana Gabaldon
Editore: TEA
Disponibile in italiano:
Goodreads

Nel 1945 Claire Randall, un’infermiera militare, si riunisce al marito alla fine della guerra in una sorta di seconda luna di miele nelle Highland scozzesi.
Durante una passeggiata la giovane donna attraversa uno dei cerchi di pietre antiche che si trovano in quelle zone. All’improvviso si trova proiettata indietro nel tempo, di colpo straniera in una Scozia dilaniata dalla guerra e dai conflitti tra i clan nell’anno del Signore 1743. Catapultata nel passato da forze che non capisce, Claire si trova coinvolta in intrighi e pericoli che mettono a rischio la sua vita e il suo cuore.

Era un po’ di tempo che questo libro soggiornava nel mio reader in attesa di essere letto. Complice probabilmente l’uscita della serie TV, qualche settimana fa è arrivato il suo momento. Sia mai che io veda un film senza prima aver letto il libro da cui è stato tratto. Inizialmente la narrazione mi sembrava quasi troppo lenta ma, una volta passato il cerchio di pietre di Craigh Na Dun è stato come fondersi con Claire.

Semplicemente il ritmo della narrazione rende evidente il contrasto tra la tranquillità della luna di miele e il ritmo decisamente più serrato della vita scozzese di 200 anni prima.
Claire si ritrova improvvisamente in un mondo di cui conosce solo ciò che ha letto e imparato dai libri e nei musei. È il suo spirito di adattamento che le permette di sopravvivere; infatti le situazioni che si ritrova ad affrontare riescono a far emergere il lato coraggioso e tenace del suo carattere. Claire si profila fin dall’inizio del libro come una persona con una grande forza d’animo che non si spaventa davanti a nulla. L’unica ‘arma’ che può sfruttare per guadagnarsi un po’ di rispetto e per farsi aiutare sono le sue conoscenze mediche che deve comunque rivedere: le espressioni perplesse che le vengono rivolte quando parla di antibiotici e disinfettanti sono rese perfettamente. È grazie a queste competenze che si ritrova in un certo senso costretta a fare conoscenza con il nostro Jamie.
Jamie. È l’amore. Lui che sembra -ed effettivamente è- un po’ rude, un po’ antipatico e TANTO testardo, riesce ad essere, quando serve, dolce e comprensivo. Il contrasto con Frank, il marito che Claire lascia nel futuro, è evidente. A mio parere Frank è abbastanza insignificante, nonostante la sua importanza come personaggio in quanto rappresenta l’unico collegamento che rimane a Claire con il futuro. Ma torniamo al nostro scozzese dai capelli rossi. Jamie, fin dal loro primo incontro, è in grado di sconvolgere tutta la vita di Claire, facendo sognare e sospirare anche chi legge (per poi farci impazzire definitivamente nella serie tv, ma questa è un’altra storia).
Diana Gabaldon, grazie alle sue descrizioni dettagliate e precise, ha la capacità di trasportare anche noi, insieme a Claire, in un altro luogo e in un altro tempo. Sicuramente la narrazione in prima persona da parte della protagonista aiuta a farci provare speranza, paura, amore e solitudine così come li sente lei.

Un’ultima cosa, imparerete ad amare i porcospini…