Nuovo libro, nuova recensione.
Ho finalmente ritrovato il tempo per leggere e curare il blog e spero che duri perché mi mancavano davvero tanto entrambe le cose.
Ci sono quei pomeriggi in cui non si ha voglia di letture troppo impegnative e, in uno di quelli, ho deciso di finire la serie di The Giver di Lois Lowry di cui mi mancava solo l’ultimo libro: Il Figlio.
Titolo: Il figlio (The Giver #4)
Titolo originale: Son
Autore: Lois Lowry
Editore: Giunti
Disponibile in italiano: Sì
Goodreads
Vi stavo dicendo ‘lettura poco impegnativa’ ma, come vi avevo già accennato nel parlarvi degli altri libri di questa serie, è poco impegnativa solo se la si prende come storia per ragazzi. In realtà se si pensa con attenzione a quello che si legge, la serie si rivela un po’ più impegnativa dell’apparenza e i temi trattati sono spesso meno leggeri di quanto sembrino.
In questo quarto e ultimo libro si riuniscono i personaggi di tutti gli altri tre, sfruttando come ambientazione sia la Comunità ‘perfetta’ e in bianco e nero dove è nato e cresciuto Jonas – il protagonista del primo libro della serie – sia il Villaggio che troviamo alla fine del secondo e nel terzo libro.
In questo ultimo capitolo della serie, Lois Lowry riporta l’attenzione sulle Partorienti, ovvero le ragazze cui ogni anno la Comunità assegna il compito di creare Neobimbi che verranno poi assegnati alle Unità Famigliari. Scopriamo come questo gruppo di ragazze viva completamente isolato dal resto della Comunità e dedito a questo unico compito. Dopo il terzo Prodotto le ragazze vengono ricollocate e assegnate ad altri lavori utili alla Comunità. Ma per Claire al primo parto si presentano dei problemi e, appena lei si riprende, viene riassegnata al Vivaio Ittico. Ma lei si ricorda il numero che è stato assegnato al suo Prodotto per il primo anno di vita, in attesa che gli venga assegnato un nome. E si mette a cercarlo. Nella storia di Claire entrano in gioco un sacco di sentimenti per noi molto comuni che però le sono sconosciuti in quanto eliminati, grazie a delle pillole, dalla Comunità.
“Ma si sentiva irrequieta adesso, e diversa, in un modo che lei stessa non riusciva a capire. In linea con le esigenze del suo nuovo lavoro e della meticolosità analitica che questo richiedeva, lei cercava di scandagliare sempre più a fondo i propri sentimenti. Non l’aveva mai fatto prima, non ne aveva mai avuto bisogno. Per tutta la sua vita quelli di Claire erano stati sentimenti di… cosa? Rovistò nella sua mente in cerca della parola adatta. Di appagamento. Sì, si era sempre sentita appagata. Tutti si sentivano così nella Comunità. Si provvedeva alle loro esigenze; non mancavano di niente, niente che… Ecco cos’era, capì Claire. Non aveva mai desiderato niente fino ad allora. Ma ora, fin dal giorno della Produzione, sentiva un costante desiderio, un disperato bisogno di colmare un vuoto interiore.
Voleva suo figlio.”
Anche Magia e Amore e forza di volontà fanno la loro parte per rendere queste quasi 300 pagine molto scorrevoli e avvincenti. Nell’ultima parte ritroviamo anche la lotta contro il male, argomento già trattato dall’autrice nella serie. Ritroviamo anche Jonas e Kira, finalmente felici e soddisfatti delle loro vite. Le storie lette negli altri libri si intrecciano fino a formarne una unica.
Le tre diverse società rappresentate sono delineate molto bene sia nelle cose buone che nelle carenze, così come i personaggi primari o comunque importanti per lo svolgimento della storia.
Come nel primo libro, la cosa che mi ha fatto più impressione è stata la Comunità, con la sua assenza di colori, emozioni e animali all’infuori dei pesci da allevamento e con il suo controllo maniacale di ogni aspetto della vita degli abitanti.
Vi dirò la verità, sono abbastanza soddisfatta di come è finita la serie, senza disperazione. Un sacco di finali ancora aperti? Sì, ma mi piace poterlo immaginare come lo preferisco.