Recensione: Snowpiercer di Bong Joon-ho

Ciao a tutti e buon lunedì! Se il lunedì potesse avere una faccia, sarebbe la nonna brutta di Dracula (cit. “Le follie dell’imperatore”). Ma per quanto ne sappiamo questo potrebbe rivelarsi piena di avventure e sorprese, tra cui il film di cui sto per andare a parlare. Su consiglio di un mio compagno di università, l’altra sera mi sono guardata “Snowpiercer”.

Basato sulla serie a fumetti francese “Le Transperceneige”, il film è ambientato nel 2031, dopo che il fallimento di un esperimento per contrastare il riscaldamento globale ha dato inizio ad una vera e propria Era Glaciale che stermina tutti gli abitanti del pianeta. Gli unici sopravvissuti sono i viaggiatori che hanno lottato con tutte le loro forze per procurarsi un biglietto ed aggiudicarsi un posto a bordo dello Snowpiercer, un treno ad alta velocità che fa il giro del mondo e che trae energia da un motore in moto perpetuo. Questo treno è l’unico mezzo che garantisce la sopravvivenza, diventando un microcosmo di società umana diviso in classi sociali: i più poveri stipati nelle ultime carrozze; i più ricchi nei lussuosi vagoni anteriori. La difficile convivenza ed i delicati equilibri tra classi non potranno che sfociare inevitabilmente verso lotte e rivoluzioni.


    • Titolo: Snowpiercer
    • Titolo originale: Snowpiercer
    • Regia: Bong Joon-ho
    • Anno: 2013
    • Durata: 126 min
    • IMDB

Ammetto che è il primo film di Bong Joon-ho che vedo, quindi magari il mio commento non sarà esaustivo ma vorrei lo stesso dire le mie impressioni. Nonostante a prima vista il film possa sembrare il solito film distopico, Snowpiercer è qualcosa di più. In sé riunisce il dinamismo tipico dei film d’azione americani, con il personale stile d’inquadratura suggestivo del regista. Riesce ad alternare armoniosamente scene di violenza a scene in cui racconta la realtà dei fatti, in maniera un po’ grottesca.

Lo scopo della rivolta di coloro che vivono nella coda del treno è quello di risalire fino alla locomotiva e prenderne il controllo. Quest’impresa è avvolta da un continuo turbinio di emozioni: sofferenza, curiosità, ansia. Non si può fare a meno di provare tutte queste sensazioni, sembra quasi di essere lì in mezzo a questa rivolta a condividere il destino dei protagonisti. Grande attenzione è rivolta al descrivere lo Snowpiercer, offrendoci delle sequenze che ritraggono gli interni dei vari vagoni del treno. È sconvolgente come effettivamente il treno riesca a rappresentare le varie sfaccettature del mondo. Partendo dalla testa dove si trovano le classi sociali abbienti fino alla coda, in cui si trovano i “relitti della società”, le carrozze ricreano differenti ambienti quali i bassifondi, le prigioni, la serra, le riserve d’acqua, le aule scolastiche, etc. Sembra quasi che il regista voglia renderci partecipi di una personale analisi della società, mettendone in risalto la distinzione di classe.

A questo proposito, nel film vi è un punto in cui la signora Mason, collaboratrice di Wilford pronuncia queste frasi: “Voi vi mettereste una scarpa in testa? Naturalmente non lo fareste mai! Le scarpe non sono fatte per la testa, le scarpe appartengono ai piedi e in testa si mette il cappello. Il cappello sono io, voi siete le scarpe, io appartengo alla testa, voi appartenete ai piedi. Così è, questa è la realtà.” Parole decisamente dure, che trasmettono tutta la rigidità delle regole del sistema che vige all’interno dello Snowpiercer. Motivo per cui i rivoltosi vogliono cambiare le cose per riuscire ad ottenere una vita dignitosa.

Fondamentale per la riuscita del film è stata la bravura con cui gli attori sono riusciti a caratterizzare bene i personaggi, a partire da Tilda Swinton nei panni di Mason, a Chris Evans (Curtis, capo dei ribelli), John Hurt e Song Kang-ho, altri due personaggi chiave che conoscerete solo vedendo questo film .

Intenso e avvincente, capace di coinvolgere lo spettatore, il quale, nonostante la crudità dell’azione, alla fine si sente parte della missione del protagonista. In sostanza il film rappresenta un grande connubio di azione e drammaticità, volto ad approfondire la fitta rete di connessioni emotive alla base del film.

Perché allora solo 3.5 cupcakes come voto personale? Ammetto che meriterebbe di più, ma personalmente il finale mi ha lasciato un po’ così, non mi ha soddisfatto del tutto, anche se obiettivamente questo è il finale più azzeccato. Pardon!


Puzzle Cover Reveal: Trentatrè di Mirya – Quarto Giorno

Eccoci arrivate a metà -più o meno- di questo Cover Reveal. Come poteva mancare un’esperienza simile durante il primo mese di vita del nostro piccolo blog?
E quale onore più grande, per una prima volta, dell’ospitare la nuova creatura di Mirya?
Spoiler dopo spoiler siamo finalmente arrivati alla copertina e adesso speriamo che da qui al libro manchi davvero poco.
Dopo le fanfiction e il mitico Di Carne e Di Carta ormai lo stile di Mirya lo conosciamo bene e nessuno potrà toglierci il piacere di cliccare su quel ‘Send to Kindle’ nel grande giorno della pubblicazione.

Ma torniamo a noi..non siete curiosi? Avendovi svelato già un po’ di pezzi, siete già riusciti a capire di che si tratta? Ma eccovene un altro..giusto per provare a chiarirvi le idee.

cover-reveal

 

Ma chi è Mirya?

Mirya è indiscutibilmente nata; altrettanto indiscutibilmente vive, per puro caso a Ferrara, con il figlio e il marito. Il suo desiderio di includere nel nucleo familiare il kindle si è scontrato con la definizione di essere umano, che pare non potersi estendere al reader, nonostante esso risulti più utile e affezionato di alcuni cosiddetti esseri umani.
Sempre a Ferrara, per non ammorbare il resto del mondo, Mirya insegna le materie umanistiche e la sopportazione del dolore agli alunni liceali, celandosi dietro al suo reale nome anagrafico che, come tutte le cose reali, non dice nulla della realtà.

Dove trovarla: Facebook  |  Twitter  |   Efp   |  Blog

Calendario:

Martedì 4 novembre: Primo Pezzo Anncleire su Please Another Book

Mercoledì 5 novembre: Secondo Pezzo Erika su Wonderful Monster

Giovedì 6 novembre: Terzo Pezzo Kikkasole su Testa e piedi tra le pagine dei libri

Venerdì 7 novembre: Quarto Pezzo @ciaradh_ & @Kiadalpi su Ikigai

Sabato 8 novembre: Quinto Pezzo @ilovereading_ su Petrichor

Domenica 9 novembre: Sesto Pezzo @Endif1 su Il Sorriso in una pagina

Lunedì 10 novembre: Settimo Pezzo @dituttocuore su Di Tutto Cuore

Martedì 11 novembre: Ottavo Pezzo @medormad su Tutto Tondo

Mercoledì 12 novembre: Copertina completa + Trama Anncleire su Please Another Book

Come anticipato nelle altre tappe, Mirya mette in palio una copia di Trentatré che qualcuno di voi potrà avere il piacere di ricevere non appena sarà disponibile su Amazon.

Ma per vincere non vi basta la fortuna, è infatti importante che seguiate tutte le tappe del Cover Reveal. In ogni tappa vi verrà ‘consegnata’ una lettera che darà, insieme alle altre, il nome di un personaggio del libro. Per poter essere estratti dovrete commentare il post finale su Please Another Book scrivendo il nome trovato.

La nostra lettera è:

Di questo personaggio Mirya non ci ha detto molto, anzi. Intanto vi lasciamo una sua perla: “Mi è scoppiato il culetto…”.

Recensione: Million Dollar Baby di Clint Eastwood

Bonjour à tous! Nonostante il mio compleanno, lo studio e il Lucca Comics (immaginate me che gira il festival con occhi sognanti che continua a saltellare dalla felicità) non mi sono dimenticata che era il mio turno di recensire. Settimana scorsa ho avuto l’occasione di rivedere questo film stupendo, Million Dollar Baby, ispirato ai racconti dello scomparso F.X.Toole. Non ero pienamente sicura di parlare di questo film perché avevo paura di non riuscire a esserne all’altezza ma alla fine mi sono decisa ed eccomi qui.

 

  • Titolo: Million Dollar Baby
  • Titolo originale: Million Dollar Baby
  • Regia: Clint Eastwood
  • Anno: 2004
  • Durata: 127 min
  • IMDB

“Se c’è una magia nella boxe è la magia di combattere battaglie al di là di ogni sopportazione, al di là di costole incrinate, reni fatti a pezzi e retine distaccate. È la magia di rischiare tutto per realizzare un sogno che nessuno vede tranne te.”

Non è il solito film sulla boxe, come ci si potrebbe aspettare dal trailer o dalla frase tratta dal film con cui ho deciso di iniziare. Diciamo che Eastwood utilizza questo duro sport per raccontare temi quali la crudeltà dell’esistenza, ma anche la generosità e l’affetto ritrovati. E per fare ciò ecco che ci fa conoscere la storia dei tre protagonisti: Frankie, Scrap e Maggie.

Frankie è un vecchio allenatore frustrato, da una parte perché non è mai riuscito a portare uno dei suoi atleti a vincere il titolo mondiale, dall’altra perché ha perso il rapporto con sua figlia che costituisce l’unica famiglia che ha. Ogni giorno, da vent’anni, va in chiesa come per cercare di perdonarsi qualcosa senza però riuscirci veramente.

Scrap è un ex-pugile e l’unico amico di Frankie. Quando si rende conto che non poteva più combattere sul ring, decide di dare una mano a Frankie a portare avanti una fatiscente palestra di boxe. È una persona fedele, che non abbandona l’amico, ma cerca sempre di spronarlo e consigliarlo perché capisce quanto stia attraversando una sorta di crisi interiore, diciamo così.

Ed eccoci alla vera protagonista della storia: Maggie Fitzgerald, la ragazza da un milione di dollari. Una ragazza proveniente da una famiglia sgangherata, che ha sempre lavorato sodo per cercare di ottenere un posto in cui potesse sentirsi felice. Infatti, la voce narrante presente in tutto il film la presenta come una ragazza che ha sempre, saputo fin dalla nascita, di fare schifo. Ma come dice lei, l’unico momento in cui lei è veramente felice è quando si allena. La sua energia e forza di volontà fuori dal comune, riescono a convincere il vecchio e cocciuto Frankie a passare sopra il fatto che sia una donna e fuori età e a iniziare ad allenarla.

Inizia così il sodalizio tra Frankie e Maggie, che comprende la totale dedizione di lei all’allenatore, che rappresenta ormai l’unica persona che conta nella sua vita. D’altro canto, Frankie sembra quasi che riveda nella ragazza la propria figlia, tanto che se ne affezionerà sempre più. Infatti le regalerà successivamente una vestaglia in pura seta con cucito il soprannome gaelico Mo Cùishle, il cui significato verrà rivelato solo alla fine del film. Con l’aiuto di Scrap, Frankie decide di trasformare Maggie in una grande pugile pur avendo un breve di lasso di tempo per riuscirci. Nonostante le previsioni sfavorevoli, i tre riescono in quest’impresa tanto da far arrivare Maggie alla finale per il titolo mondiale.

Ma purtroppo la vita non va come sempre ci aspettiamo e il finale tragico di questa storia non potrà far altro che farvi scoppiare in un mare di lacrime come è successo a me, lasciandovi con un grande dolore. Eastwood racconta questa storia con la pacatezza e l’eleganza tipica dei suoi film. Vuole presentarci i vari personaggi, facendoci scoprire il loro passato e come sono diventati le persone che sono oggi. Vuole esaltare il coraggio e l’onestà dei protagonisti che si trovano a combattere sul “ring della vita”, trovandosi di fronte alla relatività del decidere: tra il giusto e l’ingiusto, tra il bene e il male. Tutto ciò reso ancora più brillante e commovente grazie alla spettacolare recitazione dello stesso Eastwood nei panni di Frankie, Morgan Freeman (Scrap e voce narrante) e Hilary Swank (Maggie).

Recensione: L’amore è un difetto meraviglioso di Graeme Simsion

Ed eccoci qui, al mio secondo post. Agitata come se fosse il primo..ok, la pianto. Tanto non mi passerà mai. L’ultimo libro letto è La Straniera e dopo quello mi sono persa nella lettura di Vicini di Alessia Esse. Tra quello e gli esami mi sono ritrovata senza un nuovo libro di cui parlarvi. No problem, mi sono detta, apriamo GoodReads e troviamo qualche lettura di quest’estate. Lunedì ho preso una decisione, ma dopo 3 giorni di totale assenza di ispirazione mi è sorto il dubbio che forse non era quello il libro di cui vi volevo parlare. ‘Provaci comunque’ mi sono detta e mentre stavo scrivendo il nome del file -vuoto- appena creato, ho avuto l’illuminazione. Il libro di cui vi parlo oggi è ‘L’amore è un difetto meraviglioso’ di Graeme Simsion.

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Titolo: L’amore è un difetto meraviglioso
Titolo originale: The Rosie Project
Autore: Graeme Simsion
Editore: Longanesi
Disponibile in italiano:
Goodreads

Don è un professore di genetica all’Università di Melbourne e di recente ha fatto una scoperta incredibile: gli uomini sposati sono mediamente più felici di quelli single. E vivono più a lungo! Per questo ha deciso, da scienziato qual è, di trasformare un problema – il fatto che non ha una compagna e non gli è mai riuscito di trovarne una – in un progetto: il Progetto Moglie. È semplice: basta un questionario di sole sedici pagine per escludere tutte le candidate sbagliate e trovare, finalmente, la donna perfetta per lui, una che risponda a criteri rigorosi: non deve fumare né bere, e non deve mai arrivare in ritardo o in anticipo.
Grazie al Progetto Moglie Don scoprirà che la lunghezza dei lobi delle orecchie non è un indicatore affidabile dell’attrazione sessuale. Che c’è una ragione per cui non ha avuto mai un secondo appuntamento con una donna. Che una giacca sportiva in color giallo catarifrangente, benché si chiami «giacca», non è indicata per entrare in un ristorante elegante. E scoprirà che nonostante un approccio estremamente scientifico al problema, non è così che si trova l’amore. Perché è l’amore a trovarti.

Dubito esista ancora qualcuno che mi conosce e non si sia sentito parlare di questo libro. L’ho semplicemente adorato.
Come si capisce già dalla sinossi, la fissazione più grande di Don Tillman – il protagonista – è la programmazione minuto per minuto e caloria per caloria della sua vita. Impiega esattamente 3 minuti e 30 secondi per farsi la doccia, 1 minuto e 12 secondi in più se deve lavare anche i capelli. Per pulire il bagno impiega 94 minuti.

Da quando ha inserito nella sua vita il Sistema Standardizzato di Nutrizione mangia aragosta tutti i martedì, anzi, mangia una dose doppia di aragosta, insalata di mango e avocado con pesce volante in salsa wasabi guarnito da soffritto di porro e alghe croccanti perché non ha più rivisto il programma da quando ha ricominciato a vivere da solo.
Il Progetto Moglie ha inizio nel momento in cui Don decide che deve trovarsi una compagna. Crea quindi un questionario che gli permetta di escludere tutte le donne che, per qualche motivo, reputa non adatte a lui.

Rosie fuma, mette il rossetto, è vegetariana, è sempre in ritardo, lavora in un bar gay qualche sera a settimana ed è -decisamente- troppo disorganizzata.

Don non è in grado di provare sentimenti veri e reali, d’altronde come si fa a schematizzare un sentimento? Tantopiù se quel sentimento viene diagnosticato dal suo amico come amore. Si ostina quindi a non crederci, a cercare in tutti i modi di rimanere nei suoi schemi e nelle certezze che questi gli danno. Forse una donna non è poi cosi necessaria, in effetti.

Di conseguenza, Don non è in grado nemmeno di esprimerli, i sentimenti, non lo ritiene necessario. Sicuramente il professore non è un personaggio reale in cui immedesimarsi, ma seguire i suoi pensieri è qualcosa di decisamente divertente. I personaggi secondari finiscono per sembrarci in qualche modo ridicoli, considerando che li conosciamo solo attraverso l’ottica del nostro pazzo protagonista.

La narrazione è molto veloce e diretta, ma allo stesso tempo dettagliata al punto giusto.

In conclusione, io questo libro l’ho letto per caso, perché non volevo saperne di uscire dalla biblioteca con solo dei noiosissimi libri per un esame. L’ho consigliato praticamente al mondo intero e devo dire che è stato apprezzato. Non mi resta quindi che consigliarlo anche a voi.