Recensione: You’re not you di George C. Wolfe

Ciao a tutti e buon anno! Tra i miei propositi per quest’anno ho inserito la Movie Challenge e con il mio primo post del 2015 depenno soddisfatta “Un film di un attore/attrice che ami e che non hai ancora visto”. L’attrice in questione è Hilary Swank e il film che vi propongo dovrebbe uscire a marzo al cinema, ma avendolo trovato in internet in inglese non sono riuscita a resistere e l’ho guardato. Quindi in anteprima per voi “You’re not you”.

Kate è una pianista a cui viene diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica. Suo marito Evan cerca di trovare qualcuno che si prenda cura di sua moglie. Bec, uno studentessa di college, si offre per il lavoro, nonostante la sua mancanza di esperienza. Kate vede qualcosa di speciale in Bec e vuole avere lei come assistente per le sue cose quotidiane. Kate e Bec si aiuteranno a vicenda a vivere la loro vita e trovare la loro strada nel mondo.



  • Titolo originale: You’re not you
  • Non ancora disponibile in italiano.
  • Regia: George C. Wolfe
  • Durata: 102 min
  • Anno: 2014
  • IMDB

Il film inizia con Kate che si prepara per questo cocktail party che lei e suo marito hanno organizzato nella loro impressionante e bellissima casa. Tutto procede bene ma quando gli amici di Kate le chiedono di suonare il pianoforte e lei si inceppa una volta nell’esecuzione e nota come la sua mano destra inizi a tremare. Poi, il film si proietta un anno e mezzo dopo e vediamo che viene ripetuta la scena in cui Kate si prepara per la sua giornata, solo che questa volta è il marito che la lava, la veste e la trucca;la malattia di Kate, infatti, è progredita molto velocemente.
Ha appena licenziato la sua infermiera perché la faceva sentire ‘una paziente’ e la persona che si presenta per prendere il suo posto è Bec, che, nonostante l’impatto iniziale negativo, viene assunta.


La prima cosa che si percepisce durante la visione del film è il grande contrasto che c’è tra queste due donne: Kate è una persona fortemente ferita dalla sua attuale condizione e controllata dal marito, Bec invece è una ragazza molto istintiva che riesce a malapena a gestire la sua vita super incasinata. Ma forse è proprio il fatto che sono così diverse tra loro che permette a entrambe di avere una crescita lungo il film. Bec impara innanzitutto ad avere rispetto per sé stessa e ad essere una persona affidabile, mentre Kate riesce a dare voce alle sue emozioni e sentimenti attraverso il supporto di Bec, sopratutto nel momento in cui scopre che il marito l’ha tradita.

Una scena che mi è rimasta impressa è quando Kate chiede di prendere in braccio il figlio appena nato di una sua amica, ma inizia a tossire convulsamente e il bambino, che piange, sta quasi per cadere. In disparte, lei confessa a Bec che vorrebbe urlare perché non ce la fa più a sostenere il peso delle delusione che sta dando alle persone a lei care, ma le difficoltà respiratorie non glielo permettono, quindi la ragazza si offre di urlare per lei. Kate si sforza di essere “normale” ma gli altri non riescono ad andare oltre quella che è la sua malattia, a vederla per la persona che è veramente.

La malattia tronca alcune sue relazioni, ma le permette di conoscere nuove persone genuine che le portano serenità nella sua routine. Soprattutto una stravagante signora che ha la stessa malattia, la quale al loro primo incontro durante una sessione di esercizi in piscina le propone una cura non proprio consigliata dai medici e alla fine si ritrovano a fumare erba in salotto.

Il titolo “You’re not you” secondo me si riferisce al fatto che la malattia non permette a Kate di essere sé stessa e di fare le cose che le piacciono. In un certo senso si sente estraniata da quella che era la sua realtà quotidiana e si trova prigioniera in un corpo che non risponde ai suoi comandi. Si sente invisibile e l’unica che sembra vederla veramente è Bec, che ha imparato a conoscerla e a capire quello che Kate vuole veramente. Le due riescono a trarre il meglio l’una dall’altra e a costruire un’amicizia che supera i confini della malattia.


La trama ricorda un po’ quella del film ‘Quasi amici’ e alcuni potranno dire che è un po’ banale. La grandezza del film però sta nel come viene narrata l’incapacità della protagonista dovuta alla malattia. La performance superba di Hilary Swank riesce davvero a trasmettere tutte le differenti e complesse sfumature emotive del personaggio di Kate. Inoltre l’attrice riesce a dipingere il declino delle caratteristiche fisiche con incredibile dettaglio, al punto dove lei diventa incomprensibile a causa delle sempre più crescenti difficoltà nel parlare. Il suo sguardo di rassegnazione quando si sforza di girare la pagina di una rivista o lo sconforto quando gli sconosciuti tentano di stringerle la mano sono i particolari che fanno capire come la Swank sia riuscita a dare consistenza e profondità al suo personaggio.

Vorrei tanto dire qualcosa sul finale ma mi trattengo perché vorrei che anche voi possiate guardare questo film e immergervi in questa storia toccante. Posso solo assicuravi che il finale non è banale e sarà degno delle vostre aspettative. Vi lascio solo come indizio questo pezzo tratto dalla canzone cantata da Bec con cui si chiude il film:

“And guess what – life is messy
And if I learned anything
At least I’m falling forward
Because of you”.


2015 Challenges!

É la prima settimana dell’anno e noi abbiamo già iniziato a stabilire quali saranno i nostri obiettivi letterari per questo 2015. Io (Mon) e Kia abbiamo deciso di buttarci in una nuova avventura, cioè una Reading Challenge. Allo stesso modo anche Anna ha spulciato il web per trovare una sfida che la ispirasse e alla fine ne ha scelta una molto simile alla nostra.

Che cos’è una Reading/Movie Challenge? É una lista di obiettivi riguardanti scelte di libri/film, in modo da spingerci a provare generi nuovi o motivarci a leggere/guardare finalmente quel libro/film che giace da tempo immemore sul nostro comodino/hard disk.
Le sfide sono le seguenti:


Come potete vedere sono 50 punti e quindi, teoricamente, 50 libri/film. Non so se sarà fattibile completarli tutti, ma sicuramente ci proveremo.
Nella sezione Iniziative abbiamo creato due pagine per le sfide, in modo da tenere il conto dei punti svolti e permettere a voi di seguire i nostri progressi. Se l’idea vi piace, potete provare a svolgerla anche voi e se avete bisogno di consigli sui libri da leggere o volete scambiare pareri sui libri già letti, potete trovare l’evento Facebook qui

Recensione: Ultimo Requiem di Nicola e Mimmo Rafele

Buongiorno a tutti, ma soprattutto BUON ANNO! Eh già, mi è toccato il primo post e mi tocca anche il primo dell’anno. É un po’ che non mi faccio sentire e l’ultima volta vi ho parlato di ricette. La mia assenza è dovuta al fatto che sto leggendo meno, prima causa esami e università e poi causa vacanze che mi hanno portato un attacco di creatività compulsiva. Quindi, dalla cucina all’uncinetto, in questi giorni ho fatto di tutto tranne leggere. Ma se sperate di esservi liberati di me, vi sbagliate di grosso. Finalmente sono arrivata in fondo a un libro che mi trascinavo dietro da 15 giorni, non perchè non mi piacesse, anzi, ma perché, appunto, non avevo tempo. Il libro in questione è diverso da tutti quelli di cui vi ho parlato finora, si tratta di ‘Ultimo Requiem’ di Mimmo e Nicola Rafele.

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Titolo: Ultimo Requiem
Autori: Nicola e Mimmo Rafele
Editore: Longanesi
Disponibile in italiano: Si
Goodreads

Carlo Settembrini è commissario alla questura di Bologna quando, il 2 agosto 1980, esplode la bomba alla stazione. Carlo indaga, ma ancora non sa che si troverà a combattere un nemico sfuggente e potentissimo. Un nemico che ha tanti volti, e uno di quei volti è lo Stato.
Sergio Russo in quell’esplosione ha perso la donna che ama. Il suo futuro di magistrato sarà all’insegna della ricerca della verità e del desiderio di vendetta.
Matteo Sabato compie 18 anni pochi giorni dopo la strage. È nato in una famiglia mafiosa, ma il potere che suo padre ha accumulato all’ombra del boss Stefano Bontate non gli basta, vuole di più.
Comincia così una sfida infernale che durerà 13 anni e attraverserà tutti gli snodi più drammatici della storia italiana recente: dalle stragi di Stato fino alle bombe del ’92-’93, dal ferimento di papa Wojtyla alla morte di Falcone e Borsellino, dalla scoperta degli elenchi della P2 a Tangentopoli, dal declino della Prima repubblica fino all’ascesa di un nuovo potere che comanda ancora oggi. Dalla risposta che un padre e un figlio hanno voluto dare al loro bisogno di verità su uno dei più atroci misteri italiani, un trascinante romanzo sulla sanguinaria passione del potere e sugli ultimi decenni della nostra storia.

Come vi dicevo prima della trama, questo libro è diverso. L’ho scovato sul tavolone ‘Novità e Proposte’ della biblioteca in uno dei giri durante una pausa dallo studio. Grazie al mio umore “allegro” del periodo di esami, il titolo mi ha attirata. Poi ho letto la trama e, umore o no, ho deciso che lo dovevo leggere. Come argomenti mi ricordava molto ‘É già sera, tutto è finito’ di Tersite Rossi (potete trovare qualche informazione in più qui) un libro che ho amato. Un romanzo-inchiesta incentrato sulle bombe del ‘92-’93.

Ma torniamo al libro dal titolo allegro. Comincia con la Strage di Bologna, vissuta molto da vicino. I primi capitoli sono da brividi, poi sale un po’ lo schifo. Non per come è scritto o per come è sviluppata la storia, ma per quello che racconta. Inizialmente si fa un po’ fatica a ricordare i nomi, sono parecchi e tutti introdotti nelle prime pagine. Si tratta di un romanzo, ok, ma io non sono stata in grado di distinguere il confine tra realtà e invenzione. L’impulso è quello di continuare a cercare informazioni in internet per capirne di più, per scoprire qualcosa di più. Poi scopri che, chiaramente, i nomi sono tutti inventati. Ho come l’impressione che dentro ci sia più verità di quanto si colga a una lettura superficiale. Mascherata, romanzata – ovviamente – ma i fatti sono reali. Le bombe, l’attentato a Papa Wojtyla, la P2. Il libro scorre più che bene, la storia è romanzata in modo da prendere il lettore e non fargli mollare il libro. E poi a un certo punto TAC ti inserisce un avvenimento, una data che quando la digiti in internet vieni sommerso dalle notizie relative a quel giorno.
Sono dell’idea che tutti dovrebbero leggere qualche libro di questo tipo, non solo romanzi rosa (che adoro, non ho nulla contro quelli, sia chiaro). Soprattutto se sono scritti come questo e scorrono che è un piacere.

Doctor Who – Last Christmas

Iniziamo con un bel Buon Anno Nuovo!!
Spero siate tutti pronti a festeggiare. Io personalmente quest’anno non ho troppa voglia di darmi ai festeggiamenti pazzi, quindi passerò una serata tranquilla tranquilla con delle amiche.
Ma oggi non sono qui per parlarvi dei miei programmi per Capodanno, quanto per festeggiare il ritorno di Doctor Who. So che la parte riguardante le Serie Tv in questo blog non è stata curata particolarmente ed è colpa mia, perché, nonostante io guardi una quantità di telefilm assurda, mi risulta veramente difficile scriverne. Per il nuovo anno sto cercando di trovare nuovi modi per riuscire a scrivere più recensioni..se avete suggerimenti, non esitate a scrivermi 😉

Bene, diamoci dentro con la sbrodolata di parole che verrà fuori da questo mio commento.
“Last Christmas” è andato in onda la sera del 25 dicembre, come ogni anno ed è stato un vero regalo per tutti noi Whovians. É riuscito a ridarmi emozioni che non avevo provato in tanti episodi di questa ottava stagione e ha fatto rinascere in me la speranza che la nona stagiona parta alla grande.
Questa volta non voglio raccontare la trama per esteso, ma ricordo che il post può essere comunque considerato ad alto rischio di spoiler.

L’episodio inizia con Clara che viene svegliata all’improvviso da dei rumori e, una volta uscita, sorprende Santa Claus e due elfi che discutono sul tetto. Immaginatemi mentre guardo il pc e tutta felice batto le mani e ripeto all’infinito: “Santa is real” e capirete che già dopo due minuti io ero persa in un mare di emozioni. Sì, ho dei problemi.

Ovviamente appare il Dottore e da quel momento è tutta una corsa contro il tempo e contro la morte. La trama non è particolarmente complessa, ma la struttura usata mi ha affascinata tantissimo. Pochi lo sanno, ma ho una passione per i sogni e tutto ciò che li riguarda e questo episodio, che mi ha ricordato molto il film Inception (se non l’avete ancora visto, dovete correre subito a farlo), parla proprio di sogni. É un modo strano, che non si riesce mai davvero a comprendere e le domande che tormenta per tutti i 40 e passa minuti è: “Sono svegli? Stanno ancora sognando? É realtà?”

Moffat non ci conduce su un pianeta lontano, non ci porta ad esplorare galassie. Ci spinge invece ad affrontare un viaggio che porta a chiedersi se sarebbe preferibile vivere in un sogno, dove tutto è bello, luminoso, senza paura, piuttosto di fare i conti con la vita vera. Oltre ai 4 ricercatori all’interno della base in Antartide dove si svolge la maggior parte dell’azione, la protagonista di questo episodio è Clara: lei vorrebbe lasciarsi andare, continuare a vivere nel sogno, insieme a Danny. Ed è proprio lui, l’uomo che amava, e che io non ho mai sopportato, a convincerla a lottare per la vita che la aspetta al di fuori del sogno.

Do you know why people get together at Christmas? Because every time they do it, it might be the last time. Every Christmas is last Christmas

Anna e Kia lo sanno che mi diverto particolarmente a cercare di anticipare quello che succederà nell’episodio, ma questo giro non avevo previsto nulla.
Il ruolo di Santa Claus nella trama mi ha lasciata a bocca aperta e gli occhi mi si sono riempiti di lacrime quando Clara, abbracciando Twelve ha detto: “I’ve always believed in Santa Claus, but he looks a little different to me”. É stato bellissima vedere il Dottore eccitarsi e ridere per essere riuscito a guidare una slitta, guidata da renne volanti, proprio lui che era il più scettico verso Santa Claus.

Ho apprezzato che dopo le bugie che si erano detti nel finale di stagione, sia Clara che il Dottore siano riusciti a dirsi la verità e ad ammettere di aver mentito per salvaguardare la felicità dell’altro. É stato come essersi tolti un peso, sia per loro, ma anche per me.
Clara è tornata ad essere la ragazza coraggiosa e “viva”, se mi passate il termine, che in questa ultima stagione era quasi scomparsa. É stato un colpo al cuore vederla invecchiata tutto d’un colpo e per un attimo ho temuto che il suo viaggio sarebbe terminato lì, con il Dottore al suo fianco a dirle di non essere assolutamente in grado di notare la differenza tra la Clara giovane e quella anziana. Da quando è arrivato Twelve è una delle prime volte in cui viene espresso così chiaramente quanto il Dottore tenga a Clara e credetemi quando dico che stavo piangendo come una fontana. Non ai livelli dell’addio a Eleven, ma quasi.


Questo episodio non poteva concludersi in modo migliore. Il Dottore offre alla sua Impossible Girl di tornare a viaggiare con lui e non intende accettare un no come risposta. La frase è ricorrente e ogni volta che la sento, in tutte le sue versioni, vorrei che un giorno accadesse a me di imbattermi in una cabina telefonica blu e in un Dottore che mi porti a conoscere le stelle.

The TARDIS is sitting outside.So all of time and all of space is sitting out there in a big, blue box. Please, don’t even argue.

Lo so, recensione lunghissima, ma volevo salutare questo 2014 e voi con un piccolo regalo: un video che ho trovato oggi per caso che però penso riassuma molto bene questa ultima stagione di Doctor Who e che, se riguardato molto molto spesso, ci renderà meno dura l’attesa fino all’inizio della nona stagione.