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Recensione: B-loved di P. D. Blacksmith

Trovo sempre difficile scrivere recensioni di libri a cui ho dato un voto basso, ma questa volta voglio provarci perché vorrei cercare di spiegare cosa non mi ha convinta di questa storia.

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Titolo: B-loved
Autore: P. D. Blacksmith
Editore: Giunti
Disponibile in italiano: Si
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Belinda ha diciannove anni, vive a Marsiglia, ed è una ragazza piuttosto inquieta: è un’acrobata del parkour, un asso nel lancio dei coltelli e ha un talento naturale per mettersi nei guai. Dopo essersi fatta coinvolgere in una rapina con una banda di ladruncoli, ha bisogno di cambiare aria e non trova migliore rifugio che la casa del padre, nella sonnacchiosa Trento. Ma i cieli azzurri, i laghi cristallini e le cime innevate di un panorama da favola celano molto più di quanto sembra. Anche i ragazzi che conosce – biondi, muscolosi, tatuati e appassionati di arrampicata – hanno qualcosa di strano. In più, la città è sconvolta da una serie di suicidi, le cui giovani vittime, come in un tragico rituale, cercano la morte nell’acqua. Ben più di una semplice coincidenza. Così la pensano anche Micha, il leader del gruppo, più biondo e più bello di tutti, e Detlev, suo fratello adottivo, sfuggente e misterioso. Ma chi sono davvero i ragazzi delle montagne? Perché vivono isolati sulle vette? Che cosa le vogliono dire? Davanti a Belinda si sta per spalancare un mondo del tutto nuovo, popolato da creature straordinarie pronte a sconfiggere il male. Un mondo dove tutto ha due facce, anche l’amore, e Belinda sarà costretta a scegliere senza fare errori.
Un fantasy pieno di suspense, colpi di scena, seduzione e mistero.

Il libro è scritto da due autrici che attualmente vivono nelle Dolomiti e hanno voluto raccontare la storia di questa ragazza, Belinda, che, trasferitasi a Trento dopo alcuni avvenimenti sfortunati, si ritrova immersa in un mondo popolato da creature fantastiche.
Ho una passione per i fantasy e cerco sempre di dare una possibilità ad autori ed autrici italiane, perché ogni tanto mi piace leggere qualcosa nella mia lingua madre e, cercando bene, si trovano delle piccole perle. Purtroppo fra queste non c’è B-loved che, nonostante abbia un’idea di base coinvolgente e con grandi possibilità, mi ha lasciata insoddisfatta.

Non so se a deludermi di più siano stati i personaggi o il modo in cui è stata sviluppata un’idea che avrebbe avuto un gran potenziale.
Ho trovato Belinda, la protagonista, abbastanza antipatica, nonostante fin dall’inizio cerchino di farla passare per una ragazza fuori dal comune e forse degna di nota. Si rivela invece praticamente una bambina, che non riesce a comprendere i suoi sentimenti e quelli degli altri o fa finta di non capirli, che si mette in pericolo senza un motivo valido e prende decisioni impulsive che causano solamente guai.
Da tradizione, anche in questo libro c’è un triangolo amoroso e quindi le autrici ci regalano Micha, biondo, muscoloso e semplicemente perfetto, e Detlev, moro, tenebroso e pieno di segreti. Sfortuna vuole che i due siano fratelli adottivi e che entrambi siano interessati a Belinda.
Non so che dire sui due, perché li ho trovati profondi come una pozzanghera, come del resto la moltitudine di personaggi secondari che circondano la protagonista.
Micha viene messo nella temibile friend-zone e non fa niente per uscirne, anzi. Non che Detlev debba fare molto per conquistare Belinda, che da un giorno all’altro passa dal temerlo e girarne alla larga, al volergli saltare addosso e stare sempre insieme. La chiamarono coerenza.

Parliamo un attimo della trama: più o meno fino al 20% del libro non succede assolutamente nulla. Le pagine scorrono tra le pippe mentali di Belinda e le sue ricerche per una casa e un lavoro (trova entrambi nel giro di un giorno, quindi dovrò farmi spiegare come ci è riuscita). Si fa un paio di amici, Dona e Panco e inizia ad uscire con Micha, il tutto senza suscitare un grande interesse nel lettore, finché ad un certo punto, la svolta: Belinda scopre l’esistenza di esseri sovrannaturali e la sua vita cambierà per sempre.
Quando sono arrivata alla scoperta di queste creature, la mia attenzione si è risvegliata perché l’idea era buona ed interessante, ma è stata rovinata dallo sviluppo. Da una parte abbiamo i cermanni, esseri metà umani e metà cervi, di cui un gruppo di ragazzi, guidati da Micha, fa amicizia (diciamo che la tollerano) con Belinda, dall’altra abbiamo gli anguani, creature d’acqua metà serpente e metà uomo, specie di cui fa parte Detlev.
Cosa hanno in comune le due specie, vi chiederete. Assolutamente niente, anzi, teoricamente dovrebbero starsi il più lontano possibile, ma, per sconfiggere un nemico comune, si sono alleati. Vi risparmio le dinamiche tra il gruppo di cermanni e Detlev e vi lascio scoprire i poteri che entrambe le specie possiedono, ma qualcosa in tutta questa storia non mi ha convinta.

Non voglio spoilerare nulla nel caso qualcuno di voi voglia leggere il libro (se lo fate vi prego di scrivermi le vostre opinioni), ma mentre leggevo il finale l’unico mio pensiero era: “Mi stanno prendendo in giro, vero?!”.
Non me la sento quasi mai di sconsigliare un libro e se lo faccio è solo perché so che ad una determinata persona non potrebbe mai piacere o che determinati argomenti potrebbero turbarla, quindi se la trama vi ispira dategli una possibilità e dopo fatemi sapere cosa ne avete pensato. I rating che diamo qui sul blog sono soggettivi e quindi rispecchiano la mia opinione di un libro o di un film che potrebbe discordare totalmente dalla vostra.
Il libro riceve quindi 2 cupcake, più per le scelte fatte nello sviluppare la trama e per il mancato sviluppo dei personaggi, perché davvero l’idea meritava e non mi stancherò di ripeterlo.


Recensione: I’ll give you the sun di Jandy Nelson

Negli ultimi anni ho notato di essere soggetta ad un totale blocco da lettrice che si estende da metà gennaio alle prime settimane di febbraio. Non so perché succede e non ho assolutamente idea di come sistemare la cosa, ma questo 2015 è iniziato proprio con questa incapacità di leggere. Poi, all’improvviso spunta un libro che cambia le carte in tavola e mi fa ripartire come un treno e quest’anno è I’ll give you the sun.

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Titolo: I’ll give you the sun
Autore: Jandy Nelson
Editore: Dial Books
Disponibile in italiano: No
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Jude and her twin brother, Noah, are incredibly close. At thirteen, isolated Noah draws constantly and is falling in love with the charismatic boy next door, while daredevil Jude cliff-dives and wears red-red lipstick and does the talking for both of them. But three years later, Jude and Noah are barely speaking. Something has happened to wreck the twins in different and dramatic ways . . . until Jude meets a cocky, broken, beautiful boy, as well as someone else—an even more unpredictable new force in her life. The early years are Noah’s story to tell. The later years are Jude’s. What the twins don’t realize is that they each have only half the story, and if they could just find their way back to one another, they’d have a chance to remake their world.

This radiant novel from the acclaimed, award-winning author of The Sky Is Everywhere will leave you breathless and teary and laughing—often all at once.

 

Vi è mai capitato di iniziare un libro e dopo poche pagine storcere il naso perché la storia non vi convince o perché i personaggi sono piatti e senza carattere, per poi arrivare ad una pagina che vi fa innamorare? A me è successo con questo romanzo.
Non avevo mai letto niente della Nelson e per una volta non avevo letto neanche una recensione (ho solo sbirciato la valutazione di alcune amiche giusto per farmi un’idea generale), quindi ho iniziato a leggere curiosa, ma senza grandi aspettative. Il libro è scritto attraverso due POV’s, quello di Noah e quello di Jude. Il ragazzo ci racconta fatti avvenuti qualche anno prima rispetto al presente, narrato invece dalla sorella. Non sono una fan del doppio punto di vista, ma in questo particolare libro la scelta è azzeccata, perché ci permette di capire i due protagonisti a fondo. Altra particolarità è il tipo di scrittura della Nelson che, soprattutto nei capitoli dedicati a Noah, usa metafore volte a farci comprendere il carattere del ragazzo.

She gives of light. I give off dark. (PORTRAIT, SELF-PORTRAIT: Twins: The Flashlight and the Flashdark)

Questo libro è come una galleria d’arte, un susseguirsi di quadri e statue che ci raccontano la loro vita. Noah e Jude sono due gemelli di tredici anni quando la storia ha inizio e non potrebbero essere più diversi. Jude è solare, circondata da amiche, mentre Noah è sempre da solo e preso di mira dai ragazzi più grandi. Ma i due hanno un rapporto speciale, fatti di giochi e regole che solo loro due possono capire. Si parlano telepaticamente e si sono divisi il mondo, di cui usano parti (alberi, fiori, l’oceano, il sole) per ottenere qualcosa dall’altro. Crescendo, però, cambia sempre qualcosa e la gelosia, la sensazione di non essere accettati, la paura per un futuro ancora sconosciuto, sono emozioni che i due non avevano ancora conosciuto. E sono queste nuove emozioni che portano entrambi a commettere errori che andranno a influenzare altre persone e, a volte, a creare danni irreparabili.
Non so dirvi chi mi ha fatta emozionare di più o chi proprio non mi è piaciuto, perché in questo libro tutti sono umani e quindi imperfetti. Ognuno dei personaggi ha commesso errori e ognuno ha creato meraviglie.

Jude, per esempio, iniziamo a conoscerla davvero solo quando è lei a raccontare. Prima la potevamo percepire solo attraverso gli occhi del fratello. La ragazza, ormai sedicenne, è superstiziosa e impaurita da ogni malattia. È una ragazza particolare, sotto la forte influenza dalla nonna, defunta da qualche anno. Parla con il fantasma della nonna e ha paura di quello di sua madre (lo giuro, non è un fantasy). Il molti la credono un po’ squilibrata, ma lei vive la vita a modo sua, tenendo una cipolla nella tasca o spandendo zucchero perché porta fortuna. Sa di aver commesso degli errori, soprattutto nei confronti del fratello e cercherà in ogni maniera di rimediare.

We exhale together, then inhale together, exhale, inhale, in and out, out and in, until not even the trees remember what happened in the woods yesterday, until Mom’s and Dad’s voices turn from mad to music, until we’re not only one age, but one complete and whole person.

Noah vive in un mondo fatto di colori e immagini, che nascono e si dipingono da sole nella sua mente. A volte quei dipinti diventano realtà, a volte rimangono nel museo privato nella sua testa. È giovane e tutto nei capitoli a lui dedicati indica incertezza, innocenza, curiosità. Vede il mondo a modo suo e l’autrice riesce con metafore e descrizioni a farlo vedere anche a noi. Noah ha sempre vissuto nell’ombra, per paura di non essere accettato e perché nessuno riusciva ad andare oltre al suo silenzio o ai suoi disegni, tranne Jude, Brian, il ragazzo dei meteoriti e sua madre. Quando la madre comunica ad entrambi i figli che potranno provare le selezioni per accedere alla scuola d’arte della zona, Noah ha finalmente qualcosa che lo in accompagna attraverso le sue giornate: il desiderio di entrare in quella scuola e dimostrare di essere qualcuno, di farsi conoscere e apprezzare attraverso la sua arte.
L’adolescenza si sa, spinge le persone a commettere gesti non voluti e Noah non ne è immune. Commette scelte sbagliate ed errori che creeranno problemi e lo porteranno a cambiare totalmente sè stesso e forse anche a perdersi un po’.

And you used to make art and like boys and talk to horses and pull the moon through the window for my birthday present.

Nei capitoli narrati da Jude, mi si stringeva il cuore a vedere Noah così cambiato, così poco magico. Non c’erano più colori e dipinti assurdi, non c’erano ritratti e non c’era più quel ragazzo che vedeva l’anima delle persone e poi la disegnava. Una persona, però, non cambia mai veramente e il carattere che mi aveva incantata piano piano riemerge, in un’esplosione improvvisa di colori e immagini che lascia tutti sbalorditi e lo porta a rimediare agli errori del passato.

I personaggi secondari mi hanno piacevolmente colpita. A partire dalla madre che spinge i suoi figli a dare il meglio per entrare nella scuola ed è sempre attenta a cosa li turba o li rende felici. È più legata a Noah e si nota, soprattutto durante la prima parte del romanzo, come le risulti difficile relazionarsi con Jude. Non capisce i suoi comportamenti e non approva le sue scelte, ma cerca più volte di migliorare il rapporto con la figlia. Il padre appare poco, forse proprio perché nella parti raccontate da Noah, che è convinto di non piacere al padre, l’uomo praticamente non esiste. Eppure, con il passare del tempo, anche il loro rapporto migliora e cresce, fino ad arrivare al punto in cui Noah decide di mentire per salvaguardare la felicità del padre, che finalmente lo apprezza per come è veramente.
Brian arriva all’improvviso nella vita di Noah, spezzando la routine che scandiva le sue giornate. È un ragazzo particolare, appassionato di meteoriti, ma campione di baseball della sua scuola, fatto che manda Noah in confusione. Un ragazzo popolare, infatti, non lo avrebbe mai preso in considerazione come invece fa Brian. È lui che sconvolge completamente il mondo di Noah, facendogli provare emozioni nuove e fino a quel momento sconosciute e sarà sempre lui uno dei maggiori rimpianti del protagonista.
Guillermo e Oscar riempiono le pagine dei capitoli narrati da Jude di gioia, divertimento e domande. Jude si chiede chi sia la donna amata da Guillermo e perché lui pianga mentre dalle sue mani nascono nuove sculture, si domanda quale sia la storia del giovane inglese che giorno dopo giorno la fa innamorare e quando Noah tornerà ad essere sè stesso.

“I gave up practically the whole world for you,” I tell him, walking through the front door of my own love story. “The sun, stars, ocean, trees, everything, I gave it all up for you.”

I’ll give you the sun è una storia d’amore, tra due persone, tra due fratelli, tra un genitore e un figlio, ma è anche una storia di perdita. Mostra che al mondo esistono persone diverse, ma non per forza sbagliate, che per essere accettati bisogna accettare sè stessi prima e che va bene perdersi ogni tanto, perché prima o poi arriverà qualcuno in grado di riportarvi sulla retta via.
All’inizio non mi aveva convinta come storia, ma piano piano si è fatta strada dentro di me e mi ha incantato, come immagino mi avrebbero incantato i disegni di Noah o le donne di sabbia di Jude. Come ogni libro può piacere o non piacere, ma sono sicura che sia degno di una possibilità.


Recensione: Novemila giorni e una sola notte di Jessica Brockmole

Ciao a tutti! Sessione finita, o almeno io ne ho decretato la fine. Mi restano quindi 10 giorni di ‘vacanza’ prima di riprendere le lezioni e sto quindi sguazzando tra i libri con la stessa gioia di un maialino nel fango.
L’ultimo letto è ‘Novemila giorni e una sola notte’ di Jessica Brockmole. Letto tutto d’un fiato, non sono sicura di rendergli giustizia con uno dei miei soliti sproloqui. L’intenzione è comunque quella di convincere chi non l’ha ancora letto ad immergersi tra le pagine di questo libro.

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Titolo: Novemila giorni e una sola notte
Titolo originale: Letters from Skye
Autore: Jessica Brockmole
Editore: Editrice Nord
Disponibile in italiano:
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Cara figlia mia,
tu non hai segreti, ma io ti ho tenuto nascosta una parte di me. Quella parte si è messa a raschiare il muro della sua prigione. E, nel momento in cui tu sei corsa a incontrare il tuo Paul, ha cominciato a urlare di lasciarla uscire.
Avrei dovuto insegnarti come indurire il cuore; avrei dovuto dirti che una lettera non è mai soltanto una lettera. Le parole scritte su una pagina possono segnare l’anima. Se tu solo sapessi…
E invece Margaret non sa. Non sa perché Elspeth, sua madre, si sia sempre rifiutata di rispondere a qualsiasi domanda sul suo passato, limitandosi a mormorare: «Il primo volume della mia vita è esaurito», mentre gli occhi le si velavano di malinconia. Eppure adesso quel passato ha preso la forma di una lettera ingiallita, l’unica che Elspeth ha lasciato alla figlia prima di andarsene da casa, così, improvvisamente, senza neppure una parola d’addio. Una lettera che è l’appassionata dichiarazione d’amore di uno studente americano, David, a una donna di nome Sue. Una lettera che diventa, per Margaret, una sfida e una speranza: attraverso di essa, riuscirà infine a svelare i segreti della vita di sua madre e a ritrovarla?
Come fili invisibili, tirati dalla mano del tempo, le parole di David conducono Margaret sulla selvaggia isola di Skye, nell’umile casa di una giovane poetessa che, venticinque anni prima, aveva deciso di rispondere alla lettera di un ammiratore, dando inizio a una corrispondenza tanto fitta quanto sorprendente.
La portano a scoprire una donna ostinata, che ha sempre nutrito la fiamma della sua passione, che non ha mai permesso all’odio di spegnerla.
La guidano verso un uomo orgoglioso, che ha sempre seguito la voce del suo cuore, che non si è mai piegato al destino.
Le fanno scoprire un amore unico, profondo come l’oceano che divideva Elspeth e David, devastante come la tragedia che incombeva su di loro, eterno come i novemila giorni che sarebbero passati prima del loro incontro.
Salutato da critica e lettori come il libro-evento dell’anno, Novemila giorni e una sola notte è un inno struggente alla magia delle parole e alla forza di un amore così grande da superare il tempo e la lontananza. Perché se una lettera non è mai soltanto una lettera, un romanzo non è mai soltanto un romanzo. È lo specchio della nostra vita.

 

Ho sempre adorato a prescindere i libri costruiti come raccolta di lettere, ma questo ha qualcosa di più.

È la storia di un amore. Un amore che si sviluppa attraverso uno scambio epistolare e che vede il susseguirsi di due guerre mondiali. Che supera paure e decisioni a volte sbagliate e si riempie ogni giorno di speranza.

Il libro si svolge su due piani temporali diversi, quello di Sue e David e quello di Margaret. Il primo pieno di amore, il secondo pieno di curiosità e di domande su un passato che vorrebbe rimanere nascosto ma non può farlo.
Sue e David si conoscono grazie a un libro di poesie scritto da lei e una lettera di complimenti che lui decide di scriverle. È da quella lettera che si sviluppa un grande amore che cresce e cambia insieme ai protagonisti, condizionato soprattutto dalla Grande Guerra.
Margaret è la figlia di Sue e non ha mai scoperto nulla sul suo passato, la madre non vuole raccontarle niente. Durante la Seconda Guerra Mondiale, grazie a una serie di coincidenze, comincia a scoprire qualcosa in più. Piccoli dettagli che alimentano la sua curiosità e la portano a scrivere a parenti sconosciuti e a viaggiare alla scoperta del suo passato.

A riflettere non si sbaglia mai. È ciò che distingue gli esseri umani dagli scarafaggi.

Ho adorato Sue e Davey, pieni di incertezze, domande e paure, così reali. Per certi versi molto simili, ma allo stesso tempo diversi, uno cresciuto a Urbana, l’altra sull’isola di Skye. Ho adorato Margaret, con la sua convinzione ad andare avanti nonostante gli ostacoli. Lo zio Finlay, necessario nonostante il suo essere assente e scorbutico. E la nonna, che sembra assente, distante dalla figlia e poi dalla nipote ed invece sa e osserva tutto ed è sempre pronta per un consiglio o un aiuto.
Nel finale manca un po’ la storia di Margaret, per questo avevo pensato di non dare il voto pieno. Mentre scrivevo, invece, mi sono resa conto di quanto questo libro mi abbia conquistata. Voto pieno quindi, con la speranza che lo apprezziate quanto me.

Recensione: Io sono il messaggero di Markus Zusak

In occasione del Messaggero Read Along organizzato da Please Another Book, ho letto – o meglio, abbiamo letto – ‘Io sono il messaggero’ di Markus Zusak. Mon mi aveva promesso che avremmo scritto la recensione insieme ma, finito il libro, mi ha comunicato che la recensione l’avrei scritta da sola. Oggi ho finito il libro anche io e ho capito perchè ha ben pensato di abbandonarmi. Ebbene sì, la cosa si sta rivelando più complicata del previsto.

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Titolo: Io sono il messaggero
Titolo originale: The messenger
Autore: Markus Zusak
Editore: Frassinelli
Disponibile in italiano:
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L’esistenza di Ed Kennedy scorre tranquilla. Fino al giorno in cui diventa un eroe. Ed ha diciannove anni, una passione sfrenata per i libri, un lavoro da tassista piuttosto precario che gli permette di vivacchiare, e nessuna prospettiva per il futuro. Quando non legge, passa il tempo con gli amici giocando a carte davanti a un bicchiere di birra o porta a spasso il Portinaio, il suo cane, che beve troppo caffè e puzza anche quando è pulito. Con le donne non è particolarmente disinvolto, perché l’unica ragazza che gli interessi davvero è Audrey, la ragione per cui è rimasto in quel posto senza vie d’uscita. Capace di colpirlo al cuore con una frase: «Sei il mio migliore amico». Non serve una pallottola per uccidere un uomo, bastano le parole. Tutto sembra così tremendamente immutabile: finché il caso mette un rapinatore sulla sua strada, e Ed diventa l’eroe del giorno. Da quel momento, comincia a ricevere strani messaggi scritti su carte da gioco, ognuno dei quali lo guida verso nuove memorabili imprese. E mentre Ed diventa sempre più popolare, mentre nota una luce diversa negli occhi di Audrey e la gente lo saluta per strada, inizia a domandarsi: da dove arrivano i messaggi, chi è il messaggero? Come Storia di una ladra di libri, Io sono il messaggero è un romanzo pieno di poesia e ironia. Con il suo stile unico, Markus Zusak sa raccontare la vita delle persone comuni in modo straordinario, dando un senso speciale anche alla più ordinaria delle esistenze: perché sono i piccoli gesti di altruismo a renderci eroi quotidiani.

 

Cominciamo con la parte positiva. Lo stile di Zusak, il modo in cui è scritto questo libro. Ne ero già rimasta affascinata leggendo ‘La bambina che salvava i libri’ (narrato in prima persona dalla Morte) e qui non si è smentito per nulla. Ha un modo di scrivere che ti tiene incollato alle pagine e non ti fa quasi respirare. Ti fa immedesimare in tutto e per tutto nella storia, emozionandoti come non tutti i libri fanno. Mi piace molto quando si rivolge direttamente al lettore ponendogli domande, chiedendogli cosa farebbe lui. Zusak riesce, in un certo senso, a comunicare con il lettore come se stesse raccontando a voce una storia, qualcosa che ha vissuto in prima persona.
Ciò che invece ha fatto perdere una stellina – o cupcake – a questo libro, secondo me, è stato il finale. Magari è solo perchè mi aspettavo qualcosa di più, visto l’andazzo del libro. Ma sono dell’idea che il finale – parlo delle ultime due parti – sia un po’ troppo frettoloso, chiuso velocemente, senza che la storia abbia la possibilità di svilupparsi appieno. Sono rimasta un po’ delusa, soprattutto nel confronto con la prima metà della storia. Mi sarebbe piaciuto che l’autore avesse approfondito di più la parte relativa al protagonista ed ai suoi amici invece che svolgerla così rapidamente. In un certo senso ci potrebbe stare in quanto Ed è cresciuto ed ha capito i suoi compiti e riesce quindi a capire cosa fare e portare a termine i suoi compiti più velocemente. Però – casomai non si fosse capito – la cosa non mi ha convinta.

Soltanto in una società malata come la nostra si può perseguitare un uomo perché legge troppo.

Che dire dei personaggi (o per lo meno di alcuni)?
Ed mi è piaciuto, è ben caratterizzato e riesce sempre in quello che vuole. Quello che mi da un po’ fastidio è il fatto che riesca in tutto nonostante non ci creda per nulla e non abbia la benchè minima fiducia nelle sue capacità. Nel corso della storia, comunque, cresce e acquista più fiducia nelle sue capacità. Sempre per quanto riguarda il discorso del finale, mi sarei aspettata una svolta più decisa.
Marv, Ritchie e Audrey non potrebbero essere più diversi tra loro e da Ed stesso ed è probabilmente per questo motivo che riescono in un certo senso a sostenersi a vicenda. Ognuno ha i suoi problemi, che si scoprono essere più grossi di quanto ognuno di loro voglia mostrare agli altri. È solo alla fine del libro che si vedono crollare i muri dietro cui ciascuno si era nascosto per proteggersi dal mondo esterno.
Milla, Sophie, i Tatupu, Angie, Padre O’Reilly. Sono questi i personaggi ‘secondari’ che più mi sono piaciuti e che più hanno aiutato Ed a crescere e capire cosa fare della propria vita.

In sostanza, prima che mi perda nei meandri dei miei sproloqui, mi limito a consigliarvi di leggere questo libro – o perlomeno qualcosa di Zusak – lasciandovi prendere dal suo modo di narrare particolare e allo stesso tempo speciale.