Film

Recensione: The Artist di Michel Hazanavicius

Buongiorno a tutti! Ho appena realizzato che è già dicembre e sono quasi due mesi che il nostro blog ha preso vita… miseria, il tempo vola! Sembra ieri che decidevamo i colori per il titolo e l’immagine di rating (meno male che alla fine siamo riuscite a trovare dei dolcissimi cupcakes altrimenti a quest’ora avremmo delle tartarughine).
Questa volta, ho voluto fare uno strappo alla regola e ho scelto per voi un film che da un po’ si nascondeva nel mezzo della mia infinita lista di film (infinita perché ci saranno segnati almeno un centinaio di film e ogni volta che ne depenno uno, ne aggiungo come minimo altri tre). Il film in questione s’intitola “The Artist”.


  • Titolo: The Artist
  • Titolo originale: The Artist
  • Regia: Michel Hazanavicius
  • Anno: 2011
  • Durata: 100 min
  • IMDB

Hollywood 1927. George Valentin è un notissimo attore del cinema muto. Un giorno, all’uscita da una prima, una giovane aspirante attrice lo avvicina e si fa fotografare sulla prima pagina di Variety abbracciata a lui. Di lì a poco se la troverà sul set di un film come ballerina. È l’inizio di una carriera tutta in ascesa con il nome di Peppy Miller. Carriera che sarà oggetto di una ulteriore svolta quando il cinema sonoro prenderà il sopravvento e George Valentin verrà rapidamente dimenticato.

Il film, in bianco e nero, non parla solo del cinema muto ma è esso stesso un film muto. Prima di continuare, é bene che sappiate che io e i film in bianco e nero e i film muti non andiamo proprio d’accordo; li ho sempre trovati noiosi e non sono mai riuscita a guardarli per più di una decina di minuti. L’unica eccezione è stato Schindler’s List (grande capolavoro) che però era solo bianco e nero.

Uscito nelle sale nel 2011, questo film crea un degno contrasto con i film 3D che vengono proiettati contemporaneamente. Se mi concedete il termine, lo definirei come una ventata di vintage all’interno dell’ambiente cinematografico. Al contrario di ogni mia aspettativa, il film non mi ha annoiato, anzi è riuscito a farmi ridere e simpatizzare con le emozioni dei protagonisti. Quando la recitazione è muta, ecco che la capacità espressiva di un attore diventa fondamentale. Può succedere che se uno marca in maniera eccessiva le espressioni, la sensazione dello spettatore sia quella di un’interpretazione finta e sgradevole. Questo non è il caso, gli attori sono molto capaci e riescono a raccontarci senza troppi formalismi la storia di questo artista e senza accorgertene ti ritrovi nel bel mezzo degli anni Venti. Personalmente adoro lo stile di quegli anni, dall’abbigliamento alle macchine, ma più di tutto i cappelli delle signore (si mi piacciono i cappelli e ne ho uno simile ai loro di cui vado fiera).

Altro elemento essenziale sono le musiche, molto belle e fedeli allo stile del film, che aiutano a trasmettere appieno le emozioni delle scene. Solo in due scene ci sono dei veri e propri rumori ma non vi dico quali perché vorrei incuriosirvi riguardo il film. L’assenza di dialoghi mi ha fatto riflettere su quante cose riusciamo a comunicare anche senza usare le parole. Quando si dice che uno sguardo o un gesto valgono più di mille parole: è proprio vero. Solo ogni tanto compaiono dei cartelli con trascritte le frasi chiavi dei ‘dialoghi muti’ più lunghi.

Questo film ha rappresentato per me una sorta di scommessa che si è trasformata in una bella scoperta. Caratterizzato da uno stile elegante e suggestivo, lascia lo spettatore contento e piacevolmente stupito grazie ad un quasi inaspettato finale!


Recensione: Resta anche domani di R.J. Cutler

L’altro giorno la mia coinquilina mi ha chiesto se potevamo guardare insieme il film ‘“If I stay”. Mi sono guardata il trailer e sembrava un film carino quindi l’altra sera, dopo un’intensa giornata di studio, l’abbiamo visto.

La storia è molto semplice e ruota attorno alla 17enne Mia Hall la cui vita cambia in un istante dopo un tragico incidente. Durante il coma, lei vive un’esperienza extra-corporea che le permette di vedere la famiglia e gli amici mentre lei è sul letto d’ospedale. Mia rievoca tutti i suoi ricordi mentre si trova a dover decidere se svegliarsi in una realtà diversa da quella che si era immaginata o semplicemente spegnersi.


  • Titolo: Resta anche domani
  • Titolo originale: If I stay
  • Regia: R.J. Cutler
  • Anno: 2014
  • Durata: 107 min
  • IMDB


L’impressione che il trailer mi ha dato è stata quella di un film strappalacrime ma devo dire che né io né la mia coinquilina ci siamo commosse. Ammetto che ho pianto per molto meno, ma il film in generale non mi ha convinto. Partendo da un finale che ti lascia letteralmente cadere le braccia, il tutto sembrava un po’ finto. Forse perché gli attori protagonisti erano giovani o perché il ruolo non era nelle loro corde, ma non sono riuscita a entrare nella storia come di solito mi capita. Probabilmente mi ero fatta delle aspettative troppo alte su una storia che non voleva essere troppo sofisticata e toccante. Nonostante le potenzialità della trama, non so come spiegarlo, nel risultato finale qualcosa è andato storto.

Ma nonostante ciò, ci sono di momenti molto piacevoli e divertenti. Secondo me il più divertente è quando Adam, il ragazzo di Mia, la riaccompagna a casa per il coprifuoco e i genitori di lei spuntano fuori dalla finestra intromettendosi tra i due, in maniera decisamente buffa. Diciamo che i suoi genitori sono dei veri e propri personaggi, due ex-rocker che hanno creato una figlia amante della musica classica che suona il violoncello e su questa cosa si scherza molto nel film. Neache farlo apposta Adam suona in una band rock e i due, che a prima vista sembrano uno l’opposto dell’altra, sono veramente adorabili.

Il personaggio che più mi è piaciuto e che mi ha trasmesso emozioni è il nonno di Mia. Non compare spesso durante il film, ma ogni volta lui dà i consigli giusti alla nipote e la sua presenza è rassicurante. C’è un punto in cui lui è affianco al suo letto in ospedale e le dice: “Se non vuoi restare, sai, ti capisco” e qui veramente ti verrebbe voglia di essere lì a dare un abbraccio a questo povero vecchietto.

“Non dovrei soffrire così tanto. Mi rendo conto adesso che morire è facile. È vivere che è difficile.” Riuscirà Mia a trovare la forza per svegliarsi? Qualcosa per cui vale la pena vivere nonostante la situazione in cui si risveglierà sarà tutt’altro che facile da affrontare? Non andate a vedere su Wikipedia la trama ma fate le persone oneste e prendetevi un’oretta e mezza per guardare il film e scoprirlo, augurandovi che almeno a voi scenda una lacrima.


Recensione: Les Misérables di Tom Hooper

Bonjour à tous! Finalement il est temps pour moi, de parler de ce film que j’adore et que j’ai vu beaucoup de fois! Una delle tante rivisitazioni del musical (tra l’altro l’unica che ho visto), basato sul celebre romanzo di Victor Hugo. La storia gira intorno alle vite di diversi personaggi che hanno in comune una sola cosa: cercano di superare gli ostacoli della loro vita miserabile. Due parole soltanto e poi spazio alle emozioni, ecco per voi “Les Misérables”.


  • Titolo: Les Misérables
  • Titolo originale: Les Misérables
  • Regia: Tom Hooper
  • Anno: 2012
  • Durata: 158 min
  • IMDB

Siamo a Toulon nel 1815, Jean Valjean è il prigioniero numero 24601, condannato a diciannove inverni di lavori forzati per aver rubato un pezzo di pane sfamando un nipote affamato, a dimostrazione del fatto che la giustizia punisce ingiustamente coloro che non possono difendersi e che conducono una vita di stenti. Lungo tutta la storia, il secondino Javert continua a perseguitare il povero Jean Valjean, convinto che l’uomo non possa cambiare e rimarrà per sempre un ladro. A questo dramma si affianca quello della povera Fantine, licenziata perché madre non sposata e costretta a vendere capelli, denti e il suo stesso corpo prostituendosi per poter sfamare la figlia. Ma le loro sono solo alcune delle storie di un popolo francese ridotto alla fame. In tutta questa sofferenza, però, qualcuno ha la forza per tentare di cambiare le cose: Jean Valjean vuole riscattarsi dal suo passato e riesce a diventare sindaco della città, rispettato e amato. Per una serie di eventi l’uomo salva Fantine dalla prigione, promettendole di proteggere Cosette, la sua bambina, affidata alle cure di due malandrini locandieri. Alla morte della donna, Jean Valjean adotta Cosette diventandone il padre. Gli anni passano e Cosette cresce, così come l’ossessione di Javert che cerca in tutti i modi di catturare Valjean e riportarlo in prigione. La Storia poi si mette in mezzo, conducendo i due avversari al di là e al di qua delle barricate innalzate dai rivoluzionari repubblicani contro la monarchia. Mentre a Parigi inizia l’insurrezione, le ‘stelle’ in cielo vegliano misericordiose le sorti di Valjean e Javert.

Ora vi chiederete: ci sarà un happy ending? Morirà qualcuno? I ribelli riusciranno ad ottenere la libertà? A coloro che vogliono trovare risposta a queste domande, non resta che guardare il film perché non mi sono consentiti spoilers. Secondo me questo musical è un vero capolavoro. Non è possibile che dopo la quinta volta che lo vedo puntualmente, alla fine, diventi una fontana. Accumulo talmente tante emozioni che non mi è possibile non commuovermi.

Per quanto riguarda la scelta del cast non potrebbe essere stata più azzeccata, a mio parere. Non avevo mai sentito cantare Hugh Jackman, Russel Crowe o Anne Hathaway e devo ammettere che sono stati una vera e propria rivelazione. Non ci sono dialoghi recitati nel film. Il tutto ricorda un po’ un’opera lirica, in quanto la recitazione è cantata.
Ma se ad alcuni questa scelta può sembrare pesante, per me non è assolutamente vero; infatti, ogni canzone, una più bella ed emozionante dell’altra, è studiata in modo da coinvolgere fino al midollo.
Ci sarebbe da parlare per ore e ore di come ogni canzone sia essenziale ai fini della storia, ma qui mi limiterò solo a quelle che mi emozionano ogni volta che le ascolto:
“I dreamed a dream” interpretata da Anne Hathaway, che ha ricevuto l’Oscar per migliore attrice non protagonista pur avendo recitato in tutto il film solo una quindicina di minuti. La sua interpretazione è spettacolare; traspare tutta la sventura e la sciagura abbattutasi sul personaggio di Fantine e proprio in questa canzone si percepisce il culmine della sua afflizione che, nota dopo nota, vi lacererà il cuore. Se non avete ancora visto il film rimarrete sicuramente strabiliati dalla sua interpretazione.
“One day more” interpretata a più ripresa dai diversi protagonisti il giorno prima della rivolta. Un giorno in più in cui tutto sta per cambiare e bisogna aspettare il domani per scoprire cosa succederà: se i due amanti riusciranno a ritrovarsi, se i ribelli riusciranno a sopravvivere alla rivolta, se le fatiche di ognuno riusciranno ad avere un senso.
“Do you hear the people sing?” un canto intonato dai ribelli per farsi coraggio e in cui racchiudono la speranza di riuscire, un giorno, a conquistare la libertà e ad ottenere una realtà migliore. Ci si ritrova improvvisamente a cantare insieme a loro, proprio perché questa canzone è penetrante e non può fare a meno di farti sentir parte di qualcosa di grande.

Durante tutto il film vi è una costante opposizione tra bene e male che cambia continuamente posizione all’interno dei Miserabili, dando il via al duetto di Javert e Jean Valjean, schierati di fronte alla legge e alle sue ingiustizie. Questo loro confronto coinvolge al punto di far sussultare e trattenere il fiato.
Non da meno ovviamente sono le ambientazioni che si alternano tra zone di periferia della città, interni di locande, architetture imponenti, tutto realizzato con gusto teatrale. Fidatevi quando dico che questo sia il più bel musical trasposto in film che abbia mai visto e, ai non amanti dal musical, posso solo consigliare di dare una chance a questo film perché se la merita davvero.


Recensione: Il Gladiatore di Ridley Scott

Ciao a tutti! Il film di oggi è “Il Gladiatore”. Chi conosce un po’ i miei gusti in fatto di film, sa che non mi piacciono granchè quelli ambientati nell’antichità o nel Medioevo. Quindi fino ad ora non avevo mai visto questo film, ma, come mi è stato fatto notare dai miei compagni, era scandaloso che io non lo avessi ancora guardato. L’altra sera finalmente mi sono decisa a portare a termine questo mio ‘dovere’.


  • Titolo: Il Gladiatore
  • Titolo originale: Gladiator
  • Regia: Ridley Scott
  • Anno: 2000
  • Durata: 171 min
  • IMDB


Per chi ancora non l’avesse visto, il film narra delle eroiche peripezie di Massimo Decimo Meridio, generale romano di origine ispanica. Quando Commodo (161-192), succeduto al padre Marco Aurelio (121-180), lo arresta e fa massacrare la moglie e il figlio, lui diventa schiavo e poi gladiatore e idolo della folla, finché, nel Colosseo, combatte contro l’Imperatore.

A tre settimane da oggi, io mieterò il mio raccolto. Immaginate dove vorrete essere, perché così sarà! Serrate i ranghi! Seguitemi! Se vi ritroverete soli, a cavalcare su verdi praterie col sole sulla faccia, non preoccupatevi troppo, perché sarete nei campi Elisi, e sarete già morti! Fratelli! Ciò che facciamo in vita, riecheggia nell’eternità! Al mio segnale, scatenate l’inferno.

Massimo Decimo Meridio l’ho trovato fin da subito un personaggio fortemente carismatico. Un generale forte e valoroso sul campo di battaglia che però non vede l’ora di ricongiungersi alla sua famiglia che lo attende. Questo infatti è il suo più grande desiderio una volta finito il dovere militare. Ma, poco prima del congedo, Cesare (Marco Aurelio) confessa al figlio Commodo che vuole fare di Massimo il suo successore perché egli incarna le quattro grandi virtù necessarie per governare Roma: saggezza, giustizia, fermezza e temperanza. Commodo non accetta la decisone del padre in quanto non riesce a digerire il fatto che il padre ami Massimo più del suo stesso figlio. Uccide quindi il padre e, appena divenuto Imperatore, ordina di far uccidere Massimo.
Ovviamente non può morire così semplicemente e, grazie alla sua abilità nella lotta, riesce a liberarsi e dirigersi verso casa per cercare di salvare la sua famiglia ora in pericolo. Purtroppo, una volta arrivato lì, trova la moglie e il figlio trucidati e impiccati davanti casa e, sfinito dal viaggio, sviene. Viene trovato da alcuni commercianti di schiavi e acquistato da Proximo che ne fa un gladiatore. L’Ispanico – questo il soprannome di Massimo – riesce a vincere abilmente tutti i vari scontri fino a riuscire a prendere parte ai giochi indetti da Commodo al Colosseo.

Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa… e avrò la mia vendetta… in questa vita o nell’altra.

Quando Commodo apprende che l’Ispanico è colui che credeva di aver ucciso, va in panico e progetta tutti i modi di ucciderlo. Ma siccome Massimo conquista l’appoggio e il rispetto del popolo, non può ucciderlo di nascosto. Alla fine del film, Massimo riesce ad avere la sua vendetta, ma cade al suolo stremato. Riesce ad avere una morte degna di un grande uomo, impavido, leale e di grande nobiltà d’animo. Di grande impatto finale le parole di Lucilla, sorella di Commodo, rivolte al senatore Gracco:
“Roma vale la vita di un uomo giusto? Noi lo credevamo una volta. Fa’ in modo che possiamo crederlo ancora.”

Il film vuole mettere in risalto la fragilità di Roma, una potenza soggiogata dalla corruzione dell’Imperatore e del Senato. I giochi di potere erano all’ordine del giorno, l’integrità e la fedeltà di Massimo verso Marco Aurelio non viene premiata, anzi; lui deve passare attraverso un duro percorso che lo porterà a diventare un sanguinario guerriero. Oltre alla sua vendetta, vuole esaudire l’ultimo desiderio di Marco Aurelio e ridare a Roma la sua antica gloria.

I combattimenti sono grandiosi ed emozionanti e l’interpretazione eccellente di Russel Crowe, per la quale ha vinto l’Oscar come miglior attore nel 2001, sono i punti di forza di questo film. La sceneggiatura è semplicistica ed alcuni effetti speciali computerizzati non sono di grande qualità, ma si può sorvolare grazie alla storia e all’intensità delle scene. Il film gode di una colonna sonora spettacolare e maestosa, che nei momenti chiave del film riesce a farti venire la pelle d’oca e a provare in prima persona il pathos del momento.
Non stupisce a questo punto, che questo film sia entrato tra i classici del cinema e sia un must da vedere, cogliendo l’occasione per provare un’emozionante tuffo nel passato.