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Recensione: A man who was Superman di Yoon-Chul Chung

Ciao a tutti e benvenuti ad un nuovo appuntamento con il film di questa settimana! Si tratta di una pellicola coreana che ho visto lingua originale sottotitolata in inglese. Speravo di vederla con la mia coinquilina, ma lei mi ha abbandonato e quindi l’altra sera mi sono guardata “all by myself” questo film 🙂

A man who was Superman
Titolo: A man who was Superman
Titolo originale: Superman ieotdeon sanai
Non ancora doppiato in italiano
Regia: Yoon-Chul Chung
Anno: 2008
Durata: 102 min
IMDB

Song Soo Jung realizza documentari sui cosiddetti ‘casi umani’ per una piccola compagnia. Un giorno, mentre si sta dirigendo sul luogo del suo prossimo documentario, le rubano la telecamera da sotto il naso ma all’improvviso compare un uomo con una camicia hawaiana che riesce a riportarle il maltolto. Quest’ultimo sostiene di essere Superman e di aver ormai perso tutti i suoi poteri perché delle persone malvagie gli hanno impiantato della kryptonite nella testa. Nonostante ciò l’uomo passa il suo tempo perseverando nella sua missione: quella di aiutare gli esseri umani. Song Soo Jung è decisa a fare un documentario su di lui, ma mente lei userà l’uomo per un suo tornaconto quest’ultimo le insegnerà molte cose ed inizierà ad affezionarsi a lui, cambiandole totalmente la vita.

La prima cosa che ho pensato quando ho iniziato il film è stata che non avevo mai visto una versione di Superman con camicia hawaiana. In più, all’inizio non si capisce bene il senso del film: si vede, infatti, questo tipo sulla quarantina che aiuta tutte le persone in difficoltà che trova perché, attraverso questi gesti, la kryptonite nel suo cervello svanirà. Viene naturale pensare che non abbia tutte le rotelle che funzionano, ma se il film si fermasse qui sarebbe banale.

Questo Superman costituisce una sorta di anti-eroe: non ha super poteri ma è un vero eroe nei comportamenti umani. Lui mette la sua vita a servizio degli altri ed è proprio questo che, nonostante l’aspetto bizzarro, lo rende grande ai nostri occhi. Ed è proprio l’incontro con questo individuo del tutto singolare che cambia profondamente la reporter: da persona indifferente alla vita, inizia a comprenderne il valore e scopre il piacere di aiutare gli altri.

Procedendo con la storia scopriamo qualcosa in più sulla vera identità del nostro eroe e capiamo come, dietro l’apparenza, si nasconda molto di più. Un dramma, cioè la morte della moglie e della figlia, che non ha mai superato. Il rimpianto e il senso di impotenza di fronte agli eventi l’hanno portato a farsi carico delle difficoltà altrui: è per questo che lo vediamo portare le borse di una signora anziana, raccogliere i rifiuti, portare in spalla qualcuno all’ospedale, mettersi in mezzo alla strada e fermare i mezzi per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Queste scene sono molto esilaranti e, nonostante l’impatto iniziale, inizierete lentamente ad affezionarvi a questo Superman.

So che alcuni di voi storceranno il naso su questo film (lo so perchè anch’io all’inizio non ero molto convinta) ma mi sono dovuta ricredere al punto tale che mi sono anche commossa. Non ho capito bene come sia successo, ma il film è riuscito pian piano a farsi strada nella mia mente e in men che non si dica ero totalmente immersa all’interno della storia.

È un film semplice, onesto e diretto che alterna scene divertenti a parti tristi dalle quali abbiamo l’opportunità di capire la complessità della figura del protagonista. Quello che effettivamente ho imparato è che chiunque può essere un eroe, nel suo piccolo.
Sicuramente è un film strano, ma caratterizzato da una grande carica emozionale e che secondo me vale la visione, anche solo per vedere un film con uno stile diverso dal solito.

rating 3
annafirma

Recensione: Carnage di Roman Polanski

Salve a tutti! Come potete vedere noi non andiamo in vacanza e oggi pubblichiamo lo stesso! [in realtà vi confesso che il post lo sto scrivendo di notte sennò non avrei fatto in tempo tra una cosa e l’altra, ma per voi cari lettori questo ed altro :)] Il film di oggi è un film particolare del noto regista Polanski che solo ora rimembro essere lo stesso de “Il Pianista”.

carnage
Titolo: Carnage
Titolo originale: Carnage
Regia: Roman Polanski
Anno: 2011
Durata: 80 min
IMDB

In un misurato appartamento di Brooklyn due coppie provano a risolvere civilmente la rissa tra i rispettivi figli. Ricevuti con le migliori intenzioni dai coniugi Longstreet, genitori della parte lesa, i Cowan, legale col vizio del BlackBerry lui, broker finanziario debole di stomaco lei, corrispondono proponimenti e gentilezza. Almeno fino a quando la nausea della signora Cowan non viene rigettata sui preziosi libri d’arte della signora Longstreet, scrittrice di un solo libro, attivista politica di troppe cause e consorte imbarazzata di un grossista di maniglie e sciacquoni. L’imprevisto ‘dare di stomaco’ sbriglia le rispettive nature, sospendendo maschere e buone maniere, innescando un’esilarante carneficina dialettica.

Questa volta mi tocca dire che il film non mi è piaciuto, o meglio, non mi ha lasciato niente in realtà. Il film si svolge interamente all’interno di questo appartamento dove queste due coppie discutono dell’episodio avvenuto tra i figli. Quello che secondo me vuole essere messo in evidenza è come gli adulti in realtà mascherino i propri comportamenti sentendosi migliori degli altri e quindi cercando di apparire come tali. Però dietro alla facciata di ognuno si nasconde un malessere che pian piano emerge e bastano poche frecciatine per far perdere le staffe a tutti, mettendo in mostra il loro lato peggiore.

Ti ritrovi in questo appartamento, nel mezzo della lite e ti senti fuori posto, o almeno così mi sono sentita io. Non mi aspettavo che la discussione tra i genitori durasse tutto il film è, onestamente, guardare un film in cui vedi solo persone che discutono della rissa dei figli mi ha annoiato (meno male che il film è corto). Il vedere come poi loro diventino infantili e comincino a prendersela per delle cavolate invece di farmi ridere l’ho trovato un po’ triste.

Nancy e Alan infatti cercano più volte di tagliare la conversazione e tornare a casa ma non capisco come mai, alla fine rientrano sempre in discussione con l’altra coppia di genitori. Ora, voglio essere onesta: ma perché miseria devi rientrare in questa casa a discutere con persone che non ti piacciono di un fatto di cui, per quanto riguardi tuo figlio, a te non frega niente? Boh, fosse per me il film sarebbe terminato al primo tentativo di Alan di tornare al lavoro.

Un cast non da poco, troviamo infatti Kate Winslet, Jodie Foster e Christoph Waltz (attori di un certo calibro insomma) che in questo film mi sono sembrati limitati: bravi, ma sprecati per un film del genere. Ammetto che oltre al Pianista, non ho visto altri film di Polanski quindi forse non ho potuto cogliere le varie sfumature del film e apprezzarlo come in teoria avrei dovuto.

rating 2
annafirma

Recensione: Colazione da Tiffany di Blake Edwards

Ciao a tutti! È stato un intenso weekend tra pranzi e cene vari e stamattina, invece di scendere dal letto, sono rotolata giù xD. Come ogni lunedì, iniziamo con il nostro appuntamento con il cinema e il film che vi propongo oggi è un grande classico che probabilmente molti di voi hanno visto: Colazione da Tiffany.

colazione da tiffany
Titolo: Colazione da Tiffany
Titolo originale: Breakfast at Tiffany’s
Regia: Blake Edwards
Anno: 1961
Durata: 115 min
IMDB

Holly è una provinciale – ma molto sofisticata – che vive a New York. Paul è un giovane scrittore protetto da un’amante più anziana di lui. Holly e Paul abitano nello stesso palazzo. Si conoscono, diventano amici. La ragazza, che mira a sposare un miliardario, passa da una festa all’altra, rincorre il tempo, è fragile, passa da depressioni profonde a esaltazioni sfrenate. Ma non manca mai, la mattina, rientrando da una festa, di far colazione davanti alle vetrine di Tiffany, la leggendaria gioielleria. Sposare un ricchissimo messicano cancellerà i fantasmi del suo passato ma il magnate che frequenta si tira indietro. A Holly rimane Paul, che l’ama davvero, e forse anche lei contraccambia.

La prima cosa che ho pensato durante le scene iniziali è stata: “Cavolo, è un film vecchio ma mi sta piacendo un sacco”. Posso solo confermare che i classici non tramontano mai. L’impostazione della recitazione è quella dei film anni ‘60 e guardando il film ora fa un po’ strano ma l’ho trovata affascinante. Non so bene spiegarmi in realtà: è teatrale, perché le espressioni degli attori sono abbastanza caricate. La pellicola leggermente sgranata e i colori caldi conferiscono un che di vintage al film che non mi dispiace.

È stato il primo film con Audrey Hepburn che ho guardato e la cosa che mi ha colpito è che, attorno a sé, ha un’atmosfera particolare, ha un’aria molto elegante. Il suo personaggio nel film, Holly, è decisamente un tipetto: frequenta gente di ogni tipo tra artisti, uomini ricchi e addirittura malviventi. È una donna che ha paura di legarsi veramente a qualcuno o qualcosa e che alla fine rifiuta tuti gli uomini e non dà un nome al gatto. Tutto questo lo fa in nome della sua libertà ma, inconsciamente, è lei che si costruisce questa sorta di gabbia. Certe volte il comportamento di Holly ci può sembrare frivolo o inappropriato, ma è solo proseguendo col film che capiamo qualcosa in più sul suo conto venendo a conoscenza del suo difficile passato.

Holly fa spesso colazione davanti la vetrina di Tiffany. Infatti, solo in questa gioielleria riesce a trovare un’atmosfera tranquilla e serena, non tanto per i gioielli (a lei piacciono solo i diamanti) ma perché, come lei stessa dice, da Tiffany non ti può succedere nulla di negativo.

Se io trovassi un posto a questo mondo che mi facesse sentire come da Tiffany, comprerei i mobili e darei al gatto un nome!

Holly percepisce di essere prigioniera in questa sorta di gabbia e ne attribuisce la colpa agli altri. Solo grazie al forte amore che Paul prova nei suoi confronti, alla fine riesce a capire che è tutta opera sua, riuscendo così ad arrendersi alla realtà e decidendo di “appartenere a qualcuno”.

Il film è molto romantico, ma non un romanticismo melenso e sdolcinato (anche perché al loro primo incontro Paul viene friendzonato all’istante). L’amore tra i due è graduale e molto sottile, nasce man mano che lui inizia a comprendere lei e viene ricambiato quando Holly lo ammette a sé stessa, capendo che non può continuare a scappare dalla realtà: la felicità è un sentimento che si ottiene solo se condiviso con qualcuno. E il bacio finale sotto la pioggia penso sia diventata una delle scene più pittoresche e romantiche che un film mi abbia mai regalato.

Ho amato profondamente i vari vestiti e acconciature della Hepburn nel film. Inoltre tutta l’eleganza e la cura con cui lei appare nel film ho potuto ritrovarla anche nella sua recitazione. Detto ciò, dopo aver visto il film ho finalmente capito come Audrey Hepburn sia diventata un’icona del cinema. Una perfetta armonia tra regia, recitazione e ambientazione ha reso questo film un intramontabile evergreen del cinema.

rating 5
annafirma

Recensione: Fight Club di David Fincher

Buongiorno a tutti! Questo weekend ho recuperato un’altra pietra miliare del cinema dopo mesi che tentavo di vederlo.Finalmente l’altro giorno ho sentito che non potevo più rimandare.
Prima regola del Fight Club, non si parla mai del Fight Club. Oggi però infrangerò questa regola parlandovi proprio di questo film.

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Titolo: Fight Club
Titolo originale: Fight Club
Regia: David Fincher
Anno: 1999
Durata: 139 min
IMDB

Il film vede come protagonista un normale impiegato che soffre d’insonnia da settimane. Riesce a trovare una soluzione al suo problema frequentando i più disparati gruppi di supporto, da quello del cancro ai testicoli a quello per i malati di tubercolosi, ecc. Ma dopo un paio di mesi è costretto ad abbandonarli a causa di Marla, una donna che li frequenta pur non essendo malata. La sua presenza però disturba il protagonista al punto tale che lui non riesce più a dormire.La soluzione arriva a seguito dell’incontro con Tyler, un venditore di sapone che gli offre una casa dopo che il suo appartamento viene incendiato. I due fondano il ‘Fight Club’, una sorta di club di box clandestino.

Sapevo più o meno di cosa parlasse il film ma non sapevo bene cosa aspettarmi. Non farò spoiler per coloro che ancora non l’hanno visto, ma posso garantirvi che il finale vi lascerà di sasso. Il motivo per cui è nato questo club, essenzialmente, è scaricare la tensione e le ansie della vita attraverso il combattimento, ma non solo. Tirarsi pugni fino allo sfinimento è il passo necessario per riuscire a conoscere pienamente sé stessi. E così, pian piano, inizia a unirsi a questo club gente di tutti i tipi ed estrazioni sociali.

Il protagonista vede in Tyler la persona che lui non è mai riuscito ad essere: spavalda, sicura di sé e libera di fare quello che vuole. La convivenza con Tyler e l’influenza che ne subisce stravolgono in pieno la regolare vita del personaggio principale (di cui non sappiamo il nome). Il Fight Club non si limita però al puro combattimento e. man mano che il tempo passa e i membri aumentano, Tyler assegna loro dei compiti da svolgere che diventano sempre più assurdi e rischiosi.

Edward Norton e Brad Pitt, che interpretano rispettivamente il protagonista e Tyler, sono veramente bravi nel rendere la complessità e le varie sfumature caratteriali dei personaggi. Durante il film vediamo come il protagonista venga trasportato dalla piega degli eventi fino ad arrivare a perdere la ragione e a trovarsi prigioniero di una realtà scomoda.

“È solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa.”

Ed è proprio così. Vediamo infatti come il protagonista, oltre a narrarci la storia, perda pian piano tutto quello che ha (dalla casa, al lavoro, gli amici, la ragione). È difficile attribuire un genere ad un film eclettico ed emblematico come questo: è un mix tra azione, dramma, thriller e a tratti grottesco. È una storia che parla di disagio sociale, di violenza e, anche se non sembra, di un pizzico di amore (intendiamoci, non nel senso convenzionale della parola).

Fight Club è uno di quei film che devono essere rivisti più volte per essere compresi ed apprezzati pienamente. A prima vista, infatti, può sembrare un film assurdo e un po’ crudo ma, in realtà, le brillanti scelte stilistiche, unite ad un’impeccabile recitazione da parte del cast hanno consacrato questo film inserendolo all’interno della lista dei must cinematografici da vedere.