Film

Recensione: Megane di Naoko Ogigami

Buongiorno! Il Natale si avvicina, Michael Bublè ormai è diventato la colonna sonora dei nostri giorni e la preparazione fisica ai pranzi di Natale sta avendo inizio. In questo periodo sto recuperando tutti gli Star Wars e tra un film e l’altro e mi guardo qualche filmetto orientale come quello di oggi. ‘Megane’ (letteralmente ‘occhiali’) è della stessa regista giapponese Naoko Ogigami di cui avevo recensito un po’ di tempo fa Yoshino’s Barber Shop (la recensione la trovate qui).

Megane
Titolo originale: Megane
Regia: Naoko Ogigami
Anno: 2007
Durata: 106 min
IMDB

Taeko an stressed out career woman leaves her stressed out life in the city for an island vacation. The vacation does not become what expected, as everyone on the island are rather strange.

 

Il film è decisamente particolare e chi non si è mai approcciato al cinema orientale potrebbe trovarlo un po’ senza senso. Ammetto che anche ripensandoci molte volte dopo averlo visto devo ancora effettivamente capire la scelta del titolo. Il film parla di quest’insegnante, Taeko, che si rifugia per le vacanze in quest’isola sperduta del Giappone, talmente remota che i telefoni non prendono. Qui Taeko fa conoscenza con i pochi della locanda, ovvero il proprietario Yuji, una donna anziana di nome Sakura che gestisce un baracchino di granite lungo la spiaggia e Haruna, una giovane insegnate di biologia e quotidiana frequentatrice della locanda. Venendo dalla grande città, Taeko fa fatica a capire le abitudini della gente del posto che è molto cordiale e la invitano sempre a partecipare alle attività quotidiane come, ad esempio, i “merci exercises” ovvero esercizi di aerobica mattutini in riva al mare per ringraziare del nuovo giorno. Il resto del film si concentra principalmente sull’interazione di questi personaggi e sul come trascorrono le giornate in questa isoletta.

Il film ha un ritmo abbastanza lento che riflette l’atmosfera pacata e surreale che traspare dal susseguirsi di inquadrature di paesaggi dai colori pastello o da scene in cui i protagonisti sono impegnati nelle attività più banali quali il mangiare, la pesca, etc. Uno dei principali passatempi è quello che Yuji e Sakura chiamano “twilighting”, ovvero fermarsi a contemplare l’orizzonte riflettendo su qualcosa. Sono il proprietario della locanda e l’anziana donna a spiegare a Taeko che è proprio questo “fermarsi a osservare l’orizzonte” che attira le persone in quel luogo, dove non c’è molto altro da fare. Ma in tutto ciò, Haruna osserva che a Taeko non riesce molto bene il “twilighting” perché è ancora troppo presa dai ritmi della città e perché si fa mille problemi per le cose più semplici, non riuscendo a capire come gli altri riescano a sentirsi soddisfatti e appagati nel loro quotidiano.

Nonostante a prima vista il film possa sembrare noioso, devo dire che invece è molto divertente, non perché comico ma piuttosto perché ci sono delle scene e alcune reazioni dei personaggi che sono davvero inaspettate. Una delle tante, per esempio, è quella in cui Taeko si sveglia la mattina e si trova in camera Sakura in ginocchio che le sorride (un po’ in maniera inquietante) e le da il buongiorno; penso che se fosse toccato a me le avrei lanciato qualcosa. Ma come in altri film orientali, alla fine di tutto si nasconde sempre un piccolo insegnamento, che in questo caso consiste nell’apprezzare le piccole cose di ogni giorno e la vita stessa che molte volte diamo per scontato. Piano piano veniamo cullati da questa realtà calda e tranquilla e invitati a prenderci del tempo per noi stessi. Ed è a questo punto che osservare l’oceano e fare degli esercizi di aerobica diventano un momento importante e speciale della giornata.

rating 3
anna firma

Recensione: Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher

Buongiorno a voi! Questa settimana sarà un po’ piena perché tutte e tre seguiremo un corso intensivo di grafica e in più ci sarà un avvenimento un po’ speciale per me ma anche per la Mon e la Kia (tranquilli non sto per sposarmi). Nell’attesa condivido con voi un’altra delle mie recensioni che spero possano farvi conoscere nuovi film o confrontare i nostri punti di vista. Sabato sera ero sul letto in cerca, nell’hard disk, di un film da guardare e mi è capitato sott’occhio questo che, effettivamente, era da un po’ che dovevo vedere.

Il curioso caso di Benjamin Button
Titolo: Il curioso caso di Benjamin Button
Titolo originale: The curious case of Benjamin Button
Regia: David Fincher
Anno: 2008
Durata: 166 min
IMDB

Nel 1919 nasce Benjamin, la madre muore di parto e il padre rimane scioccato alla vista di un neonato dall’apparente età di 75 anni. Abbandonato dal padre, il bambino-vecchietto viene allevato da una signora nera che non può avere figli propri. Destino vuole che la porta di fronte alla quale il padre lo ha lasciato è proprio quello di un ospizio per vecchi.

La trama è tanto assurda quanto intrigante: vediamo infatti il protagonista che nasce vecchio e, col passare del tempo, ringiovanisce pian piano. È un processo impossibile nella realtà ma penso che sarebbe figo poter essere giovani avendo la saggezza e l’esperienza dei vecchietti. Qualcosa del genere accade in questa storia. Inizialmente proviamo pena per questo neonato che, per il suo aspetto poco gradevole, viene abbandonato dalla famiglia e poi viene trattato come un vecchietto decrepito. Per fortuna la sua madre adottiva gli vuole un bene incondizionato e lo tratta come se fosse un bambino normale e le scene risultano visivamente strane ma allo stesso tempo divertenti. Soprattutto perché vive in una specie di casa di riposo e non si sente diverso dagli altri quindi la sua condizione obsoleta gli sembra una cosa normale.

Ma la storia inizia veramente quando Benjamin fa l’incontro che cambierà la sua vita per sempre, ovvero incontra questa bellissima bambina dagli occhi azzurri: Daisy. I due diventano subito amici e lei capisce che lui in fondo è un bambino nonostante da fuori sembri un vecchio. Il loro rapporto pian piano si trasforma da conoscenza ad amicizia, fino ad arrivare ad un sentimento più profondo; purtroppo però il tempismo di entrambi fa un po’ pena e per molti anni non riescono a conciliarsi. Ognuno vive la sua vita cercando di inseguire le proprie aspirazioni ma alla fine, quando più o meno si trovano ad avere un’età molto vicina,riescono a realizzare il loro amore e per un paio di anni vivono una vita piena di gioie e momenti di felicità, tra cui la nascita della loro figlia. Ovviamente il fatto che mentre lei invecchia lui ringiovanisca è un problema inevitabile, che si riflette soprattutto nel crescere la figlia, in quanto Daisy si ritroverebbe a crescere due ragazzini. Di conseguenza decidono di lasciarsi per il bene della piccola. Successivamente si incontreranno solo un paio di volte ma i loro incontri saranno brevi e sempre più fugaci.

Nonostante la notevole durata del film (due ore e quaranta) devo dire che in realtà il tempo è passato tranquillamente. La cosa che secondo me ha reso leggero e scorrevole il film è il fatto che gli avvenimenti vengono raccontati attraverso il diario che Benjamin teneva e sua figlia legge alla madre in ospedale. Ed è proprio leggendo le pagine di questo diario che per la prima volta lei conosce chi è il suo vero padre e noi con lei. Sembra quasi che la sua voglia di capire chi sia si unisca alla voglia che travolge lo spettatore di conoscere come siano andati gli eventi.

Le interpretazioni di Brad Pitt e Cate Blanchett nei ruoli di Benjamin e Daisy sono davvero intense e così reali che sembra di assistere ad una storia vera. Molto spesso ci sono dei primi piani sugli sguardi dei protagonisti che riescono ad esprimere molto più le emozioni ed i contrasti interni che i personaggi stanno vivendo. C’è da riconoscere inoltre che tutto il trucco usato per far invecchiare e ringiovanire Benjamin e Daisy è davvero straordinario e decisamente realistico (non per nulla ha vinto l’Oscar come miglior trucco oltre a quello per la scenografia e per gli effetti speciali).

La storia è decisamente ben strutturata e raccontata in modo che lo spettatore venga gradualmente catapultato all’interno della vita di questi personaggi, condividendo gioie e dolori. Pur non avendo mai amato troppo Brad Pitt, dopo aver visto una serie di film con lui dentro il cast, devo ammettere che le sue capacità recitative sono davvero eccezionali.

rating 4.5
anna firma

Recensione: Quando c’era Marnie di Hiromasa Yonebayashi

Buongiorno a voi! Sono settimane intense per noi e quindi per rilassarmi questa volta ho visto un film che era uscito per un paio di giorni al cinema ad agosto (e che mi ero persa purtroppo). Si tratta dell’ultimo film dello Studio Ghibli prima dell’annuncio della chiusura dello studio e del ritiro del grande maestro Hayao Miyazaki.

Quando c'era marnie
Titolo: Quando c’era Marnie
Titolo originale: Omoide no Mani
Regia: Hiromasa Yonebayashi
Anno: 2014
Durata: 103 min
IMDB

Anna, una ragazzina timida e solitaria di 12 anni, vive in città con i genitori adottivi. Un’estate viene mandata dalla sua famiglia in una tranquilla cittadina vicina al mare ad Hokkaido. Lì Anna trascorre le giornate fantasticando tra le dune di sabbia fino a quando, in una vecchia casa disabitata, incontra Marnie, una bambina misteriosa con cui stringe subito una forte amicizia.

 

‘Quando c’era Marnie’ racconta di Anna, una bambina che ci appare molto introversa che passa il suo tempo a disegnare. Soffre d’asma e viene mandata dai suoi genitori adottivi per un periodo da dei parenti che abitano in un paesino di mare per curarsi. Quello che preoccupa Yoriko (la madre adottiva di Anna) è il fatto che non dimostri più le sue emozioni e si sia rinchiusa in se stessa. Durante uno dei suoi giri esplorativi Anna scopre una casa abbandonata su un’insenatura e incuriosita si reca lì. La sera stessa le appare in sogno una bellissima bambina bionda con cui giocare insieme. Il giorno dopo ritorna alla casa e proprio li incontra la stessa bambina del sogno che scopriamo chiamarsi Marnie. Marnie è una bambina allegra e socievole e le due stringono immediatamente amicizia, solo che non devono rivelare a nessuno di questa cosa.

Tra le due bambine si instaura subito un forte legame che permette a entrambe di aprirsi e confidarsi l’una con l’altra. Entrambe vivono un grande conflitto interiore, ovvero si sentono abbandonate dai loro genitori, Anna perchè rimasta orfana e Marnie per la continua assenza dei suoi. Solo riuscendo a capirsi e discutendo insieme le due si trovano ciascuna a invidiare la vita dell’altra. Il film ci racconta la semplicità di un’amicizia nata un po’ per caso, dell’importanza di avere degli amici con cui condividere momenti della propria vita e qualcuno a cui voler bene. Questo significa diventare vulnerabili a volte ma è proprio grazie alle gioie e ai problemi che si possono creare con le altre persone che riusciamo a maturare e a diventare più forti. E grazie all’amicizia di Marnie, Anna riesce a superare i propri ostacoli e ritornare ad essere una bambina gioviale e capace di avere fiducia nelle persone.

Come tutti i film dello Studio Ghibli, i personaggi sono caratterizzati da sconvolgimenti emotivi e le storie ci offrono una lezione su come riuscire a superare le difficoltà dei protagonisti che possiamo ritrovare in ciascuno di noi. Anna e Marnie che non riescono a integrarsi con gli altri, riescono a trovare nell’altra qualcuno in grado di comprendere e capire il loro stato d’animo. Il tutto viene raccontato con i tratti tipici e immediati che caratterizzano i disegni dei film Ghibli e le musiche delicate che ti arrivano direttamente al cuore (e che nel mio caso le riascolto a loop infinito).

Il film rappresenta un altro capolavoro (e probabilmente l’ultimo) di una lunga serie di film di animazione che sono delle vere e proprie opere d’arte; di conseguenza vi invito davvero a vedere non solo questo film ma anche tutti quelli usciti prima. Ma c’è una cosa che non ho detto fin’ora cioè: “Chi è veramente Marnie?” Non spetta a me rivelarvi tale verità ma scopritelo da soli guardando il film.

rating 5
anna firma

Recensione: Minions di Kyle Balda & Pierre Coffin

Buongiorno a voi! Oggi voglio portare un po’ di giallo e luce nel vostro lunedì parlando di un film che sicuramente avete visto: i Minions! Inizialmente avevamo deciso di vederlo insieme con la Mon e la Kia ma purtroppo per una cosa per l’altra non siamo mai riuscite a ritagliarci una sera per guardalo. Ovviamente ero troppo curiosa di vederlo e dopo aver ottenuto il permesso di guardarlo, oggi lo commento con voi 😉

minions
Titolo: Minions
Titolo originale: Minions
Regia: Kyle Balda, Pierre Coffin
Anno: 2015
Durata: 91 min
IMDB

Comparsi sulla Terra agli albori, i Minions si evolvono attraverso i secoli ma restano sempre al servizio dei più spregevoli padroni. Dopo aver accidentalmente causato l’estinzione di molti di loro, i pochi Minions rimasti in vita si ritrovano senza padrone e cadono nella più cupa depressione. Fortunatamente, Kevin, uno di loro, ha un piano e insieme all’adolescente ribelle Stuart e all’amabile Bob si avventura alla ricerca di un nuovo malefico capo per i suoi fratelli.

Facciamo un passo indietro prima di concentrarci sul film: ‘Cattivissimo me’ è stato decisamente un film di animazione che ha saputo conquistare grandi e piccini ed è il film dove per la prima volta conosciamo queste buffe creaturine gialle. Chi sono? Da dove vengono? Come mai lavorano per Gru? Dopo una lunga attesa le nostre domande hanno trovato risposta quest’estate quando finalmente è uscito il film dedicato interamente a loro!

I Minions hanno sempre servito i signori più cattivi della Terra nel corso degli anni ma, purtroppo, sono talmente pasticcioni che nei modi più assurdi si ritrovano d’improvviso ogni volta senza padrone fino a che, “disoccupati”, non hanno più forza di vivere. Dalla massa però emergono tre Minions che si mettono alla ricerca di un nuovo padrone cattivo. Ma ammettiamolo, anche se vogliono fare i cattivi non ci riescono troppo bene:

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Kevin (quello alto con due occhi) ovvero la mentre del trio e quello che più si adopera perchè vuole essere riconosciuto come eroe dai suoi compagni. Poi c’è Stuart (quello alto con un occhio) che è un musicista e che si ritrova nel gruppo per caso e non per dedizione alla causa. Infine c’è Bob (quello basso) che è il più tenero e dolcissimo e che, nonostante abbia paura dell’avventura, vuole lo stesso unirsi agli altri due. Dopo tante peripezie in cui veramente succedono le cose più assurde e divertenti si ritrovano con una nuova padrona, Scarlett Overkill ma ovviamente anche qui combinano una valanga di guai che mandano all’aria tutto il suo piano malefico. Solo alla fine del film che incontriamo un piccolo Gru, ovvero il futuro nuovo padrone dei Minions.

Ma perchè a tutti piacciono così tanto i Minions? Il segreto sta nell’immediatezza di questi personaggi che comunicano in una lingua composta da parole internazionali prese da più lingue, prima tra tutte ‘banana’. Il secondo motivo è che sono talmente imbranati che anche la cosa più semplice andrà sicuramente storta dando il via a una valanga di risate. La risposta del pubblico ha assunto una portata tale che sono diventati un fenomeno mondiale; quindi diciamo che questo film ha avuto un successo molto più che discreto.

Cos’altro dire… se l’avete già visto sicuramente avete riso un sacco!
gif se invece non l’avete già visto vi consiglio di andarlo subito a guardare 😉
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rating 4
anna firma