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Recensione: Il miglio verde di Frank Darabont

Buongiorno a tutti voi, come state? Scusate la mia assenza ma l’ispirazione è andata in ferie settimana scorsa e sono qui a riscrivere (per la terza volta) questa recensione. Il film di cui vi parlo oggi è uno dei grandi classici del cinema che ovviamente non mi era passato per la mente di vedere (shame on me). Da piccola, affianco alle cassette dei film Disney, ricordo di aver sempre visto quella appunto de “Il miglio verde” e sulla copertina si vedeva Tom Hanks con una divisa nera e ho sempre ingenuamente pensato che il film parlasse di guerra. Quindi confesso che anche l’altro giorno quando ho iniziato il film, ero ancora convinta che avrei visto un film di guerra. Ma ora vi racconto meglio.

il miglio verde
Titolo: Il miglio verde
Titolo originale: The green mile
Regia: Frank Darabont
Anno: 1999
Durata: 189 min
IMDB

1935. Nel braccio della morte di un penitenziario lavorano Paul Edgecombe e altre guardie sotto di lui. . La sua vita e quella dei suoi uomini cambia quando in carcere giunge John Coffey un gigante di colore accusato di aver massacrato due bambine.

 

 

Il film inizia con Paul che, ormai anziano, ricorda gli anni passati quando faceva il secondino nelle carceri dove venivano tenuti i condannati a morte fino al giorno dell’esecuzione. Successivamente ci troviamo catapultati nel suo passato, precisamente all’interno del blocco E nel momento in cui arriva un nuovo criminale del tutto fuori dal comune: John Coffey, un armadio di due metri accusato di aver abusato di due bambine e di averle poi uccise. Nonostante il grave crimine per cui è stato condannato, si scopre essere una persona dal carattere docile che ha persino paura del buio. Paul (Tom Hanks) è un secondino fuori dal comune, che tratta con rispetto e dignità i criminali che si trova davanti; considera infatti il blocco E una sorta di luogo in cui loro possano i qualche modo riflettere e pentirsi delle loro azioni. Ma non tutti i carcerieri sono coscienziosi come Paul e al contrario si dimostrano pieni di sé e pensano di avere il diritto di trattare come vogliono le vite degli altri, come infatti fa Percy (capiamoci: lui è il raccomandato di turno che siccome è nipote del capo si crede chissà chi, quindi un tipo per definizione insopportabile).

Ma il film gira attorno a John Coffey, e al fatto che in più occasioni aiuta a guarire alcune persone durante la sua permanenza nel carcere. La domanda sorge spontanea: chi è costui? È veramente colpevole dei crimini per cui è stato condannato? Paul rimane sempre più incuriosito dal personaggio e man mano, tutti in qualche modo si affezionano a lui (tranne Percy ovviamente). Oltre ad aiutare le persone, John ne riesce a percepire sulla propria pelle i sentimenti e le intenzioni, capendo se queste hanno un animo buono o cattivo. Una sorta di angelo (dall’aspetto anticonvenzionale) mandato per mettere in luce le contraddizioni della società e della giustizia.

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Penso che questa sia la frase più forte di tutto il film: vedere John che da solo combatte ogni giorno il male ma senza arrivare a un punto. Alla fine, ingiustamente punito, si arrende all’evidenza che c’è talmente troppo male in questo mondo che da solo non può farcela a cambiare le persone.

La durata del film (tre ore abbondanti) dà spazio al regista di raccontare la storia dei personaggi coinvolti offrendoci l’occasione di capire appieno le dinamiche. Scopriamo così che non tutti i detenuti sono degli infami per definizione, ma alcuni conservano ancora qualche briciolo di cuore.

Il miglio verde é il percorso dei condannati a morte, quel lungo corridoio che porta all’esecuzione finale, ed è proprio qui che tra paure, rimorsi e a volte pentimento, scopriamo la più intima natura delle persone.

rating 4
anna firma

Recensione: Ralph Spaccatutto di Rich Moore

Ciao a tutti! Ultimamente mi trovo a guardare film random e non quelli che mi programmo di vedere, dipende sempre dall’umore e da come mi gira. Questa volta avevo bisogno di qualcosa di leggero e quindi ho optato per un film di animazione, precisamente per un film Disney che non avevo ancora visto: “Ralph Spaccatutto”.

ralph spaccatutto
Titolo: Ralph Spaccatutto
Titolo originale: Wreck-it Ralph
Regia: Rich Moore
Anno: 2012
Durata: 101 min
IMDB

Ralph Spaccatutto è il cattivo del videogioco arcade Felix Aggiustatutto. Disegnato per servire un unico scopo, da trent’anni distrugge il muro del condominio per dar modo al martello magico del bravo ragazzo Felix di riparare il danno e godersi la medaglia, la torta e l’affetto dei condomini. Per contro, a lui, finito il turno di gioco, non resta che tornare in una discarica di mattoni, solo e dimenticato. Stanco di tutto questo, nonostante il periodico sfogo alla terapia di gruppo per cattivi pixellati, Ralph decide di intraprendere un pericoloso viaggio fuori dalla sua macchina a gettoni, dentro la sala giochi, alla ricerca di una medaglia che offra anche lui il riconoscimento che agogna.

Negli ultimi anni la Disney ha fatto propria la grafica computerizzata, creando dei personaggi decisamente adorabili (vedi Olaf, Baymax, il camaleonte di Rapunzel, ecc). Quindi, pur essendo amante dei classici e a loro fedele, ho accettato di buon grado questa nuova direzione stilistica. In un’era in cui tutto quello che è nerd va di moda, anche la Disney si è voluta in un qualche modo nerdizzare creando questo film basato sul mondo dei videogiochi arcade.

Ralph è il cattivo del suo videogioco in cui deve rompere palazzi, che vengono poi aggiustati dal protagonista del gioco Felix. Questo avviene quando i bambini sono nella sala giochi a giocare, ma quando questi vanno a casa, scopriamo la vera vita dei personaggi dei videogiochi. Ralph frequenta il gruppo dei “Cattivi anonimi”, un gruppo di sostegno per tutti i cattivi che si sentono un po’ soli. Ralph soffre molto di questa cosa e durante una di queste serate rivela di voler dimostrare anche lui di essere buono in modo da poter essere accettato dagli altri personaggi del suo giochi. Quindi decide che deve vincere una medaglia in un gioco per dimostrare di essere un eroe (nonostante sia vietato intrufolarsi in altri giochi) e finisce per combinare disastri nei vari videogiochi mettendo a rischio anche il suo.

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All’interno del videogioco Sugar Rush incontriamo Vanellope, una bambina adorabile, ma allo stesso tempo furbetta. Anche lei è isolata dai suoi compagni perchè è un glitch. Pian piano la bambina e Ralph iniziano a fare amicizia e ad aiutarsi l’un l’altro per realizzare i propri sogni: Vanellope vuole riuscire a gareggiare nella corsa di Sugar Rush e Ralph vuole vincere una medaglia diventando un eroe. Attraverso questa avventura Ralph scoprirà che non gli servirà vincere una medaglia finché ci sarà sempre qualcuno che gli vorrà bene così com’è.

In questa avventura, attraverso i vari videogiochi incontriamo anche altri personaggi, con cui probabilmente anche noi abbiamo giocato in passato. Mi è piaciuto molto che siano stati affiancati personaggi modellati diversamente e lo scambio di battute brillanti tra di loro. Niente può battere la comicità dei creatori Disney.

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Nonostante “Ralph Spaccatutto” sia un bel film di animazione e abbia delle scene divertenti, non mi ha convinto troppo. Nel senso che qui ho visto poco di quello che per me rappresenta la vera anima della Disney. Chi da piccolo non aveva le cassette dei film Disney che ha rivisto fino a rovinare il nastro? Di conseguenza è naturale che molti di noi siano legati affettivamente a quello stile di animazione e, per quanto l’animazione digitale sia fatta in maniera eccellente, siano degli instancabili nostalgici dei classici (come me).

Ma la cosa che più mi ha turbato è stata la mancanza di canzoni! Uno dei punti di forza dei film Disney sono le canzoni e io aspetto sempre con ansia i nuovi film per sentirle e cantarle a pieni polmoni! Ciò che conta però, sono gli insegnamenti che possiamo trarre da questi film perchè sono sempre fonte di piccole perle di saggezza e ti arrivano dritti al cuore. Ralph ci insegna, infatti, che la felicità delle persone a cui vogliamo bene vale molto di più che mille medaglie.

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rating 3.5
anna firma

Recensione: The Fighter di David O.Russell

Buongiorno a tutti! Il film di oggi è un film che avevo in lista da molto e che finalmente sono riuscita a depennare. Tempo fa ho guardato una serie di film riguardanti il pugilato che mi erano piaciuti molto e quindi, non potevo non vedere “The fighter”.

the fighter
Titolo: The fighter
Titolo originale: The fighter
Regia: David O. Russell
Anno: 2010
Durata: 116 min
IMDB

Il film racconta la vera storia di Dicky Eklund, un pugile professionista trasformatosi in allenatore dopo una vita di crimini e droga e del fratellastro “Irish” Micky Ward, che dopo aver abbandonato prematuramente la carriera di pugile, sotto la guida di Dicky è diventato un campione nel mondo del pugilato.

 

Diciamo che la prima parte del film scorre abbastanza lenta in quanto ci racconta chi sono i fratelli Ward e la loro situazione familiare. Dicky, il fratello più grande, è un ex-pugile ed orgoglio della cittadina che allena il fratello minore Micky in attesa di fare il suo ritorno sul ring. Ha una personalità complicata e nonostante lui ami il pugilato, passa ormai molto del suo tempo a drogarsi. Questo suo lasciarsi andare poi si ripercuote sul fratello, in quanto gli incontri organizzati da Dicky si rivelano sempre un fallimento. Micky che è il vero protagonista della storia, vuole riuscire a vincere il campionato, ma la mal gestione degli allenamenti e dei suoi incontri non glielo permette. Di certo poi la sua famiglia non gli rende la vita facile tra la madre (che fa anche da manager) che sta sempre sul collo ai figli, le infinite sorelle senza un briciolo di cervello e un povero padre che non viene ascoltato. La situazione degenera quando Dicky finisce in prigione creando un bel po’ di casini anche per Micky. La svolta avviene quando Micky incontra Charlene, una ragazza con gli attributi che riesce a tirarlo fuori dai pasticci ed aiutarlo a rimettersi in careggiata.

Se fino a questo punto abbiamo visto solo un misero incontro, da qui in poi iniziamo ad assistere ai vari scontri di Micky e iniziano (finalmente) le botte. Non prendetemi amante delle risse ma, onestamente, trovo il pugilato vagamente intrigante. O meglio, fino a poco tempo fa trovavo senza senso che le persone si picchiassero fino allo stremo per puro sport, ma i vari film che ho visto mi hanno fatto cambiare idea. Perché dietro ad ogni pugno che il combattente sferra, ci sono ore e ore spese in palestra ad allenarsi e nei suoi occhi c’è la determinazione di chi vuole riuscire a dimostrare quello che vale. Il sudore, i lividi, il sangue e il dolore sono tutti sacrifici che il lottatore è disposto a fare pur di vincere un incontro, anche se molto spesso il vero motivo per cui combatte va al di là della semplice vittoria.

Oltre alla storia, quello che ho apprezzato e che poi è anche uno dei punti di forza del film è la recitazione degli attori, ma in particolare di Christian Bale nei panni di Dicky. Premetto che amo questo attore ed è davvero impressionante come riesca a rendere fenomenale ogni ruolo che interpreta. La sua interpretazione di Dicky gli è valsa l’Oscar come miglior attore non protagonista. Anche Mark Wahlberg e Amy Adams non sono da meno e il risultato finale è un film intenso e coinvolgente.

Quindi, se cercate un film con una storia con pathos e un pizzico di azione misto botte, direi che “The fighter” potrebbe fare al caso vostro 😉
[Il voto potrà non sembrare altissimo ma nonostante mi sia piaciuto, rispetto a film dello stesso genere mi è piaciuto un po’ meno]

rating 3.5
anna firma

Recensione: La teoria del tutto di James Marsh

Ciao a tutti! Questa settimana non è iniziata nel migliore dei modi quindi chiedo scusa se non ho pubblicato. Abbiate pazienza, sono davvero presa con le bombe (che per chi non sapesse cosa vuol dire, significa che sono incasinata). Detto ciò settimana scorsa ho visto questo film recente che forse avete già avuto occasione di vedere: “La teoria del tutto”.

la teoria del tutto
Titolo: La teoria del tutto
Titolo originale: The theory of everything
Regia: James Marsh
Anno: 2014
Durata: 123 min
IMDB

La teoria del tutto racconta la storia del più grande e celebrato fisico della nostra epoca, Stephen Hawking, e di Jane Wilde, la studentessa di Arte di cui si è innamorato mentre studiavano insieme a Cambridge negli anni 60.

Quello che mi ha veramente incuriosito del film era sapere un po’ di più sulla vita di questo scienziato. La storia è romanzata, forse per alcuni un po’ troppo, ma a me onestamente non è dispiaciuta. Assistere alla rappresentazione della sua vita è stato molto interessante. L’attore che ha interpretato Stephen Hawking è stato davvero bravo nel riprodurre i vari stati della malattia degenerativa, tanto che quest’interpretazione gli è valsa l’Oscar.

Quello che mi ha colpito è stato vedere come Hawking sia passato da studente normale a scienziato di fama internazionale e costretto a comunicare attraverso un computer. Ma se è arrivato fino a dove si trova oggi è anche grazie a colei che è stata sua moglie per molto tempo, che nonostante la malattia l’ha sempre sostenuto e spronato a non arrendersi alle difficoltà che si presentavano. Ed effettivamente lui c’è riuscito, nonostante ormai possa muovere solo pochi muscoli, continua la sua ricerca per quanto riguarda le teorie sulla nascita dell’universo.

Spesso quando vediamo queste storie, rimaniamo stupiti dalla forza di volontà di questi personaggi e in un certo qual modo li sentiamo distanti da noi, ma posso dire che, in certo modo, questo non è propriamente vero. È un essere umano come noi, magari con un patrimonio di conoscenze scientifiche più ampio, ma comunque una persona con coraggio, paura e debolezze. Forse questo aspetto nel film non si è stato messo in risalto perché il regista ha voluto dare più importanza alla malattia e al ruolo chiave della moglie, ma ogni tanto assistiamo a dei momenti di crisi che fanno vedere come non sia stato un percorso semplice e roseo.

Il film si concentra più sul rapporto tra Hawking e Jane che sulle sue ricerche e teorie elaborate nella sua carriera. Mi dispiace deludere chi si aspetta grandi discorsi sui massimi sistemi, ma ci sono solo un paio di scene in cui si parla di fisica pura e cruda. Detto questo, il film sicuramente merita una visione per la brillante interpretazione dei due protagonisti.

rating 3.5
anna firma