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Recensione: American Sniper di Clint Eastwood

Buongiorno a tutti! Venerdì scorso ho finito tirocinio quindi da oggi posso dedicarmi full-time alla tesi visto che il tempo stringe. Ieri sera come al solito non sapevo che genere di film avessi voglia di guardare e alla fine ho scelto ‘American Sniper’, un filmetto giusto leggero per concludere la settimana. Nuovo lunedì, un anno in più per me oggi (eh già, la vecchiaia colpisce anche me) e mille cose ancora da fare. Ma basta parlare di me e concentriamoci sul film.

american sniper
Titolo: American Sniper
Titolo originale: American Sniper
Regia: Clint Eastwood
Anno: 2014
Durata: 133 min
IMDB

Il film racconta la storia del Navy SEAL Chris Kyle (Cooper), che registrò il più alto numero di uccisioni come cecchino americano. Fu così temuto dagli insurrezionalisti iracheni da ricevere il soprannome al-Shaitan (“il diavolo”). Nel 2013 Kyle è stato ucciso in un poligono di tiro, da un altro veterano. Il film è tratto dal libro “American Sniper: The Autobiography of the Most Lethal Sniper in U.S. Military History”.

 

La prima cosa che ho pensato appena sono iniziatii titoli di coda è stata: “Hey man, this was tough!” perdonatemi l’espressione inglese ma dopo due ore in cui i protagonisti continuano a riferirsi tra di loro usando ‘man’, sono stata anch’io contagiata. Il film si basa sull’autobiografia di Chris Kyle, ovvero uno dei migliori cecchini dell’esercito americano e sulle sue missioni in Iraq. Di conseguenza non si tratta di un film facile da guardare ma soprattutto da recensire: il rischio è quello di iniziare un lungo dibattito sulla guerra. Siamo tutti sensibili a questo tema e di conseguenza un film che parla di un qualcuno che ha partecipato attivamente ad una guerra che dura tutt’ora, ci vuole ricordare che non si tratta di storia ma del presente e ovviamente questo non è facile da digerire.

Diretto da Clint Eastwood che a mio parere si conferma sempre un ottimo regista qualsiasi storia diriga, il film racconta in maniera viva le scene di guerra. Quello che più secondo me cattura l’attenzione e la partecipazione dello spettatore l’alternarsi di inquadrature di villaggi iracheni provati dalla guerriglia e scene in cui si vede attraverso il mirino di Chris gli obiettivi da abbattere. Soprattutto nelle seconde, la tensione sale esponenzialmente in quanto hai gli occhi fissi sull’obiettivo del cecchino e non senti nessun rumore se non il fruscio dell’aria e quello del respiro di chi sta sparando.

Il film comunque vuole cercare non solo di riportare i fatti ma anche dimostrare le due facce di chi va in guerra ovvero il senso di dovere verso la causa e verso i compagni e la voglia di stare con la propria famiglia. Diciamo che il film trasmette bene questo conflitto personale che ogni soldato chiamato in guerra affronta. L’unica cosa che secondo me si poteva modificare sarebbe stato dare un po’ più di spazio raccontando degli anni successivi al suo ritiro definitivo dal campo di battaglia e di come sia stato difficile reinserirsi nella società.

Un’interpretazione da parte d Bradley Cooper davvero intensa e capace di arrivare allo spettatore (ultimamente ha fatto dei film in cui ricopre dei ruoli di spessore in cui possiamo sperimentare la sua bravura). Nonostante abbia avuto molte nomination per gli Oscar, ha vinto solo quello per miglior montaggio sonoro, anche se Bradley secondo me se lo meritava tutto a mio modesto parere. Un film davvero interessante e raccontato attraverso l’esperienza diretta di persone che erano in prima linea e che offre un’occasione per riflettere su quello che accade intorno a noi.

rating 4
anna firma

Recensione: Kyoukai no Kanata – I’ll be here: Mirai-hen

Buongiorno a tutti! Ultima settimana di tirocinio per me e ancora una tesi da finire. Ma oggi non siamo qui per parlare di me, bensì di un film che ho atteso per mesi e mesi. Non so se vi ricordate ma un po’ di tempo fa avevo recensito il primo film tratto da un anime giapponese. Ebbene, oggi finalmente riesco a fare la recensione della seconda parte del film. Nonostante il film sia uscito in Giappone a metà aprile, l’ho trovato nel web solo una decina di giorni fa, il punto è che tanto sognavo di sapere come si sarebbe conclusa la storia che praticamente ogni giorno controllavo se era uscito su Internet. La Mon conosce ben quanto io abbia atteso questo momento e oggi scopriremo insieme come prosegue la storia.
(La recensione della prima parte la trovate qui)

Kyoukai no Kanata - I'll be here: Mirai-hen
Titolo originale: Gekijouban Kyoukai no Kanata – I’ll be here: Mirai-hen
Regia: Taichi Ishidate
Anno: 2015
Durata: 92 min
MyAnimeList

Seconda e ultima parte del film. Capitolo futuro.

Allora, nello scorso film ci eravamo lasciati con Mirai che ricompare ma non si ricorda più né chi sia né dei suoi amici. La perdita della memoria è infatti il prezzo da pagare per essere tornata indietro dopo lo scontro con il kyoukai. Quando Akihito scopre che Mirai non si ricorda più niente, decide di mentirle dicendo che tra di loro non è mai successo niente e che lei è una normale ragazza umana. Il dover far finta di niente lo fa soffrire e mantenere un comportamento distaccato nei confronti di Mirai che invece, in qualche modo, si sente incuriosita dal ragazzo. Quindi, per tutta la prima metà abbondante del film ci sono loro due che non riescono mai a confrontarsi liberamente e Akihito si comporta un po’ da codardo e piagnucolone (capisco il trauma di scoprire che la ragazza che ti piace non si ricorda più di te ma non puoi tu decidere di nasconderle la verità e continuare a svignartela quando lei cerca di scoprire giustamente qualcosa). Infatti, ad un certo punto, lei non ce la più e fa una sfuriata che finalmente aiuta il fragile Akihito a darsi una svegliata.

Ovviamente incontriamo anche i personaggi che abbiamo conosciuto nel capitolo scorso e un nuovo pericolo si scatena contro i nostri protagonisti: la diffusione di uno youmu progettato da Miroku, il tipo del Dipartimento di Osservazione degli spiriti guerrieri, che sfrutta la negatività e l’oscurità nell’animo delle persone per controllarle. Non voglio scendere oltre nel dettaglio, ma se vi state chiedendo se Mirai recupera la memoria la risposta è ‘si!’. Se invece volete sapere se alla fine si metteranno insieme questo non posso dirvelo.

gif

Ritroverete nel film tutto quello che ci ha fatto innamorare dell’anime, una sigla spettacolare ed emozionante, scene di combattimenti esaltanti, dei casini assurdi che non vi aspettereste e, in più, abbiamo l’onore di vedere alcune scene dell’infanzia di Mirai e Akihito anche se si tratta di infanzie non troppo felici. Gli avvenimenti in questo capitolo finale ci fanno conoscere tutti i nostri protagonisti più in profondità e molti dei misteri e delle cose che non erano mai state spiegate acquisiscono un qualche senso logico.

I’ll be here ovvero ‘io sarò qui’ è la promessa tacita che Mirai e Akihito si scambiano, una scelta che li renderà più sinceri l’un l’altro e che li porterà verso una nuova strada insieme. Spero di non avervi svelato troppo però, mi raccomando, non perdetevi la scena dopo i titoli di coda che è il momento che tutti noi fan della serie aspettiamo!
rating 4
anna firma

Recensione: Lo stagista inaspettato di Nancy Meyers

Buongiorno a tutti!

Vorrei iniziare ringraziando la mia coinquilina che l’altra sera mi ha portato al cinema a vedere un film davvero promettente dal trailer: “Lo stagista inaspettato”. Era da un po’ che non mi capitava di andare due volte al cinema in meno di una settimana… sento che dovrei farlo più spesso se solo i prezzi non fossero esorbitanti. Detto questo, spero che questa recensione riesca ad esprimere quanto il film mi sia piaciuto!

lo stagista inaspettato
Titolo: Lo stagista inaspettato
Titolo originale: The Intern
Regia: Nancy Meyers
Anno: 2015
Durata: 121 min
IMDB

Una società di moda assume uno stagista decisamente fuori dagli schemi: Ben Whittaker (Robert De Niro) un settantenne pensionato che ha scoperto che in fondo la pensione non è come immaginava e decide così di sfruttare la prima occasione utile per rimettersi in pista. Nonostante le diffidenze iniziali, Ben dimostrerà alla fondatrice della compagnia (Anne Hathaway) di essere una valida risorsa per l’azienda e tra i due nascerà un’inaspettata sintonia.

La storia inizia presentandoci il protagonista del film ovvero Ben, un vecchietto di settant’anni che si tiene sempre impegnato nelle più svariate attività. Si iscrive infatti a tutti i corsi possibili perché ama il contatto con la gente e perché vuole cercare colmare il vuoto lasciato dalla perdita della moglie.
Dopo aver risposto ad un annuncio si ritrova a fare lo stagista presso la start-up di un e-commerce di abbigliamento. Qui gli viene affidato il ruolo di assistente del capo, ovvero Jules, una donna che ha appena superato i trent’anni, intraprendente e ambiziosa. A questo punto allo spettatore si chiede “cosa può fare un vecchietto di utile senza saper usare un computer?” Ecco, la stessa domanda se la pone anche Jules, ma ovviamente il nostro Ben ha molta voglia di mettersi in gioco e imparare anche a usare le nuove tecnologie. Ben riesce a conquistare tutti e a dimostrarsi una risorsa preziosa per l’azienda e per Jules stessa, che può contare su un bagaglio di esperienze decennali.

Il segreto di questo film sono i paradossi comici che riesce a creare, solo partendo dalla premessa che un vecchietto si metta a fare lo stagista. Epica è la scena in cui al nuovo gruppo di stagisti (vecchi e giovani) mostrano le scrivanie con sopra i mac: il ventenne apre lo zaino e mette sul tavolo, cellulare, mp3, cuffiette e inizia tranquillamente a lavorare, poi vediamo Ben che dalla sua ventiquattr’ore tira fuori gli occhiali, la penna, un orologio e inizia a fissare lo schermo nero del computer (per fortuna i suoi colleghi stagisti lo aiutano ad approciarsi con Internet e le nuove tecnologie).
In realtà questa è solo una delle mille mila scene esilaranti che si succedono durante il film. Ma se la comicità e il continuo scambio frizzante di battute tra i personaggi sono il punto di forza di questo film, questo è supportato dalla recitazione magnifica di due grandi attori che personalmente amo molto: Robert De Niro (Ben) e Anne Hathaway (Jules). Presi singolarmente sono di per sé due attori fenomenali, ma la loro combo è il tocco per rendere questo film davvero brillante e capace di trasportarti in questa storia e farti ridere proprio di gusto!

Ma non vuole essere solamente un film che fa ridere lo spettatore, veniamo anche a conoscere le paure e le insicurezze dei nostri protagonisti, vedendoli in momenti di fragilità. Dietro alle risate e alle situazioni più insolite si vengono a creare dei legami solidi e importanti che li aiutano ad affrontare i vari ostacoli per sentirsi bene con loro stessi.
Molti di noi sono stati o sono ora stagisti/tirocinanti o comunque l’ultimo arrivato in un contesto lavorativo e quindi per forza di cose non possiamo non amare e voler bene a questo vecchietto pimpante alle prese con un capo tutt’altro che facile e con mille pretese.
‘Lo stagista inaspettato’ è un film immediato, semplice e la sensazione che ho provato dopo averlo visto è stata quella di una bella ventata d’aria in una calda giornata estiva, nel senso che è un toccasana per l’umore! Ve lo consiglio perché veramente se volete vedere un film divertente e che sappia far ridere senza cadere nel volgare, questo sicuramente soddisferà pienamente le vostre aspettative, d’altronde un vecchietto stagista può solo che riservare sorprese a non finire!

rating 5
anna firma

Recensione: Padri e figlie di Gabriele Muccino

Buongiorno a voi!

Mi scuso se la settimana scorsa non sono riuscita a pubblicare, ma tra tirocinio, tesi e cose varie non ce l’ho fatta.
Per rimediare sabato sera sono andata al cinema con il mio papy e mio fratello a vedere un film di cui avevo visto il trailer un paio di giorni prima. Come avete capito dal titolo del post si tratta di “Padri e figlie”.

Padri e figlie
Titolo: Padri e figlie
Titolo originale: Fathers and Daughters
Regia: Gabriele Muccino
Anno: 2015
Durata: 116 min
IMDB

Jake è un romanziere di successo (vincitore di un Pulitzer) rimasto vedovo in seguito a un grave incidente. Si trova a dover crescere da solo l’amatissima figlia Katie, a fare i conti con i sintomi di un serio disturbo mentale e con la sua altalenante ispirazione. 27 anni dopo, Katie è una splendida ragazza che vive a New York: da anni lontana dal padre, combatte i demoni della sua infanzia tormentata e la sua incapacità di abbandonarsi ad una storia d’amore.

Il film racconta del rapporto tra padre e figlia e di come si evolve nel corso degli anni. I fatti non vengono presentati in ordine cronologico,
ma c’è sempre un alternarsi tra passato e presente, cioè quando Katie è piccola e quando, invece, è adulta.
Di conseguenza, salta subito all’occhio il fatto che la bambina, bellissima e adorabile, è
diventata una donna complessata e incapace di amare. Viene naturale cercare di capire il motivo di tale cambiamento e scena per scena questo viene svelato. I continui salti temporali rendono la vita della ragazza una sorta di puzzle emotivo che lo spettatore è invogliato a risolvere. La cosa buffa è che, nonostante Katie sia una psicologa, va lei stessa da un’altra strizzacervelli perché non riesce a risolvere i suoi problemi. Questo ruolo mi è sembrato perfetto per Amanda Seyfried, proprio per quegli occhioni belli e misteriosi dietro il quale sembra sempre nascondersi un animo complicato.

Purtroppo essendo un film drammatico, padre e figlia sono coinvolti in una serie di eventi che non mi è dato svelare, che metteranno a dura prova Jake come padre e segneranno indelebilmente il carattere di Katie. Russell Crowe ha interpretato splendidamente la parte di Jake, ha saputo cogliere tutti i dettagli della malattia che colpisce il suo personaggio, ma non solo. Russell riesce a trasmettere tutto l’amore che un padre può avere nei confronti della figlia attraverso i suoi sguardi intensi e i piccoli gesti che cerca sempre di non far mancare alla sua piccola “patatina”,anche se a volte non è facile.

In particolare mi è piaciuta la scena in cui c’è Jake che sta scrivendo con la sua fedele macchina da scrivere e Katie che gli sta disegnando affianco e i due iniziano iniziano a cantare insieme.

Il film riesce a coinvolgere lo spettatore e a farlo commuovere e mi dispiace, ma preparatevi perché sarà inevitabile che vi scenda qualche lacrima. Io mi sono emozionata in un paio di scene come quando Katie riesce a far parlare una bambina che ha in cura e che non parlava da mesi; o quando capisce di quanto lei sia stata amata dal padre e che in fondo anche lei è in grado di provare per qualcun’altro un sentimento così forte.
Non preoccupatevi, posso garantirvi che non è un film troppo drammatico di quelli in cui davvero si piange da rimanere disidratati. Se avete già visto ‘La ricerca della felicità’ o ‘Sette anime’ saprete come Muccino voglia commuovere ma con delicatezza ed eleganza, sempre cercando di trasmettere un messaggio forte. Alcune risate e colpi di scena non mancheranno ma, con questo film, Muccino ci regala un altro capolavoro e si conferma come gran regista.

rating 4.5
anna firma