2.5 cupcakes

Recensione: L’anello di fuoco di Pierdomenico Baccalario

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Titolo: L’anello di fuoco (Century #1)
Autore: Pierdomenico Baccalario
Editore: Piemme
Disponibile in italiano:
Goodreads

Roma (città di Fuoco), il 29 dicembre: è notte e fa un freddo cane, un uomo corre affannosamente lungo il Tevere, deve trovare i quattro ragazzi e consegnare loro la valigetta. Intanto Elettra, Harvey, Mistral e Sheng escono di nascosto dalla loro camera dell’hotel Domus Quintilia per scoprire cosa ha cusato il black out e iniziano a passeggiare per la città sommersa dalla neve. Questi ragazzi fino a poco tempo prima non si conoscevano ma, per uno sbaglio di prenotazione, si sono incontrati e hanno scoperto di essere nati tutti e quattro il 29 febbraio. Quando l’uomo li vede non ha dubbi: “sono loro” pensa e consegna loro la valigetta. All’interno vi trovano una strana mappa di legno, un ombrello a scacchi, quattro trottole e un foglio di carta. La sfida è iniziata e i ragazzi finiranno addirittura nelle fondamenta della basilica di San Clemente per riuscire a ritrovare l’Anello di Fuoco ma dovranno stare attenti, perché anche loro sono sulle tracce delle trottole.

 

Premessa: io sono una bambina sotto molti aspetti, tra cui quello letterario. Non sono mai cresciuta, rimanendo affascinata da quei libri fantasy pieni di magia e mistero. Trovassi un libro con un protagonista sulla mia età immerso in un’atmosfera del genere, probabilmente ne farei il mio libro preferito. Non essendo ancora inciampata su un libro così (è un’incitazione a trovarlo voi per me), mi butto su libri come L’anello di fuoco.

Quando una della ragazze della Banda ha iniziato a parlare di questa serie di libri, sono corsa immediatamente a cercare la trama e tutta felice ho preso il mano il primo volume. La storia ha un gran potenziale, il mistero c’è, i protagonisti anche. Cos’è che non ha funzionato allora, direte voi? Non viene spiegato quasi nulla.
Si viene a sapere che c’è un “qualcosa” che accade ogni cento anni e che servono quattro ragazzi, speciali perché nati il 29 febbraio. Ci sono poi delle persone, chiamate Loro, che devono impedire ai quattro di compiere la missione. Questo viene spiegato nei primi capitoli e io, sdraiata sul divano in posizioni assurde, ero tutta eccitata di scoprire qualcosa in più. E invece no, perché non si capisce assolutamente niente.

Il non avere risposte è la cosa che mi ha turbata di più, perché sul resto avrei potuto chiudere un occhio. Non mi capacito del fatto che quattro ragazzini di 12 anni girino per Roma di notte senza problemi o che non si facciano vedere per giornate intere dai genitori e questi non dicano niente. Voi mi direte: bhè, Harry Potter aveva 11 anni nel primo libro e guarda cosa ha combinato! Avete ragione, infatti ho messo da parte questi pensieri e ho provato a godermi la storia.

Nel complesso i quattro protagonisti mi sono piaciuti. Elettra è sarcastica, sempre con la risposta pronta, una ragazza con un gran bel caratterino ed una massa di riccioli neri (non so perché io continuo ad immaginarla rossa e con le lentiggini). Harvey sembra il solito ragazzino svogliato e viziato, invece si rivela sveglio, pronto ad agire. Mistral mi è sembrata un po’ piatta, ma spero che nei prossimi libri sia caratterizzata meglio. Sheng, non lo so..doveva essere quello simpatico del gruppo probabilmente e spesso lo è, ma ogni tanto fa delle battute dopo le quali ti ritrovi a fissare il libro chiedendoti se è completamente idiota.
Sui genitori non mi esprimo perché sono caratterizzati poco e quel poco è terribile.

I cattivi. Loro. Dunque, abbiamo Jacob Mahler, violinista assassino. Di lui si sa poco o niente, ma il modo in cui usa lo strumento mi ha incuriosita. Quando suona, fa addormentare le persone (come funziona non viene, ovviamente, spiegato) e l’archetto può essere usato come arma.
Beatrice è una comparsa praticamente. Aiuta Mahler all’inizio, ma poi ha dei ripensamenti, probabilmente dopo essersi fatta un esame di coscienza. Non sono riuscita ad inquadrare nemmeno lei.

La trama non è malaccio dai, una buona ricerca, anche se abbastanza scontata. I ragazzi hanno ricevuto aiuto da personaggi che non avevo previsto, vedi una zingara, e hanno dovuto risolvere degli indovinelli interessanti, anche se abbastanza grotteschi, vedi una cassa piena di denti.
Alla fine i quattro trovano quello che stavano cercando e finalmente speravo di avere qualche risposta. Ma no, loro tornano a casa e festeggiano Capodanno come se non fosse successo niente, promettendosi però di ritrovarsi prima o poi per usare di nuovo la mappa.
Il finale ci fa capire che c’è qualcosa di grande dietro la missione dei ragazzi, ma non ci dà nessuna risposta, anzi, ci regala mille domande in più.

Voglio provare a leggere il secondo volume, perché sono curiosa e vorrei capire qualcosa in più. Questo primo libro mi è sembrato una grande incipit ad una storia che è appena cominciata e magari andando avanti riuscirò a farmi coinvolgere di più.


Recensione: Dragonfly di Leigh Talbert Moore

Ciao a tutti, è un po’ di tempo che non mi faccio sentire con una recensione, ma il motivo c’è. Finalmente, quindici giorni fa, ho deciso di riprendere la mia sfida personale di lettura in inglese. D’altronde, le serie tv in lingua e coi sottotitoli in inglese le guardo, perché non dovrei leggere? Il fatto è che faccio una fatica bestiale. Quando vedo che a leggere un libro di meno di 200 pagine mi ci vogliono 2 settimane mi viene il nervoso e, finito il libro ormai iniziato – più per orgoglio che altro-, mollo l’inglese e torno all’italiano. Ogni tanto però mi saltano i 5 minuti e decido di riprovarci. Un po’ di tempo fa avevo letto The Truth About Letting Go di L. T. Moore e mi era piaciuto, sia come storia che come inglese: lo avevo letto senza grosse difficoltà. Durante l’ultimo attacco ‘devo leggere in inglese’ ho quindi pensato alla Moore e, visto che ho sentito parlar bene di questa serie, mi sono buttata. Della serie ne parlano bene, del primo libro un po’ meno e così è stato. Eh già, il libro di cui oggi vi (s)parlo è Dragonfly di Leigh T. Moore.

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Titolo: Dragonfly (Dragonfly #1)
Autore: Leigh Talbert Moore
Editore: Self
Disponibile in italiano: No
Goodreads

Anna Sanders expected an anonymous (and uneventful) senior year until she crossed paths with rich-and-sexy Jack Kyser and his twin sister Lucy.

Pulling Anna into their extravagant lifestyle on the Gulf Coast, Lucy pushed her outside her comfort zone and Jack showed her feelings she’s never experienced… Until he mysteriously withdrew.

Anna turned to her internship at the city paper and to her old attraction for Julian, a handsome local artist and rising star, for distraction. But both led to her discovery of a decades-old secret closely guarded by the twins’ distant, single father.

It’s a secret that could cost her the boy she loves and permanently change all their lives.

 

Avessi letto Dragonfly in italiano, probabilmente l’avrei trovato un libretto leggero, un po’ insulso ma nemmeno troppo, di quelli da leggere in un pomeriggio o spalmato in momenti di delirio durante una settimana di studio intenso. Leggerlo in inglese e metterci un bel po’ di tempo dovendomi concentrare di più su ogni frase, mi ci ha fatto riflettere di più.

Partendo dal finale: ha delle potenzialità, quindi il resto della serie lo leggerò, con calma ma sicuramente; anche perché con l’inglese della Moore mi trovo bene e mi invoglia a mettermi in gioco.
Per il resto non saprei che dire, è un grosso boh, un grosso punto di domanda. Lei, Anna, la protagonista, l’ho trovata insulsa, incapace di portare a termine qualsiasi idea ad esclusione del giornalismo, che ama e di cui vuole fare il suo lavoro a fine scuola. Comincia il suo senior year convinta che sarà un anno bruttissimo e infelice perché la sua migliore amica si è trasferita e lei prevede di rimanere da sola per tutta la durata dell’anno. Deve affrontare l’ultimo anno di liceo e un fase della sua adolescenza da sola, ma non trovo che basti a giustificare tutti i suoi comportamenti. Sarà che è giovane, e quindi non ci aspettiamo grande maturità, ma non può nemmeno andare avanti a stare raggomitolata sul letto a piangersi addosso, sia perchè un ragazzo non le parla, sia perché le parla e quindi lei non sa cosa fare. Come minimo 6 volte nel corso del libro si è messa a letto sostenendo che non sarebbe mai riuscita a dormire a causa dei troppi pensieri e poi “Sleep must have come, because the next time I opened my eyes it was daylight”. Bah.
Lui, Jack, il figo, lo prenderei a botte, a calci, a insulti. A scelta, davvero. Non l’ho potuto soffrire fin da subito. Ha i soldi ed è bello e per questo è fermamente convinto di potersi comportare male a piacere. Ha ed ha avuto i suoi problemi, una famiglia complicata alle spalle che influenza anche le sue scelte nel corso del libro
Lui, Julian, è l’amore. Però anche lui non mi finisce di convincere. L’artista, l’amico che vorrebbe qualcosa di più, ma non è in grado di capire che Anna ha bisogno di tempo. Si ritrova così a tornare sui suoi passi con le orecchie basse e la coda tra le gambe più di una volta. E devo dire che la cosa mi dispiace.
La storia è abbastanza piatta, non tanto perchè scontato, anzi, quanto perché, in un certo senso, la trama continua a girare su sè stessa, intorno a un’ipotetica storia d’amore che ci viene promessa quasi ad ogni pagina. L’unica ‘svolta’, in un certo senso inverosimile, che fa uscire dal letargo la nostra protagonista improvvisamente interessata alla vita e al mondo che la circonda, viene portata a galla, spiegata e sviscerata nel giro di poche pagine, per poi tornare alla normalità.
Anche il rapporto di Anna coi suoi genitori mi lascia perplessa, non si fa vedere per giorni a casa, rientra solo per mettersi nel letto a piangere e dormire.

Mi rendo conto che probabilmente del mio sproloquio sulle perplessità e su quel fondo amaro che mi ha lasciato questo libro, vi interessa relativamente, quindi mi fermo qui. Se c’è qualcuno che lo ha letto – o lo leggerà grazie (?) a questa “recensione” (hahaha) – e vuole parlarne io sono qui, e ben disposta a pareri contrari – e non-.

Recensione: Resta anche domani di R.J. Cutler

L’altro giorno la mia coinquilina mi ha chiesto se potevamo guardare insieme il film ‘“If I stay”. Mi sono guardata il trailer e sembrava un film carino quindi l’altra sera, dopo un’intensa giornata di studio, l’abbiamo visto.

La storia è molto semplice e ruota attorno alla 17enne Mia Hall la cui vita cambia in un istante dopo un tragico incidente. Durante il coma, lei vive un’esperienza extra-corporea che le permette di vedere la famiglia e gli amici mentre lei è sul letto d’ospedale. Mia rievoca tutti i suoi ricordi mentre si trova a dover decidere se svegliarsi in una realtà diversa da quella che si era immaginata o semplicemente spegnersi.


  • Titolo: Resta anche domani
  • Titolo originale: If I stay
  • Regia: R.J. Cutler
  • Anno: 2014
  • Durata: 107 min
  • IMDB


L’impressione che il trailer mi ha dato è stata quella di un film strappalacrime ma devo dire che né io né la mia coinquilina ci siamo commosse. Ammetto che ho pianto per molto meno, ma il film in generale non mi ha convinto. Partendo da un finale che ti lascia letteralmente cadere le braccia, il tutto sembrava un po’ finto. Forse perché gli attori protagonisti erano giovani o perché il ruolo non era nelle loro corde, ma non sono riuscita a entrare nella storia come di solito mi capita. Probabilmente mi ero fatta delle aspettative troppo alte su una storia che non voleva essere troppo sofisticata e toccante. Nonostante le potenzialità della trama, non so come spiegarlo, nel risultato finale qualcosa è andato storto.

Ma nonostante ciò, ci sono di momenti molto piacevoli e divertenti. Secondo me il più divertente è quando Adam, il ragazzo di Mia, la riaccompagna a casa per il coprifuoco e i genitori di lei spuntano fuori dalla finestra intromettendosi tra i due, in maniera decisamente buffa. Diciamo che i suoi genitori sono dei veri e propri personaggi, due ex-rocker che hanno creato una figlia amante della musica classica che suona il violoncello e su questa cosa si scherza molto nel film. Neache farlo apposta Adam suona in una band rock e i due, che a prima vista sembrano uno l’opposto dell’altra, sono veramente adorabili.

Il personaggio che più mi è piaciuto e che mi ha trasmesso emozioni è il nonno di Mia. Non compare spesso durante il film, ma ogni volta lui dà i consigli giusti alla nipote e la sua presenza è rassicurante. C’è un punto in cui lui è affianco al suo letto in ospedale e le dice: “Se non vuoi restare, sai, ti capisco” e qui veramente ti verrebbe voglia di essere lì a dare un abbraccio a questo povero vecchietto.

“Non dovrei soffrire così tanto. Mi rendo conto adesso che morire è facile. È vivere che è difficile.” Riuscirà Mia a trovare la forza per svegliarsi? Qualcosa per cui vale la pena vivere nonostante la situazione in cui si risveglierà sarà tutt’altro che facile da affrontare? Non andate a vedere su Wikipedia la trama ma fate le persone oneste e prendetevi un’oretta e mezza per guardare il film e scoprirlo, augurandovi che almeno a voi scenda una lacrima.