il cavaliere d’inverno

Teaser T-T-Wednesday #57

Buongiorno!
Vi chiedo scusa, ma ieri ero senza connessione e non ho potuto pubblicare. Quindi sono qui oggi, con un Teaser T-T-Wednesday a sostituire il Teaser di ieri. Mi faccio perdonare lasciandovi un passaggio dell’ultimo libro che ho letto e adorato alla follia: Il giardino d’estate di Paullina Simons, l’ultimo volume della trilogia de Il Cavaliere d’Inverno. Nei prossimi giorni arriverà anche una recensione 🙂teaser tuesday

Ogni sera, quando Alexander rientrava, la casa profumava di cibo e pane fresco, e Tania era elegante e sorridente. Lo accoglieva sulla soglia e lo baciava, i magnifici capelli sciolti sulle spalle. Alexander annunciava: “Tania, sono tornato!” e lei rideva, proprio come aveva riso quando aveva diciassette anni a Leningrado, nel Quinto Soviet. Si prendeva cura di lui, dei suoi figli, della sua casa, della sua vita, come aveva fatto a Coconut Grove, come aveva fatto a Bethel Island.
Vissero mentre il loro primogenito era tra il fango dei monti di Dakto. Vissero mentre era in Cambogia, nel Khammouan e mentre era impegnato a cacciare i
Vietcong da Khe Sahn. Vissero mentre combatteva sul fiume Perfume a Hué. Vissero e si sentirono in colpa, inviarono pacchi di sopravvivenza e si sentirono meglio, ricevettero sue notizie e si sentirono ancora meglio. In quegli anni Anthony non tornò mai in America, ma telefonava a Natale e parlava con sua madre, dicendo, alla fine:
“Salutami papà”. Alexander ascoltava dall’altro apparecchio e diceva: “Sono qui, figliolo”. E chiacchieravano per qualche istante.
“Come va laggiù?”
“Oh, bene, bene. Per lo più aspettiamo gli ordini e ci affanniamo a eseguirli quando arrivano.”
“Già, talvolta succede.”
“Lo detesto.”
“Sì. Lo detestavo anch’io.”
“Niente campi di Verdun qui, niente battaglia di mezzi corazzati a Kursk. Siamo sempre nella giungla. Ed è maledettamente umido. Dev’essere com’è stata per te Santa Croce, Swietokrzyst.”
“Swietokrzyskie era gelida”, osserva Alexander. “Be’, guardati le spalle.”
“Sempre, papà, sempre.”
Gordon Pasha aveva quasi undici anni, Harry nove, Janie quasi sei, Tatiana
quarantacinque. Alexander ne aveva cinquanta.
La sera di sabato 20 luglio 1969 sedevano tutti con gli occhi incollati al televisore.
Tatiana avrebbe voluto che Anthony fosse lì con loro, e Pasha osservò, come se le avesse letto nel pensiero: “Ad Anthony piacerebbe questa roba”. Tatiana domandò al marito: “Che ora è a Kontum?” E Alexander rispose: “A Kontum è già domani”
mentre Neil Armstrong faceva un piccolo passo per l’uomo ma un balzo gigantesco per l’umanità, e metteva piede sulla Luna.
Il telefono squillò.
Tatiana e Alexander si voltarono l’una verso l’altro. I loro sguardi si rabbuiarono.
Non poteva essere nessuno dagli Stati Uniti, perché negli Stati Uniti tutti stavano guardando Neil Armstrong.
Tatiana non riuscì a rispondere; ci pensò Alexander.
Quando riapparve, era terreo.
Cos’avrebbero ricordato i bimbi della loro madre quel 20 luglio 1969?
Alzandosi a fatica, Tatiana raggiunse Alexander sotto l’arco dello studio. Aprì la bocca per parlare, ma non emise alcun suono. Cosa c’è? avrebbe voluto dire. Cosa c’è?
Anthony è scomparso, spiegò Alexander con voce impercettibile. Tatiana doveva nascondere la faccia ai suoi figli, doveva nascondere la faccia soprattutto al marito.
Non voleva che la vedesse così. Sapeva che la sua debolezza l’avrebbe spaventato.

La lunga linea grigia – IL GIARDINO D’ESTATE di Paullina Simons

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il giardino d'estate
Si erano incontrati alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale, a Leningrado. Si erano amati fra gli stenti, la desolazione e le bombe di un assedio terribile, con la speranza di poter vivere un giorno altrove, in pace. Ora, 20 anni più tardi, davanti a un incerto futuro, quell’amore è messo alla prova. Tatiana e Alexander si sono miracolosamente riuniti in America, la terra dove tutto è possibile, e contano di ricostruirsi una vita insieme. Ma si devono confrontare con le ferite, il dolore, le fatiche che si portano dietro. Nonostante abbiano un figlio meraviglioso, Anthony, si sentono estranei l’uno all’altra. Ex capitano dell’Armata Rossa, Alexander vive con disagio il clima di paura e di sospetto della Guerra Fredda e Tatiana non riesce a ritrovare con il suo Shura l’intimità di un tempo. E quando pensano di essersi definitivamente lasciati alle spalle gli incubi della guerra, ecco che i fantasmi del passato tornano a minacciarli: Anthony, in conflitto con i genitori, si arruola volontario in Vietnam e scompare.

kiafirma

Recensione: Tatiana e Alexander di Paullina Simons

Ciaoo 🙂
Chi ha bisogno di almeno 15 giorni su un’isola sconosciuta circondata da mare-spiaggia-sole e basta? IO!
E invece nulla mi tocca accontentarmi delle vacanze giornaliere in biblioteca. Vabbè, speriamo che sia ancora per poco. Ma non sono qui per sognare, quanto per lasciarvi il mio pensiero sul libro che ho appena finito: ‘Tatiana e Alexander’ di Paullina Simons, ovvero il secondo libro della serie ‘Il Cavaliere d’Inverno’. È una settimana che rompo le scatole alla Mon sostenendo che mi scoccia da matti scrivere la recensione del secondo libro senza aver scritto quella del primo, ma l’ho letto parecchio tempo fa, quindi nada. Vi posso dire solo che ho adorato Il Cavaliere d’Inverno, ma Tatiana e Alexander mi è forse piaciuto anche di più.

tatiana e alexander
Titolo: Tatiana e Alexander (Il cavaliere d’inverno #2)
Titolo originale: Tatiana and Alexander
Autore: Paullina Simons
Editore: BUR
Disponibile in italiano:
Goodreads

Tatiana ha diciotto anni ed è incinta. E’ riuscita miracolosamente a scappare da una Leningrado sconvolta dall’assedio dei nazisti e a rifugiarsi in America. Il suo cuore però è a pezzi, ha perso Alexander l’uomo della sua vita. Eppure qualcosa le dice che il padre del suo bambino non può averla abbandonata in quella nuova patria…

 

Visto che vi siete evitati la recensione del primo, inizio dicendovi qualcosa in generale. Il Cavaliere d’Inverno è ambientato durante l’assedio tedesco a Leningrado durante la Seconda Guerra Mondiale. Tatiana e Alexander si conoscono il primo giorno di guerra, per caso. E, chiaramente, è subito amore. Ovviamente non può andare tutto bene, ma non sarò io a farvi rischiare lo spoiler di questo capolavoro. Posso però dirvi che l’ho davvero adorato, l’amore tra loro che supera la guerra, il freddo e la fame. Il loro cercare di aiutarsi pur non avendo nulla. I brividi nel leggere i racconti della vita a Leningrado durante l’assedio. Il ‘rispetto’ per Tatiana, una ragazzina che si ritrova con responsabilità enormi. L’avanzare dei tedeschi, la follia dell’Unione Sovietica. Sono 600 pagine, è vero, ma valgono tutte la pena. Un concentrato di emozioni i cui protagonisti sono così ben raccontati e caratterizzati che ci sembra di conoscerli da sempre, di averli davanti in carne ed ossa.

Ma tornando a Tatiana e Alexander – il secondo volume – , che dire di questo libro? L’ho adorato forse di più del primo. Avevo visto commenti non troppo positivi, in particolare riguardanti il numero infinito di flashback all’interno del libro. Sì, Tatiana e Alexander sono sostanzialmente uno per parte del mondo e ogni volta che si pensano ci viene riportato un flashback relativo a un loro momento passato insieme.
Al contrario di molti, io li ho apprezzati. Un po’ perché Tatiana e Alexander insieme sono l’Ammmmmore e l’idea di un intero libro con loro due divisi mi avrebbe spaventata parecchio di più di una serie di flashback. Un po’ perché la maggior parte di questi stralci della loro vita insieme fanno parte del tempo che loro due hanno passato insieme dopo il matrimonio, a Lazarevo. Nel primo libro questa era stata forse la parte che avevo apprezzato di meno, troppo veloce ma al tempo stesso lenta. Provo a spiegarmi. Quel periodo viene raccontato incentrandosi solo su loro due, sulla loro vita insieme. Ciò che li circonda non è caratterizzato quasi per nulla, a differenza di tutto il resto del libro. Questo, secondo me, aveva portato a una certa lentezza nella narrazione. Nello stesso momento, però di quel mese di narrazione non sappiamo nulla, solo dei momenti felici dei due. E questo lo fa sembrare quasi ‘buttato lì’ rispetto al resto del libro. Non so se mi sono fatta capire e vi chiedo scusa per la poca chiarezza.

Quello non era un arrivederci, ma un addio.
Era come se una parte di lei stesse per partire con lui. Non diceva addio solo a lui, ma anche a quella parte di sé. Ecco, sembravano dirsi l’un l’altra, prendi una parte di me e vattene.
Ne avrai bisogno quando non sarà rimasto nient’altro e io ne farò crescere una parte nuova. La Tania che ami sarà sempre con te. Prendila. E lui lo fece, finché non rimase più nulla. Né di lei né di lui.

Comunque, nel secondo libro la maggior parte dei flashback è relativa a questo periodo. Tutti questi stralci, ci permettono quindi di conoscere meglio anche quel pezzo di storia dei nostri due protagonisti, dando loro una vita più completa. Vengono inseriti in uno scenario più ampio e ci vengono riportati sentimenti ed emozioni di entrambi in maniera molto più dettagliata.
Il loro amore che resta forte fino a far male pur dopo troppo tempo che non si vedono e senza sapere se l’altro è ancora vivo assume sempre più senso. Mano a mano che l’autrice ci rende partecipi della loro vita insieme, ci rendiamo conto che quello tra loro non è un sentimento che può finire da un giorno all’altro, anzi.
Un altro aspetto che mi è particolarmente piaciuto di questo libro è la narrazione che, ovviamente, segue due filoni. O meglio. Segue la storia di Tatiana in ordine cronologico, mentre quella di Alexander è a sua volta divisa, alternando capitoli sulla sua infanzia e il suo arrivo in Unione Sovietica e capitoli relativi al presente. Mi sono sempre piaciuti i libri che seguono diversi piani temporali e questo non poteva essere da meno.

A parte i miei sproloqui dai quali si capisce quando ho amato questo libro, anche in questo caso la Simons ci caratterizza e ci descrive tutto nei particolari. Dalla nostalgia dei due protagonisti alle difficoltà di Tatiana nel costruirsi una nuova vita a New York, dalla voglia di vivere di Alexander che lotta per poter un giorno rivedere Tatia agli orrori della guerra e dei campi di sterminio nazisti. In particolare questo argomento trovo che sia raccontato dall’autrice con una delicatezza tutta sua che riesce a farci entrare più in sintonia coi prigionieri e che allo stesso tempo contiene una denuncia feroce nei confronti della storia. Ci aveva abituati in questo modo raccontandoci l’assedio e la fame a Leningrado, e non ci ha delusi nel passare a un altro tasto particolarmente dolente di quegli anni.

“Quanto crede che gli ci sia voluto?” chiese Ouspenskij.
“Il campo di Majdanek è diventato operativo otto mesi fa.
Duecentoquaranta giorni. In un periodo più breve di quello che ci vuole a una donna per creare la vita, sono riusciti a eliminare un milione e mezzo di esseri umani.”

Non penso ci sia altro da dire. Il mio consiglio è quello di leggere questa serie. A breve leggerò anche il terzo e ultimo volume. Vi farò sapere.

rating 5

kiafirma

Teaser Tuesday #22

Eccomi qui, con il Teaser di questa settimana. La scorsa Anna mi ha rubato il posto, ma sto giro tocca davvero a me. Il libro che sto leggendo mi è stato consigliato da un sacco di persone e devo dire che mi sta piacendo davvero moltissimo. Stranamente, pescando a caso tra le pagine, ho trovato un pezzetto davvero bello, ma piuttosto lungo. Spero non vi dispiaccia 😉

teaser tuesday

Il vento le scompigliò i capelli. Li fermò con una mano mentre con la lingua descriveva dei cerchi intorno alla liscia palla di gelato. Accavallava e separava le gambe, dondolando il capo all’indietro.

Lasciò che il gelato le si sciogliesse in gola mentre canticchiava la canzone che, in quel periodo, era sulla bocca di tutti: “Un giorno ci incontreremo a Lvov, io e il mio amore”.
Era un giorno perfetto. Per cinque minuti non ci fu nessuna guerra, in quella magnifica domenica di giugno a Leningrado.
Alzando gli occhi dal gelato, vide un soldato che la fissava dall’altra parte della strada.
Non era una presenza insolita a Leningrado, dove era di stanza una guarnigione. La città era piena di soldati. Vederli per strada era come vedere anziane signore con le borse della spesa, o gente che faceva la fila, o birrerie. Normalmente Tatiana si sarebbe limitata a dargli una rapida occhiata, ma quel soldato la fissava con un’espressione che non aveva mai visto prima. Smise per un attimo di mangiare il gelato.
Il suo lato della strada era già immerso nell’ombra, mentre quello dove si trovava lui galleggiava nella luce del pomeriggio.
Lei lo fissò, e, nell’attimo in cui guardò il suo viso, sentì qualcosa muoversi dentro di lei; muoversi, le sarebbe piaciuto dire, impercettibilmente, ma non era vero. Era come se il cuore pompasse sangue il doppio del normale, inondando tutto il corpo.
Batté le palpebre e il respiro si accelerò. L’immagine del soldato si sciolse sul marciapiede sotto il sole giallo pallido.
L’autobus arrivò e le coprì la visuale. Si alzò, ma non aveva intenzione di prenderlo, bensì di attraversare di corsa la strada, per non perdere di vista il soldato. Le porte si aprirono e il conducente le rivolse uno sguardo impaziente. Tatiana, composta e tranquilla, per poco non gli gridò di andarsene.
“Sale, signorina? Non posso aspettare tutto il giorno.”
Salire? “No, no, non salgo.”
“Allora cosa diavolo ci fa alla fermata?” Le porte si chiusero.
Tatiana indietreggiò verso la panchina e vide il soldato aggirare l’autobus di corsa.
Si fermarono entrambi.
Le porte si aprirono di nuovo. “Prende l’autobus?”
Il soldato guardò prima Tatiana, poi il conducente.
“Per Lenin e Stalin!” gridò l’autista, chiudendo le porte per la seconda volta.
Tatiana rimase in piedi davanti alla panchina. Indietreggiò, inciampò e cadde a sedere.
Con disinvoltura il soldato alzò le spalle e si guardò intorno.
“Pensavo proprio che fosse il mio autobus.”
“Sì, anch’io”, mormorò Tatiana.
“Il gelato si sta sciogliendo”, le fece notare lui sollecito.
E infatti stava colando lungo il cono per gocciolare poi sul vestito.
“Oh, no!”
“Andrà via.”
Tatiana cercò di porvi rimedio, ma la macchia si allargò.
“Fantastico”, borbottò. Si accorse che la mano le tremava mentre puliva il vestito.
“È da molto che aspetti?” chiese il soldato. La sua voce, grave e profonda, aveva un che di… non riusciva a dire cosa. Non è di queste parti, pensò, con gli occhi bassi.
“Non troppo”, rispose a voce bassa. Alzò gli occhi per guardarlo in faccia. Era molto alto.
Indossava l’uniforme, e sul berretto c’era una stella rossa smaltata, proprio sopra la fronte. Rimase colpita dalle mostrine, di cui però ignorava il significato. Era un soldato semplice? Aveva il fucile. I soldati semplici avevano il fucile? Sul cuore portava una medaglia d’argento contornata d’oro.
Sotto il berretto color terra i capelli erano scuri. Sembrava giovane. Gli occhi timidi di Tatiana incontrarono quelli di lui color caramello, di una sfumatura più scura del gelato che stava mangiando. Erano gli occhi di un soldato? Gli occhi di un uomo? La guardavano calmi e sorridenti.
Rimasero a guardarsi per un attimo, ma un attimo di troppo che parve un’eternità. Di solito gli estranei non si guardano mai per più di un breve istante. Tatiana ebbe come l’impressione di aprire la bocca e pronunciare il suo nome. Si voltò di scatto, eccitata, smarrita.

Capitolo 2 – IL CAVALIERE D’INVERNO di Paullina Simons

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il cavaliere d'inverno

Leningrado, 1941. In una tranquilla sera d’estate Tatiana e Dasha, sorelle ma soprattutto grandi amiche, si stanno confidando i segreti del cuore, quando alla radio il generale Molotov annuncia che la Germania ha invaso la Russia. Uscita per fare scorta di cibo, Tatiana incontra Alexander, un giovane ufficiale dell’Armata Rossa che parla russo con un lieve accento. Tra loro scatta subito un’attrazione reciproca e irresistibile. Ma è un amore impossibile, che potrebbe distruggerli entrambi. Mentre un implacabile inverno e l’assedio nazista stringono la città in una morsa, riducendola allo stremo,Tatiana e Alexander trarranno la forza per affrontare mille avversità e sacrifici proprio dal legame segreto che li unisce.

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