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Teaser Tuesday #32

Eccoci qua col teaser di oggi. Al momento ho due librini in lettura: uno è ‘Un giorno solo, tutta la vita’ che come ormai sapete sto leggendo con le altre ragazze e da cui abbiamo già tratto due Teaser, l’altro è uno dei libri che mi resteranno sempre dentro, il libro che penso che più di tutti abbia contribuito a farmi attaccare alla lettura ovvero ‘L’ultimo elfo’ di Silvana De Mari. Non ho parole per descrivere il mio amore per quel libro, davvero. Ho perso il conto delle volte che l’ho letto e al momento lo sto leggendo per la prima volta in digitale. Ve ne lascio un assaggio, sperando di invogliarvi a leggerlo, a leggerlo ai vostri bimbi e ad amarlo. Buona lettura.

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Yorsh sentì l’orrore riempirlo: aveva trascinato tutti, passo dopo passo, racconto dopo racconto, verso la catastrofe.
Rimase annichilito a fissare l’ultimo sole che scintillava sulle armature.
Li aveva portati a una carneficina. Più forte di tutto era il desiderio di non dover scegliere, non decidere. Più forte di tutto era la voglia di qualcuno che dicesse: ‘Non ti preoccupare, figlio, ci sono io, ci penso io.’.
Yorsh restò in silenzio. Tutti si erano fermati. Il drago risalì la colonna portando il suo mal di testa e il suo male alle zampe fino all’altezza di Fulmine e Macchia. Il sole arrivò sulle cime delle Montagne Oscure e lunghe ombre si disegnarono sul suolo, poi le nuvole inghiottirono tutto.
“Qual è il piano adesso?” si informò asciutto.
“Tu hai qualche idea?” chiese Yorsh speranzoso.
“Io vado a destra e tu a sinistra e li accerchiamo?” propose il drago ironicamente.
“Nella guerra ai troll un drago aveva incendiato la prateria evitando lo scontro. È successo nel quarto secolo della seconda dinastia runica.”
“Nel quinto della terza” corresse il drago. “Ed era estate. Un’estate torrida e secca: era bastato uno starnuto. Adesso siamo alla fine dell’autunno. Vedi quella roba marrone scuro che è per terra tra uno stelo e l’altro di erba? Si chiama fango. F-A-N-G-O. Il fango ha numerose proprietà tra cui quella di essere ignifugo, che è il contrario di ‘combustibile’: non brucia e non prende fuoco. Se vuoi posso fare qualche dischetto di erba bruciata, sempre che non piova, ma dubito che si impressionerebbero.”
Yorsh ed Erbrow restarono a fissarsi. La notte scese e una pioggerellina leggera iniziò a cadere.
Robi chiuse gli occhi: tutto si riempì di azzurro. Contro il mare scintillante vide una lunga serie di figurine: c’erano Yorsh, Cala, Creschio e Moron, quell’uomo alto e sbilenco, la donna piccola che zoppicava… C’erano tutti. Ce l’avrebbero fatta. Tutti.

Libro secondo, Capitolo 21 – L’ULTIMO ELFO di Silvana De Mari

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l'ultimo elfoIn una landa desolata, annegata da una pioggia torrenziale, l’ultimo Elfo trascina la propria disperazione per la sua gente. Lo salveranno due umani che nulla sanno dei movimenti degli astri e della storia, però conoscono la misecordia, e salvando lui salveranno il mondo. L’elfo capirà che solo unendosi a esseri diversi da sé – meno magici ma più resistenti alla vita – non solo sopravviverà, ma diffonderà sulla Terra la luce della fantasia.

kia firma

Teaser Tuesday #31

Buongiorno!

Mi dispiace non aver postato la scorsa settimana, ma ero via. Purtroppo sto leggendo pochissimo e quindi il Teaser l’ho tirato fuori dallo stesso libro che ha usato Kia la scorsa settimana, cioè quello che stiamo leggendo tutte insieme per la rubrica ‘Tanti is meglio che one’.

I capitoli della settimana scorsa mi sono piaciuti molto e spero di poter continuare presto la lettura. Intanto vi lascio con un altro spezzone, decisamente meno allegro di quello postato da Kia.

teaser tuesday

Io lavoravo alla cartolina di un mulino ad acqua con un paesaggio montano sullo sfondo. Messaggi cifrati, al suo interno, non ce n’erano di sicuro.
Rita mi si avvicinò, gli occhi animati da un’idea. «E se ti raccontassi che ho sentito dire che un gruppetto di artisti sta cercando di documentare quello che succede realmente qui?… Alcuni colleghi, nello studio accanto al nostro, fanno anche dei quadri per sé… e poi li nascondono all’interno del ghetto. Qualcuno mi ha detto che hanno perfino dei contatti con dei non ebrei particolarmente sensibili, fuori, che vogliono farli pubblicare all’estero.»
Spalancai gli occhi. «Non ti credo. Si rischia la vita.»
Giusto tre settimane prima un blocco intero aveva subito un’irruzione perché di lì era uscita una lettera, poi intercettata, che conteneva tre parole proibite: «Muoio di fame».
«Pensa a cosa ci farebbero se trovassero disegni, che so, delle brande di legno piene di mezzi scheletri, dei mucchi di cadaveri che vediamo tutti i giorni» dissi io, scettica. Proprio quel mattino avevo scansato una donna morta appena fuori dal portone del blocco. Tutti quelli che morivano durante la notte venivano messi fuori della porta e portati via la mattina dopo.
«Tu non correresti il rischio, Lenka?» Rita levò un sopracciglio. «Io sì, ne sono certa. Non avrei il minimo dubbio.»

Capitolo 28  – UN GIORNO SOLO, TUTTA LA VITA di Alyson Richman

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un giorno solo tutta la vitaQuesta storia inizia a New York nel 2000, quando, alle nozze del nipote, Josef Kohn scorge tra gli invitati una donna dall’aria familiare: gli occhi azzurro ghiaccio, l’ombra di un tatuaggio sotto la manica dell’abito. Rischiando di essere scortese, le chiede di mostrargli il braccio. La certezza è lì, sulla pelle: sei numeri blu, accanto a un piccolo neo che lui non ha mai dimenticato. E allora le dice: “Lenka, sono io. Josef. Tuo marito”. Perché questa storia, in realtà, inizia a Praga nel 1938, quando Lenka e Josef sono due studenti. Ebrei, si conoscono poco prima dell’occupazione nazista, si innamorano, diventano marito e moglie per lo spazio di una notte. Il giorno dopo, al momento di fuggire negli Stati Uniti, Lenka decide di restare, perché non ci sono i visti per la sua famiglia. Si separano con la promessa di ricongiungersi al più presto, ma Lenka finisce in un campo di concentramento. In mezzo all’orrore, dipinge: l’unico modo per dare colore a ciò che è privato di luce, per dare forma a ciò che non si può descrivere. Mentre Josef, in America, si specializza in ostetricia; solo aiutare a dare la vita gli impedisce di essere trascinato a fondo dalle voci di chi non c’è più. Quando ormai si crederanno perduti per sempre, ci sarà un nuovo inizio per entrambi. Ed entrambi impareranno che l’amore può anche essere gratitudine per chi ti ha salvato la vita, affinità tra anime alla deriva, rispetto di silenzi carichi di dolore. E di confini da non valicare, perché al di là si celano – intatti e ostinati – i ricordi di una passione assoluta, di quelle che basta un istante per accendere, ma non è sufficiente una vita per cancellare. Questa storia inizia e non ha mai fine. Come i grandi amori.

mon firma

Teaser Tuesday #30

Buon pomeriggio a tutti. So che oggi il Teaser sarebbe stato della Mon, ma stamattina è partita per le vacanze dimenticandosi, ieri, di preparare il post. Quindi tocca a me anche questa settimana e la decisione è ricaduta sul libro che stiamo leggendo per la rubrica – iniziativa ‘Tanti is meglio che one’, ovvero ‘Un giorno solo, tutta la vita’ di Alyson Richman. Io l’ho appena iniziato questa mattina, quindi non posso dirvi ancora nulla, ma ne sentirete parlare sul blog nelle prossime settimane.

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Per la prima mezz’ora procedemmo in silenzio, i nostri passi sul terreno soffice e muto. In mancanza di un sentiero sgombro, avevo imparato a non lasciarmi infastidire dai rami sporgenti o dalle spine dei cespugli selvatici. Sentivo il respiro di Josef dietro di me, che si faceva sempre più rapido man mano che salivamo; cominciai a temere che non avrei ritrovato il posto in cui ero stata solo il giorno prima. Ma proprio quando stavo per perdere le speranze, la piccola valle mi si spalancò davanti e mi girai.
«Siamo arrivati» gli dissi, indicando sotto di noi. Lui venne avanti, sfiorandomi quasi la spalla nello sporgersi per guardare meglio. A quel punto era così vicino che riuscivo a sentirne il lieve odore di sapone sulla pelle.
«Una volta ci venivo con Věruška, in questi boschi» disse girandosi verso di me. «In estate a cercare le fragole, in autunno i funghi.
Partivamo con i cestini, poi riportavamo tutto a casa da Pavla, e lei ci faceva vedere come pulire quanto avevamo raccolto. Con le cose delicate bisogna stare attenti.»
Sorrise e mi guardò. «Però non avevo mai visto la valle da questa prospettiva; è incredibile, mi stai mostrando qualcosa di nuovo. Pensavo di conoscere ogni angolo di questa foresta.»
Io feci una risatina nervosa. «Ci sono arrivata per caso… camminavo e ho visto quell’albero caduto laggiù.» Indicai un vecchio tronco cavo. La corteccia friabile mi aveva incuriosita e il centro scuro, ricoperto di lucido muschio verde, formava una composizione interessante. «Finito il disegno, però, ho proseguito, ed eccomi qui.»
Josef indicò il lato sinistro della vallata, dove la cupola della chiesa cittadina sembrava squarciare le nuvole basse.
«Di qui si vede tutto come dal cielo, no?»
«Vorrei essere abbastanza brava da rendergli giustizia» sospirai, levandomi lo zainetto di spalla.
Lui scosse la testa. «Sono certo che sei tanto brava quanto modesta.»
Mi fissava senza muoversi. Eravamo soli per la prima volta dall’inizio di quella vacanza; la paura mi invase dappertutto. Le dita serrarono la presa sulle bretelle dello zaino, quel silenzio imbarazzato nel bel mezzo del bosco mi faceva irrigidire.
Poi lui tese le braccia un istante verso di me e io mi sentii svenire.

Capitolo 7 – UN GIORNO SOLO, TUTTA LA VITA di Alyson Richman

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un giorno solo tutta la vitaQuesta storia inizia a New York nel 2000, quando, alle nozze del nipote, Josef Kohn scorge tra gli invitati una donna dall’aria familiare: gli occhi azzurro ghiaccio, l’ombra di un tatuaggio sotto la manica dell’abito. Rischiando di essere scortese, le chiede di mostrargli il braccio. La certezza è lì, sulla pelle: sei numeri blu, accanto a un piccolo neo che lui non ha mai dimenticato. E allora le dice: “Lenka, sono io. Josef. Tuo marito”. Perché questa storia, in realtà, inizia a Praga nel 1938, quando Lenka e Josef sono due studenti. Ebrei, si conoscono poco prima dell’occupazione nazista, si innamorano, diventano marito e moglie per lo spazio di una notte. Il giorno dopo, al momento di fuggire negli Stati Uniti, Lenka decide di restare, perché non ci sono i visti per la sua famiglia. Si separano con la promessa di ricongiungersi al più presto, ma Lenka finisce in un campo di concentramento. In mezzo all’orrore, dipinge: l’unico modo per dare colore a ciò che è privato di luce, per dare forma a ciò che non si può descrivere. Mentre Josef, in America, si specializza in ostetricia; solo aiutare a dare la vita gli impedisce di essere trascinato a fondo dalle voci di chi non c’è più. Quando ormai si crederanno perduti per sempre, ci sarà un nuovo inizio per entrambi. Ed entrambi impareranno che l’amore può anche essere gratitudine per chi ti ha salvato la vita, affinità tra anime alla deriva, rispetto di silenzi carichi di dolore. E di confini da non valicare, perché al di là si celano – intatti e ostinati – i ricordi di una passione assoluta, di quelle che basta un istante per accendere, ma non è sufficiente una vita per cancellare. Questa storia inizia e non ha mai fine. Come i grandi amori.

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Teaser Tuesday #29

Eccomi rientrata dopo un weekend lungo tanto divertente quanto stancante e impegnativo. So che è un po’ tardi ma posso già ritenermi soddisfatta per essere riuscita a pubblicare oggi. Il libro da cui è tratto il teaser è ‘La bambina nata due volte’ di Carolina De Robertis, romanzo scovato durante una ricerca di libri adatti ala Reading Challenge. All’inizio ho fatto un po’ di fatica, ma una volta entrata nella storia devo dire che mi sta piacendo molto. Sperando di invogliarvi a leggerlo, vi lascio al teaser.
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Una notte, molto tardi, si udirono dei colpi bussati alla porta. Ignazio era a casa da un mese, e lui e Pajarita erano in soggiorno ad ascoltare la pioggia invernale.
“Aspetti qualcuno?”
Lei scosse la testa. Altri colpi.
Ignazio si alzò con un’espressione diffidente. “Chi è?”
“Pajarita?”
La voce le diede uno scossone, la sollevò dalla sedia e le fece afferrare la maniglia e girarla e tirarla e lui era là. Artigas. Zuppo d’acqua e tutto tremante sotto un ombrello troppo piccolo. I capelli lunghi gli aderivano alla testa. In braccio aveva una bambina di circa cinque anni, una mulatta con i suoi stessi occhi color nocciola. Anche lei bagnata. La bimba alzò gli occhi su Pajarita.
“Pensi di farci entrare?” le disse Artigas.
Lei si spostò per lasciarli passare. Suo fratello sgocciolò sul tappeto. A Pajarita sembrò di sentire l’odore delle verdi praterie di Tacuarembó, del vento caldo e secco, dello stufato cotto nella buca del braciere, lo schiocco della legna sotto la scure di Artigas, il suo odore, la sua voce, la sua ombra nel buio.
“Hermana.”
Pajarita gli cadde fra le braccia e lui la bagnò tutta. Ignazio restò lì a guardare quel bell’uomo, la bambina, sua moglie zuppa d’acqua. “Sto sognando”, pensò Pajarita. “Fra un attimo prenderò il volo o mi sveglierò o mi trasformerò in una padella per friggere.”
“Artigas, questo è mio marito. Ignazio, questo è mio fratello…”
“E questa è Xhana, mia figlia.” Artigas strinse la mano del a bambina. Xhana premette la guancia contro la gamba dei suoi pantaloni.
“Hola, querida”, disse Pajarita. “Immagino che tu abbia freddo.”
Xhana annuì.
“Adesso ti asciugo. Asciugherò entrambi. Per stanotte vi fermerete qui.”
“Davvero non ti dispiace?” disse Artigas. “Avete abbastanza spazio?”
Pajarita fece rapidamente i suoi calcoli domestici. Cinque letti, quattro dei quali da bambino. Xhana poteva dormire con Eva: uno più uno fa ancora uno. Artigas poteva prendersi il pavimento del soggiorno, lo spazio numero sei. Peccato che quello spazio fosse già occupato da Ignazio. Ma cosa avrebbe pensato Artigas vedendo che suo marito dormiva sul pavimento?
“Certo che c’è spazio per tutti. Se non ti dispiace dormire sul pavimento.”
“Adoro i pavimenti.”
“Ignazio, per favore, puoi prendere quel e coperte di scorta?”
In pochi minuti Pajarita preparò delle milanesas, fece della cioccolata bollente e trovò vestiti asciutti per i suoi ospiti, mentre Ignazio preparava un giaciglio sul pavimento del salotto. Poi Artigas mise a letto sua figlia insieme a Eva.
“Si è addormentata subito”, disse uscendo dal a stanza.

Capitolo 2 – LA BAMBINA NATA DUE VOLTE di Carolina De Robertis

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la bambina nata due volteUna bambina avvolta nel mistero.
Tre generazioni di donne unite dalla forza.
1° gennaio 1900. Il primo giorno del secolo non è mai come gli altri, men che meno a Tacuarembo, minuscolo villaggio del Sudamerica. La folla è radunata intorno all’albero più grande del paese e non crede ai propri occhi: la piccola Pajarita è tornata. Rifiutata dal padre, era scomparsa pochi mesi dopo la nascita e l’avevano data per morta. Eppure ora è lì, in cima, appollaiata sopra un ramo sottile. Ha un anno ormai e negli occhi grandi, neri e vivaci, ha la stessa luce di quando è nata. Per alcuni si tratta di un miracolo, per altri è una strega, ma una cosa è certa: d’ora in poi per tutti Pajarita sarà «la bambina nata due volte», una ragazzina circondata di mistero, con un talento speciale per curare con le erbe.
Un dono prezioso che anni dopo, ormai donna fiera e determinata, le permette di sopravvivere a Montevideo sola contro tutti, insieme ai propri bambini. Ma la figlia Eva, fragile e tremendamente testarda, non si accontenta di sopravvivere. Vuole realizzare un sogno, diventare poetessa. E per farlo fugge verso le luci di Buenos Aires, la città che scintilla delle promesse di Evita Perón. Eppure quelle luci rischiano di diventare solo un terribile abbaglio. E mentre i fermenti rivoluzionari attraversano con forza tutto il continente, spetta a Salomé, l’ultima discendente, restituire alle donne della sua famiglia e del suo paese quello che si meritano. Lo potrà fare solo lottando e ribellandosi, a costo, forse, di sacrificare il suo bene più grande.
Dalle lussureggianti e incantate colline di Rio de Janeiro ai vicoli oscuri di Montevideo, dalle strade scintillanti di Buenos Aires fino alle piazze rivoluzionarie di Cuba, la storia di tre generazioni di donne indimenticabili intrecciata magnificamente al destino di un continente in continua lotta.

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