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Recensione: Il Giardino d’Estate di Paullina Simons

Ammetto di dovermi ancora riprendere dopo la fine della lettura: ho definitivamente finito la serie del Cavaliere d’Inverno di Paullina Simons. E adesso che faccio senza Tatia e Alexander? Sarà dura. Ma li rileggerò, quello è certo. Magari non subito, o non per intero, ma sicuramente li riprenderò in mano. Quanto ho amato questa serie? Troppo. Ci sarebbero delle cose che cambierei? Sì e no, nel senso che è perfetta anche con le sue imperfezioni. La Simons, con Tatia e Alexander, mi ha fatta piangere – per la tristezza e per la felicità, per la rabbia e per il sollievo -, ridere, sperare, arrabbiare e sognare ad occhi aperti. Qualcuno dirà, tutto questo in soli tre libri? Assolutamente sì.
Per chi non ha letto i primi due libri, occhio agli spoiler.

il giardino d'estate
Titolo: Il Giardino d’estate (Il Cavaliere d’Inverno #3)
Titolo originale: The summer garden
Autore: Paullina Simons
Editore: BUR
Disponibile in italiano:
Goodreads

Si erano incontrati alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale, a Leningrado. Si erano amati fra gli stenti, la desolazione e le bombe di un assedio terribile, con la speranza di poter vivere un giorno altrove, in pace. Ora, 20 anni più tardi, davanti a un incerto futuro, quell’amore è messo alla prova. Tatiana e Alexander si sono miracolosamente riuniti in America, la terra dove tutto è possibile, e contano di ricostruirsi una vita insieme. Ma si devono confrontare con le ferite, il dolore, le fatiche che si portano dietro. Nonostante abbiano un figlio meraviglioso, Anthony, si sentono estranei l’uno all’altra. Ex capitano dell’Armata Rossa, Alexander vive con disagio il clima di paura e di sospetto della Guerra Fredda e Tatiana non riesce a ritrovare con il suo Shura l’intimità di un tempo. E quando pensano di essersi definitivamente lasciati alle spalle gli incubi della guerra, ecco che i fantasmi del passato tornano a minacciarli: Anthony, in conflitto con i genitori, si arruola volontario in Vietnam e scompare.

 

Non credo proprio di essere in grado di rendere giustizia a questo libro e più in generale a tutta la serie. Ma qualcosa vi devo pur dire. Vorrei essere in grado di trasmettervi tutto il mio entusiasmo e il mio amore per questa serie, per Tatiana e Alexander, per la loro storia. A voce, forse, sarebbe più semplice, ma proviamo così.

Qui, per chi volesse, c’è la recensione del secondo libro della serie: Tatiana e Alexander. Del primo, invece, non l’ho mai scritta, magari prima o poi recupererò.

C’è stato un momento in cui ho pensato che questo ultimo libro fosse il mio preferito tra i tre, ma in realtà l’ho pensato per tutti, quindi non vale. È proprio che la lettura è in grado di prenderti e non mollarti e quando molli il Kobo hai gli occhi a cuoricino, ti asciughi i lacrimoni e vivi di gioia e amore riflessi per un po’. Io sono ancora in questo stato, tanto per capirci. Mi spiace per i prossimi libri che leggerò perché reggere il confronto non credo sia semplice e quindi li massacrerò più di quello che meritano. Pace, per Tatia e Alex questo ed altro.

‘Il Giardino d’Estate’ inizia poco dopo il ritorno in America dalla Germania di Tatiana e Alexander che, insieme ad Anthony, il loro primogenito, devono cercare di ricostruirsi una vita, nonostante gli spettri della guerra e del passato che non permettono loro di essere sé stessi al 100%.
Si ritrovano così a girare per l’America a bordo di un camper, fermandosi per qualche mese in ogni posto in cui arrivano per poi ripartire appena la gente del posto inizia a fare domande sul loro passato, in particolare su quello di Alexander. Lui nel frattempo lavora, fa quello che trova, riesce in quasi tutto ed è così in grado di mantenere la sua piccola famiglia.
Nonostante la parvenza di serenità che Tatia e Alexander cercano di costruire soprattutto per il bene del piccolo Anthony, però, il loro rapporto non è più lo stesso. Shura è distante, ancora scosso e turbato dai fantasmi della guerra e della prigionia, mentre Tatia non sa più come riportarlo da lei e dalla sua famiglia.
Dopo diversi spostamenti decidono di stabilirsi in Arizona, lì dove Tatiana, qualche anno prima, aveva comprato 97 acri di terra desolata con il denaro che la madre di Alexander gli aveva lasciato.
Con il racconto mi fermo qui, giuro non dico altro.

Ma cosa rende questo libro – e tutta la serie – così speciali? Credo l’amore tra i due, l’amore in grado di superare, guerre, paura, morte, dolore: tutto.
Se vogliamo fare una critica all’autrice possiamo dire che tutto è troppo perfetto. Mi spiego. Ha creato dei personaggi che pur con i loro difetti che ci permettono di immergerci in loro, sono in qualche modo troppo perfetti. Non sanno mai cosa fare, ma alla fine fanno sempre la cosa giusta. Le cose, per quanto contorte e disperate sembrino – e lo sono effettivamente per un po’ – si risolvono nel migliore dei modi, con quel ‘e vissero felici e contenti’ che in un modo o nell’altro fa sempre capolino. Per non parlare della storia d’amore di Tatiana e Alexander. Ne ho già parlato? 😀 Trovo che sia l’apoteosi della storia d’amore. Piena di difetti, in certi momenti così reale, ma che poi trova sempre il modo giusto per districarsi e andare avanti in una pioggia di cuori e arcobaleni.
Ma sono tutte queste cose a farci amare la serie del Cavaliere d’Inverno. Perché se questa perfezione non la troviamo nei libri (o nei film) non la possiamo trovare da nessun altra parte. Ed è comunque una perfezione parziale, più una conclusione perfetta. Perché questi tre libri sono pieni anche di disperazione, di dolore e di morte. Di dubbi, di litigi. Ma tutto trova il modo di sistemarsi. Ed è questo che ci dà speranza, secondo me. E che ci fa attaccare a questi libri.

Trovo che ne ‘Il giardino d’estate’, più che negli altri due libri, questa perfezione venga meno, per poi riassestarsi e farci esplodere dalla commozione e dalla felicità. Ah, le lacrime che ho versato sul Kobo, non avete idea. In questo volume, il ‘brutto’ non è più la guerra, vista forse più come racconto, ma è proprio l’incapacità dei due protagonisti di ritrovarsi. Tatiana e Alexander litigano – e litigano tanto – non si capiscono. E questo li rende più reali ai nostri occhi, ci permette di immedesimarci di più. Eppure poi, e questo non è spoiler perché la nostra Simons la conosciamo, si ritrovano, si ricostruiscono a vicenda, si salvano. Li salva Anthony, nonostante il suo arruolamento e i problemi che porta. Li salva, ancora una volta, il dolore e la paura di perdersi.

“Abbiamo trascorso tutti i nostri giorni temendo che fosse troppo bello per essere vero, Tatiana”, continuò. “Abbiamo sempre temuto di avere solo cinque minuti.”
Lei gli accarezzò il viso. “É l’unica cosa che ciascuno di noi ha, amore mio”, replicò. “E vola via tutto quanto.”
“Sì”, disse Alexander, “Ma che cinque minuti sono stati.”

A parte questo, non mancano nemmeno i colpi di scena, le pagine a cui stare incollati col fiato sospeso e le lacrime per l’ansia. Quelle pagine in cui siamo pronti a chiudere il libro e fissarlo in cagnesco se le cose non vanno come vogliamo noi, per poi riaprirlo trenta secondi dopo perché dobbiamo assolutamente scoprire cosa è successo.

Detto questo, leggete questi libri. Ve li consiglio di cuore. Perché una serie dove le parole chiave sono ‘amore’ e ‘speranza’ non si può non leggerla.

rating 5
kiafirma

Recensione: Un segreto non è per sempre di Alessia Gazzola

Dopo una consistente assenza, dovuta più che altro al fatto che non avevo tempo di leggere e quindi non avrei saputo che cosa recensire, provo a ricominciare a scrivere qualcosa.
Il libro di oggi è ‘Un segreto non è per sempre’ di Alessia Gazzola, il secondo volume della serie di Alice Allevi. Vi dirò anche qualcosa sulla novella che racconta come Alice si è avvicinata al mondo della medicina forense: ‘Sindrome da cuore in sospeso’.
Sul primo libro della serie e su questa novella, tra qualche settimana – si spera ma non si sa ancora nulla – dovrebbe andare in onda sulla Rai una fiction di 6 puntate. Sono proprio curiosa di vedere come hanno reso la cosa.
Ma torniamo al libro.
un segreto non è per sempre
Titolo: Un segreto non è per sempre (Alice Allevi #2) & Sindrome da cuore in sospeso (Alice Allevi #0.5)
Autore: Alessia Gazzola
Editore: Longanesi
Disponibile in italiano:
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Dura la vita per Alice Allevi, che ha appena superato la delusione per non aver vinto un micro seminario di Scienze Forensi. Non che le interessasse tantissimo l’argomento: il fatto è che il seminario si sarebbe tenuto a Parigi, e a Parigi vive Arthur. Ma tant’è, si sa che per lei l’Istituto di Medicina Legale «è un amante malfidato che prende senza dare»… Ma la vita lavorativa ha in serbo per lei altre sorprese, e nello specifico una causa d’interdizione. Lui è Konrad Azais, un famosissimo scrittore, best seller in tutto il mondo, grande esperto di enigmistica. A richiedere l’interdizione sono i figli, che ritengono il padre ormai vittima della demenza senile visto che ha dichiarato di voler lasciare tutti i suoi beni a una sconosciuta. Quando poi Azais muore in circostanze misteriose, che nemmeno l’autopsia riesce a chiarire, Alice inizia un’indagine combinando le sue conoscenze di medicina legale, l’intuito e la ricerca tra librerie e le opere di Azais…

Un segreto non è per sempre scivola via che è un piacere. Davvero, è un libro che si fa cercare, che si fa spazio nelle giornate per farsi leggere e, un capitolo alla volta, si fa divorare. O almeno, per me è stato così. Reduce da un mese in cui avevo in testa solo la tesi ed ero riuscita a leggere un solo libro, ricominciare con questo romanzo della Gazzola è stata una boccata d’aria fresca. Complice credo sia anche l’incrocio di generi, il mix tra il thriller che tiene col fiato sospeso e ti porta a voler capire a tutti costi il responsabile e il romanzo rosa, ovvero la storia della vita – romantica e non – di Alice Allevi.
Alice Allevi è la nostra protagonista, una specializzanda in medicina legale distratta e parecchio sbadata. La sua vita romantica è tutto un programma, così come la sua vita all’interno dell’Istituto di medicina legale. In questo romanzo ritroviamo questa specie di Bridget Jones tutta italiana alle prese con un nuovo caso. Ovviamente non si limiterà a fare quello che dovrebbe, ma la sua passione la porta ad andare oltre, a voler scoprire cosa c’è effettivamente dietro quello che sembra un suicidio.
Come nel primo libro, Alice si ritrova coinvolta nelle indagini relative alla morte di qualcuno che aveva conosciuto per caso solo qualche giorno prima. In questo caso si tratta di uno scrittore che ha conosciuto personalmente durante una causa per interdizione richiesta dai figli dell’anziano. Alice si ritrova ad indagare e a muoversi in un terreno non troppo lecito pur di scoprire la verità.
Tutto questo in un contesto che ovviamente non può essere rose e fiori. La sua storia con Arthur non è in uno dei suoi momenti migliori, anzi. E il dottor Conforti si fa sempre più pericoloso.
Ho trovato il lato thriller del libro affascinante e parecchio alleggerito dal lato romance del libro. Alice è una protagonista che è tutto fuorché perfetta e riesce a farsi amare all’istante da chi legge. Trovo che la Gazzola riesca a tenere sulle spine non solo per quanto riguarda il caso da risolvere ma anche per quanto riguarda la vita della protagonista. In particolare le sue storie d’amore – e le sue sventure in amore – hanno un che di dolce e allo stesso tempo quasi assurdo che però non stroppia.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, dalle colleghe di Alice alle persone coinvolte nel caso, dalla Wally al Supremo, da Yukino – la coinquilina giapponese – a Cordelia – la stramba sorella di Arthur -, trovo che siano tutti ben caratterizzati anche se spesso non troppo approfonditi. Non per questo non sono in grado di farsi amare/odiare all’istante, anche in base ai sentimenti della protagonista, Alice, che finiamo per sentire anche un po’ nostri.

In compenso, l’atmosfera in Istituto è febbricitante, con tutti vogliosi di lavorare e produrre, pronti a farne una questione d’onore. Che nessuno possa dire di essere più efficiente di Ambra, rientrata dalle vacanze più sovraeccitata che mai, ansiosa di fare il mazzo a tutti quasi fosse il miglior modo di rifarsi delle pene d’amore subite. Dal canto suo la Wally, che notoriamente è annoiata da qualunque tipo di festività, è traboccante di iniziative e progetti e tutti i colleghi, cui il Natale con il suo intrinseco buonismo ha acuito l’impronta caratteriale tendente al servilismo, fanno a gara a chi la soddisfa con maggior prontezza. Sono una caterva di leccaculo. Il Supremo, di ritorno da qualche località esotica non meglio specificata, è tutto abbronzato e di buonumore, la qual cosa, in genere, ha la durata del primo giorno: dal secondo in poi torna ad assumere quell’aria insofferente che lo contraddistingue.
Il dottor Anceschi, tragico assenteista indifferente a qualunque esigenza di reparto, com’era naturale aspettarsi è ancora in ferie a Roccaraso, che scia festoso incurante del fatto che potrebbe benissimo essere scambiato per uno yeti.
In questo turbinio, Claudio assume un ruolo da irrefrenabile leader: ci convoca nella sua stanza e comincia a elencare una sfilza di progetti, uno più palloso dell’altro, e quello scelto da Lara, che mi propone una collaborazione, è tra tutti il pacco peggiore.

Altra nota positiva è il lato medico. Mi spiego. Quando ci vengono raccontate autopsie e analisi varie, nonostante l’utilizzo di termini medici viene tutto spiegato, senza che al lettore rimanga un grosso punto di domanda riguardo queste parti più specifiche.

La storia tutto sommato non è nulla di complesso e credo che se ne possa trarre l’insegnamento che la fiducia in noi stessi è una delle cose più importanti che abbiamo, anche se a volte non ci crediamo nemmeno noi.

Per quanto riguarda ‘Sindrome da cuore in sospeso’ non ho molto altro da dire. È una novellina di un centinaio di pagine che ci permette di capire come Alice sia finita nel mondo della medicina forense e parte dei suoi trascorsi con Claudio. Anche qui troviamo un caso da risolvere che però non è troppo approfondito a causa della brevità della storia. Nonostante questo la protagonista è sempre quella e, se vi piacciono gli altri libri della serie non potete che apprezzare anche questo volume.

sindrome da cuore in sospeso

Detto questo, sottolineo la mia curiosità a livello scimmia per la serie tv, sono curiosa di vedere – oltre all’immensa bellezza di Arthur e del dottor Conforti – se hanno mantenuto la storia o se l’hanno martoriata. Speriamo bene. Intanto leggete i libri così siamo tutti pronti per l’uscita della serie. 🙂

rating 4

kiafirma

Recensione: Il viaggio di Arlo di Peter Sohn

Buongiorno a tutti! Dopo un paio di settimane ritorno anch’io con una nuova recensione. Dopo il mio viaggio nell’outback australiano, ora mi trovo a Melbourne per una settimana alla ricerca di capire come proseguire la mia avventura. E in questa breve pausa sono riuscita a guardare un paio di film, finalmente, e a rimettermi in pari con le serie tv. Il film di oggi è il penultimo film della Pixar (l’ultimo è ‘Alla ricerca di Dory’ che esce quest’estate) ovvero ‘Il viaggio di Arlo’. Pur essendo una grande fan della Pixar, mi ero dimenticata di guardarlo… nonostante se ne sia sentito parlare tanto.

il viaggio di arlo
Titolo: Il Viaggio di Arlo
Titolo originale: The Good Dinosaur
Regia: Peter Sohn
Anno: 2015
Durata: 93 min
IMDB

Che cosa sarebbe successo se l’asteroide che ha cambiato per sempre la vita sulla Terra non avesse colpito il nostro pianeta e i dinosauri non si fossero mai estinti? I Pixar Animation Studios trasportano il pubblico in un viaggio epico nell’era della preistoria dove un coraggioso e curioso dinosauro di nome Arlo stringe un’insolita amicizia con un essere umano. Attraversando luoghi aspri e misteriosi, Arlo imparerà ad affrontare le sue paure e scoprirà ciò di cui è veramente capace.

Il film racconta di una coppia di brontosauri che gestisce una piccola farm di pannocchie con le quali poi dovranno sopravvivere l’inverno. (E già qua partiamo male secondo me… quando mai si sono visti dei dinosauri agricoltori??) Comunque, poi nascono i loro cuccioli e finalmente conosciamo Arlo, un dinosauro nano in quanto è grande la metà dei suoi fratelli. Crescendo, i figli devono in qualche modo dimostrare ai genitori il loro valore portando a termine il loro compito nella farm. Purtroppo Arlo è un dinosauro timido che si spaventa facilmente e combina un sacco di guai. Il padre allora decide di fargli fare da guardia al granaio e per uccidere i ladruncoli che rubano le loro provviste. Il ladro in questione è un bambino umano (che di umano ha ben poco visto che si comporta più come un cane). Il suo inseguimento scatena una serie di sfortunati eventi che portano alla morte del padre di Arlo e allo smarrimento del piccolo dinosauro che, ovviamente, . è spaventato e non sa come fare per tornare a casa. Ed è proprio il viaggio verso casa che porterà il nostro piccolo protagonista a prendere consapevolezza di sé e a dimostrare il proprio valore.

Onestamente il film non mi ha colpito particolarmente. La trama è abbastanza scontata e, rispetto ai film precedenti, mi sembra che la storia sia stata pensata in maniera troppo grossolana. Per carità, la resa digitale dei personaggi è senza dubbio impeccabile e Arlo è veramente adorabile ma stavolta manca davvero quel tocco magico tipico della Pixar. Guardando il film, ci sono un sacco di scene già viste in altri film, per esempio la prima cosa che ho pensato quando il padre di Arlo è morto è stato che sembrava la stessa scena del Re Leone.

Ma, come da tradizione, possiamo sempre trarre sempre qualche prezioso insegnamento. In particolare c’è una frase che mi è rimasta. Quando Arlo dice di volere essere senza paure,ecco la risposta del suo interlocutore:

Listen kid, you can’t get rid of fear. It’s like mother nature. You can’t beat her or outrun her. But you can get through it. You can find out what you’re made of.

Ed è proprio questo che Arlo impara, ovvero a riuscire a riconoscere le proprie paure e affrontarle per crescere. Durante questo viaggio verso casa, infatti, impara a superare un passo alla volta le sue paure – grazie anche all’aiuto inizialmente inaspettato di Spot (il piccolo umano) e di altri amici incontrati lungo la via.
il viaggio di arlo
rating 3
anna firma

Recensione: Ember – il mistero della città di luce di Jeanne DuPrau

Buongiorno a tutti!
Oggi vi propongo la recensione del libro letto durante il mese di marzo della Book Jar Challenge. Per chi non conoscesse questa iniziativa vi lascio il link alla presentazione e vi ricordo che se volete aggiungervi potete farlo anche se è già iniziata, basta mandarci una mail.
ember
Titolo: Ember: il mistero della città di luce
Titolo originale: The City of Ember
Autore: Jeanne DuPrau
Editore: Rizzoli
Disponibile in italiano:
Goodreads

Lina Mayfleet e Doon Harrow hanno dodici anni e vivono in una città priva di luce. Ci sono colori che conoscono solo per sentito dire, come il verde e il blu. Il mondo grigiastro e artificiale di Ember è il solo possibile per loro. Finché Lina non scopre un’antica pergamena quasi illeggibile che sembra dare indicazioni su come abbandonare la città. Che cosa ci sarà oltre il buio? Forse un altro mondo? Un’ambientazione post-apocalittica per il primo volume di una serie molto amata dai giovani adulti.

Il libro è per bambini, quindi è una storia scritta in maniera semplice, ma questo non vuole assolutamente dire che non possa essere letta anche da adulti. È un distopico, genere che a me piace particolarmente, ma che negli ultimi anni è diventato fin troppo utilizzato e quindi privo di qualsiasi originalità. Ember non ha niente di straordinario, ma regala un’ambientazione particolare, due protagonisti interessanti e un mistero da risolvere insieme a loro.

Ember è l’unica città di luce all’interno dell’oscurità. Ogni suo abitante sa che non esiste nulla se non il buio oltre i confini della città e i pochi che hanno osato avventurarsi al di fuori non sono mai tornati o sono totalmente impazziti per gli orrori incontrati lungo il cammino.
Lina Mayfleet è una ragazzina di 12 anni, ha appena finito la scuola e le è stato assegnato un lavoro che non le piace per niente: addetta alle tubature. Per fortuna, Doon, un suo compagno di classe, si offre di fare cambio di lavoro e Lina ottiene il lavoro dei suoi sogni: fare la Messaggera.

Lina è la protagonista femminile del libro. È energica, curiosa e sempre di corsa. Si occupa della sorellina Poppy da quando i suoi genitori sono morti e da quando la nonna ha iniziato a dimenticare le cose. È dovuta crescere troppo in fretta, un po’ come tutti i bambini di Ember. A 12 si riceve il proprio lavoro e da lì inizia la vita da adulti. Si lavora e si contribuisce perché Ember continui ad esistere.

È da tempo però le cose non vanno bene ad Ember e l’unico che sembra preoccuparsene sembra essere Doon, il protagonista maschile. Lui e Lina era amici una volta, poi per uno sciocco malinteso si sono persi di vista, ma sarà proprio il loro voler salvare la città in cui vivono a riunirli. Doon è testardo, vorrebbe sempre avere ragione ma, soprattutto, vorrebbe essere lui a salvare Ember. Vorrebbe diventare una specie di eroe fa di tutto perché questa situazione possa avverarsi.

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I due sono messi alla prova quando Lina scopre una scatola misteriosa all’interno della sua casa, contenente uno strano oggetto e un pezzo di carta che Poppy ha deciso di mangiucchiare, riducendolo a brandelli. La curiosità della ragazza ha il sopravvento e per settimane cerca di risolvere il mistero del pezzo di carta che sembra suggerire che esiste una soluzione per ciò che sta accadendo ad Ember.

Non voglio raccontare altro per non rovinare nulla a chi di voi vorrà leggere questo libretto, ma lasciatemi dire che la fantasia all’autrice non manca davvero e che riesce a coinvolgere il lettore pagina dopo pagina.
Le tre stelline sono dovute al fatto che essendo un libro per bambini a volte le descrizioni e i passaggi sono fin troppo ripetitivi e, ogni tanto, ho fatto fatica a star dietro ai ragionamenti, forse fin troppo da bambini, dei due protagonisti. Tutto sommato il libro ve lo consiglio, soprattutto se vi state approciando per la prima volta alle distopie. Ci sono libri di questo genere molto più belli, ma forse più complessi ed estremi, quindi penso che questo sia un buon punto di partenza.

Vi lascio qui sotto il video degli ultimi minuti del film che hanno tratto dal libro, ma vi sconsiglio di vedere il video se non avete letto il libro o se volete vedere il film, perché vi spoilerereste la fine. Per chi di voi ha letto il libro e ha visto il film (o non ha intenzione di vedere il film, ma vuole vedere rappresentata la bellissima scena finale del libro), buona visione!

rating 3

mon firma