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Recensione: Kyoukai no Kanata – I’ll be here: Mirai-hen

Buongiorno a tutti! Ultima settimana di tirocinio per me e ancora una tesi da finire. Ma oggi non siamo qui per parlare di me, bensì di un film che ho atteso per mesi e mesi. Non so se vi ricordate ma un po’ di tempo fa avevo recensito il primo film tratto da un anime giapponese. Ebbene, oggi finalmente riesco a fare la recensione della seconda parte del film. Nonostante il film sia uscito in Giappone a metà aprile, l’ho trovato nel web solo una decina di giorni fa, il punto è che tanto sognavo di sapere come si sarebbe conclusa la storia che praticamente ogni giorno controllavo se era uscito su Internet. La Mon conosce ben quanto io abbia atteso questo momento e oggi scopriremo insieme come prosegue la storia.
(La recensione della prima parte la trovate qui)

Kyoukai no Kanata - I'll be here: Mirai-hen
Titolo originale: Gekijouban Kyoukai no Kanata – I’ll be here: Mirai-hen
Regia: Taichi Ishidate
Anno: 2015
Durata: 92 min
MyAnimeList

Seconda e ultima parte del film. Capitolo futuro.

Allora, nello scorso film ci eravamo lasciati con Mirai che ricompare ma non si ricorda più né chi sia né dei suoi amici. La perdita della memoria è infatti il prezzo da pagare per essere tornata indietro dopo lo scontro con il kyoukai. Quando Akihito scopre che Mirai non si ricorda più niente, decide di mentirle dicendo che tra di loro non è mai successo niente e che lei è una normale ragazza umana. Il dover far finta di niente lo fa soffrire e mantenere un comportamento distaccato nei confronti di Mirai che invece, in qualche modo, si sente incuriosita dal ragazzo. Quindi, per tutta la prima metà abbondante del film ci sono loro due che non riescono mai a confrontarsi liberamente e Akihito si comporta un po’ da codardo e piagnucolone (capisco il trauma di scoprire che la ragazza che ti piace non si ricorda più di te ma non puoi tu decidere di nasconderle la verità e continuare a svignartela quando lei cerca di scoprire giustamente qualcosa). Infatti, ad un certo punto, lei non ce la più e fa una sfuriata che finalmente aiuta il fragile Akihito a darsi una svegliata.

Ovviamente incontriamo anche i personaggi che abbiamo conosciuto nel capitolo scorso e un nuovo pericolo si scatena contro i nostri protagonisti: la diffusione di uno youmu progettato da Miroku, il tipo del Dipartimento di Osservazione degli spiriti guerrieri, che sfrutta la negatività e l’oscurità nell’animo delle persone per controllarle. Non voglio scendere oltre nel dettaglio, ma se vi state chiedendo se Mirai recupera la memoria la risposta è ‘si!’. Se invece volete sapere se alla fine si metteranno insieme questo non posso dirvelo.

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Ritroverete nel film tutto quello che ci ha fatto innamorare dell’anime, una sigla spettacolare ed emozionante, scene di combattimenti esaltanti, dei casini assurdi che non vi aspettereste e, in più, abbiamo l’onore di vedere alcune scene dell’infanzia di Mirai e Akihito anche se si tratta di infanzie non troppo felici. Gli avvenimenti in questo capitolo finale ci fanno conoscere tutti i nostri protagonisti più in profondità e molti dei misteri e delle cose che non erano mai state spiegate acquisiscono un qualche senso logico.

I’ll be here ovvero ‘io sarò qui’ è la promessa tacita che Mirai e Akihito si scambiano, una scelta che li renderà più sinceri l’un l’altro e che li porterà verso una nuova strada insieme. Spero di non avervi svelato troppo però, mi raccomando, non perdetevi la scena dopo i titoli di coda che è il momento che tutti noi fan della serie aspettiamo!
rating 4
anna firma

Recensione: Inside Out di Pete Docter & Ronaldo Del Carmen

Salve a tutti! Il film di oggi è uscito di recente al cinema e sicuramente ne avrete sentito parlare, si tratta niente meno che ‘Inside Out’, ovvero il nuovo film della Pixar. L’uscita di ogni loro film è praticamente un grande avvenimento tanto che solitamente se ne continua a parlare per molto tempo. D’altronde ogni film della Pixar richiede anni di lavoro per riuscire a creare i capolavori che ci ha regalato. Di conseguenza è normale che tutti siano emozionati e curiosi di andare a vedere questo film il prima possibile.

inside out
Titolo: Inside Out
Titolo originale: Inside Out
Regia: Pete Docter, Ronaldo Del Carmen
Anno: 2015
Durata: 94 min
IMDB

Crescere può essere faticoso e così succede anche a Riley, che viene sradicata dalla sua vita nel Midwest per seguire il padre, trasferito per lavoro a San Francisco. Come tutti noi Riley è guidata dalle sue emozioni: Gioia, Paura, Rabbia, Disgusto e Tristezza. Le emozioni vivono nel centro di controllo che si trova all’interno della sua mente e da lì la guidano nella sua vita quotidiana. Mentre Riley e le sue emozioni cercano di adattarsi alla nuova vita a San Francisco, il centro di controllo è in subbuglio. Gioia, l’emozione principale di Riley, cerca di vedere il lato positivo delle cose ma le altre emozioni non sono d’accordo su come affrontare la vita in una nuova città, in una nuova casa e in una nuova scuola.

 

Questo film è molto personale secondo me e ognuno in qualche modo avrà modo di trovare qualcosa di familiare, visto che parla delle emozioni che “ci governano”. Anche se effettivamente proviamo mille emozioni diverse, coloro che hanno scritto il copione hanno fatto un grande sforzo a riassumere i nostri stati d’animo in questi cinque che effettivamente sono quelli essenziali: incontriamo quindi Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto, i 5 protagonisti di questa storia.
Il film si apre con la nascita di Riley e con la comparsa della sua prima emozione Gioia e a seguire poco dopo, Tristezza. Poi, mano a mano che Riley cresce conosciamo anche gli altri tre e come lavorano all’interno del nostro cervello. Praticamente gestiscono insieme questa postazione di controllo e a seconda di quello che gli occhi vedono, decidono chi prende i controllo decidendo come far reagire la persona. I ricordi vengono registrati in una sorta di biglie del colore dell’emozione che le create e raccolte in dei grandi scaffali all’interno della nostra memoria. Tutto il sistema che gli ideatori si sono immaginati e sono riusciti a riprodurre è davvero geniale, nulla è lasciato al caso, dalla raccolta dei ricordi, al come vengono immagazzinati, rievocati e dimenticati. Il mondo interno la nostra mente che ci viene mostrato è così ben organizzato che da spettatore ti viene da dire: “Oh miseria! È così che mi sono sempre immaginata funzionino le cose nel mio cervello!” e per quanto almeno riguarda me, ora immagino sempre di vedere queste cinque creaturine che lavorano nella mia testa.

Si tratta di un mondo che tutti conosciamo, ma che non abbiamo mai visto perché di per sé è astratto, ma vederlo e viverlo con questo film è davvero un’esperienza magica secondo me. Le cinque emozioni sono adorabili e insieme ne combinano una dietro l’altra. Il tutto poi è incorniciato dalla comicità tipica della Pixar, immediata e genuina che in molti momenti ti spiazza, costringendoti a ridere. Siccome è ancora al cinema e alcuni di voi saranno già andati a vederlo, ma altri ancora no, raccontare ulteriori particolari mi farebbe cadere in spoiler quindi voglio lasciarvi la sorpresa.

Da grande amante Pixar posso dire che ‘Inside Out’ è un bel film e che merita assolutamente di essere visto. Purtroppo però voglio essere sincera e confesso che mi è piaciuto di meno rispetto ai precedenti film sempre targati Pixar come Walle o Up. Oggettivamente non saprei dire cosa manchi perché non cambierei nulla del film, ma i gusti son gusti e gli altri mi hanno conquistato di più.

P.S. Siccome chi mi conosce sa che amo gli abbracci di gruppo vi lascio con questa fantastica gif:

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rating 4
anna firma

Recensione: Il Figlio di Lois Lowry

Nuovo libro, nuova recensione.
Ho finalmente ritrovato il tempo per leggere e curare il blog e spero che duri perché mi mancavano davvero tanto entrambe le cose.
Ci sono quei pomeriggi in cui non si ha voglia di letture troppo impegnative e, in uno di quelli, ho deciso di finire la serie di The Giver di Lois Lowry di cui mi mancava solo l’ultimo libro: Il Figlio.

Il figlio
Titolo: Il figlio (The Giver #4)
Titolo originale: Son
Autore: Lois Lowry
Editore: Giunti
Disponibile in italiano:
Goodreads

Questa è la storia di Claire, ma anche di Jonas, Matty, Kira e di molti altri personaggi dell’inquietante realtà distopica inventata dall’autrice. Siamo al Villaggio, Claire ha solo 14 anni e ha ricevuto il ruolo di “Birthmother”: dopo l’inseminazione artificiale diventerà un “contenitore” e partorirà il suo “prodotto”. Nessuno le ha spiegato quanto sarà doloroso, nessuno l’ha avvertita che dovrà portare una benda che le impedirà di vedere suo figlio. Ma il parto di Claire è tutt’altro che semplice: subisce il primo cesareo di tutta la comunità. Per un’imprudenza dell’infermiera viene a sapere che il figlio, il numero 36, sta bene. A causa delle complicazioni, però, Claire viene “decertificata”, dichiarata non adatta a essere una Birthmother e assegnata alla piscicoltura. La ragazza, sconvolta da un’atroce sensazione di perdita, ha ormai un unico scopo: ritrovare suo figlio. L’arrivo al vivaio della nave dei rifornimenti, giunta da un luogo sconosciuto chiamato “mare” con la sua strana ciurma, potrebbe essere il suo mezzo di fuga, quando rapirà il bambino…

 

Vi stavo dicendo ‘lettura poco impegnativa’ ma, come vi avevo già accennato nel parlarvi degli altri libri di questa serie, è poco impegnativa solo se la si prende come storia per ragazzi. In realtà se si pensa con attenzione a quello che si legge, la serie si rivela un po’ più impegnativa dell’apparenza e i temi trattati sono spesso meno leggeri di quanto sembrino.

In questo quarto e ultimo libro si riuniscono i personaggi di tutti gli altri tre, sfruttando come ambientazione sia la Comunità ‘perfetta’ e in bianco e nero dove è nato e cresciuto Jonas – il protagonista del primo libro della serie – sia il Villaggio che troviamo alla fine del secondo e nel terzo libro.

In questo ultimo capitolo della serie, Lois Lowry riporta l’attenzione sulle Partorienti, ovvero le ragazze cui ogni anno la Comunità assegna il compito di creare Neobimbi che verranno poi assegnati alle Unità Famigliari. Scopriamo come questo gruppo di ragazze viva completamente isolato dal resto della Comunità e dedito a questo unico compito. Dopo il terzo Prodotto le ragazze vengono ricollocate e assegnate ad altri lavori utili alla Comunità. Ma per Claire al primo parto si presentano dei problemi e, appena lei si riprende, viene riassegnata al Vivaio Ittico. Ma lei si ricorda il numero che è stato assegnato al suo Prodotto per il primo anno di vita, in attesa che gli venga assegnato un nome. E si mette a cercarlo. Nella storia di Claire entrano in gioco un sacco di sentimenti per noi molto comuni che però le sono sconosciuti in quanto eliminati, grazie a delle pillole, dalla Comunità.

“Ma si sentiva irrequieta adesso, e diversa, in un modo che lei stessa non riusciva a capire. In linea con le esigenze del suo nuovo lavoro e della meticolosità analitica che questo richiedeva, lei cercava di scandagliare sempre più a fondo i propri sentimenti. Non l’aveva mai fatto prima, non ne aveva mai avuto bisogno. Per tutta la sua vita quelli di Claire erano stati sentimenti di… cosa? Rovistò nella sua mente in cerca della parola adatta. Di appagamento. Sì, si era sempre sentita appagata. Tutti si sentivano così nella Comunità. Si provvedeva alle loro esigenze; non mancavano di niente, niente che… Ecco cos’era, capì Claire. Non aveva mai desiderato niente fino ad allora. Ma ora, fin dal giorno della Produzione, sentiva un costante desiderio, un disperato bisogno di colmare un vuoto interiore.
Voleva suo figlio.”

Anche Magia e Amore e forza di volontà fanno la loro parte per rendere queste quasi 300 pagine molto scorrevoli e avvincenti. Nell’ultima parte ritroviamo anche la lotta contro il male, argomento già trattato dall’autrice nella serie. Ritroviamo anche Jonas e Kira, finalmente felici e soddisfatti delle loro vite. Le storie lette negli altri libri si intrecciano fino a formarne una unica.
Le tre diverse società rappresentate sono delineate molto bene sia nelle cose buone che nelle carenze, così come i personaggi primari o comunque importanti per lo svolgimento della storia.

Come nel primo libro, la cosa che mi ha fatto più impressione è stata la Comunità, con la sua assenza di colori, emozioni e animali all’infuori dei pesci da allevamento e con il suo controllo maniacale di ogni aspetto della vita degli abitanti.

Vi dirò la verità, sono abbastanza soddisfatta di come è finita la serie, senza disperazione. Un sacco di finali ancora aperti? Sì, ma mi piace poterlo immaginare come lo preferisco.

rating 4
kia firma

Recensione: Amy The girl beyond the name di Asif Kapadia

Buongiorno a tutti! Essendo stata la settimana scorsa in Repubblica Ceca e non avendo al mio fianco il mio fedele Alfredo (che per chi non lo conoscesse è il mio computer) ho dovuto ricorrere a carta e penna. Una blogger non va mai in vacanza e quando ci va trova sempre spunti per un nuovo post e difatti ho visto ben due film: il primo in ceco di cui penso di aver colto il senso globale delle scene grazie anche alla traduzione di alcune battute chiave da parte della mia amica. Il secondo, che è quello di cui vi parlo oggi l’abbiamo visto al cinema (in inglese) e si tratta di “Amy”, un documentario che racconta la vita di questa grande artista che purtroppo si è spenta ad una giovane età.

amy the girl beyond the name
Titolo: Amy
Titolo originale: Amy – The girl beyond the name
Regia: Asif Kapadia
Anno: 2015
Durata: 128 min
IMDB

The story of Amy Winehouse in her own words, featuring unseen archival footage and unheard tracks.

 

Il film sostanzialmente ci apre una finestra su quella che è stata la vita di Amy: chi era, come è diventata da una semplice ragazzina un’artista di fama internazionale, ripercorrendo gli alti e i bassi della sua vita e carriera. La pellicola è stata realizzata con l’aiuto e la guida di un suo caro amico, nonché primo manager, quindi più che un documentario a volte sembra essere più una sorta di video tributo.

Amy è una ragazzina londinese acqua e sapone e dalla voce unica e straordinaria che con solo poche note riesce a stenderti e trasmettere una quantità di emozioni assurde. Purtroppo però il grande successo venuto tutto troppo in fretta, la pressione dei media e dei produttori non le hanno reso la vita facile. A tutto ciò sommiamo l’influenza di alcune persone che l’hanno portata a fare delle scelte sbagliate che hanno lasciato un segno indelebile nella sua vita.

Il film è una raccolta di video noti ed inediti, sempre accompagnati dalla voce jazz di Amy, dal timbro caldo decisamente fuori dal comune. Pensare che non potremmo sentire più sue canzoni mi mette un po’ di tristezza. Tutto quello che voleva era comporre musica a modo suo. Ammetto che mi sono commossa nel vedere qualche scena del backstage di quando ha duettato con Tony Bennett in una canzone bellissima che entrambi hanno interpretato splendidamente. Tra l’altro lui era uno dei suoi idoli e posso solo immaginare quale grande gioia abbia provato a cantare con lui.

Il film si alterna tra performance emozionanti, commenti di amici e familiari e scene in cui ci viene raccontato come Amy abbia iniziato a far uso di droghe e a condurre una vita sregolata. Un’anima tanto fragile quanto una “voce piena di carattere e personalità”. Grazie a questo film ho scoperto un sacco di cose su quest’artista che da sempre mi ha intrigato e se anche a voi siete dei suoi fan, o amate il jazz questo film è sicuramente da vedere.

rating 4
anna firma