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Teaser Tuesday #153

Buongiorno! Iniziata bene la settimana? Oggi vi lascio il Teaser tratto da un libro che ormai conoscete tutti e che finalmente sono riuscita ad iniziare anche io: Caraval di Stephanie Garber. Nonostante il fantasy non sia il mio genere preferito, mi trovo a mio agio quando i mondi sono ben costruiti e entra anche un pizzico di romance…quindi, per il momento, voto assolutamente positivo 🙂
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Essere stretta in un angolo da un ragazzo come quello, in un corridoio semibuio, avrebbe dovuto metterla a disagio, ma la sua espressione era più preoccupata che minacciosa.
“Non ci dovete una spiegazione” disse lui. “Sono sicuro che avete le vostre buone ragioni per dormire fuori, ma non credo dovreste rimanere qui, Io alloggio nella stanza numero undici. Potete dormire lì.”
Dal modo in cui lo disse, Rossella ebbe la netta sensazione che non intendesse condividere la stanza con lei (al contrario di un altro giovane di sua conoscenza), ma era talmente abituata ai pericoli nascosti che non poté fare a meno di esitare.
lo studiò ancora alla luce della lanterna. Guardò la rosa nera tatuata sul dorso della mano, bella, elegante e un po’ malinconica. Rossella non sapeva perché, ma le sembrava che quel tatuaggio in qualche modo lo descrivesse. La bellezza e l’eleganza avrebbero dovuto spaventarla (aveva imparato a sue spese che spesso nascondevano ben altro), ma il lato malinconico l’attirava. “E voi dove andrete a dormire?”
“Nella stanza di mia sorella.” Il giovane fece un cenno verso la ragazza accanto a lui. “Ci sono due letti, e a lei non servono entrambi.”
“Invece sì” ribatté la ragazza. Malgrado Rossella non riuscisse ancora a distinguerla bene, era sicura la stesse guardando con disprezzo.
“Non essere scortese” disse il giovane. “Insisto” aggiunse, prima che sua sorella avesse modo di protestare ancora. “Se mia madre sapesse che ho lasciato dormire per terra una giovane donna infreddolita, mi ripudierebbe e non potrei biasimarla.” Le porse una mano tatuata per aiutarla ad alzarsi. “A proposito, sono Dante, e lei è mia sorella, Valentina. Possiamo darci del tu.”

Capitolo 12 – Caraval di Stephanie Garber

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Ricorda, è solo un gioco…
Il mondo, per Rossella Dragna, ha sempre avuto i confini della minuscola isola dove vive insieme alla sorella Tella e al potente, crudele padre. Se ha sopportato questi anni di forzato esilio è stato grazie al sogno di partecipare a Caraval, uno spettacolo itinerante misterioso quanto leggendario in cui il pubblico partecipa attivamente; purtroppo, l’imminente, combinato matrimonio a cui il padre la sta costringendo significa la rinuncia anche a quella possibilità di fuga. E invece Rossella riceve il tanto desiderato invito, e con l’aiuto di un misterioso marinaio, insieme a Tella fugge dall’isola e dal suo destino… Appena arrivate a Caraval, però, Tella viene rapita da Legend, il direttore dello spettacolo che nessuno ha mai incontrato: Rossella scopre in fretta che l’edizione di Caraval che sta per iniziare ruota intorno alla sorella, e che ritrovarla è lo scopo ultimo del gioco, non solo suo, ma di tutti i fortunati partecipanti. Ciò che accade in Caraval sono solo trucchi ed illusioni, questo ha sempre sentito dire Rossella. Eppure, sogno e veglia iniziano a confondersi e negare la magia diventa impossibile. Ma che sia realtà o finzione poco conta: Rossella ha cinque notti per ritrovare Tella, e intanto deve evitare di innescare un pericoloso effetto domino che la porterebbe a perdere Tella per sempre…

Teaser Tuesday #152

Buongiorno!
Il libro di cui vi lascio un breve estratto oggi è ‘4321’ di Paul Auster. In teoria lo sto leggendo con un gruppo di lettura, ma non sto riuscendo a stare dietro alle scadenze. Spero di recuperare magari nelle prossime settimane, altrimenti andrò avanti a leggerlo per conto mio. Il libro è molto intrigante, ma non semplice da seguire.

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Le eventuali informazioni che il giovane Ferguson riuscí ad apprendere sui nonni paterni provenivano quasi esclusivamente da sua madre, Rose, per molti anni la piú giovane delle tre cognate Ferguson di seconda generazione, che a loro volta le avevano ricevute in gran parte da Millie, la moglie di Lew, una donna che aveva il gusto del pettegolezzo e che era sposata con un uomo assai meno introverso e assai piú loquace di Stanley o Arnold. Quando Ferguson aveva diciott’anni, sua madre gli riferí una delle storie di Millie, presentandogliela come una semplice diceria, un’ipotesi non accertata che poteva essere attendibile – ma anche infondata. Stando a quanto Lew aveva raccontato a Millie, o a quanto Millie diceva che lui le avesse raccontato, c’era stato un quarto figlio, una bambina nata tre o quattro anni dopo Stanley, nel periodo in cui la famiglia si era stabilita a Duluth e Ike cercava lavoro come marinaio semplice sui Grandi Laghi, una serie di mesi in cui la famiglia aveva vissuto in estrema povertà, e siccome Ike non c’era quando Fanny diede alla luce la bambina, siccome il posto era il Minnesota ed era inverno, un inverno particolarmente gelido in un posto particolarmente freddo, e siccome la casa in cui abitavano era riscaldata solo da una stufa a legna, e siccome giravano cosí pochi soldi che Fanny e i ragazzi erano ridotti a vivere con un pasto al giorno, il pensiero di dover accudire un altro figlio l’aveva talmente riempita di terrore che aveva affogato la neonata nella vasca da bagno.

Stanley parlava poco dei genitori con suo figlio, ma non parlava tanto nemmeno di se stesso. Ferguson faticò a formarsi un’immagine chiara di suo padre da bambino, o da ragazzo, o a qualunque età, se non a partire da quando suo padre sposò Rose due mesi dopo aver compiuto trent’anni. Da alcuni commenti estemporanei che a volte salivano alla bocca del padre, Ferguson riuscí a dedurre quanto segue: che Stanley era stato spesso preso in giro e maltrattato dai fratelli maggiori, che essendo il minore dei tre e quindi quello che aveva trascorso la parte piú piccola della sua infanzia con il padre ancora in vita era quello piú attaccato a Fanny, che era stato un alunno diligente, che alle superiori giocava come estremo nella squadra di football e correva i quattrocento per la squadra di atletica, che il suo talento per l’elettronica lo aveva portato ad aprire un negozietto di radioriparazioni l’estate dopo aver preso il diploma nel 1932 (giusto un bugigattolo in Academy Street, Newark centro, diceva lui, sí e no un banchetto da lustrascarpe), che a undici anni era rimasto ferito all’occhio destro durante un assalto materno a colpi di scopa (che lo aveva parzialmente reso cieco e quindi inabile al servizio militare durante la seconda guerra mondiale), che detestava il diminutivo Sonny e lo abbandonò non appena lasciata la scuola, che adorava ballare e giocare a tennis, che non aveva mai detto una parola contro i fratelli, per quanto lo trattassero stupidamente o con disprezzo, che da bambino dopo la scuola consegnava i giornali a domicilio, che aveva preso in seria considerazione l’idea di studiare legge ma ci aveva rinunciato per mancanza di fondi, che a vent’anni aveva fama di sciupafemmine e usciva con un gran numero di giovani ebree senza la minima intenzione di sposarne una, che aveva fatto diverse puntatine a Cuba negli anni Trenta, quando L’Avana era la capitale del vizio dell’emisfero occidentale, che la sua piú grande ambizione era quella di diventare un magnate, un uomo ricco come Rockefeller.

Capitolo 1- 4321 di Paul Auster

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Cosa sarebbe stato della nostra vita se invece di quella scelta ne avessimo fatta un’altra? Che persone saremmo oggi se quel giorno non avessimo perso il treno, se avessimo risposto al saluto di quella ragazza, se ci fossimo iscritti a quell’altra scuola, se… Ogni vita nasconde, e protegge, dentro di sé tutte le altre che non si sono realizzate, che sono rimaste solo potenziali. E così ogni individuo conserva al suo interno, come clandestini su una nave di notte, le ombre di tutte le altre persone che sarebbe potuto diventare. La letteratura, e il romanzo in particolare, ha da sempre esplorato la «vita virtuale »: non la vita dei computer, ma i destini alternativi a quelli che il caso o la storia hanno deciso, quasi che attraverso la lettura si riesca a fare esperienza di esistenze alternative. Paul Auster ha deciso di prendere alla lettera questo compito che la letteratura si è data: e ha scritto il suo capolavoro. 4 3 2 1 è il romanzo di tutte le vite di Archie Ferguson, quella che ha avuto e quelle che avrebbe potuto avere. Fin dalla nascita Archie imbocca quattro sentieri diversi che porteranno a vite diverse e singolarmente simili, con elementi che ritornano ogni volta in una veste diversa: tutti gli Archie, ad esempio, subiranno l’incantesimo della splendida Amy. Auster racconta le quattro vite possibili di Archie in parallelo, come fossero quattro libri in uno, costruendo un’opera monumentale, dal fascino vertiginoso e dal passo dickensiano, per il brulicare di vita e di personaggi. Ma c’è molto altro in 4 3 2 1: c’è la scoperta del sesso e della poesia, ci sono le proteste per i diritti civili e l’assassinio di Kennedy, c’è lo sport e il Sessantotto, c’è Parigi e c’è New York, c’è tutta l’opera di Auster, come un grande bilancio della maturità, e ci sono tutti i maestri che l’hanno ispirato, c’è il fato e la fatalità, c’è la morte e il desiderio

Teaser Tuesday #151

Buongiorno lettori! Iniziamo la giornata con il Teaser Tuesday in cui vi lascio un passaggio di un libro molto carino che sto leggendo in questi giorni e che a breve sarà ospite di un’iniziativa qui sul blog: Un amore dolcemente complicato di Miranda Dickinson. Lo conoscete?
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Avevo letto tantissimo su Union Square, ma quando ci arrivai fu tutta un’altra cosa. Un’enorme piazza in pietra con al centro un’alta colonna corinzia sormontata da una statua della dea della Vittoria era circondata da ogni lato da negozi famosi, dei quali riconobbi subito i nomi: Macy’s, Saks Fifth Avenue, Tiffany, Neiman Marcus, Barney’s e Bloomingdale’s. Il rombo costante del traffico si mescolava nell’aria con il basso grido delle sirene dei camion dei pompieri e con il pittoresco tintinnio delle campane dei tram che risalivano Powell Street.
A essere sincera ero stata più attratta dai negozi e non mi ero soffermata sull’aspetto generale della piazza, ma quando mi ci trovai fu un tale spettacolo che avrei potuto restare lì tutto il giorno soltanto a guardare il mondo passare. Tuttavia ero in missione speciale per la mia migliore amica: Vicky era ossessionata da Macy’s da quando ci eravamo state durante il nostro viaggio a New York, due anni prima, e mi aveva implorata di comprarle qualcosa nel noto grande magazzino.
«Mi va bene anche una busta della spesa», mi aveva spiegato prima che partissi per San Francisco. «Quando siamo state in quello di New York non ho comprato nulla. Almeno così potrò fingere di essere una habitué».
Girando tra i reparti luminosi e luccicanti di Macy’s, era difficile credere di essere ancora nella stessa città dove solo il giorno prima avevo conosciuto la festosità chiassosa del Fisherman’s Wharf. Lì tutto era lucido, posizionato con cura ed eleganza, un po’ come la piazza intorno alla quale si aprivano i negozi.
Lizzie e io passammo ore a camminare tra i piani del grande magazzino, con addosso la sensazione di recitare in un episodio di qualche fiction statunitense. Fui tentata di gravare ancora sulle spese già spaventose della mia carta di credito – soprattutto quando vidi dei meravigliosi vestiti griffati in saldo – ma decisi di essere saggia, sapendo che le sette settimane e mezzo che avevo davanti l’avrebbero già messa a dura prova. Lizzie però trovò un paio di scarpe bellissime a metà prezzo e cedette al loro fascino, e anche se continuava a criticarsi per quel gesto di debolezza, che non era affatto da lei, per me era evidente quanto fosse felice del suo acquisto.
«Adesso hai solo bisogno di un’occasione speciale per indossarle», le dissi mentre pranzavamo alla Cheesecake Factory all’ultimo piano di Macy’s, su una terrazza a vetri elegante che affacciava su Union Square.
«Le metterò per Pablo».
«Non puoi metterle per camminare in casa, Lizzie! Dobbiamo trovare un uomo che ti inviti a una cena da sogno, in modo che tu possa portarle».
Mia cugina emise un rantolo. «Be’, buona fortuna. Credo che per me sia più sicuro un appuntamento casalingo col mio pesce rosso».

Capitolo 8- Un amore dolcemente complicato di Miranda Dickinson

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Un singolo giorno può cambiare tutto. Nell Sullivan è nota tra i suoi amici per essere la precisina con un “piano quinquennale”. La sua agenda è sempre fitta di impegni e non c’è nessuno in tutta Londra altrettanto organizzato e responsabile. Ma quando si trova senza un lavoro e di nuovo single nello stesso giorno, Nell decide che è arrivato il momento di smetterla di pianificare tutto e cominciare a correre dei rischi. È così che mette insieme i suoi risparmi per concedersi finalmente un viaggio verso la città nella quale tutto è possibile: San Francisco. Neanche il tempo di arrivare, e viene accolta da una variegata e bizzarra ondata di nuove conoscenze, tra cui l’intrigante e bellissimo Max. Molto presto, grazie a loro, comincerà a sentire la città californiana come una seconda casa. Ma, arrivato il momento di tornare a Londra, metterà in valigia anche la nuova Nell, quella più spontanea e rilassata? E la magia di San Francisco continuerà a produrre effetti anche a miglia e miglia di distanza?

Teaser Tuesday #150

Buongiorno!
Sono a casa ad aspettare il caldaista e mentre aspetto leggo The Hate U Give, libro di cui hanno parlato più o meno tutti nell’ultimo anno. Molti ne hanno parlato bene e spero mi possa piacere. L’ho proprio appena iniziato quindi vi lascio l’incipit in modo da non spoilerare voi e non spoilerarmi da sola.

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Non sarei dovuta venire a questa festa.
Non sono neanche sicura di appartenere a questo ambiente. E il mio non è un pregiudizio da borghese di merda. È che ci sono certi posti dove essere me stessa non basta. In nessuna delle due versioni. La festa per le vacanze di primavera di Big D è uno di questi.
Mi faccio largo tra i corpi sudati e seguo Kenya, i suoi capelli ricci che ballonzolano fin sotto le spalle. Nella sala aleggia una foschia puzzolente di erba e la musica fa tremare il pavimento. Un rapper incita tutti a ballare il nae nae, seguito dal coro di «Hey» di quelli che si lanciano nelle loro versioni personali. Kenya tiene sollevato il suo bicchiere di plastica e si fa largo tra la calca a passi di danza. Tra il mal di testa per la musica martellante e la nausea per il tanfo di erba, sarà un miracolo se riesco ad attraversare la sala senza versare il mio drink.
Solchiamo la folla. La casa di Big D è piena zeppa di gente. Ho sempre sentito dire che alle sue feste di primavera ci andavano tutti (be’, tutti tranne me), ma cavolo, non immaginavo che ci sarebbe stata una simile ressa. Le ragazze hanno i capelli tinti, arricciati, stirati, fatti su. Mi fanno sentire banalissima con la mia coda di cavallo. I ragazzi, con le loro scarpe nuove e i jeans cadenti, gli si strofinano addosso al punto che farebbero meglio a mettersi il preservativo. Mia nonna dice che in primavera sboccia l’amore. A Garden Heights non sempre fa sbocciare l’amore, ma promette neonati in inverno. Non sarei sorpresa se molti di loro venissero concepiti alla festa di Big D. Lui la organizza sempre il venerdì prima della pausa primaverile, perché c’è bisogno del sabato per riprendersi e della domenica per pentirsi.

Capitolo 1- THE HATE U GIVE di Angie Thomas

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Starr si muove tra due mondi: abita in un quartiere di colore dove imperversano le gang ma frequenta una scuola prestigiosa, soprattutto per volere della madre, determinata a costruire un futuro migliore per i suoi figli. Vive quasi una doppia vita, a metà tra gli amici di infanzia e i nuovi compagni. Questo fragile equilibrio va in frantumi quando Starr assiste all’uccisione di Khalil, il suo migliore amico, per mano della polizia. Ed era disarmato.
Il caso conquista le prime pagine dei giornali. C’è chi pensa che Khalil fosse un poco di buono, perfino uno spacciatore, il membro di una gang e che, in fin dei conti, se lo sia meritato. Quando appare chiaro che la polizia non ha alcun interesse a chiarire l’episodio, la protesta scende in strada e il quartiere di Starr si trasforma in teatro di guerriglia. C’è una cosa che tutti vogliono sapere: cos’è successo davvero quella notte? Ma l’unica che possa dare una risposta è Starr.
Quello che dirà – o non dirà – può distruggere la sua comunità. Può mettere in pericolo la sua stessa vita.
Un romanzo importante. Una voce straordinariamente autentica. Un travolgente caso editoriale.