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Teaser Tuesday #87

Buongiorno! Il teaser di oggi è tratto dal libro che abbiamo scelto per la Book Jar Challenge di questo mese e che ho finito l’altro giorno: Il tredicesimo dono di Joanne Huist Smith. Non mi ha fatta impazzire, devo dire la verità, ma non mi è nemmeno dispiaciuto. Se ce la faccio a breve vi lascerò una recensione. Qualcuno di voi lo ha già letto?
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Mia cognata Charlotte mi ripete da settimane che devo sbrigarmi a fare i preparativi per le feste.
«I tuoi figli hanno bisogno del Natale», è diventato il suo ritornello.
Quella mattina mi chiama prima delle sei offrendosi di passare a prendere Nick e Megan nel pomeriggio, per lasciarmi qualche ora dopo il lavoro per fare compere.
«Così non ci pensi più», insiste. «A te piace scegliere i regali. E facendo un giro migliorerà anche l’umore.»
Io non ci credo molto, ma accetto: tanto vale provarci.
E così mi ritrovo ferma in macchina, con la freccia inserita, ad aspettare che una mamma e la sua bambina attraversino la piazzola del parcheggio, quando un nonnetto con i capelli grigi per poco non le investe e mi frega il posto. La mamma strattona indietro il carrello per evitare uno scontro.
«Stronzo!» gli grida, coprendo le orecchie della figlia con le mani guantate.
«Buon Natale», le grida il nonnetto scendendo dalla macchina. Mi fa l’occhiolino. Vorrei infilargli quell’espressione compiaciuta in un posto niente affatto natalizio, ma sta già piroettando dentro un negozio. Non sono mai stata portata per la musica, ma immagino di riscrivere il testo delle canzoni natalizie in una versione più realistica, dove la bontà diventa cattiveria.
Abbandono l’impresa di trovare un parcheggio comodo e vado al vicino centro commerciale, dove la maggior parte dei negozi sono chiusi per riposo.
Appena entro la melodia di Frosty the Snowman, l’ennesimo canto di Natale che proviene dagli altoparlanti, mi scoraggia. Ho intenzione di comprare una mountain bike per Nick, ma prima faccio tappa nel reparto preferito di Rick, la ferramenta. Conosco bene queste corsie, almeno quanto quelle dei casalinghi. Prima di cominciare un lavoro in casa – trasformare il nostro seminterrato dalle pareti di cemento in una sala giochi, costruire un patio sul retro o piastrellare il ripiano della cucina – Rick ci trascinava tutti dal ferramenta per scegliere i materiali. Mi viene l’idea di comprare qualche attrezzo utile da donare a nome di Rick all’Esercito della Salvezza o a Habitat for Humanity.
Non mi ricordo di aver mai sentito musica natalizia in questo reparto, ma adesso il volume di Frosty è così alto che fa tremare i lampadari. Immagino di porre fine alle scorribande del pupazzo di neve con la fiamma ossidrica, o quanto meno di arrostire l’impianto stereo del negozio. È crudele ma il pensiero mi fa ridere di me stessa.
«Avete le torce ad acetilene?» chiedo a un commesso.
Thumpity, thump, thump. Thumpity, thump look at that Frosty go.
Metto la torcia nel carrello, pensando che andrebbe bene come donazione o come regalo per mio cognato Tom. Magari la terrò io. Oppure, più probabilmente, il 25 dicembre in casa nostra non ci saranno regali né un albero sotto cui metterli.
“Compra la bicicletta. Una cosa alla volta.”
Mentre mi dirigo al reparto dei giocattoli, butto nel carrello carta da regalo, biglietti di auguri e scotch. Le mie compere natalizie per il momento si limitano a sacchetti di calze sportive e biancheria per i miei figli, le uniche cose che Rick chiedeva nella sua lista. Quando ci conoscevamo da poco, Rick non capiva il mio bisogno di trovare il regalo perfetto per tutti i miei cari. Sua madre era morta quando lui aveva tre anni e nella sua famiglia non davano grande peso alle feste. I regali di Natale che aveva ricevuto da allora in poi erano stati soprattutto utili… finché non aveva conosciuto me. C’era voluto del tempo prima che fosse contagiato dal mio entusiasmo per le feste. Forse l’ho solo preso per sfinimento. L’anno che gli ho comprato una videocamera ha aspettato due giorni interi ad aprirla, in segno di protesta contro la spesa eccessiva. Il giorno dopo l’ho beccato a leggere il manuale e a Capodanno già minacciava di lasciare l’industria metalmeccanica per diventare regista. Quell’anno mi regalò una camicia da notte, gemella di una che già avevo. L’anno dopo, una collana d’argento con un braccialetto coordinato.
Ora capisco perché a suo padre non piaceva comprare regali di Natale. Mi sembra di tradire mio marito a pensare di festeggiare. Per Natale vorrei solo e soltanto lui, e l’idea di creare ricordi senza di lui me ne fa sentire ancora di più la mancanza. Non posso comportarmi come negli anni passati ma non ho idea di cos’altro ci si aspetti da me.
«Ho bisogno di un manuale, cazzo.»
Mi lagno a voce abbastanza alta da far avvicinare una commessa.
«Nel reparto video», mi risponde, indicando il fondo del negozio e sorvolando sul turpiloquio, cosa che mia figlia non avrebbe fatto. «I libri sono insieme ai video.»
Vado in quella direzione, imbarazzata per essermi fatta sorprendere a parlare da sola. Spero che la commessa classifichi il mio comportamento come una temporanea infermità mentale natalizia e non come un disturbo cronico. Mi volto a guardare se sta servendo un altro cliente. E così mi capita davvero un incidente. Vado a sbattere con il carrello contro un Babbo Natale gonfiabile a grandezza naturale; non si buca, ma oscilla pericolosamente vicino a un espositore carico di sfere di vetro portacandela.
«Posso aiutarla?»
Adesso la commessa mi dedica tutta la sua attenzione e non sembra affatto sorpresa di vedere che la responsabile del disastro sfiorato sono io.
«A mia figlia piacerebbe tantissimo», dico senza convinzione.
«Allora gliene compri uno.»
Imbarazzatissima, afferro un Babbo Natale gonfiabile e lo butto nel carrello insieme alla torcia.
So che la nostra casa è triste in confronto ad altre del quartiere, decorate con lucine bianche, presepi e renne di filo metallico che brucano. L’esterno della casa era di competenza di Rick. Non ho nessuna intenzione di comprare questo coso gonfiabile, ma non voglio rimetterlo sullo scaffale con la commessa che mi pedina. Sotto il suo sguardo vigile, fingo di studiare decorazioni dipinte a mano, un drappo trapuntato da stendere sotto l’albero, scatole di latta con paesaggi innevati sul coperchio e altre che contengono cioccolatini assortiti.

Nessuna di quelle cose mi attira.

2. Secondo giorno – IL TREDICESIMO DONO di Joanne Huist Smith

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il tredicesimo dono«Mamma, abbiamo perso l’autobus.» È la mattina di un freddo e grigio 13 dicembre, e Joanne viene svegliata improvvisamente dai suoi tre figli in tremendo ritardo per la scuola. Ancora non sanno che quel giorno la loro vita sta per cambiare per sempre. Mentre di corsa escono di casa, qualcosa li blocca d’un tratto sulla porta: all’ingresso, con un grande fiocco, una splendida stella di Natale. Chi può averla portata lì? Il bigliettino che l’accompagna è firmato, misteriosamente, «I vostri cari amici». Mancano tredici giorni a Natale, e Joanne distrattamente passa oltre: è ancora recente la morte di Rick, suo marito, e vorrebbe solo che queste feste passassero il prima possibile. Troppi i ricordi, troppo il dolore. Ma giorno dopo giorno altri regali continuano ad arrivare puntualmente, e mai nessun indizio su chi possa essere il benefattore. La diffidenza di Joanne diventa prima curiosità, poi stupore nel vedere i suoi figli riprendere a ridere, a giocare, a divertirsi insieme. Sembra quasi che stiano tornando a essere una vera famiglia. E il mattino di Natale, mentre li guarda finalmente felici scartare i loro regali sotto l’albero addobbato, Joanne scopre il più prezioso e magico dei doni. Quello di cui non vorrà mai più fare a meno, e il cui segreto ha scelto di condividere con i suoi lettori in questo libro suggestivo, profondo ed emozionante. Il tredicesimo dono riesce così ad aprirci gli occhi sulla gioia che ci circonda sempre, anche nei momenti più impensabili. Sulle sorprese inaspettate che la vita sa regalarci. E sulla felicità improvvisa che tutti possiamo donare a chi ci sta accanto, non smettendo mai di credere nella forza e nella generosità dei nostri cuori.

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Teaser Tuesday #86

Buondì!
Ho finito questo libro mentre ero in vacanza e mi è piaciuto abbastanza, considerando che è un libro semplice semplice perfetto per i giorni in cui non vogliamo letture impegnative. Vi lascio un piccolo estratto sperando di incuriosirvi 😉

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Siamo all’inaugurazione del nuovo pub di Tara: il Temple Bar. Gli abbiamo appioppato un arredamento in stile dublinese e il nome del famoso quartiere della capitale pieno di pub e locali dove si serve da bere. Finora la serata è stata un successone: l’alcol scorre a fiumi e tutti si divertono. Persino Eamon ha fatto una delle sue rare apparizioni per provare il nuovo locale, e soprattutto ciò che offre. Benché sia piccolo, il pub ha un vero bancone in legno, due spillatori per la birra e dei dosatori alla parete. Accanto ci
sono interi scaffali pieni di bicchieri e bottiglie di birra e superalcolici. C’è qualche sgabello, tavoli e sedie, e abbiamo preso in prestito alcuni cimeli della Guinness dalla casa di Katheen e Aiden così da completare l’effetto. Al momento sull’isola ci sono otto ospiti, ed è un sollievo che non siano venuti a Tara soltanto in cerca di pace e tranquillità, perché l’atmosfera di stasera nel pub ricorda piuttosto quella di un venerdì sera a Temple Bar, nel cuore di Dublino. Come prevedevo, Roxi è perfettamente a suo agio nel ruolo di signora del Temple Bar, abilmente assistita nei momenti di maggior afflusso da Paddy e Ryan. A quanto pare, Ryan ha lavorato in un pub durante gli studi universitari a Dublino, mentre Paddy sostiene di aver visto più pub che un fattorino della Guinness, perciò tutti e tre insieme dovrebbero essere in grado di gestire la ciurma leggermente sopra le righe che si è radunata qui stasera. Mentre, un po’ in disparte, osservo la gente che diverte, provo un profondo senso di appagamento. Non avrei mai sperato di sentirmi così durante il mio soggiorno qui. Mi aspettavo di trascorrere l’anno arrancando un giorno dopo l’altro, segnando ogni giornata sull’isola con una croce sul mio calendario di Vogue. Ora mi accorgo di non aver avuto nemmeno il
tempo di appenderlo, quel calendario. Avevo problemi più importanti per la testa. «Pare che le cose stiano andando benino», dice Dermot fermandosi al mio fianco con una pinta di Guinness in mano, a osservare la scena proprio come sto facendo io. «Stanno andando più che benino, Dermot, e lo sai. Un altro successo da aggiungere alla tua lista sempre più lunga». Dermot si volta verso di me. «Non è solo merito mio, Darcy». «No. Anche Roxi sta facendo un ottimo lavoro con il pub. Non avevo dubbi». Dermot sorride. «Veramente mi riferivo a te. Il merito di tutto questo è tuo». «Davvero?» «Darcy», dice scuotendo la testa. «Sei tu che hai messo insieme tutta questa gente, non te ne rendi conto? Hai preso un pugno di persone che non si erano mai viste in vita loro e ne hai fatto una piccola comunità. Guardali qui stasera, tutti riuniti». Li guardo: giovani e vecchi, uomini e donne, tutti con storie molto diverse alle spalle eppure felici di trovarsi qui, insieme.

Ventitré – COLAZIONE DA DARCY di Ali McNamara

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colazione da darcy cover

Quando Darcy McCall perde l’adorata zia Molly, l’ultima cosa che si aspetta è di ricevere in eredità un’isoletta in mezzo al mare. Secondo le ultime volontà della donna, però, per entrarne in possesso, Darcy dovrà trascorrere almeno dodici mesi sull’isola di Tara, al largo delle coste occidentali dell’Irlanda. Una bella sfida, non c’è che dire, per una come lei, abituata alla frenetica vita londinese. Ma forse un cambiamento è proprio ciò di cui Darcy ha bisogno, così, senza quasi rendersene conto, da un giorno all’altro si ritrova a dover dire addio alle amate scarpe con il tacco per indossare un paio di orribili stivali. Adattarsi alla spartana vita dell’isola sarà un’impresa tutt’altro che facile, ma nel ristorantino appena aperto, tra una tazza di tè e i biscotti fatti in casa, Darcy scoprirà che l’isola ha molto da offrire… E dopo le difficoltà iniziali, il calore e l’affetto della piccola comunità di Tara finiranno per conquistare anche la mondana Darcy. Nuovi amici e forse un nuovo amore l’attendono dietro l’angolo: chi, tra l’affascinante Conor e il testardo Dermot, saprà far battere il suo cuore?

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Teaser Tuesday #85

Buongiorno!
Oggi vi lascio un incipit, invece di un passo centrale e spoiler free, perché ho appena iniziato il libro. Si tratta di un libro della serie di Diana Gabaldon: Il cerchio di pietre. Già, è arrivato quel momento dell’anno in cui inizio a mettermi in pari con i libri di questa serie per farmi trovare pronta quando uscirà la nuova stagione della serie tv. 🙂
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Era morto. Eppure provava fitte di dolore lancinante al naso, il che gli parve strano, date le circostanze. Pur riponendo una notevole fiducia nella comprensione e nella misericordia del suo Creatore, covava in sé un residuo di quel fondamentale senso di colpa che fa temere a tutti gli uomini l’inferno. Tuttavia, da quanto aveva sentito dire dell’inferno, riteneva improbabile che i tormenti riservati ai suoi sventurati abitanti si limitassero a un naso spaccato.
D’altra parte non poteva trovarsi in Paradiso, per parecchi motivi. Tanto per cominciare, non se lo meritava. Secondo, l’ambiente circostante non ne aveva l’aspetto. E, terzo, dubitava che tra le ricompense per i beati ci fosse un naso rotto, non più di quanto potesse esserci per i dannati.
Pur essendosi sempre immaginato il Purgatorio come un luogo piuttosto grigio, la debole luce rossastra che nascondeva ogni cosa intorno a lui poteva sembrare appropriata. Via via che la sua mente si schiariva, stava lentamente tornandogli anche la capacità di ragionare. Qualcuno, pensò piuttosto irritato, sarebbe pur dovuto venire a informarlo su quale fosse la sua condanna, e su quanto tempo avrebbe dovuto soffrire per purificarsi fino a poter entrare finalmente nel Regno di Dio. Che stesse aspettando un demone o un angelo non era ben chiaro. Non aveva idea di quale fosse il tipo di personale assunto in Purgatorio: non era un argomento che il suo maestro avesse mai affrontato durante gli anni della scuola.
Mentre aspettava cominciò a fare l’inventario di tutti gli altri tormenti che gli era toccato di sopportare: numerose ferite, sfregi e lividi qua e là, e quasi sicuramente si era di nuovo rotto l’anulare della mano destra, difficile da proteggere, rigido e sporgente com’era, con l’articolazione paralizzata. Ma niente di tutto ciò appariva particolarmente grave, comunque. Che altro?
Claire. Il suo nome gli trapassò il cuore come una lama, procurandogli un dolore più atroce di qualsiasi altro che il suo corpo avesse mai dovuto subire.
Se fosse stato ancora dotato di un corpo, di sicuro si sarebbe piegato in due per l’agonia. Sapeva che avrebbe sofferto così, quando l’aveva rimandata indietro al cerchio di pietre. L’angoscia spirituale era probabilmente una condizione normale in Purgatorio, e lui si aspettava già che il dolore della separazione sarebbe stata la sua punizione principale… sufficiente, pensò, a espiare tutto ciò che aveva commesso, omicidio e tradimento compresi.
Non sapeva se alle anime del Purgatorio fosse concesso o no di pregare, ma ci provò lo stesso. Signore, fa’ che possa essere in salvo. Lei e il bambino. Di sicuro ce l’aveva fatta, a raggiungere il cerchio di pietre; essendo incinta di soli due mesi, era ancora leggera e rapida nella corsa, nonché la donna più testarda e determinata che avesse mai conosciuto. Ma che fosse riuscita o no nella pericolosa transizione verso il luogo da dove era venuta – scivolando precariamente tra i misteriosi strati che dividevano il suo tempo da quello attuale, inerme nella morsa della roccia – questo lui non l’avrebbe mai saputo, e il solo pensiero bastava a fargli dimenticare persino l’atroce dolore al naso.
Ricominciato l’inventario interrotto dei mali corporali, fu colto da una straordinaria angoscia di fronte alla scoperta che la sua gamba sinistra non c’era più, a quanto pareva. La sensibilità fisica si fermava all’anca, con una sorta di formicolio simile a tante punture di spillo. Presumibilmente l’avrebbe riavuta indietro a tempo debito, vuoi quando fosse finalmente arrivato in Paradiso vuoi, almeno, il Giorno del Giudizio. E dopotutto suo cognato Ian se la cavava benissimo con la gruccia di legno che portava al posto della sua gamba perduta.

Capitolo 1 – IL CERCHIO DI PIETRE di Diana Gabaldon

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1945. Claire Randall, durante una seconda luna di miele in Scozia, vive un’avventura straordinaria: attraverso il magico cerchio di pietre di Craigh na Dun viene catapultata nelle Highlands del 1743. Qui conosce il giovane Jamie Fraser, un nobile giacobita, con cui vive un’intensa storia d’amore e un matrimonio turbolento ma felice. Nei tre anni successivi viene coinvolta in intrighi e pericoli a causa della lotta fra clan scozzesi e della guerra fra Scozia e Inghilterra, che sfocia nello storico scontro nel Campo di Culloden. Claire purtroppo sa che quella battaglia sarà fatale per gli scozzesi e, in attesa di un bambino, si fa convincere da Jamie a fare ritorno nella sua epoca…

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Teaser Tuesday #82

Buon martedì a tutti!
Oggi il Teaser Tuesday è tratto da un libro che vi avevo già proposto in precedenza e che sto rileggendo in attesa dell’uscita del secondo volume della serie. Sto parlando di Glitch di Mirya e della sua serie, Wired.

Lo avete letto? Siete pronte per Beta, il secondo volume?

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La Preside fa un gesto con la mano e Leanne vede i Gold sdoppiarsi: dai loro corpi esce una loro immagine speculare, talmente luminosa da sembrare disegnata dalla luce stessa, che si spegne solo negli occhi, cavità nere senza iride né sclera. Non sono vestiti ma la loro nudità non ha nulla di erotico, quanto piuttosto di inquietante, e comunque le forme si confondono nella luce azzurra di cui pare fatta la loro pelle o qualunque cosa abbiano al posto della pelle. I Gold e i loro Alter si salutano, certi addirittura si abbracciano in modo cameratesco, scambiando alcune battute. Poi gli Alter iniziano a uscire anche dai Beta: alcuni di loro si comportano come i Gold, segno che sono riusciti a eludere il divieto di entrare a Gaia prima dell’inizio degli studi ad Upgrade, gli altri Beta invece si avvicinano ai loro Alter, si presentano, ridono nervosi ma allegri, ritrovano visivamente ciò che hanno sentito per anni intimamente.
È la prima volta che Leanne vede gli Alter e prima di essere impaurita è curiosa: affamata di conoscenza e abituata a essere un’alunna modello, alza la mano per fare delle domande, ed è in quel momento che un’altra mano, identica ma luminosa, si stacca dalla sua. La sua Alter esce del tutto da lei, prima la testa e poi il busto e per ultime le gambe, e si allontana di qualche metro. Leanne trattiene il respiro mentre guarda per la prima volta quella presenza che sente da tanto dentro di sé, così simile eppure così diversa. La messa in mostra di quel corpo che non è il suo ma è comunque il suo la imbarazza e la fa sentire vulnerabile. La sua Alter la guarda a sua volta, con quei laghi oscuri che sembrano volerla divorare, per istanti che le sembrano ore, poi alza il viso al soffitto e urla, urla, urla, le vola incontro, le vola dentro, sempre continuando a urlare, e l’ultima cosa che Leanne vede prima di svenire sono due buchi neri colmi d’odio che la fagocitano come lei ha sempre fagocitato loro.

Capitolo 3 Della Preside Martia (Gaia) – GLITCH di Mirya

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A partire dalla generazione 3.0, gli esseri umani si sono abituati a essere quasi sempre connessi al web, tramite il portale installato nella nuca. Ma alcuni di loro sono davvero sempre connessi, e possono accedere a un’altra realtà virtuale, in cui si trova la loro altra anima.
Considerati pericolosi dal resto dell’umanità, i Wired vivono nascosti e sono educati in scuole nascoste, dove imparano a gestire i loro poteri e i loro Alter.
Leanne non sapeva di essere una Wired impura, finché non ha percepito la sua Alter.
Caleb ha sempre saputo di essere un Wired puro, nato e cresciuto per onorare il DNA della sua famiglia.
Il loro odio dura da più di quattro anni.
Il loro amore è appena iniziato.
E tutto il Mondo Connesso scommette contro di loro.

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