Teaser tuesday

Teaser Tuesday #72

Buongiorno a tutti 🙂

Oggi arrivo con un teaser che spero vi faccia piacere, tratto dall’ultimo libro di Harry Potter, mooolto particolare. Ieri vi ho detto che lo stavo leggendo, ora l’ho finito e spero di riuscire a scriverne una recensione il prima possibile. Nel frattempo vi lascio una piccola scena del libro.
Buona lettura!

Ovviamente se qualcuno di voi l’ha letto e vuole parlarne io ci sono, anche perché sto provando sentimenti contrastanti riguardo a questo volume.

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HOGWARTS, HEADMISTRESS’S OFFICE

PROFESSOR McGONAGALL is onstage on her own. She looks at the map. She frowns to herself. She taps it with her wand. She smiles to herself at a good decision made.

PROFESSOR McGONAGALL: Mischief managed.

There’s a rattling.

The whole stage seems to vibrate.

GINNY is the first through the fireplace, and then HARRY.

GINNY: Professor, I can’t say that ever gets more dignified.

PROFESSOR McGONAGALL: Potter. You’re back. And you seem to have finally ruined my carpet.

HARRY: I need to find my son. We need to.

PROFESSOR McGONAGALL: Harry, I’ve considered this and decided I want no part of it. Whatever you threaten, I —

HARRY: Minerva, I come here in peace, not war. I should never have spoken to you that way.

PROFESSOR McGONAGALL: I just don’t think I can interfere in friendships and I believe —

HARRY: I need to say sorry to you and sorry to Albus, will you give me that chance?

DRACO arrives behind them with a bang of soot.

PROFESSOR McGONAGALL: Draco?

DRACO: He needs to see his son, and I need to see mine.

HARRY: Like I say — peace — not war.

PROFESSOR McGONAGALL studies his face; she sees the sincerity she needs to see. She takes the map back out of her pocket. She opens it up.

PROFESSOR McGONAGALL: Well, peace is certainly something I can be part of.

She taps it with her wand.

(Sighs.) I solemnly swear that I’m up to no good.

The map is lit into action.

Well, they are together.

DRACO: In the girls’ bathroom on the first floor. What on earth would they be doing there?

ACT TWO, SCENE EIGHTEEN – HARRY POTTER AND THE CURSED CHILD di Jack Thorne

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harry potter and the cursed childBased on an original new story by J.K. Rowling, Jack Thorne and John Tiffany, a new play by Jack Thorne, Harry Potter and the Cursed Child is the eighth story in the Harry Potter series and the first official Harry Potter story to be presented on stage. The play will receive its world premiere in London’s West End on July 30, 2016.

It was always difficult being Harry Potter and it isn’t much easier now that he is an overworked employee of the Ministry of Magic, a husband and father of three school-age children.

While Harry grapples with a past that refuses to stay where it belongs, his youngest son Albus must struggle with the weight of a family legacy he never wanted. As past and present fuse ominously, both father and son learn the uncomfortable truth: sometimes, darkness comes from unexpected places.

mon firma

Teaser Tuesday #71

Buongiorno. Il teaser che vi lascio oggi è tratto dal libro che ho letto nel weekend. Sì, avete letto bene, sono riuscita a leggere un intero libro nel weekend. Quasi quasi non ci credo nemmeno io, non mi sembrava vero. Il libro in questione è Tutti i difetti che amo di te di Anna Premoli che risiedeva da tempo nel mio Kobo in attesa. Libro carino, come tutti quelli di questa autrice. Piacevole, a tratti divertente e sempre leggero, come si richiede ad ogni romanzo rosa. Anche questa volta, quindi, non sono rimasta delusa. 🙂

teaser tuesday

A questo punto sia Eva che Ethan scoppiarono a ridere a crepapelle. Sara reputò che l’unica cosa saggia da fare fosse rifugiarsi in camera sua.
«No, non te ne andare!», la bloccò Eva sulla porta. «Ti ho portato un regalo!».
Il broncio di Sara svanì all’istante. «Ah sì, e cosa?», chiese cercando di non mostrarsi troppo interessata.
«Regalo di compleanno anticipato!», gioì la sorella.
«È il tuo compleanno?», si intromise Ethan.
«Assolutamente no. Tra tre mesi», dovette ammettere Sara, stupita. Era ovvio che ci fosse sotto qualcosa…
«E infatti il mio regalo non è mica casuale. Per il tuo compleanno sarai una ballerina perfetta», le confermò, cercando di mostrarsi il più innocente possibile.
La speranza prese il volo dal volto di Sara, per essere sostituita dalla ben più realista diffidenza. «Eh?», riuscì solo a pronunciare.
«Ti ho iscritto a un corso di ballo! Non trovi che sia un’idea geniale?», batté le mani tutta contenta.
«Tu mi hai iscritto a cosa?!», chiese Sara alzando la voce.
«Credo abbia detto corso di ballo», le ripeté Ethan, che si stava divertendo immensamente a osservare il suo disappunto.
«Zitto tu! A cuccia nudista!», esclamò minacciosa. «Eva! Sai che odio ballare!», si lamentò nervosa.
«Appunto, non si riesce quasi mai a convincerti a venire a ballare nei fine settimana. Sempre a tirare fuori questa scusa che non ti diverti e non sei portata. Ho voluto farti un regalo utile».
«Utile? Un maglione è utile! Non un corso di ballo…», ringhiò Sara.
«Ti divertirai, vedrai. Oggi pomeriggio ci sarà la prima lezione alla palestra HC. Prova ad andare e poi decidi se vuoi continuare o meno. Ti prego, ti prego, ti prego…», la scongiurò con quei suoi occhi da cerbiatta. Era Grimilde travestita da Bambi. Sara non poté che cedere.
«Prima o poi arriverà il giorno in cui riuscirò a dirti di no», borbottò sconfitta.
Eva sorrise con aria di sfida.
«Perché con lei cedi e con me no?», volle sapere Ethan, punto sul vivo.
Sara alzò le spalle. «Si vede che lei sa come prendermi. Non mi sfida mai in maniera aperta. È molto più subdola, la piccola serpe».
Eva rise divertita. «E poi ho vent’anni di esperienza alle spalle. Non puoi mica illuderti di arrivare al mio livello in poco tempo! Sara è un osso duro».
«L’ho notato…», confermò lui.
«Comunque, adesso che ho assolto al mio supremo compito di togliere di mezzo i cadaveri che lasciate lungo la vostra strada, penso anche di potermene andare».
«Certo, un favore e un tiro mancino per oggi sono stati più che sufficienti…», commentò Sara, che doveva ancora digerire la storia delle lezioni di ballo. Era negata, oltre ogni possibile e umana previsione, e sospettava che quattro lezioni difficilmente avrebbero potuto cambiare la cose. Senza contare che stava sudando alla sola idea.
«Ricordati, la palestra HC alle 16!», si raccomandò Eva.
Sara si limitò a emettere un grugnito lamentoso.

Capitolo 8 – TUTTI I DIFETTI CHE AMO DI TE di Anna Premoli

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tutti i difetti che amo di teMettere i bastoni tra le ruote alla propria famiglia è una vera arte per Ethan Phelps, perfezionata con cura nel corso degli anni. Quando suo padre muore, senza lasciare alcun testamento, il ragazzo eredita le quote della sua multinazionale. Ma è evidente a tutti che Ethan non ha il pallino per gli affari.Passa le serate tra bar e locali offrendo da bere a chiunque e pagando conti salatissimi, riarreda il suo lussuoso loft senza badare a spese e spreca il tempo in compagnia di individui inutili. Quando però, un bel giorno, fa irruzione completamente ubriaco in una riunione di azionisti, i familiari si convincono che è il momento di prendere drastici provvedimenti, primo fra tutti, nominare un amministratore che tuteli il suo patrimonio. Dopo diversi tentativi falliti viene nominata un’affascinante avvocato specializzato in brevetti aziendali, Sara Di Giovanni. Sara ha il grande vantaggio di essere determinata e di non lasciarsi imbambolare dai modi di Ethan. Tra loro è da subito scontro aperto: lui non vuole ridimensionare il suo stile di vita e lei non ha nessuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa da un presuntuoso rampollo. E così, poco alla volta, la tensione arriva alle stelle. Anche se il loro rapporto, a suon di dispetti, è destinato a evolversi in qualcosa di ben più complicato ed eccitante…

kiafirma

Teaser Tuesday #69

Buongiorno a tutti.
Il libro da cui traggo il teaser oggi, La Danese di David Ebershoff, l’ho appena iniziato, quindi, per evitare spoiler vi lascio l’incipit. È un libro che mi incuriosisce da tempo, da quando l’ho sentito nominare in collegamento al film The Danish Girl tratto da questo romanzo. Non l’avevo mai iniziato ma il l’estrazione per la Book Jar Challenge di ‘un libro da cui è stato tratto un film’ ha spinto me e la Mon a prenderlo finalmente in mano. Vedremo se mi piacerà. Qualcuno di voi l’ha già letto o ha visto il film? Fatemi sapere che ne pensate.

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Fu sua moglie la prima a saperlo. «Mi faresti un piccolo favore?» chiese Greta dalla camera da letto quel pomeriggio. «Dovresti aiutarmi un attimo con una cosa. Non ci vorrà molto.»
«Certo» disse Einar tenendo gli occhi fissi sulla tela. «Quello che vuoi.»
Il vento del Baltico rinfrescava la giornata di primavera. Erano nel loro appartamento nella Casa delle Vedove, ed Einar, un uomo minuto e quasi trentacinquenne, stava dipingendo a memoria un paesaggio invernale del Kattegat. Sull’acqua nera e crudele, tomba di centinaia di pescatori che ritornavano a Copenaghen con le loro prede sotto sale, era stesa una cappa bianca. Il vicino del piano di sotto era un marinaio con la testa piccola e tonda che insultava la moglie. Quando Einar dipingeva l’increspatura grigia di ogni onda, immaginava il marinaio che annegava, con una mano sollevata a chiedere aiuto, e sentiva la sua voce che sapeva di vodka di patate dare ancora della puttana da porto alla moglie. In questo modo Einar capiva che sfumatura dare ai suoi colori: abbastanza grigia da inghiottire un uomo del genere e richiudersi come pastella sul suo ringhio che affondava.
«Arrivo fra un attimo» disse Greta, più giovane del marito e bella, col viso largo e piatto. «Poi possiamo cominciare.»
Anche in questo Einar era diverso da sua moglie. Lui dipingeva la terra e il mare: piccoli rettangoli illuminati dalla luce obliqua di giugno, o offuscati dal pallido sole di gennaio. Greta dipingeva ritratti, spesso a dimensioni naturali, di personaggi di una certa importanza, con le labbra rosa e i capelli luminosi. Il signor I. Glückstadt, il finanziere del porto franco di Copenaghen. Christian Dahlgaard, pellicciaio del re. Ivar Knudsen, socio dei cantieri navali Burmeister e Wain. Quel giorno doveva dipingere il ritratto di Anna Fonsmark, mezzosoprano dell’Opera reale danese. Direttori e magnati dell’industria commissionavano a Greta ritratti da appendere in ufficio, sopra uno schedario, o alla parete di un corridoio per nascondere i segni lasciati dal carrello di un operaio.
Greta apparve sulla soglia della camera. Si era raccolta i capelli: «Sei sicuro che non ti dispiace interrompere per darmi una mano?» gli chiese. «Non te l’avrei chiesto se non fosse importante; il fatto è che Anna ha di nuovo rimandato la seduta di posa. Perciò… ti dispiacerebbe provarti le sue calze?» chiese Greta «…e le scarpe?»
Alle sue spalle, il sole di aprile filtrava attraverso la seta che le pendeva floscia dalla mano. Dalla finestra, Einar vedeva il Rundetårn come un’enorme ciminiera di mattoni, e sopra il Deutscher Aero-Lloyd che volava piano piano verso Berlino come ogni giorno.
«Greta» disse Einar «cosa vuoi dire?» Una goccia di colore a olio gli cadde dal pennello sullo stivale. Edvard IV cominciò ad abbaiare muovendo il capo in direzione prima dell’uno e poi dell’altra.
«Anna è ancora in teatro per le prove della Carmen. Ho bisogno di un paio di gambe per finire il suo ritratto, se no non ce la farò mai. E poi ho pensato che le tue potrebbero andare bene.»
Gli si avvicinò tenendo in una mano le scarpe giallo senape con la fibbia di peltro. Indossava il suo grembiule abbottonato sul davanti, con le tasche esterne nelle quali metteva le cose che voleva nascondere a Einar.
«Ma non posso mettermi le scarpe di Anna» disse lui. Poi, guardandole, pensò che in effetti potevano andar bene per i suoi piedi piccoli e arcuati, dai talloni morbidi. Aveva le dita snelle, con pochi peli neri sottili. Immaginò il rotolino sgualcito delle calze che gli scivolava sulla caviglia bianca. Sul cuscinetto del polpaccio. Che si chiudeva con uno scatto nel gancio di una giarrettiera. Dovette chiudere gli occhi.
Le scarpe erano come quelle che avevano visto la settimana prima su un manichino ai grandi magazzini Fonnesbech, abbinate a un vestito blu notte. Si erano fermati ad ammirare la vetrina decorata con una ghirlanda di giunchiglie e Greta aveva detto: «Carine, no?». Poi, siccome lui non aveva risposto ed era rimasto immobile nel riflesso del cristallo con gli occhi sbarrati, lei aveva dovuto strapparlo via dalla vetrina. Lo aveva trascinato giù per la Bremerholm, passando davanti al negozio di pipe, e poi gli aveva chiesto: «Einar, ti senti bene?».

Capitolo 1 – LA DANESE di David Ebershoff

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la daneseCopenaghen, anni Venti. Greta è una giovane americana iscritta all’Accademia delle Belle Arti. Lì conosce Einar, il suo timido e taciturno insegnante, di cui si invaghisce. I due giovani si sposano e dedicano la loro vita comune alla pittura. Greta si specializza nei ritratti e quando una sua amica non può posare per gli ultimi ritocchi, Einar si presta come modello. Indossati gli abiti femminili, il pittore finisce per immedesimarsi a tal punto da assumere un’altra identità e il nome di Lili. Da quel giorno Lili compare sempre più spesso nella vita privata e sociale della coppia fino alla decisione definitiva di Einar di affrontare un’operazione chirurgica per diventare donna.

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Teaser Tuesday #68

Buongiorno, posto il Teaser nel mezzo dell’esame che sto facendo per lavoro, quindi scusate se mancano pezzi o se mi dilungo poco. Il libro da cui è tratto è stupendo, l’ho amato alla follia e sarà sicuro uno dei libri che rileggerò presto. Se ancora non lo avete letto, ve lo consiglio caldamente!
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– Papà, ma perché la mamma va sempre a Milano per lavorare?
– Ma non ci va mica sempre, Ginevra. Andrà una volta al mese.
– E perché tu invece sei sempre qua?
– Be’, perché io faccio i disegni da casa e poi li spedisco in redazione, non ho bisogno di andare fino a Milano per cose di lavoro. E poi cosí posso stare con voi, no?
Mi fissa con insistenza.
– A te non ti vuole vedere nessuno, vero, papà?
– Già.
– Stasera prendiamo la pizza?
– Va bene, Ginevra. Fra un pochino telefono.
– Speriamo che ti rispondano.

Perché la mamma – NOTTI IN BIANCO, BACI A COLAZIONE di Matteo Bussola

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notti in bianco, baci a colazione– Papà, – ha detto, – quando hai incontrato
la mamma, come hai fatto a sapere che era
la mamma?
– L’ho capito dopo circa dieci minuti.
– E da cosa?
– Quando ci siamo incontrati la prima volta,
si è sollevata i capelli dietro la nuca, sopra
la testa, e si è fatta uno chignon senza
neanche un elastico, solo annodandoli.
– E allora?
– E allora lí ho capito che lei aveva
disperatamente bisogno di un elastico.
E io dei suoi capelli.Il respiro di tua figlia che ti dorme addosso sbavandoti la felpa. Le notti passate a lavorare e quelle a vegliare le bambine. Le domande difficili che ti costringono a cercare le parole. Le trecce venute male, le scarpe da allacciare, il solletico, i «lecconi», i baci a tutte le ore. Sono questi gli istanti di irripetibile normalità che Matteo Bussola cattura con felicità ed esattezza. Perché a volte, proprio guardando ciò che sembra scontato, troviamo inaspettatamente il senso di ogni cosa. Padre di tre figlie piccole, Matteo sa restituirne lo sguardo stupito, lo stesso con cui, da quando sono nate, anche lui prova a osservare il mondo. Dialoghi strampalati, buffe scene domestiche, riflessioni sottovoce che dopo la lettura continuano a risuonare in testa. Nell’«abitudine di restare» si scopre una libertà inattesa, nei gesti della vita di ogni giorno si scopre quanto poetica possa essere la paternità.

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