Recensione: Io sono il messaggero di Markus Zusak

In occasione del Messaggero Read Along organizzato da Please Another Book, ho letto – o meglio, abbiamo letto – ‘Io sono il messaggero’ di Markus Zusak. Mon mi aveva promesso che avremmo scritto la recensione insieme ma, finito il libro, mi ha comunicato che la recensione l’avrei scritta da sola. Oggi ho finito il libro anche io e ho capito perchè ha ben pensato di abbandonarmi. Ebbene sì, la cosa si sta rivelando più complicata del previsto.

20901080
Titolo: Io sono il messaggero
Titolo originale: The messenger
Autore: Markus Zusak
Editore: Frassinelli
Disponibile in italiano:
Goodreads

L’esistenza di Ed Kennedy scorre tranquilla. Fino al giorno in cui diventa un eroe. Ed ha diciannove anni, una passione sfrenata per i libri, un lavoro da tassista piuttosto precario che gli permette di vivacchiare, e nessuna prospettiva per il futuro. Quando non legge, passa il tempo con gli amici giocando a carte davanti a un bicchiere di birra o porta a spasso il Portinaio, il suo cane, che beve troppo caffè e puzza anche quando è pulito. Con le donne non è particolarmente disinvolto, perché l’unica ragazza che gli interessi davvero è Audrey, la ragione per cui è rimasto in quel posto senza vie d’uscita. Capace di colpirlo al cuore con una frase: «Sei il mio migliore amico». Non serve una pallottola per uccidere un uomo, bastano le parole. Tutto sembra così tremendamente immutabile: finché il caso mette un rapinatore sulla sua strada, e Ed diventa l’eroe del giorno. Da quel momento, comincia a ricevere strani messaggi scritti su carte da gioco, ognuno dei quali lo guida verso nuove memorabili imprese. E mentre Ed diventa sempre più popolare, mentre nota una luce diversa negli occhi di Audrey e la gente lo saluta per strada, inizia a domandarsi: da dove arrivano i messaggi, chi è il messaggero? Come Storia di una ladra di libri, Io sono il messaggero è un romanzo pieno di poesia e ironia. Con il suo stile unico, Markus Zusak sa raccontare la vita delle persone comuni in modo straordinario, dando un senso speciale anche alla più ordinaria delle esistenze: perché sono i piccoli gesti di altruismo a renderci eroi quotidiani.

 

Cominciamo con la parte positiva. Lo stile di Zusak, il modo in cui è scritto questo libro. Ne ero già rimasta affascinata leggendo ‘La bambina che salvava i libri’ (narrato in prima persona dalla Morte) e qui non si è smentito per nulla. Ha un modo di scrivere che ti tiene incollato alle pagine e non ti fa quasi respirare. Ti fa immedesimare in tutto e per tutto nella storia, emozionandoti come non tutti i libri fanno. Mi piace molto quando si rivolge direttamente al lettore ponendogli domande, chiedendogli cosa farebbe lui. Zusak riesce, in un certo senso, a comunicare con il lettore come se stesse raccontando a voce una storia, qualcosa che ha vissuto in prima persona.
Ciò che invece ha fatto perdere una stellina – o cupcake – a questo libro, secondo me, è stato il finale. Magari è solo perchè mi aspettavo qualcosa di più, visto l’andazzo del libro. Ma sono dell’idea che il finale – parlo delle ultime due parti – sia un po’ troppo frettoloso, chiuso velocemente, senza che la storia abbia la possibilità di svilupparsi appieno. Sono rimasta un po’ delusa, soprattutto nel confronto con la prima metà della storia. Mi sarebbe piaciuto che l’autore avesse approfondito di più la parte relativa al protagonista ed ai suoi amici invece che svolgerla così rapidamente. In un certo senso ci potrebbe stare in quanto Ed è cresciuto ed ha capito i suoi compiti e riesce quindi a capire cosa fare e portare a termine i suoi compiti più velocemente. Però – casomai non si fosse capito – la cosa non mi ha convinta.

Soltanto in una società malata come la nostra si può perseguitare un uomo perché legge troppo.

Che dire dei personaggi (o per lo meno di alcuni)?
Ed mi è piaciuto, è ben caratterizzato e riesce sempre in quello che vuole. Quello che mi da un po’ fastidio è il fatto che riesca in tutto nonostante non ci creda per nulla e non abbia la benchè minima fiducia nelle sue capacità. Nel corso della storia, comunque, cresce e acquista più fiducia nelle sue capacità. Sempre per quanto riguarda il discorso del finale, mi sarei aspettata una svolta più decisa.
Marv, Ritchie e Audrey non potrebbero essere più diversi tra loro e da Ed stesso ed è probabilmente per questo motivo che riescono in un certo senso a sostenersi a vicenda. Ognuno ha i suoi problemi, che si scoprono essere più grossi di quanto ognuno di loro voglia mostrare agli altri. È solo alla fine del libro che si vedono crollare i muri dietro cui ciascuno si era nascosto per proteggersi dal mondo esterno.
Milla, Sophie, i Tatupu, Angie, Padre O’Reilly. Sono questi i personaggi ‘secondari’ che più mi sono piaciuti e che più hanno aiutato Ed a crescere e capire cosa fare della propria vita.

In sostanza, prima che mi perda nei meandri dei miei sproloqui, mi limito a consigliarvi di leggere questo libro – o perlomeno qualcosa di Zusak – lasciandovi prendere dal suo modo di narrare particolare e allo stesso tempo speciale.


Recensione: Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore di Wes Anderson

Buongiorno a tutti! Oggi pomeriggio ho l’orale di un esame ma sono riuscita l’altra sera a ritagliarmi del tempo per vedere un film e scriverne la recensione (so che non potete iniziare la settimana senza il nostro appuntamento con un nuovo film xD). È stata una settimana intensa tra studio e cose varie, anche a livello emotivo in quanto la mia coinquilina, che era qui in Erasmus, è tornata a casa e mi manca un sacco. Chi ascolterà pazientemente i miei concerti live a casa d’ora in poi? Tornando a noi, il film di cui vi parlo me l’hanno consigliato in tanti e finalmente sono riuscita vedere “Moonrise Kingdom”.

Estate 1965. Su un’isola del New England vive la dodicenne Suzy, preadolescente incompresa dai genitori. Sulla stessa isola si trova in campeggio scout il coetaneo Sam, orfano affidato a una famiglia che lo considera troppo ‘difficile’ per continuare ad occuparsene. I due si sono conosciuti casualmente, si sono innamorati e hanno deciso di fuggire insieme seguendo un antico sentiero tracciato dai nativi nei boschi. Gli adulti, ivi compreso lo sceriffo Sharp, si mettono alla loro ricerca anche perché é in arrivo una devastante tempesta.




Titolo: Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore
Titolo originale: Moonrise Kingdom
Regia: Wes Anderson
Anno: 2012
Durata: 94 min
IMDB

Premetto che di Wes Anderson ho visto solo ‘Grand Budapest Hotel’ quindi non conosco troppo bene il suo stile, ma se non avete mai visto niente di suo, preparatevi, perché è sicuramente un regista non convenzionale. Ha uno stile che può essere definito poetico, creato tramite delle inquadrature molto fotografiche (saltano subito all’occhio per il loro essere piatte, simmetriche con questi colori pastello opachi) che si fondono con una scelta molto attenta delle colonne sonore che contribuiscono a creare una grande atmosfera.

Questo film racconta di questa bizzarra storiella d’amore tra due ragazzini particolari: entrambi, infatti, hanno problemi a relazionarsi con la persone. Lui un ragazzino adottato che fa parte di una squadriglia scout, lei primogenita di una normale famiglia dell’isola dalla personalità disturbata. Interessante come il regista vogliaintrodurci alle loro vite. Prima ci fa conoscere Suzy e ce la presenta all’interno di una casa delle bambole, poi ci ritroviamo nel mezzo di questo campo scout dove tutti i ragazzini adempiono ai loro doveri quotidiani. La routine giornaliera di tutti i personaggi viene sconvolta dalla fuga dei due ragazzini che vogliono sentirsi liberi, sperimentare l’avventura, essere in qualche modo indipendenti: entrambi trovano l’uno nell’altra qualcuno che li accetta per quello che sono, senza mettere in discussione i loro comportamenti non del tutto ordinari.

Ogni tanto compare un abitante dell’isola che ci introduce sui fatti locali e durante il film compare a caso (passatemi l’espressione) per tenerci aggiornati sul tempo e su dove sono i due ragazzini. La sua presenza non me la spiego in realtà, potrebbe essere un narratore dando quindi l’impressione che la storia che a cui stiamo assistendo sia una sorta di pièce teatrale. Ma probabilmente è solo uno dei tanti espedienti che rendono davvero particolare e insolito questo film.

Apprezzo l’originalità del film e dello stile del regista e sono contenta di aver visto questo film perché mi piace esplorare nuovi generi e scelte stilistiche diverse. Ma devo dire che non mi è piaciuto granché in quanto non mi ha lasciato niente alla fine (quando è finito mi sono detta ‘what?’). E’ un film a cui non si può assegnare un genere, infatti i film di Anderson rappresentano un genere a sé stante che può piacere o meno.

Rispetto a Grand Budapest Hotel questo film mi è piaciuto di meno, forse per la trama a mio parere piatta o per il fatto che le interpretazioni dei vari attori erano più o meno sulla stessa lunghezza d’onda, non c’era niente che spiccasse o catturasse la mia attenzione. Probabilmente avevo grandi aspettative siccome coloro che me l’hanno consigliato me ne avevano parlato molto bene o forse l’ho visto nel momento sbagliato. Sta di fatto che ora come ora mi sentirei di assegnarli due cupcakes e mezzo, ma nella fiducia che riguardandolo prossimamente io possa coglierne le varie sfumature, gliene assegno tre.


Weekly Recap #2

Ed eccoci di nuovo qui, nuova settimana e nuove serie tv. Un paio di quelle di cui ho parlato la settimana scorsa non sono uscite, ma, in compenso, ne sono ricominciate altre. Diamo quindi il benvenuto a Grey’s Anatomy e How To Get Away With Murder (adesso, sinceramente, è possibile inventarsi un titolo del genere?).

The Fosters 2×13
Il titolo di questa puntata, “Stay” è il tema su cui è incentrato tutta la storia. Abbiamo Brandon, che vorrebbe partire per un tour con la sua band nonostante i genitori non siano troppo convinti. C’è Callie, tentata di fuggire un’altra volta per dimenticare tutti i problemi e non pensare sulle persone a cui tiene. Ospite della puntata Kiara, un’amica di Callie, anche lei nel sistema, che avendo problemi nella nuova famiglia si ritrova a dover decidere se fuggire o tornare dalla famiglia. Per fortuna non è accaduto quello che temevo e Callie sembra essersi finalmente decisa a fermarsi e lottare per ciò che desidera e soprattutto per ciò che le spetta. Nessuna evoluzione nella relazione tra Brandon e Callie e la cosa un po’ mi dispiace, ma immagino ci vorrà del tempo prima che ci regalino altri sviluppi. Mariana inizia a riconoscere i suoi talenti e a non sminuirli per compiacere gli altri e Jesus è confuso per le rivelazioni della scorsa puntata e non ha ancora capito bene come gestire la notizia della gravidanza di Ana. Che altro dire? Episodio carino, senza troppi drammi. Ora non ci resta che aspettare la prossima!!

 

Eye Candy 1×03
Non so se solo io, ma mi sembra che si stiano muovendo molto il fretta con la trama. Siamo alla terza puntata e Lindy e i poliziotti hanno già capito cosa cerca il killer e con la scena finale, che c’è un collegamento tra lui e la scomparsa di Sara. Altra cosa su cui ho iniziato a riflettere è come pensano di continuarla la serie. Pensandoci un attimo, la prima stagione conta 10 episodi e immagino finiranno l’arco narrativo su questo killer e potenzialmente troveranno Sara, ma poi? Lindy inizierà a lavorare per la polizia (cosa che andrebbe contro tutte le convinzioni avute fino a questo momento)? Arriverà un altro killer e sarà di nuovo ossessionato per lei (non sta in piedi)? Domanda che purtroppo avranno risposta solo tra un bel po’ di settimane, ma vi terrò aggiornati.
Connor mi sta sempre più sulle scatole, perché pur di far bella figura con il capo e scrivere una storia interessante, mette in pericolo la sua migliore amica e altre persone svelando al mondo l’esistenza del killer. L’assassino, diciamolo, è maledettamente bravo. Sono sempre meno le scene in cui sentiamo la sua voce ed i suoi ragionamenti, ma sta giocando bene la sua partita, dal cercare di incastrare Jake, al drogare Lindy durante una festa nel suo appartamento e portarla lontano per assistere all’omicidio di Reese.
La serie insomma procede alla grande, quindi speriamo continui a tenerci sulle spine fino alla fine.

 

Switched at Birth 4×04
Giuro, ho le palle girate come non so cosa. Capisco che questo sia Drama, capisco che in qualche modo la tensione debba essere mantenuta alta, ma così non va. Non ne posso più di vedere tutti i drammi abbattersi sulla coppia Bay/Emmett. Sti poveretti ne hanno passate di tutti i colori e ancora si infierisce su di loro. Va a finire che si molleranno un’altra volta e per sempre (momento in cui io dirò addio a questa serie). Il finale è stato il colpo di grazia, ma anche i dubbi di entrambi non stanno in piedi. Bay convinta che lui sia cambiato e sia felice senza di lei, Emmett che non crede più che la ragazza voglia raggiungerlo a LA. Un disastro. Lo show è pieno di personaggi, basterebbe concentrarsi su uno di loro, come per esempio su Daphne. Acida e rompiscatole, se la prende con tutti tranne che con sé stessa per come sta andando la sua vita e chiunque le perdona qualsiasi cosa. Si potrebbe inserire una storyline che la porti a migliorare il suo carattere, visto che fa piuttosto schifo.
Qualcosa di positivo nella puntata c’è stata: John che introduce Travis al mondo del baseball e, nonostante nessuno sembri apprezzare che il ragazzo finalmente abbia trovato qualcosa che gli piace (ma lasciarlo in pace no?!), alla fine si risolve tutto. Momento della verità per Toby, o meglio, momento di crescere. Non è più un ragazzino e deve imparare ad affrontare la vita da solo, come gli fa notare sua madre, con metodi particolarmente “brutali”.
Insomma, puntata con alti e bassi, bellina fino alla fine, in cui avrei voluto lanciare il pc dalla finestra. Speriamo che gli autori abbiano una bella spiegazione per il finale e non sia proprio tutto come sembra.

 

Grey’s Anatomy 11×09
La prima parte di questa undicesima stagione non mi aveva entusiasmata, vuoi per la mancanza di Cristina o per la trama. Meredith e Derek sembravano essere tornati ai momenti di tira e molla delle prima stagione, questa volta però nessuno dei due sembrava lottare. L’unica cosa che riuscivano a fare era litigare e incolpare l’altro. Pessimo finale anche per Jackson e April: sia mai, infatti, che Shonda faccia nascere un bambino senza problemi. Il piccolo sembra infatti avere una malattia parecchio grave, che lo porterà alla morte poco tempo dopo la nascita.
Questa puntata, arrivata dopo un lungo periodo di pausa, mostra gli effetti che le brutte notizie del mid-season finale hanno causato ai vari personaggi. April, incapace di accettare la malattina di suo figlio, si sfoga sul lavoro, curanto pazienti ininterrottamente e prendendosela con chiunque le capiti a tiro. Meredith, come al solito, non parla dei suoi problemi con nessuno e annuncia con nonchalance che il marito è partito per Washington D.C. Alla fine della puntata si rende conto che Derek ha bisogno di proseguire il lavoro a D.C. e durante una breve telefonata, intervallata da dei flashback del loro matrimonio (ricorderemo per sempre il post-it), si promettono di riuscire a risolvere la situazione.
Mi sono piaciute particolarmente Arizona e Amelia, pronte a lottare per regalare alla dott.ssa Herman un briciolo di speranza, che alla fine, anche se molto riluttante, la donna decide di accettare. Durante l’episodio viene nominata Cristina e subito è salita la nostalgia. Manca nella serie un personaggio come il suo e non penso sia possibile crearne uno anche lontanamente simile. Spero che arrivi qualche notizia positiva per i Japril, soprattutto perché nonostante ci sia sempre stata qualche tragedia legata ai figli dei personaggi, se sono sempre usciti bene.

 

How To Get Away With Murder 1×10
Questo si chiama ritornare con il botto! Sono sempre più innamorata di questa serie e devo dire che sta prendendo delle pieghe che non avevo previsto. La puntata si apre con Annalise che denuncia la scomparsa del marito alla polizia e con un gioco meraviglioso di alternanza tra presente e flashbacks, veniamo messi al corrente della bugia che è stata costruita intorno alla morte di Sam. Wes è ancora l’unico a sapere che la Keating è a conoscenza di tutto e tenta, abbastanza inutilmente, devo dire, di mantenere calmi gli altri. La strategia è semplice: provare che Sam è il padre del bambino e che ha ucciso Lila, scagionando in questo modo Rebecca. Le cose si fanno complicate, perché Connor non riesce a stare tranquillo e decide di andare alla polizia e confessare. Non avevo previsto però, che fosse proprio Annalise a fermarlo. Gli unici all’oscuro di tutto, alla fine dell’episodio, tra i protagonisti, sembrano essere Asher e Bonnie. Anche Frank infatti, viene messo al corrente della situazione.
Sono curiosissima di vedere quanto ci metterà la polizia a capire che c’è qualcosa che non quadra nei racconti dei ragazzi, anche se l’arrivo della sorella di Sam in città sicuro metterà i bastoni fra le ruote ad Annalise. Puntata piena di novità, Rebecca è finalmente libera e adesso la trama ruoterà intorno al salvare i ragazzi dalla prigione, o almeno così immagino. Il fatto che Sam sia effetivamente il padre del bambino non me l’aspettavo, come non mi aspettavo filasse tutto liscio nell’udienza per scagionare Rebecca. Certo, ci sono state delle complicazioni, ma niente di insormontabile, il che mi fa pensare che stia per arrivare qualcosa di devastante. Non ci resta che metterci comodi e attendere giovedì prossimo.

Concludiamo qui per questa settimana. Sperando di non avervi annoiato troppo, vi auguro un buon weekend!

Recensione: Le due facce dell’amore di Nick Spalding

Ciao a tutti! Non pensavo che questa settimana sarei riuscita a postare nulla è invece eccomi qui. Mentre vi scrivo sono in treno e si è appena conclusa la prima delle 5 ore di viaggio previste. Sono sola e abbandonata, ma la cosa ha anche un lato positivo: posso leggere tutto il pomeriggio senza sentirmi eccessivamente inutile e in colpa. Ho appena finito “Le due facce dell’amore” di Nick Spalding e, prima di scegliere la prossima vittima, ho deciso di parlarvene. O meglio, io scrivo, poi sfrutterò l’immensa pazienza della Mon per trasformare il tutto in un post decente, altrimenti da tablet (gentilmente prestato da moroso), finisco domattina.


Titolo: Le due facce dell’amore
Titolo originale: Love…from both sides
Autore: Nick Spalding
Editore: Newton Compton
Disponibile in italiano: Si
Goodreads

Jamie Newman è un attraente copywriter, single da due anni, deciso a dare un taglio a una vita scandita da cene solitarie con monoporzioni surgelate. Ma trovare la donna giusta non è affatto facile, come si intuisce dal suo blog, in cui racconta disastrosi appuntamenti al buio con donne assatanate e top model decisamente fuori dalla sua portata. Anche a Laura McIntyre, ventottenne proprietaria di un negozio di cioccolata, le cose non vanno tanto lisce, stando al suo diario. Squallidi agenti immobiliari dai bollenti spiriti e fanatici della bicicletta vestiti di lycra sono infatti sempre in agguato, e la ricerca di un uomo decente sembra senza speranza. Ma quando un giorno i due si incontrano (o scontrano), complici una Vespa impossibile da guidare e una pianta troppo ingombrante da tenere tra le braccia, sembra che la felicità sia a portata di mano. O forse sarà allora che inizieranno davvero i problemi. Basato su vite vissute e reali catastrofi sentimentali, Le due facce dellamore è un libro scoppiettante dedicato a tutti coloro che sanno quanto difficile possa rivelarsi la ricerca del vero amore. Lui ha un blog. Lei un diario. La più pazza ed esilarante storia d’amore dell’estate. Una frizzante commedia ai primi posti delle classifiche inglesi.

 

Non scriverò molto, vuoi perché non sono propriamente comoda, vuoi perché nella trama viene detto tutto quello che avrei potuto dirvi io. I personaggi principali sono due: Jamie e Laura. Jamie è il giornalista belloccio e è simpatico ma impacciato da morire, Laura ha perso la fiducia nel genere maschile dopo essere stata scaricata dal fidanzato storico.
Entrambi single e scottati dagli amori precedenti, raccontano – rispettivamente nel proprio blog e diario – le disavventure che passano nel momento in cui, incentivati o costretti da amici e parenti, riprovano a uscire con qualcuno. Il libro altro non è se non una raccolta di post tratti dal blog di Jamie, alternati alle pagine del diario che Laura dedica a sua madre. Diciamo pure che entrambi non brillano di fortuna per quanto riguarda le persone con cui si ritrovano ad uscire. Da una ninfomane assatanata con “il fiato di un cavaliere dell’Apocalisse” a un ciclista che sembra un vibratore al neon nella sua tutina in lycra arancione fosforescente, Jamie e Laura conoscono gli individui più assurdi. Neppure loro, in particolare Jamie, si risparmiano in tema di gaffe e uscite poco furbe.
Grazie a questo libro, spunto anche il terzo libro della Reading Challenge: un libro che fa ridere.
Proprio così: con questo libro ho riso parecchio, soprattutto nella prima metà.
Finché la conoscenza di Jamie e Laura è agli inizi, la loro relazione rimane sullo stesso tono degli altri incontri: guai,”problemi” e risate.
Nel momento in cui i due iniziano a frequentarsi, però il libro si abbassa un po’ di tono e, pur rimanendo divertente e scorrevole, tende ad essere in un certo senso più scontato. Lo consiglio comunque come lettura leggera e divertente, in quanto, seppur un po’ in calando, “Le due facce dell’amore” si fa leggere e apprezzare.